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Autore: giadabells    31/03/2015    0 recensioni
"Time moves in its own special way in the middle of the night"
Johnlock che si svolge nell'arco di una notte, con un flashforward che vola a due anni dopo. Ispirata ad alcune citazioni tratte dal romanzo "After Dark" di Haruki Murakami, e ambientata Pre e Post "The Reichenbach Fall".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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3. “But what feels like a reasonable distance to one person might be too far to somebody else”


“Sherlock...”

La voce sembra lontanissima, poco più di un sussurro.
La stanza è completamente buia, nulla si muove al suo interno, nessuno risponde.

“Sherlock!” Si sente di nuovo, questa volta più vicino, seguito da un paio di colpi energici sulla porta.

Da fuori provengono delle voci concitate. Si distingue chiaramente il rumore di una chiave che gira nella serratura: sembra che qualcuno stia cercando di aprire la porta, ma con scarso successo.

“Miss Hudson, la prego, si sbrighi!” Il tono dell'uomo è urgente e tradisce una certa ansia.

“Ci sto provando, caro, ma non trovo la chiave giusta... Conoscendo Sherlock potrebbe anche averla presa lui, ha sempre paura che entri e cerchi di sistemare le sue cose! Non so proprio come faccia a vivere con tutto quel disor.. ”

“Va bene, allora si sposti, per favore”

Un attimo di silenzio, poi si sente qualcuno armeggiare alla serratura e finalmente il click! metallico del meccanismo che scatta.

La porta viene spalancata con forza e la stanza è illuminata da un intenso fascio di luce, come il flash di una macchina fotografica. Nella penombra si iniziano a distinguere i contorni dei mobili: il caminetto, la poltrona, il tavolo, il divano.... e su di questo una sagoma rannicchiata che inizia a mugugnare qualcosa in direzione delle due figure che si stagliano alla porta, chiaramente disturbata dalla loro intrusione.

La figura più minuta azzarda qualche passo all'interno della stanza, ma poi si blocca. “Per dio, Sherlock!” geme, portando una mano al naso “C'è un odore terribile... Da quanto tempo sei rinchiuso qui dentro?! Bisogna assolutamente aprire quella finestra..” così dicendo avanza ancora un po', finché l'altra sagoma allunga un braccio e la trattiene.

“No Miss Hudson, può andare. Me ne occupo io.”

“Ma no caro, posso dare una pulita mentre voi due discutete delle vostre faccende... Non vi disturberò, ma è incredibilmente sudicio qui dentro e..”

L'uomo le appoggia una mano sulla spalla, interrompendo le sue proteste “Davvero Miss Hudson, non si deve preoccupare. Lasci fare a me qui. E poi avrei bisogno che mi facesse un favore: prepari una colazione sostanziosa per Sherlock, e telefoni a Molly Hooper. Ho bisogno che ci raggiunga qui il prima possibile” spiega, indirizzando l'anziana signora verso la porta “Se non le dispiace..”

“Va bene caro, va bene. Ma lo faccio solo perché me lo chiede lei. Non sono la sua domestica!” sbuffa indicando il divano, mentre esce dalla stanza.

“Certo che no, Miss Hudson” conferma l'uomo, prima di chiudere la porta alle sue spalle.

Poi, con passi lunghi e sicuri, attraversa la stanza buia, scosta le tende e spalanca la finestra.

La figura sul divano geme e si raggomitola su se stessa, infastidita dall'improvvisa luce, e l'uomo le si avvicina.

“Sherlock..” mormora “Sherlock, guardami..”

“Mghn... John..” mugugna l'altro, con una voce bassa e roca “...John?”

L'altro uomo sospira, chinandosi su Holmes “No, Sherlock. Sono io, Mycroft.”

“E dov'è... dov'è lui? E' qui?” biascica il detective, tentando di sollevarsi sui gomiti. Ma poi geme, e ricade sul cuscino con una smorfia di dolore.

Sembra ancora più magro del solito, e il pallore della sua pelle tradisce una condizione fisica non delle migliori.

“Non fare movimenti bruschi...” Mycroft posa una mano sulla spalla del fratello “No, John non è qui. E non so dove sia” aggiunge “Adesso vuoi dirmi cosa è succe..?”

“Balle. Ovvio che sai dov'è” sbotta Sherlock con voce rauca “E sai benissimo anche cosa è successo.”

Seguono degli istanti di silenzio, in cui i due fratelli si guardano dritto negli occhi.

“Bene” dice infine Mycroft, rialzandosi “Allora almeno delucidami su questo. Cos'è stavolta?”

Sherlock volta il viso dall'altra parte, come se non volesse sentire. “Eroina? Cocaina? Qualche nuova sostanza lchimica che ti hanno procurato i tuoi amici senzatetto?” Mycroft elenca, impassibile “Dimmelo Sherlock, e la faremo finita più in fretta. Molly Hooper sta venendo qui, quindi in ogni caso lo saprò”

“Perchè l'hai chiamata?” lo interrompe Sherlock “Non voglio che nessuno mi veda in questo stato!” Pronuncia le parole con veemenza, ma i successivi colpi di tosse smascherano la sua reale debolezza fisica.

“Sono d'accordo, sarebbe bene che nessuno vedesse come ti sei ridotto” annuisce il fratello “Ma hai bisogno di aiuto. E Molly Hooper ha già dato prova della sua abilità nel mantenere i segreti...”

“Io non ho bisogno di aiuto” digrigna Sherlock, mettendosi lentamente a sedere “Me la cavo benissimo da solo.”

Mycroft squadra con sguardo critico il suo viso incavato e pallidissimo, la fronte bagnata di sudore, le occhiaie occhiaie scure e le labbra esangui e secche “Oh sì, te la cavi decisamente alla grande” dice lanciandogli un sorrisetto ironico. Poi riprende il consueto tono serio e cinico “Hai bisogno di aiuto, Sherlock. Questa volta è più seria delle altre, da solo non ne uscirai.”

“Uhm, e da quando ti importa di fare il fratello maggiore?” ribatte acidamente Sherlock.

Mycroft gli lancia uno sguardo duro. “Da quando il mio amatissimo fratello minore, che si è rivelato tanto utile alla nazione in diverse occasioni, ha deciso di gettare le sue preziosi doti nella droga.” Sibila .“E in più io più sono l'unico che ti può tirare fuori da questa situazione senza che la tua pietosa condizione finisca su tutti i giornali. Quindi, caro fratellino, ti conviene accettare il mio aiuto senza fare troppe storie”.

Sherlock lo guarda ma non risponde. Si lascia cadere pesantemente contro lo schienale del divano e sospira, passandosi una mao nei capelli.

“Mh-Mh” Mycroft si schiarisce la voce “Comunque. Per quel che vale.. Mi dispiace per come sono andate le cose tra te e John...”

Sherlock gli lancia uno sguardo sorpreso, e si lascia sfuggire uno sbuffo sprezzante “Non sei obbligato a rispettare le convenzioni sociali ed essere gentile solo perché ti faccio pena e...”

“Sono serio, Sherlock!” lo interrompe Mycroft, con durezza. “Smettila di comportarti da idiota. Mi dispiace che sia finita così, e che tu ora ti sia ridotto in questo stato..”

“E ti senti in colpa, non è vero?” mormora Sherlock “Perchè sei stato tu a proibirmi di fare quella maledetta telefonata..”

Il maggiore distoglie lo sguardo, in silenzio, e Sherlock chiude gli occhi “Due anni, Mycroft... Sono sparito per due anni..” sospira stancamente “Se non fossi stato d'accordo con te avrei trovato il modo di chiamarlo.. Di fargli capire..”

Sherlock Holmes si passa le mani sul viso pallido e magro “Ma non è stato solo questo, comunque... Senza di me lui si è rifatto una vita. La vita che desiderava, con qualcuno che può condividerla con lui.” Lentamente il detective porta una mano sulla vestaglia, cercando qualcosa in una tasca. “Io ero morto, Mycroft... E lui è riuscito ad andare avanti, a ricostruirsi una vita più felice con qualcuno che ama davvero. Ha capito di non avere più bisogno di me, e che si merita qualcuno che sappia amarlo senza farlo soffrire” termina, con voce flebile.

Lentamente china la testa, e legge il foglio stropicciato nella sua mano:

Ciao. Mi dispiace, Sherlock.
Ma non riesco ancora a perdonarti, e se anche un giorno ci riuscirò non potrò mai resettare tutto e tornare alla vita di prima, come tu mi hai chiesto.
Grazie a te ho trovato la ragione per andare avanti, anni fa. Tu mi hai salvato, e ti sarò sempre grato per questo, e per tutto quello che abbiamo condiviso.
Ma poi tu sei morto, o almeno così credevo, e mi hai costretto ad imparare ad andare avanti anche senza di te, senza il tuo stile di vita.

In realtà la tua scomparsa si è rivelata utile, alla fine: mi ha fatto capire che avevo superato dei limiti... Limiti pericolosi, con criminali, situazioni adrenaliniche che mi hanno ridato la sensazione di essere vivo, come mi succedeva in Afghanistan, e mi hanno aiutato a venir fuori dalla brutta situazione in cui mi trovavo. Tu mi hai aiutato.
Ma ho oltrepassato dei limiti anche con te... Ero così confuso, Sherlock, così dipendente dalla tua vita e così affezionato a te che ho combinato un casino, ho mischiato le cose...
Ma poi, quando sei sparito, ho finalmente capito: quella vita è tua, Sherlock, non mia. Ho voluto credere che fosse anche la mia, ma non è così. Io non sono come te. Non sono in grado di risolvere crimini, non ho le tue doti.
Quando sono rimasto da solo l'ho visto, e ho capito
di avere bisogno di altro, di un'altra vita. Di una famiglia... Mary mi ha mostrato tutto questo, mi ha mostrato la vita di cui ho bisogno, e la persona con cui ho bisogno di condividerla.
Mi dispiace Sherlock, io... Era tutto
talmente nuovo ed elettrizzante, ed era un periodo così difficile, che ho finito per confondere i miei sentimenti verso di te. Non voglio giustificarmi, so che ho sbagliato. E che ti sto facendo del male.. Ti chiedo perdono.
Ma questo non è un biglietto d'addio...
Tu sei l'uomo migliore e più coraggioso che abbia mai incontrato. Nutro una grande ammirazione nei tuoi confronti, e un profondissimo affetto. Non voglio una vita senza di te,
e sarò felice di accompagnarti ancora su qualche scena del crimine ogni tanto, quando e se tu lo vorrai.
Ma la mia vita ora è con Mary e il bambino, nella nostra nuova casa a
Shepherds Bush. E anche per noi due è meglio così, credimi... E' necessario che manteniamo una ragionevole distanza.
Mi dispiace,
Sherlock.
Con affetto,
John H. Watson”

 

Sherlock stringe il foglio nella mano, serrando gli occhi, ma non può impedire alle lacrime di scendere sulle guance.
Una ragionevole distanza, aveva scritto John. Ragionevole. Ma a Sherlock Holmes, per cui la ragione era sempre stata l'incontestabile sovrana di ogni decisione e azione mai intrapresa, ora quella parola sembrava ridicola, vuota.
John si era appellato alla ragione come se questa potesse giustificare la sua scelta, dotarla di un rigore scientifico, universalmente riconosciuto, inattaccabile.
Ma Sherlock aveva capito anni prima che in realtà, per certe questioni, non è possibile affidarsi alla guida di quell'unica ragione oggettiva e esatta. Nei sentimenti esistono più ragioni, diverse, ma soggettivamente valide e giuste. E quindi sì, una ragionevole distanza. Ma ragionevole per chi?

 

***
“But what feels like a reasonable distance to one person might be too far to somebody else”



 

Grazie mille a tutti voi lettori!
Spero che questa storia vi sia piaciuta :)
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va!
A presto,
G.B.


 


 

   
 
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