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Autore: Medy    06/04/2015    2 recensioni
"Roma, città eterna, città ove la storia si vive giorno per giorno, dove ogni strada parla , racconta, sussurra eventi , storie, giorni diversi da quello vissuto, giorni passati che hanno lasciato la loro traccia in ogni luogo e roccia , in ogni struttura, in ogni scultura e strada.
Roma , città dei mille colori, delle mille voci, dei sorrisi, delle bellezze, città della cultura stessa. Bellezza illuminata dal sole, bellezza sfiorata con raggi di luna. Meta, sogno, luogo di desideri e attimi da non perdere.
Roma , bellezza eterna, intramontabile......"
Roma farà da sfondo ai vari eventi che cambieranno la vita di ognuno di loro. Roma darà vita a sentimenti e scoperte di sè tenuto per lungo tempo nascoste o del tutto sconosciute.....
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Hermione Granger, Theodore Nott | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Vacanze Romane
-Ventiquattresimo Capitolo-

 
Siamo giunti alla fine...e non potevo iniziare senza una dedica alla mia ISPIRATRICE. Questa Fan Fiction è iniziata per puro gioco, e si è strutturata pian  piano, tra risate e poco tempo. Pensavo che non avrei mai concluso e più volte ho pensato di lasciare, ma grazie alla tua ASFISSIANTE presenza, ai tuoi modi da vera "matre" ho portato a termine questa ennesima fan fiction, sperando sempre, che non sia stata deludente e che abbia soddisfatto ogni tuo piccolo desiderio. Quest'ultimo capitolo, come del resto tutti , sono dedicati a te! Grazie!
Ovviamente non dimentico chi mi ha seguito e chi pazientemente ha atteso che postassi i capitoli anche con scandaloso ritardo. Ho dovuto fermarmi per motivi di poco tempo, ma ho approfittato delle vacanze per terminarlo! Spero che non rimaniate deluse e che siate soddisfatte della conclusione! 
ALLA PROSSIMA FAN FICTION! Grazie di vero cuore....


Buona lettura! 





Il tempo era agli sgoccioli ed ogni giorno sembrava fosse l'ultimo. Astoria viveva le sue giornate in attesa del "VIA" che avrebbe messo alla prova il suo coraggio e ciò che realmente voleva. Si toccava la pancia ogni giorno, timorosa di sentire qualcosa, di sentire la presenza del piccolo esserino che cresceva in lei. E timorosa che se fosse accaduto, le sue scelte - apparentemente così decise e forti - si sarebbero sgretolate in un soffio. Daphne era stata chiara: non avrebbero fatto parola con i loro genitori, con nessuno. Ma lei doveva salvaguardare la sua vita, la sua reputazione e doveva attendere il giorno in cui sarebbe giunta la lettera che avrebbe dato ad entrambe il via; che avrebbe permesso a lei di potersi liberare di quel peso che le stava rendendo ogni cosa insopportabile. Non dormiva più e quando era a lezione avrebbe preferito chiudersi in camera e soffocare ogni rumore sotto i cumuli di coperte e cuscini. Ma non poteva scappare da quel problema che c'era e bruciava. Non poteva cancellare lo sguardo di Theodore che la seguiva ovunque ma che questa volta bruciava di odio. Gli leggeva il cambiamento su ogni centimetro: non la guardava più con implorante desiderio di riaverla tra le sue braccia, ma quei pochi sguardi che le riservava erano intrisi di odio e delusione. Ma doveva allontanarlo; doveva farlo uscire dalla sua vita e doveva cancellare quegli errori. 
La professoressa Mcgranitt parlava ma delle sue parole non giungeva nulla. Le sue parole erano solo un ronzio indecifrabile che si mischiava con il calore soffocante dell'aula. Quella giornata era soleggiata e calda e le finestre chiuse non lasciavno trasparire nemmeno il più soffice spiffero di vento. Molti studenti avevano allentato le cravatte e altri utilizzavano i libri come fonte di aria fresca. Astoria era quasi scivolata con la testa sul banco ma restava in apparente allerta, nonostante i suoi pensieri fossero altrove. La lavagna cancellò gli appunti - che forse avrebbe dovuto segnare - per far apparire degli altri che rimasero ignorati, mentre la Professoressa - con legiandro movimento del polso - dava vita ad una piccola statua in creta che si muoveva in modo snodato e saltellava con entusiasmo. Una qualcosa del genere avrebbe dovuto ridestare gli studenti annoiati, ma nessuno si mosse. 

"Vedo che siete molto attenti" Un colpo di bacchetta e il minigolem ballerino ritornò immobile. Le labbra della McGranitt si arricciarono in una posa di dissenso e le mani nodose si intrecciarono, stringendosi forte l'una con l'altra.

"Capisco che l'ora ci conduce tutti in Sala Grande ma dovete attendere. Quindi mostrate la minima attenzione!" La voce della professoressa di Trasfigurazione fu fastidiosa, tanto da indurre tutti a saltare sull' attenti. Tranne Astoria che rimase con lo sguard fisso ma i pensieri altrove.
Gli occhi della McGranitt scivolarono per l'aula per poi chiudersi, in modo che riprendesse il filo perso a causa della poca attenzione dei Serpeverde e Tassorosso presenti. Riaprì bocca per prendere parola, ma un fagiano fece incursione in aula, passandole sopra il capo. Senza poggiarsi fece cadere una lettera sul banco di Astoria, attirando il dissenso della Professoressa su di lei.

"Pregherei a voi tutti di evitare lo scambio di messaggi durante le lezioni. Non gradisco interruzioni" Astoria mimò uno "mi perdoni" appena udibile e nascose la lettera nella borsa. L'avrebbe letta a fine lezione, anche se la curiosità rendeva ogni parola sempre più dura ad essere captata. 
Tutto terminò dopo troppi minuti che Astoria non riuscì a contare, ma tra gli studenti lei fu la prima a fiondarsi fuori dall'aula con la lettera stretta in pugno. Si nascose dietro ad una colonna e, con mani tremanti, quasi strappò il sigillo che le fece dedurre che quel messaggio proveniva da uno studente di Hogwarts e non dall'emittente che stava attendendo da troppo tempo. La calligrafia era quella spigolosa di Theodore e ciò che lesse non sembrava essere scritto di suo pugno. Ma era lui a parlare ed ogni parola fu quasi impossibile da buttare giù.

"Ho compreso che il tutto tra noi si è sgretolato troppo in fretta per poter cercare di riacciuffarlo e ricostruirlo. Non mi oppongo alle tue scelte, alle tue decisioni, e non mi oppongo alla tua voglia di tenermi fuori dalla tua vita. Avrei potuto darti così tanto che non avresti visto alcun errore in ciò che è successo. Ma è più importante il tuo cognome, quella reputazione che ti hanno obbligatoriamente messo addosso, che l'essere te stessa con me. Io ti avrei amata nonostante tutto e mi sarei preso cura di te e anche di quello che avrei considerato il mio bambino, il nostro bambino. Ma non hai voluto e lo rispetto. Non insisterò nello stare nella tua vita. Le parole di Daphne mi sono bastate per comprendere che il mio posto non è accanto a te. Non vorrò avere a che fare più con te e con la tua famiglia. Non intralcerò i "meravigliosi" piani che hanno per te e non permetterò che la tua vita venga rovinata da una persona come me. Hai negato di essere felice per tanto tempo e continui a pensare che anche a te vada bene. Non seguirai mai ciò che vuoi davvero ed io non posso fare altro che uscirmene in silenzio. Ciò che deciderai di farne del bambino non sono più affari miei, come non lo sei tu. E' un addio questo, un vero addio. Spero che tra 10 anni sarai felice delle tue scelte. Addio Astoria." 

Non ci mise tanto per leggere, ma fu abbastanza. Theodore le aveva detto addio: un addio deciso, pensato davvero. Un addio intrinso di dolore che, per metterlo su carta, aveva dovuto armarsi di tanta convinzione e coraggio e Astoria ne leggeva la verità. Era deciso tra quelle righe. Deciso a lasciarsi alle spalle tutto e lasciare che lei prendesse ancora una volta le decisioni altrui e non le sue. La pergamena era pesante nelle sue mani e la vista divenne appannata, offuscata dalle lacrime e dal dolore. Il caldo soffocante che l'aveva travolta in aula la stava travolgendo anche adesso e il muro non fu abbastanza per tenerla in piedi. Scivolò al suolo con il buio a farle da compagno.


Theodore fu raggiunto da una Pansy sconvolta. Aveva il fiatone quando scivolò accanto a lui, al tavolo dei Serpeverde. Le guance arrossate per lo sforzo nel correre per il Castello e i capelli - impeccabilmente sempre dritti e immobili- erano sparpagliati per il volto. Era sconvolta e tra un affanno e l'altro cercò di tirarlo via dal suo pranzo.

"Theodore... Astoria si è sentita male... è in infermeria" Molti si voltarono, gustando quella notizia quasi come un dolce gustoso, ma Theodore sentì il cuore balzargli in gola. Scaraventò ogni cosa via, lasciando la borsa per terra e, non aspettando Pansy, si fiondò fuori la Sala Grande. 
Aveva mandato quella maledetta lettera e solo scriverla era stato un tradire se stesso. Ma la rabbia era troppa per non far presente quanto veleno Daphne gli avesse insidiato nel cuore. Non voleva andarsene dalla sua vita. Non voleva abbandonarla. Le sarebbe stato accanto comunque, nonostante Daphne gli avesse fatto comprendere che per lui non c'era posto nella vita di Astoria. Theodore correva scaraventando tutti via, tenendo il pensiero unicamente fisso su Astoria. Non si sarebbe fermato, nonostante quelle parole scritte con intensa convinzione. Ma quella convinzione svaniva ogni volta che incontrava il suo volto, che sentiva la sua voce e che si ritrovava a sognare un futuro con lei. Non riusciva a non guardare oltre senza immaginarsi lei al suo fianco e adesso doveva starle accanto. Maledetta rabbia, lo aveva condotto a scrivere cose mai pensate. Maledetta rabbia che gli aveva fatto credere per un momento di poter fare a meno di lei. Impossibile!
Spalancò la porta dell'infermeria con tale furia che Poppy, la vecchia infermiera, sobbalzò quasi urlante; ma non lo fermò quando si precipitò come una furia nella stanza e si indirizzò al letto di Astoria.
Era vigile, distesa tra le coperte candide ed era estremamente piccole e fragile. Non si fermò al richiamo di quell'unica voglia che lo aveva assalito per giorni e lei non sembrò volersi opporre.
Lasciò che si ritrovassero in quell'abbraccio mancato per troppo tempo e gli lasciò raggiungere le sue labbra. Poppy tossicchiò nervosamente, ma lasciò i due Serpeverde in quel loro piccolo attimo in cui si ritrovarono.

"Cosa è successo?" Theodore non lasciò la presa; rimase aggrappata a lei, deciso a non lasciarla andare.

"Ho avuto un calo di pressione, dovuto al caldo e al mio stato..." Astoria abbassò lo sguardo, imbarazzata nel richiamare all'attenzione di Theodore quel particolare che aveva cercato di occultare per tanto tempo. Aveva creduto che farlo l'avrebbe aiutata a renderlo meno reale.

"Ora come ti senti?" Le passò una mano sulla fronte, scostandole i capelli e mostrando il suo viso.

"Meglio... grazie" Astoria cercò di slacciarsi dalla sua presa, ma Theodore la teneva stretta a sè.

"E come sta...?" La mano di Theodore scivolò sulla pancia cresciuta. Era un piccolo fagottino e toccarlo fece tremare le labbra di Astoria, che tentava di tenere a freno le lacrime.

"Theodore, ti prego lasciami stare. Ho letto la lettera e..." 

"DIMENTICA QUELLA DANNATA LETTERA! CAZZO... Io non penso ad una singola parola scritta. Ma ho dovuto farlo... la tua mancanza mi sta uccidendo e Daphne ha detto quelle cose che mi hanno distrutto. Non ti chiedo di capirmi ma di credermi. Non vorrei tenerti lontana da me nemmeno per un secondo. Astoria... io ti amo. E nulla potrebbe cambiare questo" Le prese il volto tra le mani e la costrinse a guardarlo: Theodore aveva gli occhi che comunicavano solo dolore, lo stesso dolore in cui Astoria era immersa totalmente. Erano complementari anche in quello. Stare lontani li distruggeva e non volevano vivere in quella condizione.

"Theo... come possiamo fare? Siamo giovani e la mia famiglia..." Le parole furono strozzate dalle lacrime che furono più forti e sgorgarono a fiumi. Ma le sue mani si stringevano a lui e Theodore era lì a sorreggerla con forza e decisione.

"Guardami Astoria." Gli occhi di cui non ne avrebbe mai fatto a meno si levarono a lui e Theodore le sorrise.

"Io sono qui e mi prenderò cura di voi. Non mi interessa cosa dicono i tuoi genitori. Io mi prenderò cura di te e del nostro bambino. Non scappo, non vado da nessuna parte. Perché il posto in cui voglio stare è quello che ho con te" 

"Theodore è impossibile. Non abbiamo un lavoro, non abbiamo una casa. La tua vita non può essere rovinata da una cosa del genere... Non voglio essere la causa delle tue rinunce, dei tuoi rimpianti" Non riusciva a non trattenere le lacrime. Tremava tra le braccia di Theodore ma lui non la lasciava andare. 

"Il mio rimpianto sei tu, se ti lascio andare. Non ti lascio andare, Astoria. Voglio stare con te! Per la casa per ora non devi farne un problema e per il lavoro, troveremo modo! Non siamo i primi che non fanno affidamente alle proprie famiglie. Rinuncerei a qualsiasi cosa, ma non a te. Astoria... possiamo farcela. Ti prometto che mai, e dico MAI, un solo giorno ti possa pentire di questa scelta. Ti prometto tutto me stesso ogni giorno... e ti prometto amore... SEMPRE" Astoria voleva lasciarsi andare e voleva credere a quelle parole, perchè quegli occhi non le avevano mai mentito. Theodore le aveva sempre promesso di amarla e lo aveva fatto ogni giorno. Adesso quell'ennesima promessa, sapeva che l'avrebbe mantenuta fedelmente. Gli carezzò il viso, sorridendo tra le lacrime di paura. 

"Mi affido a te, Theodore. E ti prometto, che MAI, un solo giorno tu ti possa pentire di queste parole..." Theodore le baciò le mani, gli occhi, asciugandole le lacrime, il volto e le labbra; sorridendo con il cuore che quasi scoppiava di gioia.

"Cancella le parole della lettera. Sono stato uno stupido"

"E tu cancella le parole dette, le scelte che non erano le reali scelte che avrei voluto prendere. Voglio stare con te, Theodore. E non voglio considerare questo un errore" Lo condusse con le mani al ventre non distogliendo lo sguardo da quello di Theodore.

"Non lo è ed io sono deciso nel prendermi cura di entrambi..." Sorrise, con gli occhi luminosi di pura felicità. Theodore estrasse la bacchetta dalla tasca e, con un leggero movimento del polso, puntò la punta della sua bacchetta all'anulare sinistro di Astoria. Un piccolo anello, dall'aspetto vecchio ma non privo di bellezza, si intrecciò al suo dito. Piccoli rami e fiori si chiusero al piccolo dito e quell'anello sembrò essere creato apposta per lei.

Astoria perse ogni parola, ogni suono vocale. 

"Questo anello apparteneva a mia madre. Ho avvertito mio padre della nostra situazione appena l'ho saputo e mi ha detto che, se siamo veramente innamorati, non deve esserci nulla che possa impedirci di stare insieme e che lui ci accoglierà volentieri fino a quando non avremo concluso i nostri studi. Questo anello è destinato alla ragazza che mi rende felice e tu sei quella ragazza. Astoria Greengrass, quando vorrai e ti sentirai pronta, a prescindere dalla situazione, a prescindere da tutto, vuoi diventare mia moglie?" 
La risposta fu letta sul suo volto, dal quale si cancellò il dolore e incertezza. Si aggrappò alle sue spalle, forte, sicura di quella scelta che l'aveva travola e che per la prima volta aveva preso senza costrizioni. I mille "si" ripetuti al suo orecchio fecero intendere a Theodore la scelta di Astoria e non ci fu bisogno di altro.



**



Hermione e Draco si scambiavano occhiate preoccupate e attente. Entrambi posti fuori il dormitorio dei Serpeverde, in attesa che Blaise uscisse e - in quel caso - braccarlo e non lasciare spazio alla sua follia. Hermione quella mattina indossava uno splendido abito bianco con fiori multicolore che stringeva la sua figura sottile. Un piccolo pulloverino di filo sottile le copriva le spalle e i capelli - sempre buttati a caso - cadevano in onde perfettamente definite. Era splendida e Draco glielo aveva comunicato con lo sguardo non appena l'aveva scorta nei corridoi, pronta a raggiungere sua cugina Hanne. Ma l'intento che Blaise stava architettando da quando era giunta la fatidica lettera aveva rallentato i suoi impegni, e adesso entrambi erano in attesa.

"Zabini ha perso letteralmente la tesa" Draco spezzò il silenzio di forte tensione che teneva entrambi con le labbra serrate. 

"E' sciocco. Non può pensare di andare lì ed aspettarsi che Hanne lo ascolti. Non sarebbe giusto" Hermione aveva gli occhi che si alternavano tra Draco e la parete in roccia, e in quelle profondità del castello sentiva brividi umidi sulla pelle. Le giornate di Aprile stavano dando spazio al sole e al caldo, ma nei sotterranei restava il perenne alone dell'inverno e del freddo. Draco le sorrise e allungò una mano verso di lei, invitandola a trovare insieme una soluzione. Andava tutto bene tra loro ed Hermione non poteva chiedere di meglio. 

"Ultimamente va male un pò per tutti. Theodore è stato minacciato dall'intera famiglia Greengras, Blaise ha avuto la bella notizia, se così vogliamo definirla, di Hanne che improvvisamente ha deciso di sposarsi..." Hermione si colorò in volto di un rossore quasi paonazzo e si sottrasse dalla sua presa, facendo qualche passo indietro.

"Draco, non apriamo questo discorso. Blaise non si è comportato tanto bene con Hanne. E il suo comportamento è stato ovvio, una conseguenza di ciò che Blaise ha fatto. Non sarebbe stato giusto restare inchiodata a qualcuno che l'ha fatta soffrire. Bisogna andare avanti e Hanne l'ha fatto." Hermione era stata chiara su questo punto: non avrebbero dovuto parlare della questione creatasi tra Hanne e Blaise, ma nel momento in cui il discorso sarebbe caduto nelle loro parole, lei non avrebbe dato alcuna colpa a sua cugina. Non perché le era cara, ma semplicemente perché aveva vissuto fin troppo da vicino il suo caso e aveva assaporato con lei quel dolore che ancora poteva essere letto tra le righe delle poche lettere che si inviavano. Blaise le era mancato fino allo stremo, ma aveva deciso con coraggio di andare avanti e prendere strade che l’avrebbero condotta alla felicità.

“Non voglio giustificare gli errori del mio amico, ma Hermione, siamo obiettivi! Se fosse stata davvero innamorata di Blaise non avrebbe preso una decisione tanto drastica! SI SPOSA! Non sta frequentando un altro ragazzo per ripicca, si sposa. Sta promettendo ad una persona amore eterno, e se c’è ancora amore per Blaise sta mentendo a sé stessa e anche a quel Babbano!” Hermione alzò una mano in segno di silenzio. Non aveva pronunciato sciocchezze, ma lei capiva perfettamente Hanne e la sua decisione era quella giusta. Se Hanne era giunta a quel punto voleva solo significare questo e lei non voleva essere obiettiva; voleva essere giusta per sua cugina.

“Se Blaise fosse stato innamorato davvero non le avrebbe mentito, non avrebbe tenuto nascosto la storia con Daphne, non avrebbe usato Ginny, non sarebbe dovuto impazzire e prendersela anche con me! Ha sbagliato dal primo momento e, per quanto Blaise mi possa essere caro, HA SBAGLIATO” Puntava un dito accusatorio contro il viso di Draco, come se in tutto quello ci fosse anche il suo zampino. 

“Stai dicendo solo che ha sbagliato, ma non stai guardando la cosa con lucidità, Hermione! Blaise ha sbagliato... ma lei? Si sposa. Mettiamo le cose su una bilancia e vediamo quanto pesano le situazioni! Vediamo se un matrimonio può competere con qualche scopata fatta più per stupidità che per altro. Poteva essere risolto tutto, se davvero Hanne avesse voluto. Invece NO! SI SPOSA” La discussione si stava alimentando ed entrambi stavano tirando fuori la propria testardaggine che avrebbe portato solo ad un lungo e violento battibecco. Il volto di Hermione si colorò di un leggero rossore. Sbuffò infastidita e battè il piede a terra come una bambina stizzita.

“Lo difendi solo perché per voi qualche scopata in più non vale poi tanto! Ha potuto anche non sposarsi, ma non c’è ragazza ad Hogwarts che non sia passata sotto le vostre grinfie! Voi non date peso a quello che fate. Fate solo sesso, con tutte!” Fu chiamato in causa anche lui e un piccolo dubbio si insinuò nella sua testa. Assottigliò lo sguardo e sentì ogni muscolo del corpo farsi rigido, quasi a frantumarsi. Stava insinuando qualcosa che, se detta, avrebbe portato Draco alla rabbia pura.

“Hermione… stai insinuando forse che anche stare con te per me è solo un passatempo? Che fare sesso con te è solo un altro modo per soddisfare le mie voglie da UOMO?” Avrebbe potuto considerarla così se di fronte a lui non ci fosse stata Hermione Granger. Ma dopo tutto quello che le aveva detto, dopo la decisione di aprirsi completamente a lei, spogliarsi -non degli abiti - ma della sua maschera di cera portata a lungo, quelle parole erano solo ipocrisia e accuse che lo colpirono violentemente.
Hermione si morse le guance. Avrebbe colmato la rabbia perché, se l’avesse fatta esplodere, avrebbe urlato parole che avrebbero rovinato tutto. Era una sua pecca: farsi assalire dalla rabbia e sputare sentenze e accuse, consapevole di quello che avrebbero potuto causare all’altra persona. Draco percepì il suo titubare e il sorriso sarcastico non promise nulla di buono.

“Sei solo un’idiota Mezzosangue, ed io ancora di più che sto qua a perdere tempo con te!” Si passò una mano nei capelli in modo stizzito, passeggiando nervosamente davanti alla parete in pietra. Hermione era in ritardo per la festa di fidanzamento di Hanne, lui era incastrato lì in attesa di qualche sciocchezza da parte dell’amico, e intanto doveva essere accusato di essere un superficiale che non dava valore alle sue azioni. Aveva lavorato a lungo per la reputazione che lo circondava da tempo, prima di lui la sua famiglia, ma Hermione aveva avuto l’onore di vederlo sotto altre vesti e gli aveva assicurato che credeva a ciò che le diceva con sforzo sovrumano, al suo agire che molte volte era frenato e contro il quale combatteva ogni giorno solo per comunicale che per lei era cambiato e avrebbe provato a farlo sempre di più.

“Credi davvero che anche adesso con te io non faccia le cose… sentendole davvero?” Si fermò dimenticando del tutto il perché fossero lì, in attesa. Hermione aveva il fiato corto e gli occhi lucidi: erano momenti, flash che scacciava via. Ma quando la paura che Draco con lei stesse giocando, stesse facendo tutto perché annoiato o altro, le venivano in contro, Hermione sentiva il petto andare in fiamme. Si sentiva un’idiota al solo pensiero di poter stare così male per una persona, ma non riusciva a controllarlo. Si sentiva legata a lui in un modo che le faceva paura; che la metteva in allerta per se stessa. 

“RISPONDI?” Era un tono rabbioso quello con la quale si rivolse a lei, dettaglio che le diede ancora più fastidio.

“Non c’è motivo per arrabbiarsi DRACO! Si, a volte lo penso! E non ci posso fare niente.” La rabbia stava iniziando a riscaldare entrambi e, se non si fossero fermati, forse i toni sarebbero stati meno gentili di quel momento. Draco strinse i pugni pronto a ribattere, non pensando al furente litigio che li avrebbe scossi. Ma la porta in pietra si fece da parte e Blaise li sorpassò senza degnarli di un solo sguardo. 
Hermione si scosse dal pensiero di urlare ancora contro Draco che non aveva perso occasione - per l’ennesima volta - di aprire una discussione con la consapevolezza di portare entrambi all’esasperazione. Si voltò all’inseguimento di Blaise che, senza alcun problema, si stava avviando verso l’uscita pronto per andare via e raggiungere Hanne, come aveva detto negli ultimi giorni.

“Blaise, dove credi di andare” Le gambe lunghe di Zabini lo mettevano in vantaggio sui piccoli passi di Hermione che dovette correre per poter agguantare il suo braccio e farlo voltare.

“Hermione andiamo alla festa di fidanzamento di Hanne, devo parlarle e ho bisogno del tuo permesso per farmi aprire i cancelli di Hogwarts” 
Draco li raggiunse, restando nel silenzio nervoso nel quale la discussione lo aveva gettato. 

“E Draco può venire con noi, basta che ci muoviamo” Invertì le prese e agguantò lui il braccio di Hermione tirandola senza peso verso l’uscita, con Draco al seguito che camminava a passo lento e titubante.

“Blaise, no! Cosa credi di fare una volta li?” Puntò i piedi rigidamente al pavimento e fermò l’avanzata di Blaise.

“Parlarle! Dirle che sta sbagliando, che non può sposarsi e chiederle scusa fin quando non deciderà di perdonarmi. Hermione, non può sposarsi! LEI deve stare con me non con quell’idiota” Erano decise le sue parole, come se non ci fosse nulla di più ovvio. Draco sorrise, quasi fiero dell’amico che aveva finalmente preso coraggio. Era rimasto in quel Castello a rimuginare su Hanne per troppo a lungo; ma adesso FINALMENTE aveva deciso di uscire allo scoperto e riprendersi la persona che lo rendeva felice.

“Sei un egoista se parli così, Blaise. Hanne ha sofferto per te… e adesso che è felice non puoi rovinare tutto” Hermione aveva le lacrime agli occhi. Pensava ad Hanne e a come avrebbe reagito se Blaise si fosse presentato alla festa e le avesse gettato addosso altra confusione; non poteva permetterlo! 

“No, sono stato stupido! Non dovevo aspettare che arrivasse a questo punto. Dovevo andare da lei tempo prima e dirle quanto mi manca! Ti prego Hermione, non fare storie.” Cercò di tirarla via, ma lei si irrigidì ancora di più e si sottrasse dalla sua presa.

“NO! NON MERITA CHE SOFFRA ANCORA, IO NON TI AIUTERO'” Ci fu uno scambio di sguardi tra lui e Draco e non ci fu bisogno di parole: Hermione fu staccata dal pavimento e caricata sulle spalle di Draco. La pergamena con il permesso di potersi trasfigurare fuori i cancelli di Hogwarts le fu sfilato dalla borsetta e, con un leggero tocco di bacchetta, Blaise inserì anche lui e Draco; non c’era alcun incantesimo che glielo impedì. Chi avrebbe dubitato di Hermione Granger.

“Gazza non sospetterà di Hermione che urla?” Blaise indicò Hermione che sulle spalle di Draco si dimenava, tentando di scendere con i piedi per terra.

“No, perché farà la brava!” Un leggero schiaffo sulla natica fece sorridere Blaise e zittire Hermione che si arrese e diventò complice, involontaria, di quella fuga che non avrebbe comportato nulla di buono.



**




Il Four Seasons Hotel London dagli anni '70 aveva illuminato, con la sua eleganza e lussuosità, la capitale Britannica. Un tempio della bellezza, un pezzo di sogno che non tutti potevano realizzare. Ma quel pomeriggio, la maestosità del primo Hotel della catena Canadese sbarcato oltre oceano, era stato adibito a festa, non intralciando però la sua bellezza. L'eleganza dell'edificio traspariva da ogni addobbo montato con minuziosa precisione e anche chi la occupava non aveva tralasciato alcun particolare. Vincent Bruner non aveva voluto far mancare nulla. La sua unica bambina era pronta per il matrimonio e, prima che potesse lasciare casa sua, aveva deciso di celebrarla come una Principessa; La SUA Principessa, alla quale non avrebbe fatto mancare nulla, anche quando avrebbe lasciato il suo nido e avrebbe proseguito la sua vita senza lui che le tenesse la mano. 
Gli invitati erano rimasti folgorati da tanta bellezza racchiusa in un solo luogo e Candice Bruner - amante dello sfarzo e della bellezza - si muoveva tra gli invitati come se quella fosse anche la sua festa, non dimenticando però la vera protagonista del giorno, che tardava a scendere le immense scale a chiocciola che portavano ai piani superiori.
All'entrata dell'Hotel era stata messa - appoggiata su un cavalletto - la foto di Hanne e Cyrus, ritratti in una posa romantica: sorridenti, innamorati e con il sole che baciava il loro cammino. Un enorme libro era stato messo accanto ad esso, per permettere agli invitati di manifestare la loro presenza in quel giorno. 

"Questa foto è la condanna di Cyrus... a fine festa gli rinfaccerò questa posa idiota" Sao aveva avuto il confronto con quella foto ed era rimasto spiazzato: non riusciva a trattenere le lacrime di ilarità, nonostante le occhiate torve di Lyn.

"Cosa non si fa per amore" Louise firmò ma ricevette una gomitata allo stomaco che gli fece storpiare la sua calligrafia: Renèè gli riservò la medesima occhiata che l'amica aveva riservato al suo accompagnatore, ma nessuno dei due sembrò sentirne gli effetti.

"Siete qui per i vostri amici, o per prendere in giro?" Renèè si lisciò l'abito rosa cipria e scrutò la sala in cerca dell'amica, ancora assente.

"Io per l'ottimo Champagne e per rendere la vita impossibile a Cyrus." Sao acciuffò un cameriere che scivolava agilmente, sorreggendo il vassoio colmo di bicchieri di ottimo Champagne, e se ne servì di quattro calici distribuendoli ai presenti.

"Sei malefico... Cyrus ha degli amici orribili" Lo Champagne era ottimo e pizzicò le loro papille gustative, entusiasmandole. 

"E tu un fidanzato altrettanto orribile, Lyn. Spero che non mi chiederai di fare lo stesso un giorno" Le fece scivolare una mano su un fianco e la spinse a proseguire più all'interno della sala, con Renèè e Louise al seguito che riuscirono a recuperare un ennesimo cameriere al quale furono sottratti altri quattro calici.

La sala si riempiva sempre più di amici e parenti e tra quella folla Draco ed Hermione entrarono in scena. 

"Sono disgustosi" Draco storse il naso, guardando la foto all'entrata. 

"Non solo tu e il tuo amico avete intenzione di rovinare la festa, hai anche da ridire. Abbi la decenza, almeno, di startene zitto" Hermione era china sul libro, confermando la sua presenza, ma sentì lo sguardo truce di Draco pizzicarle la nuca.

"Io sono qui solo per fare un piacere a Blaise. Non si arrenderà fin quando non avrà parlato con Hanne" Rifiutò la penna che Hermione gli porse e si incamminarono verso la sala, lasciandosi accogliere dalla lieve musica classica che faceva da compagnia a quella giornata.

"Spero solo di non incontrare i miei genitori, non saprei giustificare la tua presenza" Hermione rifiutò con gentilezza il bicchiere di Champagne che Draco aveva recuperato anche per lei. Un alzata di spalle come risposta e in un attimo entrambi i bicchieri furono svuotati.

"Voi Babbani sapete trattarvi bene" Riconobbe l'ottima qualità dello champagne e cercò di non dar peso alle parole di Hermione. Sapeva bene che Ron era stato presentato all'intera famiglia Granger e sentirsi a disagio, come si sentiva in quel momento, non era una sensazione che faceva bene al suo orgoglio.

"Zio Vincent ha buon gusto" Hermione aveva occhi solo per la sala; doveva scorgere Hanne ed evitare che Draco la raggiungesse prima di lei. Doveva avvertirla della presenza di Blaise e di quello che avevano in mente entrambi senza che Draco anticipasse le sue mosse. Non sarebbe stata complice della rovina di quella giornata. Non avrebbe permesso a Blaise di rovinarle anche quel giorno di festa.

"E comunque puoi giustificare la mia presenza dicendo che sono un semplice amico. Non devi presentarmi come il tuo ragazzo" Hermione si irrigidì sentendo la voce di Draco estremamente vicino. Era dietro di lei e la vicinanza non faceva intendere una semplice amicizia tra i due. 

"Se dipendesse da me, direi senza alcun problema chi sei." Si voltò con la rabbia a fior di pelle, allontanandosi di qualche passo da lui. Venne schiacciata dallo sguardo di rabbia che le stava riservando in quel momento: il litigio di qualche ora fa non si era placato e non aveva trovato alcuna soluzione. Era fresco, come le parole che rimbombavano nella testa di Draco. 

"Ma dato che sono una persona tanto superficiale da considerarti come ho sempre considerato tutte, non puoi dire apertamente chi sono. Non sono Weasley! Lui che ti dava più sicurezza e che poi alla fine si è rivelato peggiore di me." La musica stonava nella testa di Hermione e Draco non sembrava sentirsi in colpa per averle rinfacciato, ancora, la storia con Ron. Non voleva ammettere di quanta gelosia erano impregnate le sue parole. Non voleva ammettere che pensarla con qualcun altro bruciava come fuoco su carne. Hermione rimase - apparentemente - impassibile e il bicchiere di Champagne che le venne servito arrivò in tempo.

"Sei un idiota, Malfoy" Bevve tutto d'un fiato, come per trovare le parole per contrattaccare. Ma non seppe rispondere all'attacco, se non con quelle parole gettate a caso. 

"No! L'unica idiota che vedo in questa sala sei tu, Granger! E non bere che non sei in grado di reggere nemmeno dello champagne" Le sottrasse il bicchiere dalle mani con forza e la scrutò dall'alto del suo metro e ottanta. 

"Non guardarmi così..." Non era l'effetto dello Champagne a farle sentire a disagio, ma erano i suoi occhi: glaciali, rabbiosi; ma quando la guardavano, quando si puntavano a lei, sembravano prendere calore.

"Dovrei prenderti a schiaffi per le cose che pensi." Hermione perdeva le sue armi con Draco e, anche se avrebbe voluto ribattere, restare così, guardarsi e parlarsi, era abbastanza da zittirla.

"Ed io dovrei prenderti a schiaffi per le cose che non dici" Alle sue accuse, Hermione, avrebbe voluto sentire Draco ribattere e non arrabiarsi come aveva fatto ad Hogwarts. Cosa gli costava urlarle contro la verità e strappare via dalla testa di Hermione i mille pensieri negativi che aveva su di lui. 

"Non credo che ci riusciresti" Il sorriso sghembo di Draco, sembrò essere abbastanza per seppelire l'ascia di guerra che avevano portato per tutto il viaggio da Hogwarts a Londra. Hermione sorrise di rimando, intenzionata a raggiungere le sue labbra e mettere fine a quel litigio stupido.  

"Hermione!" Ma il richiamo alla Grifondoro fece sgretolare l'intenzione di entrambi. Rivolsero lo sguardo alla fonte del richiamo e Draco si incendiò nuovamente. Un ragazzo, dal viso familiare aveva interrotto quel momento, e si permise di mettere le mani addosso alla sua Mezzosangue, abbracciandola con troppo entusiasmo. Gli occhi di Draco erano attenti sulle mani grosse che scesero troppo in basso e arricciò il naso quando vide quelle labbra poggiarsi troppo vicino alle labbra di Hermione, che intanto era a disagio in quella situazione.

"Benny.... ciao" Si slacciò dalla morsa  e si voltò verso Draco, sperando che quell'intervento non avesse rovinato nulla.

"Sei splendida! E' da tanto che non ci vediamo" Il ragazzo sembrava ignorare appositamente Draco, che intanto non si preoccupava di guardarlo con sguardo omicida. 

"Si, sarà qualche anno." Hermione pregava nella sua testa che Draco non agisse impulsivamente e non spaccasse il naso al fratello dello sposo. 

"Ed ogni anno sei sempre più bella" Draco soffiò nervosamente e puntò con più insistenza lo sguardo sul ragazzo, che iniziava ad infastidirlo. 

"Grazie...." Merlino, Morgana, Salazar. Stava pregando tutti i maghi conosciuti; maledendo Benny che non la smetteva di insistere. 

"Posso offrirti dello Champagne?" Benny sottrasse altri calici e ne porse uno ad Hermione. Draco era rimasto in disparte troppo a lungo, per i suoi gusti. Sistemò la giacca dell'abito elegante - che durante il viaggio aveva acquistato sostituendo la divisa scolastica - e si armò di un sorriso tirato che faceva chiarire la "simpatia" provata nei suoi confronti. 

"Grazie. Avevo sete" Rispose per Hermione e strappò dalle mani di Benny i calici, bevendo lo champagne contenuto in entrambi. Benny finalmente gli dedicò attenzione, rivolgendogli uno sguardo sbigottito. 

"Ah, io sono Malfoy... DRACO MALFOY" Allungò una mano verso di lui e, quando fu ricambiato il gesto, gliela strinse tanto forte che Benny faticò a presentarsi.

"Benedict Woods... fratello dello sposo... per gli amici Benny" 

"Dato che non ci tengo ad esserti amico ti chiamerò semplicemente Benedict. Non ti dispiace vero?" Hermione era indecisa se ridere o urlare contro Draco di piantarla. Era ammutolita. Aveva avuto modo, più volte, di scoprire Malfoy sotto le vesti di fidanzato geloso e sperò di non assistere ad altro. 
Benny scosse il capo non proferendo parola. Draco riusciva a mettere a disagio chiunque e aveva fatto "colpo" anche quella volta.

"Ah e sono il fidanzato di Hermione, quindi non roviniamo la bella festa per tuo fratello ed Hanne." La presa alle mani si fece più forte e solo l'intervento di Hermione mise fine a quella sceneggiata. 

"E' stato bello rivederti, Benny." Si frappose tra i due e permise alla povera vittima di uscire dalla morsa di Draco, che aveva stretto con troppa foga le sue mani. 

"Anche per me." Furono le uniche parole che riuscì a formulare prima di uscire di scena con la mano indolenzita. 

"Sei impazzito?" Hermione lo aveva tirato via, nascondendosi da occhiate indiscrete. 

"La prossima volta ricorderà di questa giornata e quelle mani le metterà altrove e non sul tuo culo" Aveva un sorriso sarcastico a incurvargli le labbra ed Hermione non riuscì a trovare quella scena tragica. 

"Sei così dolce quando fai il geloso" Strinse la camicia tra le mani e si alzò sulle punte, avvicinandosi al suo volto e scrutandolo con i suoi grandi occhi scuri. Draco rimase come incantato e i suoi occhi erano puntati alle labbra.

"Io non sono geloso" Ribattè con un filo di voce. 

"Se lo dici tu..." Non ebbero altri intrusi che poterono impedire ad entrambi di concludere quel litigio prolungato troppo. Si baciarono sotto le note eleganti e le luci, sotterrando l'ascia di guerra. 



**




Hanne era nervosa ed emozionata. Era rinchiusa da troppo tempo in una delle stanze dell'Hotel e, nonostante fosse pronta, non riusciva a non guardarsi più volte nello specchio, timorosa di trovare qualche difetto, qualche ciocca di capelli fuori posto che non la rendesse perfetta per quella giornata. Erano ad un passo dalla fine, ad un passo dal "si" e dalla nuova vita con Cyrus, e sentiva l'adrenalina pizzicarle lo stomaco. Si guardò ancora allo specchio, adorando l'abito cucito per lei: grigio che cadeva quasi nel blu. La gonna si allargava sopra il ginoccio e i ricami di perline ornavano perfettamente il corpetto che si apriva con un profondo scollo sulle spalle. I capelli erano stati raccolti in modo che la schiena fosse scoperta. I tacchi erano l'unica preoccupazione di Hanne, ma sarebbe scesa lungo la scalinata senza che l'ansia potesse assalirla. Inspirò profondamente, gettando fuori ogni forma di disagio e dubbio e si armò del suo sorriso più bello.

"Posso farcela. Posso farcela" Lo ripetè al suo riflesso, sperando di insinuare in lei solo conforto e convinzione. Stavano aspettando lei, e ogni cosa era stata adibita per lei. Gli occhi sarebbero caduti solo su di lei, e Cyrus l'attendeva. Era tutto perfetto, era tutto stato studiato con amore e perfezione dai suoi genitori in modo tale che nulla sarebbe andato storto. 
Un leggero bussare alla porta la sottrasse dalle sue paure e dalle sue finte convinzioni che facevano fatica ad insinuarsi in lei. Il viso sorridente di suo padre le gettò addosso un leggero pizzico di tranquillità.

"La mia bambina... Sei splendida" Vincent Bruner entrò nella bella stanza che l'Hotel aveva " gentilemente" messo a disposizione per la futura sposa. Hanne fece una piroutte su se stessa e sorrise al padre, rimasto folgorato ed emozionato di fronte alla bellezza che sua figlia riusciva a mostrare.

"Ho solo paura di rotolare per le scale e rimetterci le caviglie" Hanne accennò ai tacchi, estremamente alti, strappando un sorriso al padre. 

"Ti accompagno io giù in sala. Non temere. Sei pronta?" Aveva tardato abbastanza, ma nessuno le aveva voluto mettere fretta. Era normale essere nervosi, era normale chiudersi sempre in camera e uscirne dopo qualche ora. Suo padre aveva compreso che Hanne era fortemente in ansia e non aveva voluto insistere. Ma anche adesso, guardandola, poteva scorgere un'ombra di indecisione sul suo volto. Così, porgendole il braccio e invitandola a seguirlo, decise di parlarne prima di lasciarla. 

"Hanne, qualunque sia la tua decisione, che sia presa adesso o tra qualche mese, sappi che le porte di casa non saranno mai chiuse per te." Hanne alzò lo sguardo verso suo padre così uguale a lei, così dolce nel suo ruolo di genitore. Così amorevole anche nel porre consigli che altri non avrebbero pensato di dare. Era la sua ancora, lo sarebbe stato per sempre. Strinse il suo braccio poggiandovi il capo, non riuscendo a raggiungere le spalle.

"Resterai sempre l'unico uomo della mia vita. E ti ringrazio per tutto." Le mani nodose e calde furono di sollievo sul suo volto e le lacrime furono trattenute con forza. Non avrebbe mostrato quella parte di lei rimasta debole e fortemente in disaccordo con quello che stava facendo. Non avrebbe gettato su suo padre delle preoccupazioni che sarebbero passate una volta che fossero scesi di sotto e avrebbe visto Cyrus.

"Ho fatto quello che potevo. Avrei voluto fare molto di più. " Aprì la porta e Hanne fu accecata dallo splendore delle luci della sala. La musica giunse forte, con la sua dolcezza, e le voci fecero presagire la presenza di tutti che l'attendevano.

"Hai fatto abbastanza..." Respirò profondamente e sorrise prima a suo padre e poi a se stessa. Doveva mantenere quel sorriso, nessuna paura doveva seguirla. Chiusero la porta della stanza alle proprie spalle e Hanne sperò di averle lasciate tutte lì. 
Ad ogni gradino sentiva la presa forte del padre, ad ogni gradino sapeva che lui sarebbe stato lì sempre, a sorreggerla e non farla sentire sola. Ad ogni gradino si avvicinava sempre più a Cyrus che l'attendeva ai piedi della scalinata. Sorrideva raggiante e attendeva lei. Era un'anteprima di quel giorno che tutti stavano aspettando con entusiasmo. Era l'anteprima del loro giorno ed Hanne, per un attimo, si fece assalire nuovamente dalle paure che sparirono con un bacio di Cyrus.

"Non smetterai mai di sorprendermi con la tua bellezza" Cyrus le baciò le mani e l'anello che le aveva regalato. 

"Aspetta di vedermi tra qualche anno" I tacchi non facevano così male e le mani di Cyrus erano rassicuranti.

"Mi piacerai sempre. Anche quando saremo due vecchietti senza forza... " Hanne quasi sobbalzò ma cercò di trattenere la consapevolezza che quasi l'aveva assalita con sorpresa: tutta una vita li attendeva e una piccola domanda si insinuò nella sua testa. La scacciò senza risposta e si immerse nella festa. Tutti gli invitati accolsero i due futuri sposi in applausi e alzate di calici. La musica cambiò, intonando una melodia leggera e romantica. Le luci caddero su di loro, come gli sguardi, l'attenzione e le lacrime di commozione. Amici e parenti si avvicinavano a loro congratulandosi, complimentandosi e abbracciando i due che avrebbero coronato il loro sogno d'amore. Amici che erano giunti da Roma solo per loro, amici di una vita che non mancarono di prendere in giro entrambi, parenti che orgogliosamente accoglievano l'uno o l'altro nella famiglia, volti che forse Hanne aveva visto poche volte ma che la fecero sentire a proprio agio. Tutti erano lì per essere i testimoni di quell'evento. 
Furono divisi, intenti a intrattenere i presenti. Cyrus ormai era caduto sotto le prese in giro di Sao e Louise che, come avevano ripromesso ad inizio festa, gli avrebbero fatto rimpiangere quella foto. Lyn e Renèè tentavano di proteggere il povero amico che rideva e ascoltava senza ribattere le loro prese di mira. Era una giornata di pura felicità e nulla avrebbe rovinato quella sensazione di benessere che invadeva tutta la sala. Hanne lo guardava da lontano, non ascoltando una sola parola di sua zia Margareth e si convinceva che lui era il suo angolo di paradiso, il suo benessere, la felicità che meritava. Sorrise a sua zia, non capendo cosa le avesse detto che la facesse ridere tanto. Finse di essere d'accordo con lei e tentò di defilarsela e scappare dai suoi amici; ma mani forti la tirarono via e Hanne sentì che erano il segno che quella festa avrebbe avuto risvolti spiacevoli. 
Riconobbe la capigliatura bionda e il fisico asciutto. Si voltò ancora e, molto lontano da lei, scorse Hermione accanto a Cyrus e comprese tutto. 

"Draco cosa diamine ci fai qui?" Lo seguiva senza opporsi, anche perché i tacchi le impedivano di fare qualunque scatto e scappare dalla sua presa. 

"Perdonami, e spero che non te la prenderai con Hermione che non era d'accordo su questa cosa. E0 stata costretta." Salirono nuovamente le scale che avrebbero portato entrambi ai piani superiori e nessuno sembrò rendersene conto. 

"Draco ti prego..." Sapeva cosa stava facendo e la paura si impadronì di lei. No, non era pronta a rivederlo. Non voleva rivederlo. Sentì le lacrime rigarle il viso. La consapevolezza di cosa stava accadendo la raccolse e la gettò di fronte ad una realtà che non sapeva come avrebbe gestito.

"Hanne... è mio amico e non posso fare altrimenti" Draco si rese conto del dolore che si era impossessato nuovamente di lei. Forse aveva trovato il suo equilibrio in quei mesi, come aveva detto Hermione, e adesso loro erano pronti a distruggerlo senza preoccuparsi realmente dei danni di cui avrebbe risentito la sua vita.

"Draco ti prego... Non posso adesso... Non ho la forza" Draco si sentì meschino. Hermione gli aveva insinuato troppa umanità e sentiva il dolore di Hanne coinvolgere anche lui. Ma non si fermò. Pensò a Blaise, il suo migliore amico che era stato immerso nell'inferno da mesi ormai e non riusciva ad uscirne. Doveva farlo per lui.
Aprì una delle stanze dell'Hotel e, non guardandola in volto, la fece entrare, chiudendo con forza la porta alle sue spalle. Hermione non l'avrebbe perdonato e quell'ascia seppellita sarebbe stata utilizzata contro di lui.  
Hanne non riusciva a respirare. Sentiva un masso sulla cassa toracica che le impediva di parlare, respirare o muoversi. Blaise era in piedi di fronte a lei, rivolgendole le spalle, guardando verso la strada. Ma quando si voltò, Hanne avrebbe voluto urlargli contro, prenderlo a pugni, e avrebbe desiderato che quelle lacrime non scivolassero sul volto senza controllo. Sentiva ogni muscolo del suo corpo accartocciarsi, prendere fuoco e scoppiare e odiava vederlo di fronte a lei, muto, silenzioso con gli occhi puntati a lei. La guardava come se gli stesse chiudendo di ascoltarla, perché avrebbe parlato e lei avrebbe dovuto credere ad ogni sua parola.

"Hanne..." Pronunciare il suo nome fu come una liberazione, ma per lei fu come uno schiaffo dato con violenza. Non aveva sentito la sua voce per mesi e adesso la chiamava con tono implorante. No non poteva. Lo odiava.

"Non voglio ascoltarti" Coprì le orecchie con le mani e scosse la testa. Voleva che sparisse e andasse via, lasciasse che la sua vita continuasse senza di lui, senza il dolore che la stava uccidendo da mesi.

"Devi ascoltarmi! Non andrò via fin quando non mi farai parlare e ascolterai cosa ho da dirti" Avvenne tutto troppo velocemente. Blaise con pochi passi le fu di fronte, le stringeva i polsi e fermava la porta. Non poteva uscire, non aveva alcuna via di scampo e avrebbe dovuto ascoltare le sue parole senza ribattere e senza chiedere il silenzio.

"Blaise, va via" Quasi urlò, come se farlo avrebbe fatto sparire di colpo la figura che l'aveva tormentata per mesi, che l'aveva tenuta stretta a sè anche da lontano, anche senza che tra loro ci fosse alcun contatto.

"Non vado via, fin quando non mi ascolterai" Le prese il volto tra le mani, sentendo le lacrime calde bagnargli i palmi, sentendo dolore nel vederla così. 

"Cosa vuoi ancora? Cosa vuoi?!" Cercò di staccarsi dalla sua presa ma in realtà lei non voleva. Aveva sognato quelle mani ancora sul suo corpo, aveva sentito la mancanza di quella voce, del suo profumo. Adesso averlo là era come se fosse stata catapultata nel suo subconscio, nel suo sogno più intimo e aveva riscoperto la sua felicità. 

"Blaise..." Chiuse gli occhi, buttando la testa di lato, arrendendosi al suo tocco, chiamandolo con implorazione affinchè quel dolore cessasse.

"Non puoi sposarti, Hanne. Non puoi. Vieni via con me... Adesso! Andremo dove vorrai, ma non puoi sposarti..." Poggiò le labbra sul volto e respirò il buon profumo di cui non aveva dimenticato la dolcezza. 

"Tu devi stare con me... Ti prego dimentica tutto. E vieni via con me" Hanne sentiva dolore e gioia. Il dolore delle ferita inferte e la gioia di rivederlo lì, di sentire ancora come la loro pelle bruciasse insieme. Non era cambiato nulla, erano rimasti Blaise e Hanne conosciutosi a Roma. Erano rimasti legati, così legati che nè il tempo, nè le situazioni li avevano portati a dividersi. Ma Hanne aveva ancora il ricordo fresco di quanto male le aveva fatto e la sua testa - in opposizione con il cuore che gli urlava di dimenticare - non le permetteva di ricominciare da capo. 

"Non posso dimenticare nulla, Blaise. Tu mi hai ingannata, mi hai ferita. Mi hai gettato in questo inferno dal quale non riesco ad uscire. Non sono più la stessa da quando ti ho conosciuto..." Trovò la forza per aprire gli occhi e allontanarlo da sè. Blaise ascoltava le parole e non voleva credere a quella forza che lo avrebbe cacciato dalla sua vita. 

"Sto per sposarmi e l'unica persona a cui penso sei tu. Nonostante tutto, ci sei ancora tu nella mia testa." Si puntò un dito alle tempie con rabbia. Voleva cacciarlo via ma non riusciva a farlo. 

"Quindi, Hanne, scappa via con me" Blaise era sollevato nel sapere che anche per lei non era cambiato nulla, che anche lei ancora pensava a LORO.

"NO! Non è giusto! Io merito di essere felice, non di stare così. E non voglio essere come te. Non voglio dare dolore a qualcuno che mi ama. Non sono meschina, non sono egoista come te! Hermione mi aveva avvertito ed io dovevo ascoltarla!" Non gliene importava niente se le sue urla erano udibili al piano di sotto. Aveva tenuto in sè tanta di quella rabbia da riversare su di lui che adesso voleva farlo, importandosene poco delle conseguenze. 

"Hanne ti prego...." Blaise si sentiva uno sciocco. Stava pregando Hanne affinchè seguisse il suo cuore, non mettendo in conto che il dolore che le aveva inflitto era insostenibile. Non lo avrebbe mai perdonato. Lui lo aveva sempre saputo e quello era stato l'ultimo atto disperato di quella tragedia che stava giungendo al termine.

"Blaise.... DEVI ANDARTENE! Io sposerò Cyrus, avrò la mia vita, avrò la mia felicità e tu devi accettare le conseguenze delle tue azioni. Io ti avrei amato senza misure, senza dubbi. Ti avrei amato così tanto... ti avrei donato così tanto... E tu hai gettato tutto all'aria. Per le tue bugie! Non mi meriti Blaise! E io sposerò una persona che mi ama..." Non aveva idea del come aveva trovato quelle parole, ma uscirono senza riserva. Sentiva la rabbia salirle lungo la schiena, lungo le braccia. E Blaise ne fu travolto con tanta ferocia che sentì un nodo alla gola. Era decisa in ciò che stava per fare. Aveva preso la sua decisione e non c'erano altri dubbi che avrebbero potuto tenere Blaise fermo lì ad ascoltare ancora.
Ma il suo cuore non voleva arrendersi.

"E tu? Tu lo ami, Hanne?" Quella domanda spiazzò entrambi. Blaise ebbe un attimo di egoistica gioia nel vedere la sua faccia mutare. Altre lacrime scivolarono lungo il viso di Hanne come se avesse raccolto una consapevolezza che aveva tenuto nascosta per mesi. Si portò le mani alle labbra soffocando i singhiozzi di dolore.

"Devi andartene Blaise, hai fatto abbastanza" Gli urlò ancora contro, gli ordinò ancora di lasciarla in pace e lui se ne convinse quando la vide accasciarsi sulle sue ginoccia. 
Si avvicinò, chinandosi di fronte a lei.

"Non puoi sposarlo, Hanne. Io ti amo, e so che anche tu ami me. Quindi non sposarlo" Le parole furono rotte da un singhiozzo: stava piangendo, senza vergogna. Lo stava facendo per lei perché la realtà di averla persa faceva molto più male dell'idea di poter essere considerato un debole per quelle lacrime. 

"Vattene..." Hanne finse di non sentire il peso delle sue lacrime, zittì la voce del cuore che le diceva di andarsene via con lui. Pensò a Cyrus: non meritava di essere ferito in quel modo. Si alzò, trovando al forza per darsi del contegno. Sarebbe dovuta ritornare al piano di sotto e fingere che nulla fosse successo.
Si avviò verso uno degli specchi della stanza, come un automa, fingendo che non ci fosse lui in stanza. Cercò di rimettere a posto il danno che la presenza di Blaise aveva portato sul suo volto e, quando fu nuovamente pronta per affrontare i presenti della festa, si voltò nuovamente verso Blaise, rimasto a testa bassa sul pavimento.

"Ora vai via...." Voce decisa, abbastanza da convincere anche lui. 
Blaise cercò di riacquistare il suo orgoglio. Si mise in piedi, si passò le mani sul volto per ritornare alla realtà e non lasciare che i pensieri negativi lo gettassero a terra e non gli permettessero di risalire.
Aprì la porta della stanza, facendole comprendere che era libera di andare. Hanne aveva fretta di uscire da lì. Una parte della sua corazza di orgoglio e decisione era stata scalfita e temeva che se fosse rimasta ancora in sua compagnia sarebbe caduta del tutto e avrebbe lasciato perdere il suo orgoglio. 
Stava per varcare la soglia, quando Blaise tentò l'ultima carta che avrebbe dato i risultati nel tardi di quella giornata.

"Se cambi idea, Draco sa dove potrai trovarmi. Ti aspetterò lì fino a domani. Se non verrai sparirò dalla tua vita per sempre..." Hanne si strappò dalla sua presa senza dare alcuna risposta, e ritornò ad indossare la sua maschera di finta e meschina felicità.



**




Hermione avrebbe ammazzato Draco una volta che la festa di fidanzamento fosse terminata. Le aveva detto che aveva trascinato Hanne nella stanza dove Blaise la stava aspettando e che Blaise era intenzionato a portarla via dalla festa. 

"Se non trovo Hanne fra 10 minuti, ti farò pentire di essere nato Malfoy! Non siamo in un film... quando le persone spariscono ci sono conseguenze!

"Hermione si guardava intorno nervosamente, con Draco che si serviva degli stuzzichini Babbani. 

"La stai facendo tragica Granger. Vedrai che Hanne apparirà come per magia e nessuno si renderà conto che è sparita" In cuor suo Draco temeva altro. Temeva di non vedere Hanne scendere le scale e non vederla più. Se avesse accettato la proposta di Blaise entrambi sarebbero spariti per un po', lasciando solo qualche parola di scusa e una promessa che sarebbero tornati. Blaise aveva visto troppi film Babbani per ritrovarsi a pensare ad un piano del genere.

"Mi fa piacere il tuo essere sarcastico, ma la sua assenza è gia stata notata... dallo sposo" Cyrus aveva chiesto di lei in giro e Hermione si era sentita una meschina nel mentirgli. Stavano facendo un gioco sporco ai danni di un povero ragazzo speranzoso. 

"Eccola...." Hermione vide Hanne scendere le scale senza alcuna traccia preoccupante in volto. Era sorridente e si avvicinò a Cyrus come se fosse mancata solo per qualche minuto. Avrebbe avuto sicuramente una scusa per giustificare la sua assenza e, dal modo con cui si approcciava a Cyrus, entrambi compresero che il piano di Blaise era andato male.

"Devo trovare Blaise" Draco era preoccupato per l'amico perché, se Hanne aveva rifiutato, Blaise stava patendo le pene dell'inferno e aveva bisogno di lui.

"Lo credo anche io" Hermione era preoccupata quanto lui ed entrambi aguzzarono lo sguardo in cerca di Blaise. 
La loro ricerca fu interrotta dall'arrivo di  volti troppo familiari per Hermione, che la fecero sbiancare: suo padre e sua madre avevano finto di non notare con chi fosse venuta la loro bambina, ma il signor Granger aveva trattenuto fin quando aveva potuto la gelosia - ovvia - di un padre per una figlia. Così si era avvicinato, trascinando la moglie che non riusciva a considerare il tutto troppo ironico.

"P-papà" Draco fu sottratto dall'attenta ricerca di Blaise e quella volta fu lui a essere messo a disagio.
Il padre di Hermione era estremamente alto e lo sguardo che gli riservò non voleva promettere nulla di buono.

"Hermione cara, quando sei arrivata?" Aveva dimenticato di mandare un gufo ai genitori per avvertirli che li avrebbe raggiunti. 

"Da qualche ora... Dopo dovrò ritornare ad Hogwarts. Il permesso vale solo per un giorno" Draco era ammutolito accanto a lei e non riusciva a sorreggere lo sguardo truce del padre di Hermione. Mentre la madre, Jane Bruner, lo guardava con interesse e dolcezza.

"Tu dovresti essere..." Jane Allungò una mano verso di lui, aspettando che gliela stringesse. Invece Draco dimostrò gli ottimi insegnamenti di Lucius e baciò la mano con eleganza che quasi spiazzò anche Hermione.

"Draco Malfoy, lieto di fare la sua conoscenza" 

"Oh che giovanotto educato... Non pensi anche tu?" Si rivolse al marito, incitandolo a cambiare sguardo e mettere più a proprio agio Dracom che si sentiva quasi schiacciare da quegli occhi così simili a quelli di Hermione.

"Molto piacere..." Mormorò, restando restìo da quel ragazzo dai portamenti a modo e dalla gentilezza di altri tempi.

"Frequenta anche lui Hogwarts, mia cara?" Jane invece era intenta a mettere entrambi a proprio agio, così da scoprire, utilizzando tecniche meno aggressive, chi fosse quell'avvenente accompagnatore.

"Si, mamma. Ci conosciamo ormai da sette anni..." Sua madre aveva sentito parlare di Draco Malfoy, ma forse non voleva rimuginare sulle cose spiacevoli che sua figlia le aveva detto. O, per fortuna di Hermione e Draco, se ne era dimenticata.

"E' davvero molto avvenente. Complimenti, Hermione" Ammiccò verso sua figlia, imbarazzandola e dando modo a Draco di gongolare maggiormente.

"Fai anche tu parte dei Grifondoro?" Suo padre aveva imparato a fatica i nomi di tutte le case della scuola di magia e stregoneria e, a forza di cose, aveva imparato quella a cui apparteneva sua figlia.

"No, per fortuna no. Sono Serpeverde da generazioni" Hermione alzò gli occhi al cielo. Nonostante l'imbarazzo, l'orgoglio verde e argento non sarebbe stato tralasciato.

"Ah si... Hermione ci ha parlato molto spesso dei Serpeverde..." Jane si morse la lingua, forse avendo riportato alla memoria qualche racconto spiacevole. Suo padre, invece, restava più interessato a Draco che alla casa di appartenenza.
Draco stava per ribattere, comprendendo quali eventi spiacevoli e menzonieri - dal canto suo - la Granger aveva riportato ai suoi genitori ma si zittì, quando scorse Blaise scivolare via tra la folla e uscire di scena. 

"Devo assentarmi un attimo, se potete scusarmi" Si scambiò uno sguardo con Hermione, sperando che comprendesse il motivo del suo allontanamento e si gettò all'inseguimento di Blaise. 

"Blaise! Blaise" Correva come se voltarsi avrebbe significato rivivere quel dolore. Il richiamo di Draco non lo raggiunse subito ma si fermò, quando l'amico lo prese per le spalle e lo fece voltare.

"Draco raggiungi Hermione, ci vediamo a casa" La famiglia Zabini avevano un appartamento a Notthing Hill e Draco e Blaise avrebbero passato la notte lì, in attesa di Hanne. Ma Draco non poteva andarsene via prima, anche perché lui non voleva. Voleva restare solo e rimuginare sul casino che aveva creato.

"Tutto bene? Com'è andata?" Draco non era mai stato bravo nel consolare gli amici, ma voleva tentare. Blaise sorrise con l'amaro nel cuore, con un dolore che non riusciva più ad indossare.

"E' andata male! Ho giocato anche l'ultima carta ma credo che non accetterà. La lascio libera, Draco.... Merita di essere felice senza di me" Chinò il capo, ricercando ossigeno. Respirò con forza, cercò coraggio per non lasciarsi trascinare dagli eventi e sorrise fingendo che andasse tutto bene.

"Va da Hermione... ci vediamo a casa" Cosa avrebbe potuto dirgli? Restare con lui non avrebbe risolto nulla. Gli diede una pacca sulla spalla e lo incitò a raggiungere Hermione. Draco accettò, con una morsa di tristezza. Non aveva idea di come risollevare l'amico... in questo era bravo Nott.



**



Blaise aveva atteso quasi tutta la notte, speranzoso, sciocco innamorato. Il tempo a Londra era mutato, lasciando spazio solo a pioggia: come se anche il tempo conoscesse il suo stato d'animo. Era distrutto, deluso da se stesso. Si odiava e non riusciva a non sperare che Hanne decidesse di andare via con lui e ricominciare da capo. Ma come avrebbe potuto farlo? Accettare le ferite, accettare le bugie e rinunciare alla felicità. Non lo avrebbe fatto e lui, nonostante le sue convinzioni, aspettava ancora, sperando di trovare del sole tra quelle nubi spaventose. 
Draco era al piano di sotto con Hermione e lui era rinchiuso in camera, volendo solo ritornare a Hogwarts e lasciarsi tutto alle spalle. Si versò altro whisky e lo gettò in gola, sperando di trovare soluzione al suo dolore. Come avrebbe fatto da domani? Cosa avrebbe fatto? Sarebbe ritornato quello di sempre con un pezzo mancante di sè, con qualcosa in meno che gli avrebbe impedito di vivere con la giusta spensieratezza. 
Si alzò dalla poltrona, deciso a non attendere altro tempo, a lasciare Londra e Hanne. Poggiò il bicchiere sulla scrivania di legno pregiato e si diresse verso il bagno intento a lasciarsi coccolare dalla doccia. Ma, quando voltandosi vide il suo tormento, il suo amore, la sua gioia, quasi ne fu spiazzato. Non l'aveva sentita entrare, non aveva notato una seconda presenza in quella stanza.

"Ho chiamato Draco che senza farmi aspettare mi ha condotta qui..." Hanne indossava ancora gli abiti della festa. Aveva cambiato solo le scarpe e i capelli erano liberi. Poco trucco sul volto e tanta tristezza.

"Sei reale, o ho solo bevuto troppo?" Blaise si passò una mano sul volto, incredulo di parlare con lei e di vederla lì. 

"No, sono io" Chiuse la porta alle sue spalle, ritrovandosi nuovamente solo entrambi. Si guardavano con insistenza, con ferite aperte, con l'amore che si smuoveva ancora in loro.

"Hai deciso di accettare la mia proposta?" Una lieve speranza si insinuò in lui ma lei lo zittì, poggiandogli un dito sulle labbra. Lo guardava con quello sguardo che lo aveva sempre spiazzato e paralizzato e lo zittì completamente. Zittì anche i suoi pensieri, le sue congetture e speranze. 

"Sei la persona peggiore che io abbia mai conosciuto. Mi hai mentito, mi hai ingannata. Mi hai reso debole, quasi inutile. Hai rovinato la mia festa di fidanzamento, stavi per rovinare la mia vita... ma io non riesco ad odiarti, a cacciarti via... Ti voglio come ti volevo mesi fa. Ti cerco ancora e non posso fare a meno di pensare a te. Faccio l'amore con Cyrus e penso a te. Bacio Cyrus e penso a te. Non riesco a staccarmi da te anche se impiego tutte le mie forze... e ti odio perchè non riesco a strapparti via dalla mia vita. Quindi, sta zitto" Lo baciò senza indugiò e sembrarono prendere vita entrambi. Ritrovarono nuovamente il loro posto, sentirono una rinascita, una speranza. Blaise non aveva alcuna paura di toccarla. Conosceva i punti precisi che l'avrebbero fatta accendere, rinascere e lei lasciò che le sue mani scavassero dove nessuno aveva mai avuto modo di scavare. Graffiò la carne scura di Blaise, tra un misto di rabbia e desiderio. Lasciò che le sue mani forti si attaccassero ai fianchi e l'alzassero, poggiandola alla stessa scrivania che aveva occupato lui tutto il giorno. Il bicchiere di whisky si ruppe in mille pezzi, ma l'unico suono che udivano era la pioggia e i loro sospiri. Si spogliarono senza vergogna, si ritrovarono tra baci caldi, tra morsi colmi di desiderio. Si ritrovarono in gemiti di piacere, tra movimenti sincronizzati, tra sguardi che traboccavano di felicità e desiderio. Il suo profumo si insinuò nuovamente in lui e il calore del corpo di Blaise riscaldò quella parte lasciata al freddo. 
La notte fu dedicata a loro e non si stancarono di impossessarsi di quei mesi lasciati passare senza vederli insieme. 



Quella mattina Blaise si svegliò e il posto vuoto accanto al suo gettò su di lui una paura che quasi lo paralizzò. La notte con Hanne era stata intensa, gli aveva ridonato la felicità mancata per mesi. Lo aveva riportato nel mondo dei vivi dopo una lunga permanenza all'inferno. Ma quando sul cuscino che ancora riportava la traccia della sua presenza trovò un lieve e inutile biglietto, comprese senza il bisogno di leggere quelle poche parole spese con poco impegno.

"Mi dispiace"

Era tutto ciò che recitava. Blaise lo fece incendiare tra le mani e seppe che da quel momento in poi l'inferno sarebbe stata la sua casa, la sua dimora ed Hanne doveva essere lasciata al suo passato. 



 
Angolo autore: Oh oh! dopo mesi e mesi di silenzio eccomi qua!! Cavolo, mi vorrete morta sicuramente! Vi prego di perdonarmi.... ho approfittato delle feste di pasqua per scrivere e finire questo ULTIMO capitolo. Esatto...è l'ULTIMO! Ovviamente ce ne sarà uno finale che metterà in chiaro delle cosucce e quindi vi devo lasciare con l acqua alla gola! Perdonate la mia sadicità ma .... non mi hanno comprato l'uovo, devo trovare il mio sfogo! Detto questo spero che vi sia piaciuto e spero tanto che riceverò tante recensioni positiveee e anche negative sono ben accettate! Quindi un bacione a tutteee alla prossima!!! <3






  
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