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Autore: Mrs_Safw    01/04/2015    1 recensioni
( SPOILER - nona stagione, ambientata prima della 9x23 per esigenze di trama )
Dal prologo: E dopo aver ucciso Abaddon, Dean sapeva di non poter più tornare indietro.
Il Marchio di Caino bruciava la sua pelle, la sua sete si era finalmente risvegliata.
Doveva uccidere, bramava il sangue.
Lo voleva.
Lo desiderava.
Nessun rimorso ad averlo, nessun pensiero a distrarlo, niente sembrava riuscire a placarlo.
Solo una cosa poteva... la morte.
Ma Dean non voleva morire e lo sapeva che se non avesse ucciso sarebbe morto.
E lui non voleva.
[...]
Ormai era questa la priorità... prima che fosse troppo tardi.

Dal Capitolo 1: Coloro che vivono per la morte moriranno di propria mano
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Crowley, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Violenza | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Angolo dell'autrice: Eccoci qui con la terza parte de "I Tredici Passi". Ringrazio calorosamente i lettori silenziosi che si sono buttati per caso o meno a leggere la prima parte così come ringrazio le recensioni ricevute che mi hanno commosso * e quelle persone che hanno aggiunto la storia tra le "seguite" o "ricordate" *ç*

Ci tengo fin da subito a INGINOCCHIARMI e chiedere scusa a tutti voi per aver postato questo capitolo dopo mesi e mesi di ritardo ma, come ho detto ad alcuni di voi tramite mp, ho avuto svariati problemi che mi hanno tenuta lontana dal pc e quindi per forza di cose non sono riuscita a proseguire con le mie storie. Ma le continuo ecco, non ho alcuna intenzione di lasciarle morire nel dimenticatoio ma sicuramente dato che devo riprendere i ritmi tutto avverrà con molta calma e questo capitolo lascia intendere questo.

Come al solito, seppur lo aggiungerò anche nei crediti finali, il titolo così come alcune citazioni che segnalerò usando una * sono un Omaggio al libro di E.E. Richardson "The Devil's Footsteps" conosciuto in Italia come "Tredici passi alla porta del Diavolo" che mi ha ispirata nella stesura di questa fic.

A differenza dei capitoli precedenti non vi spoilero sul contenuto di questo lasciando a voi tutto il tempo e modo di poter fare congetture e azzardare cosa effettivamente voglia dire – LOL sono una persona sadica – questo anche perchè, col passare del tempo, mi sono venute in mente idee su questa storia che hanno fatto sì di mutarla un minimo per renderla – si spera – più interessante e coinvolgente. E niente spero che la lettura vi piaccia e cercherò di fare del mio meglio per rendere le descrizioni come le ho immaginate e riviste più di una volta nella mia mente!

Buona lettura!

 

I Tredici Passi

 

Capitolo 3: Sottopressione

Erano ormai dieci minuti buoni che nella mente di Dean si formò solo ed un unico pensiero: quattro giorni? Come è possibile?

Eppure Sam fu chiaro, non dava minimamente l'aria di una persona che stesse scherzando. Era troppo serio, troppo preoccupato per la sua vita per riuscire a scherzare in un momento come quello.

Gli lasciò qualche minuto per riprendersi, per farsi una doccia, per riordinare le idee o qualunque altra cosa avesse in mente di fare prima di aspettarlo in sala. Sam lo aspettava lì e lui in cuor suo aveva il terrore di andarci perché tutto sarebbe stato reale. Fottutamente r e a l e.

 

Non lo voleva.

 

Ma si prese coraggio, l'acqua fredda lo aiutò a dargli quella spinta, il marchio nemmeno bruciava limitandosi a segnare la sua pelle in quella presenza costante, ma era placido, dormiente. Non seppe neppure lui quanto tempo passo ma si vestì con abiti più comodi, muovendosi poi per raggiungere la sala del bunker. Suo fratello era lì, lo stava aspettando seduto al tavolo con un'espressione sconvolta in volto e un grande tomo dall'aspetto tanto antico quanto fragile tra le mani.

Lo sfogliava con una certa tensione, con rabbia, rischiando lui stesso di strappare quelle pagine ingiallite, lo vedeva dalla sua posizione.

< Cosa stai cercando? > non seppe nemmeno lui quanto tempo passò prima di domandarglielo e a stenti riconobbe la propria voce.

 

Lugubre, così diversa senza quella solita ironia e strafottenza di fondo.

Una voce tornata da molto lontano, che cerca con tutte le sue forze di risalire la superficie, nuovamente v i v a.

 

Anche Sam se ne accorse, tanto da abbandonare le proprie ricerche per rivolgere al fratello un'occhiata perplessa. E lo studiava con minuziosa attenzione dalla testa ai piedi senza nemmeno badare al fatto di essere notato da lui, non gli importava.

Non ora.

< Ora tu ti siedi qui e mi racconti tutto. > Una voce ferma la sua, determinata e lo sguardo castano puntato in quello altrui. < E inizierai partendo da quella voce. > Era un tono che non ammetteva repliche, lo sapeva, niente sarebbe servito a fargli cambiare idea e fu per quello che non disse nulla, limitandosi ad avanzare e accomodarsi al suo fianco, lasciando cigolare lievemente la seggiola non appena il peso del corpo si lasciò cadere su di essa.

 

Stanco.

Provato.

 

Rimasero in silenzio per svariati secondi, minuti forse, guardandosi occhi negli occhi, l'uno con la determinazione e la voglia di sapere fino in fondo, l'altro con una certa inquietudine, un senso di pressione da non riuscir a nasconderla in alcun modo.

< La sento da quando ho ucciso Abaddon. > La voce uscì a fatica nel raccontare, nel rendere partecipe il fratello forse per la prima vera volta nella sua vita l'angoscia di quei giorni. < Mi bisbiglia cose, non mi lascia un secondo in pace. Credevo di riuscire a gestirla, ma più la sento e più il marchio pulsa e più il marchio pulsa e più ho voglia di uccidere e da allora che sono iniziati gli incubi. > Distolse lo sguardo quasi gli provasse fatica ricordare. La stessa respirazione divenne più pesante, come se un peso gli comprimesse lo sterno. < Ho… ho anche delle allucinazioni, ormai ho perso il conto di quante volte ti ho ucciso, Sammy. > E le labbra si piegarono in un sorriso amaro.

< Quando abbiamo trovato il demone squartato... > Iniziò, il moro, con un tono basso. < era la prima volta che la sentivi da sveglio? >

Dean si limitò ad annuire con un gesto leggero del mento, non continuò preferendo alzarsi per andare a recuperare una birra in cucina. Un'assenza che durò davvero pochi minuti prima di tornare ad occupare quella sedia e lasciarsi cadere nuovamente su di essa con una stanchezza che non aveva eguali. Mai provata nemmeno quando era in Purgatorio..

< Che cosa è successo poi? >

< Non lo so > si bloccò piegando le labbra in una smorfia. < quando ho aperto gli occhi ero in uno Strip Club. Era così reale, Sammy, e credo di averla vista o almeno lei ha fatto in modo di mostrarsi in chissà quale forma. > si concesse una pausa, prendendo un sorso di birra e vedendo che Sam non lo interrompeva, continuò. < E' comparsa sottoforma di Lilith, sai... la bambina. Occhi bianchi e un sorriso terrificante, poi è diventata una cameriera. > e Sam non disse nulla, limitandosi solo a fare un cenno del mento, ad invitarlo a continuare. < Sono morti tutti affogati, era un incubo quindi alla fine non mi sembrava così strano, non era reale. Non c'era acqua ma tutti sono morti affogati. >

 

Altra pausa.

Altro sorso di birra.

Altro silenzio.

 

< Mi ha detto che vuole la Prima Lama. Che è sua. Che gli appartiene. Ha iniziato a straparlare sul fatto che l'abbia consegnata lei a Caino, che sia stata lei a ordinargli di uccidere Abele. È pazza. > Sbuffò sonoramente, socchiudendo gli occhi per un istante. Volutamente omise l'ultimo scambio di battuta, non era importante che Sam sapesse delle costanti minacce sul tornare all'inferno. Non sarebbe servito a nulla.

In compenso il minore si alzò andando a recuperare un giornale, che strinse nella mancina tornando poi a sedersi. Sbuffò anche lui, non lo guardava, lo sguardo castano si portò alla volta del libro che stava consultando.

< Io non credo fosse un incubo. >

Quelle semplice parole provocarono in Dean un insolito brivido lungo la schiena. Lasciò perdere la birra facendosi se possibile più attento nell'ascoltarlo. < Che intendi dire? >

Senza rispondere, gli consegnò il giornale aprendolo sulla seconda pagina, indicandogli un paragrafo di cronaca. < Ieri è venuto Castiel per consegnarci un lavoro. > Picchiettò due volte l'indice contro l'articolo. < Strage in uno Strip Club di Austin, Texas. Ventidue morti... tutti per affogamento. La polizia non è riuscita a spiegarsi come fosse possibile visto che è un periodo di secca e non ci sono segni di manomissione delle tubature dell'acqua del locale ma le analisi delle autopsie parlano chiaro: sono morti tutti affogati. >

 

Sono morti tutti affogati.

 

Nemmeno si rese conto di deglutire un boccone inesistente, lo sguardo si fece vuoto mentre del sudore freddo iniziò ad imperlare la sua fronte.

 

Sono morti tutti affogati.

 

E se lo ripeteva in testa in loop, stringendo gli occhi con disperazione, sperando in cuor suo che fosse il retroscena dell'ennesimo incubo.

 

Un incubo nell'incubo.

 

Tutto pur di non renderlo reale.

Forse per la prima volta in vita sua iniziò a pregare Dio, prostrandosi ai suoi piedi per chiedere l'assoluzione, per chiedergli di mettere fine alla sua sofferenza, di guarirlo, di far tornare tutto come un tempo quando lui, Sam e suo padre viaggiavano a cavallo dell'Impala in cerca di qualche Wendigo, Vetala o un Mutaforma da uccidere.

I bei vecchi tempi.

Quei momenti indimenticabili fatti di battute, punzecchiamenti e litigate che servivano unicamente a consolidare ancora di più quel rapporto dettato dal sangue, dalla famiglia e dall'amore.

 

Felicità.

 

La cercò per così tanto tempo e poi smise di farlo reputandola superflua e ora, invece, quella felicità avrebbe voluto continuare a cercarla perché il sentirsi incompleto fu probabilmente la peggiore delle torture.

Peggiore della morte.

Peggiore del bilico in cui si trovava.

Peggiore di t u t t o.

 

< Dean! >

La voce di Sam lo ridestò dai suoi pensieri, ritornando finalmente con i piedi per terra rendendosi conto a cosa tutte quelle elucubrazioni lo stavano portando: la mancina era ferma sul Marchio di Caino con le unghie a graffiare la pelle rendendola non solo arrossata ma permettendo ad alcune gocce di sangue di far capolino e mostrarsi in tutto il loro colore cremisi.

 

Il braccio.

Si stava scarnificando il braccio.

 

Appena se ne rese conto il respirò gli si mozzò in gola. Smise immediatamente di compiere quel gesto e si alzò in piedi compiendo uno scatto repentino che portò alla caduta della sedia ove era accomodato.

Il sangue scendeva con lentezza a macchiargli la pelle arrivando a sfiorargli in poco tempo il polso e più guardava quelle ferite auto-inferte e più un'espressione sconcertante gli deturpò il viso. E deglutì l'ennesimo boccone inesistente ricercando lo sguardo del fratello poco dopo.

< Ma sei impazzito?! > Sbottò il minore abbandonando tutte le sue faccende per recuperare il kit del pronto soccorso già prossimo a voler evitare al fratello anche un'infezione vista già il ben palese stato confusionale in cui riversava l'altro.

Dean nel frattempo continuò ad osservare Sam mentre le dita della mancina si sfiorarono tra di loro a voler percepire in maniera più concreta la consistenza del proprio sangue. Movimenti lenti, calibrati e fatti in maniera del tutto inconscia ed è lì che lo notò: il sangue sulle sue dita non era più rosso bensì nero.

 

Nero come la pece.

Nero come la morte.

 

< Sam. > E di nuovo non riconobbe la propria voce, così flebile, così vulnerabile. Deglutì di nuovo e facendosi forza osservò il suo braccio martoriato e vide lo stesso: seppur la ferita era sporca del colore tipico del sangue, questo nel suo scivolare si scuriva sino a diventare nero e di una consistenza più lattiginosa quasi. Come inchiostro.

< Levalo Sam. Levalo. > Una preghiera uscì dalle sue labbra e la mancina tornò a martoriarsi ora con evidente coscienza la pelle.

Graffiò in profondità, non percependo il benché minimo dolore ma affondò le unghie sulla pelle facendo uscire altro sangue mentre la respirazione abbandonò il suo classico ritmo regolare a favore di qualcosa di più accelerato in pieno stile attacco di panico.

< E' nero, Sam, levalo! TOGLIMELO DI DOSSO. > Iniziò ad urlare, in preda ad un evidente agitazione, senza fermare un solo attimo la mano che - feroce - si insinuava sotto l’epidermide a voler estirpare una volta per tutte la radice marcia, per togliere tutto quel nero.

< Cosa è nero? Stai fermo, Dean! > E ci provò davvero Sam a convincerlo a smettere, ci mise tutta la determinazione che lo contraddistingueva per far entrare un po’ di sale in zucca a suo fratello maggiore.

< NON VA VIA. NON VA VIA. >

 

Altre urla.

Altra disperazione.

Il sangue che si mischiava al sudore.

Il sudore che diventava nero anch’esso.

Tutto nero.

 

< Non è reale, Dean! Smettila! >

Il kit del pronto soccorso passò in secondo piano, Sam si lanciò contro Dean per fermarlo. Le sue mani si arpionarono attorno ai polsi del maggiore per fargli staccare la presa, per farlo smettere di scarnificarsi il braccio.

Ne fu una colluttazione.

Dean stesso provò con tutte le sue forze di spingere via il fratello, macchiandolo con quel colore nero che usciva direttamente dalle sue vene e più lo spingeva via e più Sam si riavvicinava.

Spinte, prese, se bisognava sedare Dean in qualche modo esisteva solo un metodo… e Sam lo eseguì.

La mancina si alzò di scatto, ne caricò il colpo piegando il gomito prima di impattare le nocche contro la mandibola del fratello.

Un suono secco che portò il cacciatore a indietreggiare.

< Riprenditi ora. > Avevano il fiatone entrambi, ma Sam evità di accanirsi ulteriormente contro di lui, limitandosi invece ad osservarlo riprendere la sua lucidità.

Dean era effettivamente fermo, smise di rovinarsi il braccio e le stesse ricadevano a peso morto lungo i fianchi. Il capo chino e le labbra schiuse a prendere respiro e il marchio che tornò a bruciare, ma non lo toccò.

< Dean stai meglio? > Provò ad incalzarlo ma nessuna risposta si udì nell’aria. Solo i suoi respiri.

Respiri che non si regolarizzavano, ma anzi aumentarono di velocità, come se l’ennesimo attacco di panico fosse dietro l’angolo. Pronto a manifestarsi da un momento all’altro.

< Dean… respira. Va tutto bene. > E si avvicinò lui, sollevando la mano destra per posarla sulla spalla altrui.

Un sussulto, come quello di un animale selvaggio, un semplice e solo sussulto che portò il volto di Dean lentamente ad alzarsi, per incrociare il proprio sguardo con quello del fratello.

Le labbra si sollevarono in un sorriso che nella situazione attuale in cui i due fratelli si trovarono risultò essere un poco incoerente.

< Sto bene, Sam. > La voce uscì bassa, smossa da un insolito fremito di natura sconosciuta. < Io sto benissimo. > Aggiunge ancora, stendendo maggiormente quel sorriso mentre la mancina si poso sulla mano del fratello all’altezza della propria spalla.

< Sto davvero bene. > Ripetè ancora, sbuffando una risata dal naso.

 

La mano destra si mosse rapida alla cinta, a recuperare la Prima Lama con decisione e infilzarla nell’addome di Sam.

Un colpo secco, pulito, silenzioso.

Un affondo feroce accompagnato ancora da quel sorriso sulle labbra.

 

< D-Dean… > Boccheggiò Sam con gli occhi sgranati, pietrificato sul posto, con quella lama conficcata dentro di sè.

E urlò non appena quella stessa Lama venne girata e un secondo sbuffo divertito lo portò a rialzare lo sguardo su suo fratello che con un calma apparente continuava a inferire su di lui.

< E al cinque c’è la rabbia*. > Un unico sussurro da parte di Dean, prima di sfilare la lama con un colpo secco dall’addome del fratello, spingendolo senza alcuna cura a terra.

Lo guardò con un ghigno feroce a deturpargli il volto, con la lama grondante di sangue lungo il fianco.

Il sangue di Dean mischiato a quello di Sam ancora una volta.

Lo osservò per qualche minuto, con una certa godimento nello sguardo prima di scavalcarlo per oltrepassarlo.

Lasciandolo al suo destino.

 

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* = "Al cinque c’è la rabbia." è la terza parte di una filastrocca contenente nell'opera di E.E. Richardson - The Devil's Footsteps/Tredici passi alla porta del Diavolo.
  
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