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Autore: Undertaker_skull    03/04/2015    3 recensioni
"Perché piangi?", disse la ragazza divertita. "Aiutami ti prego" diceva il bambino... Piangeva, gridava, chiedeva aiuto... Tra le fiamme della sua casa, rannicchiato accanto ai suoi genitori, ormai bruciati dalle fiamme.
Lei guardò danzare affascinanti colori tra il rosso scarlatto e il giallo lucente... Ma poi si girò verso il bambino, annoiata.
"È inutile piangere, gridare o pregare, perché alla fine nessuno ti verrà a salvare..."
La ragazza, che si distingueva fra tutti quei colori, scomparve in una nube nera, mentre il bambino sconvolto continuava a lamentarsi.
La notte era buia, silenziosa e deserta; ma c'era ancora quella casa in fiamme che la illuminava.
Restò qualche momento ad ammirare quel 'panorama' e poi se ne andò, tra le strade del paesino.
"Bene bene, vediamo con chi ci dobbiamo divertire adesso." Disse con un ghigno divertito, mentre camminava e così si confondeva nella notte.
Genere: Avventura, Dark, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si trovavano ormai vicino New York, verso Manhattan. Era pomeriggio inoltrato e Rik stava guidando, dopotutto Rik guidava sempre, non le permetteva mai di guidare la sua 'bellissima' Chevrolet Impala.
Guardò fuori dal finestrino, vedeva strade, macchine di ogni colore, alberi, case, cantieri... E tante persone. C'era un gruppo di ragazzi che ridevano, una madre con i due figli in un parco ecc.
"Che palle" dice Irina annoiata, sbuffando. "Quando arriveremo a Manhattan?" Dice guardando Rik.
Rik la guarda per un momento e poi guarda di nuovo la strada. "È la quinta volta che me lo chiedi in mezz'ora, sii paziente, arriveremo in una ventina di minuti." Dice Rik un po' scocciato.
Lei lo guarda per un momento indifferente. "Rik, questa macchina è sempre stata tua?" Disse lei con una nota di curiosità sulla domanda.
Lui la guarda un po' sorpreso. "Era di mio padre, me l'ha data in eredità quando è morto." Dice indifferente.
"Come è morto?" Dice lei, sapendo che la sua delicatezza lasciava a desiderare, essendo un demone.
"È stato sparato, mentre un ladro stava scappando lui cercava di fermarlo, quindi il ladro l'ha sparato." Irina lo guarda intensamente, ma poi si gira verso il finestrino e fa una piccola risatina macabra ma allo stesso tempo divertita.
"Perché ridi? Ti diverte il fatto che mio padre sia morto?" Dice Rik ironico.
"Stavo pensando... Stavo pensando a non solo tuo padre, ma anche a molte altre persone. Gli umani sono così patetici. Si mettono l'uno contro l'altro e si distruggono a vicenda. Sono così deboli e fragili. Non capiscono che qualcosa che si perde non si riavrà mai più ." Rik guarda la strada in silenzio e non disse niente fino alla fine del viaggio. 

"Vado a farmi un giro" disse Irina. Erano appena arrivati a un piccolo hotel e Rik stava portando nella sua stanza i suoi bagagli. 
Irina passeggiava per le strade di Manhattan, ormai si era fatto buio, non sapeva precisamente cosa fare, quindi si fermò al primo pub che vide.
"Bourbon Whiskey" disse lei al barista mentre si sedeva sullo sgabello del bancone. 
"Posso vedere un documento?" Disse il barista, un uomo sulla cinquantina, pelato, tatuaggi ovunque e la solita faccia diffidente. Irina sbuffò, prese il viso del uomo e lo avvicinò al suo guardandolo intensamente.
"Ho detto un Bourbon Whiskey" dice scandendo le parole e lo lasciò, uno dei suoi tanti poteri era poter soggiogare gli umani, capacità che non avevano tutti i demoni, solo quelli più potenti (come lei) e naturalmente tutti i vampiri.
Prese il suo Bourbon e incominciò a sorseggiarlo con calma, in confronto agli umani i demoni sono più calmi e sereni, secondo lei, non hanno fretta e fanno tutto in tempi più lunghi, dopotutto i demoni non muoiono 'per il tempo', ma per ben altro.
Pensando del più e del meno si erano fatte le otto, così se ne andò, ricominciò il suo cammino senza meta finché non arrivo in una specie di discoteca, si sentiva molto caos dall'interno e fuori c'erano molte persone che facevano la fila per entrarvi.
Allora Irina entrò soggiogando i buttafuori. All'interno c'erano molti ragazzi con ridicoli vestiti, pensò lei scocciata, lei si vestiva sempre con cose scure, e da sopra sempre una giacca. Si fece spazio fra quelle persone che ballavano e si diresse al bar della discoteca, ma subito un ragazzo le si parò davanti.
"Ciao, vuoi ballare con me?" Disse lui, era un ragazzo alto e muscoloso, aveva capelli neri e occhi azzurri, per una ragazza normale sarebbe stato carino ma lei lo guardava diversamente.
Lei lo guardò annoiata, ma subito dopo sorrise . Posò le labbra sul suo orecchio "Non voglio ballare, voglio stare con te." Il ragazzo sorrise, così lei lo portò sul retro. Quando uscirono lui incominciò subito a baciarla, ma lei annoiata era già preparata a strappargli il cuore, finché non senti un rumore. Erano dei ragazzi che facevano una rissa.
Lei ruppe il collo di quel ragazzo e lo buttò per terra, senza neanche assaggiarlo. Andò incuriosita verso la rissa, erano cinque ragazzi contro uno solo; guardò quel ragazzo, era piuttosto normale, non troppo muscoloso ne bello, beh, normale. Il ragazzo riusciva a difendersi, era bravo per essere uno contro cinque, finché dopo un po' il ragazzo si stancò e cominciò ad avere la peggio. Non sa perché l'ha fatto in quel momento, ma comunque si intromise nella rissa e spezzo il collo a quei cinque ragazzi uno ad uno.
Il ragazzo rimase immobile vedendola mentre li uccideva, poi quando lei si girò verso di lui, il ragazzo vide occhi rossi cremisi, non erano umani, ma poi cambiarono subito colore diventando neri.
Restarono a guardarsi per un po'. "Chi sei?" Chiese il ragazzo con fermezza. Lei fece una risata soffocata, "Ragazzino la domanda non è 'chi' ma 'cosa'."

-#spazioautrice
Ecco a voi il nuovo capitolo. Spero che vi piaccia, inoltre cercherò di scrivere il prima possibile il prossimo capitolo.
Grazie a tutti :)

http://fc08.deviantart.net/fs40/f/2009/053/2/3/Black_Lady_by_asuka111.jpg
Questa è una "Irina versione manga" (naturalmente con gli occhi neri). Purtroppo non sono riuscita a trovare una rappresentazione di una persona che mi convincesse.
  
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