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Autore: Margo_Holden    03/04/2015    3 recensioni
Sheena è una pacifista, che nel giorno della scelta, deciderà di stare con gli intrepidi.
Quello che non sa, è che non ci sarà solo la lotta per rimanere nel suo nuovo mondo, ma la lotta più grande dovrà vincerla contro se stessa e i suoi sentimenti.
Dal Capitolo 17.
"Quando giunsi lì, mi sedetti sul muretto con i piedi a penzoloni. Chiusi gli occhi e allargai le braccia. E sognai di essere una bellissima aquila, che volava e spiegava le sue ali senza paura o timore, che padroneggiava alta su nel cielo, limpido e senza nubi. Andava dritta per la propria strada e non si guardava mai indietro, sapeva cacciare e badare a se stessa, mentre muoveva le ali su e giù senza badare agli altri uccelli che la guardavano intimoriti. Aprii gli occhi di scatto quando capii che avevo disegnato il profilo di Eric."
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio, Tris
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 12.



DIE BURIED ALIVE.



Camminavo svelta lungo il corridoio freddo che collegava la camerata alla mensa.
Come sempre ero in ritardo.
Non riuscivo proprio ad arrivare in orario almeno una mattina.
Svoltai l’angolo e mi ritrovai davanti all’immensa entrata della mensa, così presi fiato, mi ricomposi per non far vedere agli altri che non stavo correndo perché magari ero ritardo, ed entrai.
Come sempre la prima cosa che mi accolse fu la confusione, poi il rumore assordante delle posate che sbattevano sui piatti ed infine Brian che urlava il mio nome e che mi ricordava che ero per l’ennesima volta in ritardo, facendo attirare l’attenzione di tutti su di me.
Fantastico.
Potevo vedere anche il rossore sulle mie guance.
-Allora dato che anche la ritardataria è arrivata, che ne dite di muoverci ed andare alla postazione dell’ultimo modulo?- disse Brian rivolgendomi uno dei suoi sorrisi più belli e stronzi.
-Io non ho ancora mangiato!- replicai come una bambina a cui non viene data l’ultima fetta di torta sul vassoio.
-Svegliati prima Sheena. Non possiamo sempre arrivare in ritardo per causa tua!- mi rispose con tono annoiato, Helena.
-Ehi! Ma tu non eri un’abnegante?- gli chiesi con tono scherzoso mentre portavo una mano su un fianco e piegavo la tasta di lato.
Lei di tutta risposta mi trafisse con uno sguardo. Era forse arrabbiata con me? Cosa le avevo mai fatto di così tremendo da trattarmi in questo modo? Se non arrivare in ritardo?
-Va beh, ci vediamo lì- troncai la discussione che ero certa, stava per nascere. Mi guardai intorno in cerca di James.
-Se cerchi James è nel tavolo con i capifazione.- mi aiutò una voce alle mie spalle che riconobbi come Ian.
Gli sorrisi dolcemente come per ringraziarlo dell’aiuto e poi tutti gli altri mi salutarono e se ne andarono.
Perfetto la giornata cominciava meravigliosamente. Ma il pensiero di dover andare a sedere con gli altri capifazione tra cui Eric e la sua amichetta, mi turbava. Al solo pensiero di loro due che si baciavano sentivo la pelle andare a fuoco e i capelli drizzarsi per la rabbia.
Mi avvicinai con cautela al tavolo e poi da dietro toccai delicatamente una spalla di James. Lui che stava ridendo fino ad un minuto prima, smise e  poi mi guardò, e come scioccato mi invitò a sedere di fronte a lui.
Purtroppo vicino a me c’era Eric.
Dannato destino e dannato lui.
Mentre mangiavo un semplice cornetto, sentii una mano toccarmi il ginocchio per poi risalire fino alla coscia.  Mi irrigidii all’istante, ma anche se lui se ne era accorto, non fece niente per togliere la mano da sopra la coscia così decisi che anche io mi sarei presa una bella vendetta.
Girai appena appena la testa, giusto per vedere se mi stava guardando ma niente.
Allora decisi di avvicinarmi piano piano a lui.
Quando gli fui abbastanza vicino, mi sporsi e con voce sensuale gli sussurrai all’orecchio
 “guarda che la coscia della tua amichetta è dall’altra parte. Qui c’è solo una povera pazza con un fisico da mozzare il fiato anche al più brutale degli uomini”
Di tutta risposta lui strinse ancora di più la presa sulla mia coscia ed io dovetti appellarmi a tutta la forza di cui disponevo per non tradirmi con la faccia, altrimenti tutti avrebbero saputo che stavo andando in iperventilazione per colpa di Eric.
Sapevo che avevo decisamente esagerato con l’ultima parte, ma la vendetta era un piatto che doveva essere servito freddo, no?
“allora vorrà dire che un giorno di questi mi farai vedere tutto questo sexappeal. Nel frattempo se non ti muovi, penso che il prossimo pasto lo consumerai direttamente dagli esclusi” mi rispose con tono [come sempre] vezzeggiativo. Accennando anche ad un crudele sorrisino.
Mi aveva per l’ennesima volta  umiliata.
Ma questa volta, spostai la sua mano e mi alzai non prima di aver detto a James che mi sarei incamminata dagli altri.
-Buona fortuna, Sheena.- mi bloccai quando sentii la sua voce, quella voce che odiavo più della morte. Era Taylor che con superbia mi augurava qualcosa di cui sperava vivamente che non accadesse. Non mi girai nemmeno, me ne andai senza rispondere. Non ne vale nemmeno un minuto della mia vita. La odiavo ed il motivo era palese per me, per lei ma anche per Eric.
Ad un tratto mi resi conto di una cosa. Ma come avevo fatto a non capirlo prima?
Quando gli altri mi parlavano di Eric, o meglio le altre, loro raccontavano di lui come un uomo che usava le donne. E che non se ne rendeva conto di quanto fortunato era ad avere tutte quelle ragazze attorno. Dal mio canto invece rispondevo che lui era solo un poveretto in continua cerca di attenzione. Ovviamente erano tutte cavolate. Perché io mi ero innamorata di Eric, quello che era sincero ma non meschino con me, quello brutale ma che sapeva spesso essere romantico, anche se non lo dava a vedere. Soprattutto nei momenti in cui mi diceva che ero bella, cosa non vera.
Ma poi arrivava la parte in cui faceva lo stronzo, egocentrico, megalomane e disinteressato uomo Capofazione che può avere tutto dalla vita, di cui non gli importa niente di una semplice iniziata per lo più ex Pacifica.
Ed era proprio in quel momento che tutte le cose brutte che avevo detto su di lui, diventavano vere, per non parlare di quanto facesse male vederlo ridire e “scherzare” con le altre ragazze, che aimè, erano molto più desiderabili di me, con un fisico più spigoloso che formoso, anche se si intravedevano dei piccoli miglioramenti in materia di massa muscolare.
Mi fermai di botto.
Dannata me, perché non ci avevo pensato prima?
Se ad Eric importava qualcosa di me però non lo dava a vedere. E perché questo? Semplice.
Lui faceva lo stronzo con me, solo per allontanarmi, solo per allontanarsi da me.
Dovevo assolutamente scoprire il perché.
La giornata stava via, via migliorando.
***
Il secondo modulo era ufficialmente cominciato.
Questo voleva dire che tra due settimane esatte noi tutti saremmo stati a conoscenza se restare da intrepidi e quindi iniziare una vera e propria vita qui, dimenticando il passato e con esso tutto i guai, gli incidenti, gli affetti.
Oppure se vivere la nostra vita nella miseria più assoluta, da ripudiati, da persona che nella società contano meno di zero, da esclusi.
Il primo ad entrare fu il primo della classifica: Brian.
Erano passati venti minuti quando Quattro chiamò il secondo nome ovvero James che ci mise veramente poco, 12 minuti. E poi tutti gli altri, arrivando poi a chiamare me.
Sinceramente non ne sapevo molto su questa parte dell’iniziazione, si okay dovevamo affrontare le nostre paure, ma fino a che punto ci saremmo spinti? Avremmo forse involontariamente rivelato i nostri più oscuri segreti?
Vedere per credere.
Entrai.
La stanza era asettica, niente di niente. Se non una scrivania con r collegato sopra una macchina che poteva forse essere un computer e una poltrona da dentista.
Mi disse di accomodarmi sulla poltrona e mi posizionò dei cavi sulla testa.
Poi estrasse una siringa.
All’interno si poteva vedere chiaramente il liquido ambrato.
Un brivido mi percorse lungo la schiena.
Odiavo le siringhe ed odiavo maggiormente  non sapere di che sostanza stavano per ingerirmi nel corpo.
-Scopriti il collo Sheena. Devo iniettarti questo.- irruppe il silenzio Quattro mentre, sempre con il suo sguardo serio, mi mostrava la siringa scuotendola giusto un po’
-Appunto stavo giusto per chiederti…di che cosa si tratta? Sai non voglio essere sedata. Non si può mai essere tranquilli se uno è drogato. Poi non potrebbe rispondere delle azioni che compie.-oddio stavo parlando a raffica, segno che ero nervosa.
-Che c’è Sheena? Sei forse spaventata da una siringa? Sai che quello che stai per affrontare può essere anche peggio di una semplice ignizione.- come dargli torto, aveva pienamente ragione. Comunque sia, mi scrollai di testa l’idea che  potessero drogarmi, e lasciai il collo libero.
Sentii l’ago entrare nella gola e poi il liquido entrare in circolo in tutto il corpo.
-Sii coraggiosa, credo in te.- furono le ultime parole che sentii, perché poi caddi in trans.
Quando mi risvegliai mi ritrovai seduta sul mio vecchio letto, nella mia vecchia stanza e nelle mia vecchia fazione. Riconobbi il tappeto rosso, le tende color grano ed infine il mio armadio di quercia con un anta rotta a causa di un gioco pericoloso che io e mio fratello Travis ci divertivamo a fare quando avevamo 7 anni.
Travis.
Con quel pensiero mi riscossi subito.
Mi alzai velocemente e cominciai a gridare il nome di Travis ovunque, ma quello che rispose fu solo il rumore improvviso di una finestra aperta sbattuta a causa del vento.
Allora comincia a chiamare mio padre ma niente. Nemmeno sta volta nessuna risposta.
Mi mossi e mi avvicinai alla porta, ma non si apriva. Sembrava quasi che qualcuno l’avesse chiusa da fuori.
Poi improvvisamente sentii dei passi scricchiolare sul pavimento di legno.
Mi girai di scatto per vedere se fosse mio fratello o mio padre.
Invece ad attendermi fu mia madre.
Le corsi incontro mentre le lacrime ormai senza controllo mi solcavano il viso pallido.
Ma poi qualcosa cambiò, il suo viso cambiò.
Dal collo cominciò ad uscire sangue come se qualcuno gli avesse tagliato la gola, i suoi occhi divennero cerulei ed infine il suo viso pallido.
Era morta per la seconda volta.
Quando credevo che lei fosse tornata da me, se n’era andata di nuovo e senza dirmi niente.
Il suo corpo ormai sanguinante a terra con i capelli rossicci sparsi per terra.
Capelli rossicci.
Mia madre non aveva mai avuto i capelli ricci, sempre e solo neri, proprio come i miei.
Era un allucinazione e lo avevo capito. Avevo capito anche di quale paura si trattasse.
Nel periodo in cui mia madre era morta, io non riuscivo proprio a credere che lei se ne fosse andata per sempre, così nella mia mente nacque l’assurda idea che lei un giorno di quelli sarebbe tronata da me, che mi avrebbe pettinato i capelli o che mi avrebbe insegnato a cucinare.
Poi si faceva largo il ricordo del suo corpo a terra e la pura che lei potesse tornare ed andarsene di nuovo, mi faceva venire certi attacchi di panico nella quale mio fratello era costretto a dormire con me.
E adesso quella stupida paura si era materializzata sotto i miei occhi.
Feci un bel respiro, mi abbassai fino a toccargli la guancia insanguinata e piangendo un’ultima lacrima gli dissi:
-Addio per sempre mamma.- e poi sparì. Come la casa, la fazione e si fece tutto nero.


Quando riaprii gli occhi e cercai di rialzarmi, non ci riuscii perché andai a sbattere contro qualcosa. Allora appoggia una mano per cercare di capire cosa fosse e dal contatto con la superfici mal levigata capii che era legno. Poi appoggiai entrambi i palmi delle mani su di essa e cercai di metterci tutta la forza possibile per cercare di togliermela di dosso.
Dato che era impossibile, allora rotolai su un fianco e cercai di uscire da lì.
Niente. Anche li ad impedirmi di sgusciare via c’era un’altra base di legno.
Allora per provare che la mia idea era giusta, allungai una mano dalla parte destra e anche li c’era una base di legno.
Realizzai che ero dentro una bara. Ero sotterrata viva. Il mio incubo peggiore si era realizzato e non sapevo come fare dato che la paura aveva già congelato il mio cervello.
Ero bloccata, ma non perché non potessi muovermi. Anzi ,anche se lo spazio era quello che era, io riuscivo a fare piccoli movimenti. Ma la paura ormai era entrata a circolare in tutto il corpo, mi aveva sopraffatta, mi stava annientando ed io non potevo permettermelo, quindi cominciai a respirare e a cercare un piano per poter uscire da lì.
E qui veniva il bello.
Come si fa ad uscire da un posto in cui nessuno può sentirti?
In un posto forse posto sotto terra?
Passai in rassegna il piano di urlare a squarcia gola, avrei sprecato solo fiato.
Battere i pugni sul legno del coperchio non sarebbe servito.
Ma se invece di battere i pugni, sarebbe stato proprio il mio corpo a fare da martello?
Sapevo che il mio piano faceva acqua da tutte le parti, ma era l’unico modo che conoscessi per uscire da lì.
Così presi coraggio, un bel respiro e mi misi su un fianco.
Con la spalla sinistra cominciai ad andare contro il coperchio.
Niente.
Allora cambiai fianco e cominciai con la destra a dare colpi.
Continuai  per minuti che sembravano ore ed infine mentre mi ridistesi supina per riprendere fiato, notai un piccolo foro a destra del coperchio. Doveva essere il foro per far entrare l’aria, cosa al quanto strana se ti trovavi ad almeno 10 metri sotto terra.
Una lampadina si accese nel mio cervellino: dovevo in qualche modo allargare il foro.
Come fare?
Beh per prima cosa provai a vedere se avevo per caso un coltello anche di dimensioni ridotte nella tasca laterale dei pantaloni, ma niente.
Allora decisi che avrei dovuto optare per le mani.
Cominciai ad allargare il buco con le dita staccando dei pezzettini alla volta.
Il problema fu che dopo poco le mani cominciarono a fare male, i diti erano tutti indolenziti e sanguinanti. Però non mi fermai ormai ce l’avevo quasi fatta.
Quando il foro era diventata abbastanza largo da permettere al braccio di penetrare fuori, allora mi fermai.
Mi fermai per qualche minuto, giusto il tempo di non farmi venire un attacco di panico proprio in quel stramaledetto momento e poi con la mano ben salda, diedi un pugno contro il foro. L’effetto non fu quello che avevo previsto così fui costretta a dare altri pugni, ed ancora, ancora fino a quando  le nocche divennero rosse, e poi sanguinanti. Ma finalmente il foro si era allargato e si era definitivamente aperto, tant’è che dovetti coprirmi gli occhi perché una luce accecante stava tagliando fuori l’oscurità che fino a quel momento mi aveva attanagliato.
Quando riaprii gli occhi però, non mi trovavo più nella bara, ma ero tornata nella stanza dove c’era Quattro che mi guardava come se fossi il prossimo agnellino sacrificale.
-Perfetto Sheena. Il tuo tempo è stato il migliore.- esordì sorridendomi.
Stava sorridendo. Stava sorridendo a me. Era davvero grave la situazione allora.
-ah si…- riuscii a dire solo queste due stupidissime parole e con una voce e tono che non mi appartenevano proprio. Dovevo assolutamente riprendermi. Così aggiunsi: -Quanto è stato il mio punteggio?-
e lui tutto sorriso smagliante mi rispose 9 minuti. Perfetto. Mi dissi. Se volevo un riscatto questo sarebbe stato il momento giusto.
Quattro mi disse di uscire dalla porta posteriore, che si trovava proprio al lato della scrivania.
Una volta uscita, mi ritrovai in un ulteriore stanza dove c’erano anche gli altri che avevano fatto la prova prima di me. guardai un po’ tutti e poi mi soffermai sul sorriso smagliante di James. Eh beh, da brava stronza come ero mi andai a sedere vicino a lui, così giusto per fargli capire che Sheena era diventata ufficialmente un tassello minaccioso per la sua conquista al potere.
Sentendo gli altri parlare però, capii che non era finita qui, anzi quelle paure che avevamo dovuto affrontare rappresentavano solo l’inizio di quel macabro gioco, e che la mia paura più grande stava per tornare, per emergere di nuovo più viva che mai.
Sentendomi debole, stanca e soprattutto desiderosa di piangere in anticipo, chiesi a Tris se potevo allontanarmi. Lei capendo che non stavo affatto bene, mi lasciò uscire.
Non me lo feci ripetere due volte, andai verso la porta, la aprii con veemenza e me ne andai nel mio nascondiglio, il tunnel mal illuminato di fronte  la stanza di Eric.
   
 
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