Film > Re Leone
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Autore: lionelscot    04/04/2015    1 recensioni
« Pensi davvero che io possa diventare re ? Dopo Mohatu, Ahadi, Mufasa, mio padre... E se non fossi in grado ? E se finissi come Scar ? »
« Io sono convinta che sarai un grande re proprio perché hai questi dubbi, perché ti preoccupi, perché non ti ho mai visto nasconderti dalle tue responsabilità e perché ne sono certa. Tu sarai un grande re. »
Salve a tutti e benvenuti alla nuova edizione della mia vecchia fiction TLK: The Missing Prince. Dopo oltre due anni ho deciso di rimettervi mano e di riscriverla, seguendo nuove idee nate per la creazione di una nuova serie di Fiction legate all'universo de "Il Re Leone". Spero vi possiate interessare e vi possiate preparare ad un viaggio nelle Pridelands.
Le altre due versioni le potete trovare ai seguenti indirizzi:
- http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1406967&i=1 (2°)
- http://lionking.forumcommunity.net/?t=50166728 (1°)
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kopa, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Vitani
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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         Mancavano ormai una manciata di giorno alla presentazione ufficiale della piccola principessa. Il viavai di personalità nelle Pridelands e alla Rupe si era intensificato moltissimo. Anche la snella figura di Rafiki cominciava a notarsi più spesso del solito. Tuttavia, nonostante la moltitudine di leoni e altri animali presenti a Priderock, in quei giorni avevano significato per il principino solo solitudine. Afua infatti passava sempre più tempo col padre, Malka. I due, anzi, i tre, considerando Asali, avevano un rapporto da ricostruire. Subito dopo esser diventato principe di un territorio situato a poche miglia dal confine sud delle Pridelands, Malka aveva avuto un’altra figlia, Maziwa, da una leonessa del suo nuovo branco. Una scelta dettata dalla necessità di rinforzare il suo legame con i suoi nuovi subordinati. Asali non lo aveva perdonato, neppure dopo tutte le spiegazione che le aveva dato riguardo all’obbligo impostogli dai suoi genitori. La nascita della figlia del suo grande amico Simba gli aveva fornito una scusa ufficiale per poter stare all’ombra di Priderock e cercare, in qualche modo, di sistemare le cose.
         Meethu e Isipho invece si erano ancora intenti nelle loro imprese adolescenziali, mentre Vitani… con le non si parlavano molto, ultimamente. Anzi, avevano smesso del tutto di farlo pochi giorni dopo quel discorso. Ma nessuno o quasi ci aveva fatto caso e ancor meno erano quelli interessati a indagare, date l’avvicinarsi del grande evento. E dire che se qualcuno avesse un mino aguzzato i sensi, avrebbe notato che Kopa non stava del tutto bene. È vero, alcuni piccoli problemi di salute lo avevano sempre accompagnato da quando era nato, ma questa volta loro non centravano.
         Quella notte, il tamburellante squassare dell’acqua che colpiva incessantemente le pareti della Rupe aveva fatto da contraltare alla quiete interna ad essa, dove l’intero branco si era appisolato, ad eccezione del principino. Continuavano a suonarli nella memoria quelle parole taglienti che si era sentito recapitare pochi giorni prima: “Ti odio ! Sei un leone morto !”. Si svegliò di soprassalto con quella frase nella testa, illuminato dalla luce di una saetta caduta non lontano e istintivamente si carezzò il muso, poco sotto lo zigomo sinistro. Le due piccole linee parallele si erano orma trasformati in cicatrici e sperava che nessuno le avesse notate. Si guardò spaesato attorno, constatando che l’intero branco era intento a dormire. Si alzò, dando una gentile leccata sul capo della sorellina e si avviò verso l’ingresso ad osservare la potenza del temporale. Rimase là, in ascolto per diverso tempo, sino a che il cielo non si fu placato. A quel punto, il giovane leone decise di salire e attendere il levarsi dall’apice della Rupe. Non aveva senso tornare a dormire. Quando fu prossimo alla cima, la sua attenzione fu catturata da un’ombra che si allontanava furtiva dalla grotta. Ebbe un istante d’esitazione, poi la curiosità prese il sopravvento sulla prudenza e il cucciolo decise di andare all’inseguimento della figura, non rendendosi conto di quanto lontano lo stesse conducendo. Neppure quando ne perse le tracce se ne rese conto. La consapevolezza giunse solo nel momento in cui inciampò per una discesa che li lasciò sul corpo qualche ammaccatura.

         « Auch…così imparo a non fare attenzione a dove metto le zampe. » sbuffò tra sé e sé « chissà dove sono finito adesso… ».
           
Il cucciolo si osservò attentamente attorno: niente vegetazione, un terreno battuto e polveroso, chiuso ai lati da delle pareti rocciose che parevano abbastanza sdrucciolevoli… Non aveva più dubbi: si trovava nella gola, quella che suo padre evitava ad ogni uscita.

         « E adesso come faccio a risalire ? Se i miei si svegliano e non mi trovano, rischio davvero di passare dei brutti gua… ».

            « Kopa ? Che ci fai qui ? »


         Il cucciolo si voltò colto alla sprovvista. Mai si sarebbe aspettato di incontrare qualcuno, per di più un suo parente in un luogo così inusuale. Non c’era da stupirsi nella sorpresa tinta sul suo volto.

         « Nonna Sarabi ?! »

         La vecchia leonessa era sorpresa tanto quanto il suo giovane nipote. Non era ne il luogo ne il tempo adatto per un cucciolo lasciato solo. Sarebbe stato meglio riaccompagnarlo, tuttavia, il cuore di nonna prese ebbe la meglio e la vecchia leonessa decise di godere della compagnia del giovane nipote.

         « Ti va di accompagnarmi in un posto speciale ? » le domandò teneramente lei, ricevendo un gesto di assenso col muso dal suo interlocutore.
         I due si incamminarono nella gola. Il sole non era ancora sorto, ma il suo calore stava facendo levare una lieve foschia, donando a quel posto un clima surreale, quasi sacro. Ad un tratto apparve davanti a loro la sagoma di un tronco, spezzato da chissà quanto tempo ormai, eroso sul lato esposto al vento, ingrigito dalla polvere. Kopa osservò attentamente e colse qualcosa, qualcosa che sembrava fuori posto, ma che per qualche ragione, percepiva come non sarebbe potuto essere presente in nessun altro: quel tronco fungeva da protezione ad un piccolo fiore i cui petali risultavano ricoperti da piccole perle di rugiada. Sarabi vi si avvicinò e con la delicatezza di chi maneggia il cristallo più puro e fragile al mondo, pulì dalla polvere e dall’acqua, seguita dal curioso sguardo del nipote.

         « Vuoi sapere perché questo fiore meriti tutte queste attenzioni ? » domandò lei amorevole. Il brunetto fu colto in contro tempo, poi annuì semplicemente col capo.

         « Vedi Kopa. In questo luogo, una volta, un caro leone diede la sua vita per proteggere quanto di più importante gli fosse stato donato. Diede la sua vita per permettere ad un’altra di continuare il proprio percorso. E d’allora, ogni anno, questo piccolo fiore sboccia nel punto in cui giaceva il suo corpo, incurante delle difficoltà e delle carenze. Per questo me ne prendo cura, perché questo fiore è quanto mi resta di tuo nonno… È quanto mi resta del mio Mufasa… »

           
Gli occhi e le parole della vecchia sovrana celavano una tristezza che andava oltre la semplice mancanza. In quei gesti, in quelle cure, in quelle parole… Era come se stesse cercando di chiedere scusa, di farsi perdonare. Kopa non aveva mai visto la nonna in quello stato. Percepiva pienamente il suo dolore, lo sentiva quasi suo. Del nonno sapeva poco, giusto quello che gli era stato raccontato dalla madre e da Rafiki, perché suo padre non aveva mai voluto toccare l’argomento, ma immaginava quanto importante fosse stato per coloro che amava. Il piccolo felino seguì l’istinto, stringendo in un abbraccio la nonna, la quale ricambiò cercando di trattenersi dalle lacrime, in un istante in cui il mondo sembrò cessare di esserci. Ma la perfezione del momento, non era che un’effimera illusione…

         « Oh, ma che tenerezza, che patos. Ancora un po’ e mi metto a piangere… »

            « Zira ! »
ringhiò Sarabi, ponendosi tra il nipote e la leonessa dagl’occhi di brace « che cosa ci fai qui ? »

            « Oh, andiamo Sarabi. Ti pare questo il modo di rivolgerti ad una vecchia amica ? »
disse la cacciatrice, iniziando a camminare attorno ai due, come un avvoltoio che cala verso una carogna.

            « Noi non siamo amiche, Zira. Io non sono amica di una traditrice… »

            « Parole pesanti. Specialmente dette da te, mia cara. Avanti, lo sai che siamo molto più simili di quanto tu non voglia ammettere… »

           
A quelle parole, Sarabi tentennò, mordendosi il labbro. Aveva sempre rimproverato suo figlio per aver permesso a Zira di rimanere nelle Pridelands e ora…
         “Sarabi riprenditi, non è il momento di pensare al passato, hai qualcuno da proteggere adesso !” urlò dal profondo il suo istinto, facendola tornare al presente. Suo nipote era lì con lei, in una gola e con una leonessa che pareva avere le peggiori intenzioni. Nascose il cucciolo col suo corpo e si mise in posizione, pronta a reagire.

         Farai meglio a dirmi cosa vuoi Zira. Non ho voglia di giocare.

            « Peccato… Stavo cominciando a divertirmi. Sei così divertente quando stai sulle spine… Comunque, se proprio vuoi saperlo… Così come voi mi avete privata del mio re, io vi priverò del vostro futuro… »
affermò sibillina, scattando in avanti.

         Sarabi spinse via Kopa, intimandogli di scappare. Il cucciolo si mise a correre sino a farsi bruciare i polmoni per il fiatone e la paura. Non capiva, perché Zira ce l’aveva tanto con lui ? Non le aveva fatto alcun torto ! Ora però non era il tempo di indagare, doveva mettersi in salvo, ma con la paura a guidarlo, il giovane principe finì per andare dalla parte opposta alla Rupe, sullo strapiombo che dava sui rovi che segnavano il confine col deserto. Fece per voltarsi indietro, ma ciò che vide, gli fece gelare il sangue nelle vene: Zira era lì, davanti a lui, ferita lievemente e col muso e le zampe intrise nel sangue dell’avversaria.

         E ora veniamo a noi, piccolo principe… Nessuno ci potrà interrompere…

         Perché…? domadò con un sospiro di voce quasi impercettibile. Ma quella domanda, ebbe solo l’effetto di accendere ulteriormente la rabbia della leonessa.

         “Perché ?”, mi domandi. “Perché?”… una zampata rapida e ad artigli aperti colpì il cucciolo con tanta violenza da farlo andare contro il muro di roccia alla sua destra, spezzandogli il fiato. Il bruciore delle ferite sopraggiunse dopo pochi attimi, mentre il terrore si impossessava di ogni singolo frammento d’essere del piccolo, mentre la voce della sua assalitrice lo portò a sbiancare e sospendere la respirazione.

         « Perché non permetterò mai che un bastardo figlio di un re illegittimo, un sangue marcio come il tuo, si mescoli col mio. Perché non ti permetterò mai di rovinare la vita a mia figlia ! » urlò sferrandogli un’altra zampata che gli schiacciò la cassa toracica, facendolo sbuffare aria e sangue.
         « Ti ho visto l’altro giorno. Ho visto il tuo “incidente” con Vitani e se hai pensato anche solo per un attimo che l’avresti passata liscia, credimi, ti sei sbagliato di grosso ! »

         Il cucciolo divenne il bersaglio da gioco della leonessa. Non lo stava semplicemente uccidendo. Lei stava infierendo ! Prima con gli artigli, poi con le fauci. Ogni tentativo di respirare era solo fonte di ulteriore dolore e quando si trovò sollevato da terra, coi denti della sua carnefice che affondavano nel suo corpo, quando ad ogni dilatazione del torace le ferite si allargavano, il piccolo cominciò a pregare che il tutto potesse terminare il più presto possibile.
         D’un tratto però, avvertì la morsa lasciarlo. Aprì un’occhio e vide sua nonna. Nonostante le ferite, era riuscita a raggiungerli e intervenire. La stazza poteva aiutarla, assieme all’esperienza, in uno scontro normale, ma contro Zira, contro la sua furia cieca e vendicativa, anche lei dovette arrendersi, accasciandosi al suolo.

         « Lo ammetto, sei riuscita a sorprendermi, vecchia mia… Ma forse è meglio così… Il piccolo lascerà questo mondo con la visione della tua morte negl’occhi. » fece l’aggreditrice, levando la zampa in altro per sferrare il colpo finale all’anziana leonessa. Ma prima che ciò potesse accadere, un dolore lancinante al lobo dell’orecchio la fece scuotere con violenza.

         « Lascia in pace mia nonna ! » urlava coi denti serrati nella carne dell’avversaria il piccolo Kopa. Un impeto di coraggio e di rabbia lo aveva spinto a reagire, a non arrendersi. Zira si agitava come una zebra quando è ghermita da un leone, scuotendo la testa con tutte le forze per levarsi di dosso quel piccolo coraggioso.

         « Mollami ! Molla il mio orecchio lurida feccia ! » con quell’urlo di rabbia, la leonessa sferrò un’ultima artigliata, centrando in pieno il petto del piccolo leoncino.
         Fu un attimo. Il sapore del sangue e della carne della leonessa erano ancora vivi nella sua bocca quando si ritrovò nel vuoto, privo di forze, impossibilitato a trattenere le lacrime, ormai rassegnato al suo fato. La caduta fu accompagnata da un urlo agghiacciante che lo chiamava, l’urlo di voci a lui famigliari. Passò il groviglio di rovi, spezzando diversi rami, impattando al suolo, meno violentemente di una caduta libera, ma comunque molto forte. Pian piano, immagini e suoni divennero via via più confusi, sin quando nessuno dei suoi sensi fu più in grado di tenerlo in contatto col mondo. Il silenzio e il buio erano calati su di lui.
   
 
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