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Autore: Biszderdrix    01/04/2015    1 recensioni
Come possiamo sapere se siamo pronti per le sfide del mondo? Come possiamo sapere se saremo all'altezza di ogni nemico? Ma soprattutto... se fossi tu stesso il tuo nemico?
L'intera saga di Dragon Ball e degli eroi che tutti amiamo riscritta dalle origini del suo stesso universo, per intrecciarsi a quella di un giovane guerriero, che porta dentro sé un potere tanto grande quanto terribile, dai suoi esordi fino alle sfide con i più grandi nemici, e la sua continua lotta contro... sé stesso.
Se non vi piace, non fatevi alcun problema a muovere critiche: ogni recensione è gradita, e se avete critiche/consigli mi farebbe piacere leggerli, siate comunque educati nel farlo.
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO DECIMO- OMBRE E RICORDI

Era da qualche mese che mi allenavo intensamente, prendendomi pochissime pause, a volte solamente per mangiare e per dormire: ogni sera poi, mi recavo nella Stanza delle Mille Ombre, ed ogni volta quei due esseri riuscivano a mettermi nel sacco. Eravamo già a Gennaio, e all’arrivo dei saiyan mancavano ormai otto mesi.

Mi ero sottoposto ad un allenamento molto intenso: non potendo abbandonare il palazzo, percorrevo il suo perimetro almeno per mille volte, eseguivo lunghe serie di flessioni e di addominali, per poi esercitarmi nel combattimento combattendo contro l’aria.

Supremo mi aveva fornito anche una nuova divisa, simile a quella della scuola della tartaruga tranne che per il colore: era di un grigio opaco, la maglietta sottostante e la cintura erano invece rosse.

Ma l’aspetto più importante era che questi abiti erano più pesanti del normale: nel darmeli, il Supremo mi aveva detto che allenarmi con i pesi poteva essere molto utile per potenziare anche la mia stessa aura. La parte superiore della nuova divisa era quella resa più pesante, e aveva iniziato a far soffrire anche il mio fisico: per reggere i ritmi che mi ero posto dovetti veramente ricorrere a sforzi sempre più alti, sfruttando quindi anche il mio Ki. Sicuramente i nuovi abiti non mi hanno aiutato a progredire nella stanza della Mille Ombre, ma iniziai già dal primo giorno che li indossai a notare dei miglioramenti in me, che furono costanti per i successivi due mesi.

Poi si aggiunsero loro, e le cose, se possibile, andarono ancora meglio.

Quel giorno, stavo eseguendo una kata quando percepì delle presenze incombenti: si stavano avvicinando al palazzo, e non sembravano ostili.

Quando poi potei riconoscere la testa pelata di Crilin, sorrisi: insieme a lui c’erano tutti gli altri guerrieri che avevo conosciuto al torneo, compreso anche quella specie di grasso samurai. Avevano tutti l’aria piuttosto stanca: evidentemente la scalata della torre di Karin li aveva decisamente stremati.

Si, avevo conosciuto quel gatto, quando accompagnai Popo a recuperare qualche fagiolo Senzu: una volta superato lo shock per l’ennesimo incontro con un animale parlante, notai che era rimasto piuttosto indispettito dal fatto che mi trovavo sul palazzo del Supremo senza essere prima passato per la sua torre, ma dovette comunque arrendersi alla volontà del guardiano. Alla fine si era addolcito.

«Ciao a tutti!» li salutai.

«Ah, ma questo è il piccolo Daniel? Crilin mi ha raccontato di te, come stai? È da molto che non ci vediamo, e sento che sei migliorato parecchio!» mi rispose Yamcha, entusiastico.

«E vedo anche che hai cambiato divisa! Non è male!» disse Crilin.

«Si, questi abiti me li ha dati il Supremo, sono più pesanti… dice che mi serve per potenziarmi… ma piuttosto, voi che ci fate qui?»

«Abbiamo deciso di venire qui per sottoporci allo stesso allenamento di Goku, per poter affrontare i saiyan!»

«Beh… almeno ci faremo compagnia!»

«E tu? Come procede il tuo allenamento?» mi chiese Crilin.

Alla fine dedussi che tutto poteva riassumersi in quattro parole: stanza delle Mille Ombre. Nel raccontargli di quel luogo misterioso, li lasciai tutti decisamente incuriositi.
«Ma non è luogo che aprirò a voi.» interruppe la voce del Supremo, comparso improvvisamente dietro alle nostre spalle «Vi do il benvenuto, guerrieri, è un piacere rivedervi dopo tanto tempo. Se siete qui per allenarvi, il palazzo è a vostra disposizione, poiché siete stati considerati meritevoli di raggiungerlo. Spero possiate migliorare parecchio durante la vostra permanenza qui.»

Detto questo, si voltò e tornò nella costruzione.

Notai le loro facce attonite: «Si, è fatto così, ormai sono tre mesi che vivo qua, ve lo posso garantire. È un po’ irritante questo suo continuo apparire burbero, questo ve lo posso concedere. Ah, ecco Popo! Buongiorno!»

«Buongiorno Daniel.» con il tempo mister Popo si era abituato alla mia presenza, e il suo tono da freddo e impersonale era diventato molto più gioviale.

«Tutti voi, seguitemi, per favore. Se dovete allenarvi qui, vi mostrerò le vostre stanze.» disse, rivolgendosi agli altri, che lo seguirono all’interno del palazzo.

Io proseguii nei miei esercizi finché non li vidi tornare. A quel punto, uno stranamente entusiasta Yamcha mi si avvicinò.

«Perché non mi fai vedere di cosa sei capace, ti andrebbe? Giusto per scaldarci un po’! Quello che mi ha detto Crilin sulle tue capacità mi ha incuriosito parecchio!»

Io annuii: dopo anni a misurarmi con il solo Crilin, ora affrontare un altro guerriero poteva essere solo d’aiuto.

Ci mettemmo uno di fronte all’altro, e assumemmo entrambi le posizioni di attacco.

«Tranquillo, non ci andrò troppo pesante con te, Daniel.» mi disse, sogghignando.

«Beh, anch’io, allora!» gli risposi, provocandolo scherzosamente.

 «Facciamo i duri, eh? Allora perché negarti ciò che desideri?» e mi caricò con foga, caricando un potente pugno.

Eppure, senza neanche troppo sforzo, fui più reattivo di lui, e portai il ginocchio abbastanza vicino al mio viso per permettere alla gamba di parare il colpo, e così avvenne, per il suo sguardo stupito.

Distesi velocemente la gamba colpendolo sul torace e scagliandolo lontano: non dovevo comunque avergli arrecato molto danno. Questa volta fui io a caricarlo: in una attimo gli fui addosso, sferrando una velocissima serie di pugni e calci, che non tardarono a ricevere risposta da parte di un sempre più stupito Yamcha.

Ringrazierò sempre mio padre per avermi insegnato lui le basi del combattimento, come le insegnarono i miei nonni a lui: erano movimenti eleganti, in cui la schivata si trasformava molto spesso in un contro-attacco vero e proprio.

Così successe in questo caso: quando Yamcha tentò nuovamente di colpirmi con un pugno, non solo lo mandai a vuoto, ma mi poggiai al suo braccio e facendo perno su di esso, eseguii una rotazione, arrivando nel punto giusto per colpirlo con il gomito sinistro sulla nuca, scaraventandolo a terra.

In quel momento mi accorsi che avevo il fiatone: i pesi iniziavano a farsi sentire, ma non potevo toglierli. Per permettermelo, dovevo abituarmi ad essi, e purtroppo non era ancora il momento.

«Ehi! Quello faceva male!» si lamentò Yamcha, un rivoletto di sangue che gli colava dal labbro «Però devo dire che sei già diventato molto forte. Direi che come riscaldamento è stato anche troppo, eh?»

Sorrisi. Nemmeno io pensavo di essere già arrivato ad un simile livello. Crilin mi guardava con soddisfazione: mi sentii bene ad aver reso fiero un grande amico.
Dopo qualche attimo di silenzio, fu Tensing a parlare: «Ok, ora è il caso di mettersi al lavoro! Pronto Reef?»

Il piccoletto annuì all’amico, e tutti e quattro ci mettemmo immediatamente all’opera: il samurai, che mi venne in mente si chiamasse Jirobei, se ne stette invece seduto sotto un albero a mangiare.

Beh, contento lui.

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Passarono altri due mesi, in cui integrai il mio programma di potenziamento ad un allenamento combinato con gli altri: eppure, con le Ombre non arrivavano risultati, nonostante diventassi più veloce e agile.

Avevo appreso dagli altri guerrieri, finalmente, come proiettarmi in combattimento: si trattava di muoversi così velocemente da dare la percezione di proiettarsi in un altro punto del campo di battaglia. Fu un bello sforzo, ma dopo poco tempo resi mia questa tecnica: il mio Ki si faceva ogni giorno più forte, e il peso della nuova divisa diveniva sempre minore.

Un giorno però, quando il Supremo si fermò con Popo ad assistere agli allenamenti, Yamcha sbottò: era venuto lì per allenarsi con il Supremo come aveva fatto Goku, e in due mesi non avevano ancora ricevuto nessun insegnamento.

Per nostra grande sorpresa, il Supremo ci riferì di non aver insegnato nulla a Goku, e si dileguò, ridendo di gusto. A quel punto Popo ci fece segno di seguirlo: ci condusse in una stanza con un grande pendolo, ed una strana incisione al centro, una composizione di diverse forme circolari.

«In questa stanza il passato, il presente e il futuro si fondono fino a diventare una cosa sola. Per favore, sistematevi all’interno del cerchio.» feci per unirmi a loro, ma Popo mi bloccò con la mano.

«Non tu Daniel. È un’esperienza per la quale non sei ancora pronto.» disse, con fermezza. Non obbiettai: il tono della sua voce era di quelli che non ammettevano repliche.
«Mi scusi, mister Popo, ma cosa stiamo per fare, esattamente?»

«Quello che state per fare è un viaggio indietro nel tempo: andrete ad affrontare i due saiyan.» disse, bonariamente, Popo.

«E perché non ci abbiamo pensato prima? Gli daremo una bella lezione!» disse con determinazione Yamcha.

Popo ordinò al gruppo di chiudere lentamente gli occhi.

Poi non successe più nulla: rimasero lì, fermi, in mezzo al cerchio.

Mi sedetti vicino a Jirobei, che era rimasto fuori dall’esperienza: allungai la mano per chiedergli un assaggio di quello che aveva. Senza dir nulla mi porse uno jiaozi: non andavo matto per quei fagottini, ma lo mangiai con gusto, mentre osservavo il gruppo in mezzo al cerchio. Ogni tanto qualcuno di loro digrignava i denti, e i loro volti dopo un po’ assunsero la stessa espressione corrucciata.

«Non stanno facendo un vero viaggio nel tempo… fortunatamente per loro.» Io e Jirobei sobbalzammò: alle nostre spalle era spuntato il Supremo, arrivato da chissà dove. Mi scambiai con il samurai uno sguardo stupito, mentre il Supremo manteneva il suo fisso sui quattro nel cerchio.

Rimanemmo in silenzio finché il gruppetto non riprese coscienza.

«Ma… Siamo vivi?!» disse Crilin, sorpreso.

«C-Com’è possibile?» proseguì un altrettanto esterrefatto Yamcha.

«Guardate che non siete andati da nessuna parte.» irruppe Jirobei «Siete rimasti tutto il tempo fermi lì. Beh avete visto qualcosa? Come sono questi saiyan?»

All’improvviso i volti dei quattro si fecero immediatamente cupi: nessuno proferì parola.

«Allora?» chiese nuovamente un irritato Jirobei.

«La prossima volta vai anche tu, se sei così curioso.» gli dissi, cercando di fargli notare che le loro espressioni erano una risposta sufficiente.

«Spero che questa esperienza vi sia stata d’aiuto. Il Supremo vi ha permesso di fare un’esperienza profondamente educativa.» disse Popo.

Notai poi lo sguardo del Supremo: era più austero del solito, ed era posato sui quattro guerrieri.

Poi parlò: «Sappiate che i saiyan che avete incontrato non sono niente in confronto ai due che si stanno avvicinando qui. Avete solo sei mesi per prepararvi adeguatamente ad affrontarli. Spero chi vi siate resi conto di quanto voi siate ancora indietro nella vostra preparazione.»

Il gruppo di guerrieri rimase in silenzio per qualche secondo: notai soprattutto che Yamcha sembrava aver perso molta della sua sicurezza.

Non potei rimanere zitto: «In ogni caso siete i guerrieri più forti che questo pianeta ha a disposizione! Se continuerete ad allenarvi a dovere, sono sicuro che ce la potete fare! E quando Goku tornerà in vita… per quei saiyan non ci sarà alcuna speranza!»

«Daniel ha ragione! Non dobbiamo abbatterci!»

Mi risollevò rivedere il sorriso sul volto di Crilin: la determinazione riapparve negli occhi di tutti.

«Giusto! Dobbiamo continuare ad allenarci duramente finché non verrà il giorno in cui quei bastardi arriveranno, e che gli piaccia o no, se la dovranno vedere con noi!» disse un determinato Yamcha.

«Ovviamente avremo anche Daniel al nostro fianco, giusto? Un altro paio di braccia non può che esserci utile!» continuò Crilin sull’onda dell’entusiasmo generale.

Fui io, questa volta, ad incupirmi. Mi girai verso il Supremo, che mi guardò a sua volta: entrambi sapevamo che questa cosa era tutta da vedere.

Concluso tutto tornammo di sopra. Durante il tragitto però, non potei fare a meno di fare una domanda Crilin:

«Eh… Senti Crilin… posso chiederti una cosa?»

«Certamente, dimmi pure amico!»

«So che è da un po’ che sei qua… però… finché sei rimasto alla Kame House… hai saputo qualcosa della mia famiglia?»

Non so perché fu tanto difficile per me chiedergli questa cosa: non smettevo mai di pensarli, papà, mamma, Kira e anche Pamela. Eppure avevo quasi dimenticato cosa fosse la nostalgia, mi ero abituato alla lontananza: ma nonostante questo, indugiai nel chiedere, al mio amico, notizie sulla mia famiglia.

Era forse senso di colpa? Un senso di colpa che nasceva, forse, da come mi ero abituato alla loro assenza? Non potevo esserne sicuro. Intanto Crilin non fece attendere la sua risposta.

«Beh, si, qualcosa da dirti ce l’ho. Ma non credo sia importante… Ovviamente so che sentono tutt’ora la tua mancanza, sembra ovvio anche a me…» disse, agitando la mano per dare forza alla sua affermazione «Pare che la tua amica sia rimasta molto sconvolta dalla morte di Goku… la stava addestrando, giusto?»

Con un cenno del capo, gli dissi di si.

«Beh, pare abbia perso l’entusiasmo, anche lei pare senta parecchio la tua assenza.»

Stava per continuare, ma una voce interruppe la nostra conversazione.

«Adesso basta!» tuonò la voce del Supremo, che fu immediatamente su noi due.

«M-Mi sc-scusi Supremo…» disse un imbarazzato Crilin.

«Non scusarti, non potevi saperlo. Ora però, sappi che Daniel è qui per allenarsi, e per questo voglio che la sua concentrazione resti massima. Questo lo sa lui come lo sanno suo padre e la sua famiglia.»

In quel momento si voltò a guardarmi: «Prendi quel corridoio, poi la strada la conosci.»

Guardai quale corridoio indicasse, e annuii: lo imboccai e mi diressi verso quella stanza che ormai era un appuntamento quotidiano.

Camminai per i corridoi, cercando di soffocare i pensieri legati alla mia famiglia, o quanto mi avesse comunque dato molto fastidio quell’intervento autoritario del Supremo: ora mi dovevo concentrare su quelle due dannate ombre, il mio lasciapassare per non dover restare a guardare i miei amici lottare per il destino del nostro pianeta senza di me, dopo tanti anni di allenamento.

Quando giunsi alla porta, purtroppo, questi pensieri ancora mi offuscavano la mente. Presi un profondo respiro: dovevo assolutamente concentrarmi. Fissai per un attimo la porta, poi, finalmente, la aprii.

Come al solito, mi ritrovai nella più grande oscurità. E, come al solito, ad accogliermi fu un sibilo.

Ma questa volta fu diverso: il sibilo fu lungo, e profondo.

Mi guardai intorno: in cosa si stavano materializzando. Assunsi la mia solita posizione difensiva: non sapevo a cosa stessi andando incontro, quindi decisi di comportarmi come al solito. Continuando a non vedere ancora nulla, decisi di fare luce con il mio Ki: alzai la mia aura in modo da generare attorno a me un piccolo bagliore bianco. Ma non fu abbastanza per poter vedere le Ombre.

Un altro sibilo. Più lungo, più profondo.

Ne avevo abbastanza: caricai un ki blast e lo lanciai in aria.

Fu allora che la vidi.

Non molto lontano dalla mia posizione stava l’Ombra. Una sola. La cosa mi sorprese un po’, ma ciò che più mi sorprese fu la sua forma: era più grande delle altre due, sempre di forma umanoide, ma più alta e massiccia.

Poi notai un particolare: dietro di lei si muoveva, sinuosa, una coda.

No, non poteva essere. Non poteva essere quel mostro. Non lui…

“Questo è il mondo reale… Com’è possibile?” pensai, terrorizzato.

Il ki blast si era spento immediatamente, eppure ora riuscivo a vederla chiaramente: aveva evidentemente deciso che era ora di farsi avanti.

La rabbia e la paura crebbero in me. Urlai: «FATTI SOTTO! AVANTI!»

Non si fece attendere: si lanciò verso di me ad incredibile velocità. Provai a saltare per evitarlo, mi ritrovai afferrato per la caviglia e scagliato con forza in aria.

Recuperai il mi equilibrio e, sospeso in volo, lanciai verso di lui una lunga serie di ki blasts. Lui li evitò tutti, e fu nuovamente davanti a me: questa volta schivai all’ultimo il suo colpo, proiettandomi alle sue spalle, e lo colpii con un calcio. Lui si girò, sorpreso, ma io gli ero già addosso, e lo colpii con una rapida serie di calci e pugni. L’ombra fu rapida a rispondere: mi afferrò per la colletta, e mi trascinò fino a farmi letteralmente sbattere contro il suo pugno. Dopo di che mi scaraventò a terra.

Il dolore era lancinante: il mio fisico ora sembra non reggere più i pesi. Le spalle mi dolevano fortemente, così come il torace, forse c’era anche qualcosa di rotto. Quel pugno aveva dentro di sé una forza veramente devastante, e gli era bastato farmici sbattere contro.

Ma non potevo lasciarlo vincere: mi rialzai, a fatica. Lo guardai: era ancora lì immobile in aria, come ad invitarmi a sfidarlo.

Era il momento. Avrei dimostrato a tutti che ce la potevo fare. Lo avrei dimostrato al Supremo. Lo avrei dimostrato ai Saiyan. Lo avrei dimostrato a quel mostro che tormentava i miei sogni.

Piegai le ginocchia, portando le braccia all’indietro.

“Ora non si torna indietro, Daniel” mi dissi.

«Ka-me… ha-me…»

L’Ombra se ne stava ancora lì, ferma.

«HA!»

Scatenai in quell’onda tutta l’energia che mi era rimasta. Ne uscì un raggio enorme, che illuminò completamente l’Ombra prima di investirla, e di farla sparire.

Avevo vinto. Avevo sconfitto l’Ombra. “Ci ho messo anche poco tempo” pensai, soddisfatto.

Stavo per prendere l’uscita, quando davanti a me iniziò ad accumularsi del fumo nero, che iniziò ad addensarsi: in un attimo l’enorme ombra fu nuovamente davanti a me.

«No… N-Non è possibile…»

Ero incredulo. Non sapevo più cosa fare.

Ma l’Ombra invece, lo sapeva benissimo.

Con un colpo di coda mi fece inciampare: una volta che fui a terra, iniziò a colpirmi con una lunga serie di pugni.

Il dolore tornò, ancora più forte di prima: ma questa volta non riuscii a reagire. Ogni colpo sentivo i miei polmoni contrarsi, alla ricerca di aria che però, sembrava non volerne sapere di riempirli, e permettermi così di tornare a respirare. Lo sentivo martoriare il mio corpo inerme, mentre piano piano cominciavo a sentirmi sempre più debole. Dopo l’ennesimo pugno sentì in bocca il gusto amarognolo del sangue.

Finché tutto non divenne bianco.

Vuoto.

Come se tutto il mondo si fosse spento, non sentivo più nulla.

«Daniel?»

Quella voce, chi mi cerca?

«Daniel? Svegliati!»

Tentai di aprire gli occhi: la vista era ancora indolenzita.

«Forza ragazzo, svegliati.»

Alla fine riuscii ad aprire gli occhi: mi trovavo nella mia stanza, nel palazzo del Supremo. Attorno a me si erano radunati tutti gli altri guerrieri. La notte era calata da qualche ora, visto che l’unica fonte di luce era una lampada sul mio piccolo tavolo.

«Come ti senti, ragazzo?» mi domandò il Supremo.

«C-Come appena uscito da un frullatore… » dissi, la voce ridotta quasi ad un sussurro. «Ha continuato a picchiarmi fino a farmi svenire… era… più forte di tutte le altre Ombre…»

«C’è un motivo se ti dico di rimanere concentrato: più permetti alle tue paure di crescere, più forti saranno le ombre. Stai tranquillo, comunque, non ti avrebbe ucciso: non gli è permesso farlo. Ora pensa a riposarti. Tutti gli altri, fuori.»

Il gruppo seguì i suoi ordini: Tensing e Reef mi sorrisero entrambi con affetto, Yamcha invece uscì facendomi l’occhiolino. Crilin si fermò per un secondo: mi offrì la mano, e ce la stringemmo forte, in segno d’intesa.

«Forza! Crediamo tutti in te, non farti abbattere…» dopo di che uscii, facendomi anche lui l’occhiolino.

In quel momento mi sentii bene: potevo effettivamente contare su dei buoni amici.

Con quel pensiero riuscii ad addormentarmi tranquillo.

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Sei mesi dopo…

«AH! Para questo ora… AH!»

«Dovrai fare di meglio…» detto questo lo colpii in volto, scaraventandolo lontano.

«Ouch! Ok, hai vinto tu stavolta…» disse Crilin, rialzandosi dolorante dopo essere finito con la schiena sul duro pavimento.

«Beh, se ti fa piacere, ti posso dire che sono il primo ad essere sorpreso per essere diventato così forte, eh-eh…» gli dissi, fornendogli una mano d’appoggio.

«E non sei l’unico! Ormai hai undici anni e sei più forte di chiunque di noi a quell’età… e, forse, forte quanto noi in questo momento.» disse Yamcha.

In quel momento però, ci interrompemmo tutti: avvertimmo due strane auree entrare nell’atmosfera terrestre. Fummo sorpresi solo per qualche secondo: in realtà sapevamo perfettamente cosa fosse appena arrivato.

«Ragazzi miei… È giunto il momento.»

Ci voltammo tutti all’ennesima improvvisa apparizione del Supremo: sul suo viso, un’espressione più corrucciata del solito.

«Vi siete allenati duramente, e sono convinto siate in grado di proteggere questo pianeta. Non posso che augurarvi buona fortuna.» concluse freddamente.

«Bene ragazzi, siamo pronti? Andiamo!» incitò Yamcha.

Io rimasi fermo al mio posto: sapevo benissimo cosa stava per succedere.

«Daniel, non vieni?» mi chiese Crilin.

«No, Daniel, non viene.» disse il Supremo con decisione.

«Ma come? Si è allenato duramente per tutto l’anno, riesce a tenerci testa e a volte a anche a batterci in combattimento, perché non può venire?» domandò Yamcha, con un tono anche piuttosto sorpreso.

Io abbassai la testa, rassegnato.

«Daniel non ha completato l’addestramento. Non ha ancora superato la sfida delle Stanza delle Mille Ombre, e resterà qui finché non lo riterrò pronto.» gli rispose il Supremo.

«Ma come può fare questo? Perché impedisce ad uno dei migliori guerrieri qui presenti di difendere il suo pianeta? È sicuro di quello che fa?» disse Crilin, anch’egli piuttosto sorpreso.

«Non osare mettere in dubbio una mia decisione! Credi forse che io non agisca nel bene di questo pianeta? Se Daniel resta qui è una mia scelta, perché non lo reputo pronto, e la sua aura merita un’attenzione particolare. A voi basti solo questo.»

Rimanemmo in silenzio per qualche secondo: guardai ciascuno dei miei amici negli occhi. Mentre sentivo una lacrima scendermi lungo la guancia, gli dissi, molto semplicemente:

«Buona fortuna, ragazzi.»

Ci guardammo ancora per qualche secondo, prima che nei loro occhi si riaccese la fiamma della determinazione.

«Vinceremo anche per te, stanne certo amico mio.» disse Crilin. Gli altri mi confermarono lo stesso proposito, con un cenno del capo.

Io sorrisi. Anche se non avrei fatto parte della battaglia, sentivo che la terra era in buone mani. Ne ero sempre più convinto, mentre li vedevo prendere il volo verso la più grande battaglia del nostro tempo.

Ma mi resi conto di un’altra cosa: per una volta, ero stato sicuro dei miei mezzi. E questo anche grazie a loro, al loro continuo supportarmi: anche per questa loro forza di spirito, ero convinto che avrebbero dato diverso filo da torcere ai due saiyan.


NOTE DELL'AUTORE
Ehilà bella gente! Rieccoci con il decimo capitolo: è stato particolarmente difficile scriverlo, quindi scusate se magari non sarà al livello degli altri, ma spero vi sia comunque piaciuto.

Mettere un intero anno in un capitolo è stato particolarmente difficile: ma ci sarebbe veramente troppo da scrivere se volessimo vedere ogni momento di quest'anno di attesa ben descritto. Ho cercato comunque di farvi intendere con cosa Daniel si è dovuto confrontare durante questo suo intenso periodo di allenamento. E poi, concedetemelo: l'attesa per l'atterraggio di Nappa e Vegeta è secondo me il momento più noioso in assoluto in dragon ball, soprattutto nell'anime...

In ogni caso, sperando di aver fatto comunque un buon lavoro, vi ricordo che se avete critiche o suggerimenti, ogni recensione è ben accetta!

Alla prossima!

   
 
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