Non è ancora finita,
o Vangelo Arcano,
che di digiune nostalgie
e ricordi squillanti
che dei figli bastardi
del mio passato
sazi da
tempo immemore
la porta di Brandeburgo.
Questo canto a te
viene
levato
quasi straziato
dal placido cuore di
Berlino.
Bruciante di zolfo
a stento la gola
matura il suo
turbamento
ancora trangugia
a fatica
articola la sua
parola
si spegne
nel verbo di questo istante.
Sbigottita.
Ben altra voce
più soave
non da labbra
generata
già viene a cantarmi
di fratelli
che il grido teutonico
e
forse emiliano
e forse sovietico
portavano.
Davvero erano tempi
che non si faceva per fare
ma
per dire di aver fatto.
Davvero erano i tempi
che quindici anni di
allora
valevano cento secoli.
Cade il compagno Peci
il traditore
e il fratello suo giustiziato.
Undici colpi di fucile.
Cadevanono impavidi
Moretti, il Curcio e la
Cagol.
D'assenzio inebriati
che verde è colore di ansia e
paura
non più di speranza ...
Ma Berlino resta Berlino
a Pankow
svegli fino a
tardi
a mangiare kebab e a bere birra
già che le moschee scorrono
linfa vitale
nella
sura sanguigna
urlata
del mio corpo
con qualche marco
ti facevi una cenetta niente male
...