09 novembre 1974, 20:30
Nella stanza attigua alla nostra pare esserci l'anarchia. Un boato per me ormai rassicurante inghiotte tutti i suoni emessi, fondendoli in un continuo, abituale, mugghio. Siamo in una specie di bar, nel Michigan, e il pubblico sta aspettando noi. O almeno, i ragazzi. Io sono nel camerino, senza i pantaloni. Credo che li aspetterò qui. Sorrido.
Tom, di fronte a me, si sta infilando di nuovo i suoi lucidi pantaloni rossi. Mi guarda sottecchi e sorride a sua volta.
Ultimamente, dopo quello che è successo nel Jersey, mi capita spesso di pensare a come sarebbe la vita da ragazza normale. Il liceo, gli amici, magari il cinema. L'erba fumata di nascosto, i baci strappati di nascosto a qualche coetaneo imbranato. Io invece ho avuto tutto, subito, d'un colpo. La droga, l'alcool, il sesso. Il brivido del rock 'n' roll che ti striscia sotto la pelle, anche mentre dormi, ogni volta che vuoi, senza chiedere il permesso a nessuno. Però mi domando, dato che ci sono andata così vicino, come sarebbe stato tornare a casa. Sicuramente mi sarebbe stato più stretto ancora di quando vivevo là e non avevo mai visto altro. A volte invece mi domando come sarà quando sarò più vecchia, quando avrò mollato questa vita, perché di certo non durerà per sempre. Mi sposerò? Avrò dei figli? E cosa racconterò a questi fantomatici figli dei miei anni di gioventù, cosa potrei mai impedirgli di fare quando io stessa ho fatto di tutto? Su questo punto però mi tranquillizzo, probabilmente andando avanti così prenderò qualche infezione che mi impedisca di averne, e così limitiamo i danni. Riguardo al marito, invece, o a qualsiasi tipo di relazione io possa avere in futuro, mi assale l'ansia. So che nessuno potrà mai essere come questi ragazzi. Ed è per questo che da una settimana non vado più nemmeno a letto con Steven. Lui è troppo sopra le righe. Certo, nel sesso non ci sono paragoni con nient'altro che io abbia mai provato, ha un vero talento, o forse ha fatto più pratica degli altri, ma tant'è. Non riesco ad fare sesso con lui e godere, pensando che un giorno potrei avere un marito che non ha un millesimo delle sue capacità. E questa è solo una parte di quello che penso, quella che scatena tutto il resto. Perché chiunque io possa conoscere in futuro non sarà un millesimo di quello che Steven è. Il talento musicale, il genio, la ribellione, l'ironia. Niente. Così vado con Tom. Ci sto quasi sempre, anche senza spogliarmi, solo a parlare, a farsi, e a fare i cretini. Mi rassicura in lui, più che in tutti gli altri, questa spinta a prendere sempre in giro, più o meno sottilmente, il suo interlocutore, come fa con me quando mi chiama Gabi. Mi rassicura il fatto che sia così alto, e accanto a lui mi sento protetta, ora che sono ancora così fragile. Non che lui non sia speciale. Assolutamente. Solo che lo vedo più vicino alla realtà. Quando faccio un tiro da uno spinello, mi avvicino a lui come se volessi baciarlo, e gli soffio il fumo in bocca. Una sorta di bacio casto volto allo sballo. A letto se la cava bene, è passionale ma delicato, mi tratta come se fossimo due normali persone con una relazione. E poi, ogni tanto, anche se per scherzare, mi chiama col mio vero nome. È la cosa più vicina ad una relazione normale che io riesca ad immaginarmi, ed è quello a cui spero che somigli un possibile partner fisso, se mai arriverò viva a quella parte della mia vita e vorrò farlo.
<< Tutto ok, Jay? >>mi chiede Tom mentre ricontrolla di avere tutto il necessario per entrare in scena.
<< No, hai dimenticato qui le mutande, Tommy >>rispondo guardandolo da sotto i capelli che mi spiovono in faccia.
Lui mi fissa per un attimo, con aria interrogativa.
<< Scherzavo, Tommy >>.
Ridiamo entrambi.
<< Jay, mi piacerebbe che tu rimanessi >>mi dice quando smette.
<< Qui ad aspettarti per il dopo concerto? Lo farò di sicuro, te l'ho detto >>gli rispondo. Non capisco dove voglia andare a parare.
<< No, intendo con noi. Con la band. Con me. Guarda che mi sono accorta che stai prendendo le distanze >>mi dice, improvvisamente serio.
Lo guardo con un groppo in gola, incapace di rispondere. Se n'è accorto. Sono davvero una stupida io a credere che nessuno faccia caso a certe cose. Fumo, non fumo, droga, sesso sfrenato, comporre di notte, gente che scrive canzoni del genere certe sfumature le nota. Io ero con Steven quella notte che si è messo a piangere. Ero con lui e da una settimana non voglio più nemmeno restarci sola nella stessa stanza: mi sento davvero una persona orribile.
<< Mi...dispiace, Tom >>balbetto, le lacrime che strabordano dagli occhi arrossati dal fumo e dallo scoramento, le mutande fradice appallottolate in mano.
Lui inghiotte un respiro a vuoto, sconcertato dalla piega che hanno preso le cose. << Cazzo >>dice facendo un rapido passo verso di me e stringendomi. << Oddio, non volevo farti piangere. Stai tranquilla >>mormora passandomi una mano sulla schiena. << Non voglio farti parlare di cose che non vuoi nominare >>.
Mi stacca un attimo da lui e mi guarda negli occhi. Devo essere orribile. E pensare che mia madre mi voleva come le ragazze per bene, e invece sono qui, struccata e svestita, in un camerino pieno di fumo, con le occhiaie che arrivano a terra.
Per un attimo sorridiamo entrambi.
<< Stai tranquilla >>fa accarezzandomi una tempia. << Ci vediamo dopo. Se non vuoi pensarci ho qualcosa nelle tasche delle giacche di riserva >>.
Esce dal camerino ammiccandomi. Mi stringo nelle spalle.
E l'attimo dopo, rivestita, sto correndo.
Author's Corner:
Come promettevo da tempo, nuovo capitolo. Perdonatemi ancora la discontinuità e la brevità dei capitoli. Spero di dare alla storia la svolta che desideravo entro breve. Grazie a tutti.
A presto,
Lucy