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Autore: germangirl    04/04/2015    4 recensioni
Harm, Mac, un bimbo in arrivo e una telefonata da Washington.
Ovvero: la vita e le sue imprevedibili conseguenze.
Seguito di “Tutta colpa del lago dorato”
Questa storia fa parte della serie 'Il lago dorato'
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Harmon 'Harm' Rabb, Matilda 'Mattie' Johnson, Sarah 'Mac' MacKenzie, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5. Notizie da San Diego

 

Accarezzandosi con entrambe le mani il pancione, sempre più ingombrante, Mac sospirò pesantemente.

Le mancava suo marito. Terribilmente.

La sua parte razionale le diceva che Harm era nel posto giusto, a prendersi cura di una ragazzina che aveva bisogno di lui, molto più di lei. Ma la sua parte emotiva, quella che ultimamente stava prendendo sempre più il sopravvento, le ripeteva che avrebbe voluto averlo lì con sé subito, seduta stante, per potersi rifugiare nelle sue braccia grandi e forti, per farsi coccolare e rassicurare che tutto stava andando nel migliore dei modi. Accidenti agli ormoni.

Quanto era cambiata da quando stavano insieme!

Aveva imparato ad appoggiarsi a qualcuno, a poter fare affidamento su una persona che mai l’avrebbe abbandonata, che si sarebbe presa cura di lei. Sempre. Era una sensazione che aveva cominciato a provare solo da quando aveva fatto entrare Harm nella sua vita da vero coprotagonista: durante l’infanzia e l’adolescenza, infatti, i suoi genitori non erano stati certo in grado di proteggerla e di coccolarla, come si sarebbe meritato ogni bambino. Ma dopo il bagno in quel lago dorato, l’amore sconfinato di Rabb aveva nutrito la sua fame ancestrale di affetto e adesso che lui era lontano l’impressione di essere stata ancora una volta lasciata sola si stava affacciando di nuovo nel suo cuore, rendendola inquieta e sofferente.

Sospirò di nuovo.

Harm mancava da casa da un mese e mezzo ormai. In quel lungo periodo era tornato a San Diego solo una volta, per una delicata questione di lavoro che non poteva gestire a distanza, ma era riuscito a trascorrere con sua moglie solo poche ore prima di volare nuovamente a Blacksburg.

Non si era pentita minimamente di aver suggerito a suo marito di far venire Mattie a vivere con loro, ma non poteva negare a sé stessa che la cosa la impensieriva un po’, visto il carico emotivo che quella scelta avrebbe comportato.

Sentì il bambino muoversi nella sua pancia e, rivolgendosi a lui, gli chiese: “Piccolo marinaio, manca anche a te, vero? Senti anche tu la nostalgia per le canzoni che ci cantava papà accompagnandosi con la chitarra?”

Una lacrima le scivolò furtivamente su una guancia.

Qualcuno bussò alla porta e la distolse dal suo dialogo con il figlio. Non aspettava nessuno a quell’ora, ma sollevandosi con qualche difficoltà dal divano, si asciugò gli occhi e, prima di aprire, controllò dallo spioncino. Ciò che vide la sorprese, ma tolse immediatamente il chiavistello e fece entrare i due visitatori.

“Frank, Trish, entrate, tutto bene?” li salutò, facendo loro cenno di accomodarsi.

“Ciao Sarah, ti disturbiamo? Passavamo da queste parti e volevamo sapere se avevi bisogno di aiuto per sistemare la casa…” disse Trish.

Mac sorrise. Nonostante fosse stanca e il suo programma per la serata avesse previsto di starsene sdraiata sul letto, con l’aria condizionata accesa, possibilmente in mutande e con i piedi sollevati, non poté far a meno di essere grata per l’affetto che i suoi suoceri nutrivano nei suoi confronti.

“Non solo. Come al solito, Trish ha esagerato in cucina e ci è avanzato un sacco di roba, quindi mi faresti davvero un favore se tu ci aiutassi a smaltire questi manicaretti, altrimenti a me toccheranno per le prossime due settimane!” aggiunse Frank, facendole l’occhiolino.

“Grazie, siete davvero gentili. Posso offrirvi del tè freddo?” disse Mac, genuinamente riconoscente.

“Volentieri! Come procedono i lavori delle camere?” si informò l’uomo.

“Venite, vi faccio vedere” li invitò Sarah.

Da quando avevano deciso di accogliere Mattie a casa loro, Mac si era fatta carico di allestire una stanza per la ragazza in modo da venire incontro alle sue esigenze. Gli esami approfonditi cui era stata sottoposta avevano infatti rivelato che la lesione spinale causata dall’incidente era meno grave di quanto temessero e che un intervento chirurgico, seguito da una lunga fisioterapia, le avrebbe restituito la quasi completa capacità di camminare senza ausili. La notizia aveva rallegrato tutti, da un capo all’altro degli Stati Uniti. Non sarebbe stato un processo immediato, ma con grande pazienza e determinazione Matilda Grace Johnson si sarebbe rimessa in piedi. E specialmente la seconda dote non le mancava di certo. Fortunatamente la villetta di Carmel Valley era a un piano, così per lei sarebbe stato più facile muoversi anche con la sedia a rotelle, almeno all’inizio, o le stampelle. Anche l’assistente sociale che aveva fatto visita a Mac, dietro richiesta del Giudice Minorile di Washington, aveva espresso parere favorevole sulla sistemazione logistica.

E, naturalmente, c’era da arredare anche la stanza del bebè! I futuri genitori pensavano che avrebbero potuto occuparsene insieme, poi però avevano ricevuto quella telefonata da Blacksburg e tutti i loro piani erano stati stravolti.

Così nelle ultime settimane Mac aveva dedicato il suo tempo libero a svuotare la camera degli ospiti e lo studio, in modo da fare spazio alla nursery e alla stanza di Mattie. Certo, avrebbe voluto condividere quei preparativi con Harm, ma l’assenza di suo marito era dovuta a un motivo più che valido. La vita dell’uomo a Washington, poi, non era certo una passeggiata: fra il lavoro, l’assistenza a Mattie e la questione della richiesta di tutela le sue giornate si susseguivano con un ritmo infernale. Fortunatamente, come lui stesso le aveva raccontato, qualche giorno dopo che la ragazza aveva subito l’intervento, ben riuscito, si era visto arrivare in ospedale Harriet Beaumont Sims Roberts con piglio deciso e a passo di marcia. La dolce moglie di Bud lo aveva – metaforicamente – sollevato di peso dalla sedia accanto al capezzale della ragazzina e lo aveva spedito a casa a dormire. Alle rimostranze di Harm, Harriet gli aveva risposto di aver contattato la tata e di averle affidato la sua ciurma di bambini, così che lei avrebbe dato il cambio a Rabb per farlo finalmente riposare. “Se crolli non servirai a nessuno, Harm” gli aveva sussurrato dolcemente. “Va’ a dormire e torna stasera. Io e Mattie ce la caveremo, stai tranquillo”. A quelle parole, ad Harm non era restato altro che ubbidire all’ordine perentorio dell’ex tenente Sims, ormai membro della riserva navale, e concedersi qualche ora di sonno.

Frank e Trish si affacciarono alla camera che avrebbe accolto il loro nipotino, come sosteneva Sarah (o nipotina, come invece precisava Harm) e notarono gli scatoloni ammucchiati e i mobili della nursery in parte montati.

“Mac, non ti sarai mica affaticata eccessivamente?” le chiese con sguardo severo, eppure benevolo, la suocera.

“Tranquilla, Trish, me la sono presa comoda. Infatti, come vedi, siamo ancora in alto mare” commentò la futura mamma, sospirando davanti a quel caos che avrebbe dovuto accogliere suo figlio (perché era convintissima che fosse un maschietto, in barba all’assoluta certezza di suo marito che invece si aspettava una femminuccia).

“Beh, si dà il caso che io abbia la mia cassetta degli attrezzi in macchina, magari potrei terminare di montare almeno la culla mentre voi signore fate due chiacchiere in salotto, che ne dite?” propose Frank.

Sarah gli rivolse uno sguardo riconoscente e non se lo fece ripetere due volte. Sebbene avesse detto a Trish di non essersi stancata troppo, in realtà non si era certo risparmiata in quegli ultimi giorni. Ma anche se al parto mancavano ancora quattro settimane, Harm e Mattie sarebbero rientrati prima e lei non voleva far trovare loro una casa che assomigliava a un campo di battaglia su cui era stato sganciato un ordigno devastante.

Mentre l’uomo si dava da fare con viti e tasselli, dimostrando notevoli capacità di bricolage, le due donne si sedettero sul divano, sorseggiando il tè freddo in silenzio.

“Mac, va tutto bene?” le chiese Trish.

“Sì… sono contenta che Harm fra poco torni a casa” rispose Mac, sforzandosi di sorridere.

“Con Mattie” aggiunse Trish.

“Con Mattie” ripeté Sarah.

“Sei preoccupata per lei?”

Mac annuì. “Mi impensierisce l’idea di passare da zero bambini a un neonato e un’adolescente nel giro di poco tempo. Non posso certo far ricorso ai miei ricordi di figlia per capire come si fa la madre…” aggiunse, aggrottando la fronte al pensiero di cosa era stata la sua infanzia e quale modello avessero rappresentato i suoi genitori per lei.

Trish le strinse una mano e le disse: “Non sei da sola in questa avventura, Mac. Non ho mai visto mio figlio tanto felice come da quando ha saputo che avreste avuto un bambino. E poi ci siamo anche noi e, se ce lo permetterete, saremo ben lieti di darvi una mano. Sia con il piccolo che con Mattie. Vedi, anche Frank è stato, in qualche modo, un genitore adottivo per Harm. E, credimi, si è preso una bella gatta da pelare, perché il giovane Harmon Rabb junior era tutt’altro che un ragazzino facile da gestire! Ma Frank ha una cosa in comune con te: entrambi avete un cuore grande. E questo ti permetterà di trovare il tuo equilibrio con Mattie”

Sarah le sorrise con gli occhi colmi di lacrime e  si sentì più sollevata. Sì, ce l’avrebbe fatta. E, in ogni caso, avrebbe potuto contare sul loro aiuto e, più che altro, su quello di suo marito.

Quando i coniugi Burnett si congedarono, oltre un’ora più tardi, Mac infilò nel microonde uno dei manicaretti che le avevano portato e si apprestò a cenare. Improvvisamente, una fitta dolorosa al ventre le tolse il respiro. Le sembrò che una lama appuntita le avesse trapassato le viscere da parte a parte.

Fece per alzarsi dallo sgabello cui si era appoggiata e sentì un liquido caldo e viscido colarle fra le gambe. Abbassò lo sguardo e vide con orrore una macchia vermiglia sbocciare come una rosa sui suoi pantaloni chiari.

Il panico si impossessò di lei.

 

Nota dell’autrice

Le cose si stavano sistemando troppo bene e troppo velocemente ma, lo sappiamo tutti per esperienza diretta, la vita è imprevedibile.

Cosa succederà a Mac e al suo piccolo marinaio? Pochi giorni e lo saprete.

Al prossimo capitolo,

Deb

  
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