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Autore: Fanny Jumping Sparrow    06/04/2015    2 recensioni
Il malvagio ed affascinante Capitan Vegeta ha un cuore nero come gli abissi, è vittima di una maledizione e con la sua nave Bloody Wench semina morte e terrore per i sette mari; la bella e intrepida Bulma Brief è una coraggiosa avventuriera con l'umore mutevole come la marea che nasconde un singolare segreto. Entrambi attraversano gli oceani alla caccia dello stesso tesoro: le magiche sfere del Drago. Il giovane tenente di vascello Son Goku, fresco di accademia ed amico d'infanzia della ragazza, riceve l'incarico di catturare i due fuorilegge, che nel frattempo hanno stretto una difficile alleanza, e consegnarli al capestro...
Personale rivisitazione in chiave piratesca del celebre anime su suggerimento della navigata axa 22 (alla quale questa storia è dedicata;) e della mia contorta immaginazione. Possibili numerose citazioni e riferimenti ad opere letterarie e cinematografiche esterne. Gli aggiornamenti saranno dettati dalle capricciose onde dell'ispirazione. BUONA LETTURA! Se osate...
Quella tonalità era insolita, appariscente, innaturale. Non umana.
Contenne uno spasmo di eccitazione. “Troppa grazia”, obiettò pessimisticamente.
Aveva dato la caccia ad un colore simile innumerevoli notti, sondando bramoso il blu profondo.
Troppo facile, troppo assurdo che l’avesse proprio lei.

*CAPITOLI FINALI IN LAVORAZIONE*
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Freezer, Goku, Vegeta | Coppie: 18/Crilin, Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Salve gente! Spero abbiate passato una Buona Pasqua e Pasquetta. Dalle mie parti oggi ha piovuto e così eccomi qui!
Approdo stasera un po' a sorpresa e un po' colpevole, avendo accumulato nuovamente un vergognoso ritardo sulla mia tabella di marcia T_T  Come sempre, si accavallano vari impegni e contrattempi e l'ispirazione ne risente, anche se più che altro ad impedirmi di sbarcare prima è stata la lacuna di tempo libero.
Comunque sia, spero che chi mi ha seguito continui a restare a bordo e ringrazio tutti i lettori che si sono aggiunti ultimamente.
In questo nuovo capitolo ho pensato di tornare a dare uno sguardo al grande cattivo della storia, ovvero Freezer. E ci sono dei toni un po' macabri...
Come sempre, pareri, critiche, osservazioni, sono sempre ben accetti. (Noto che ci sono molte visite, ma le recensioni scarseggiano :/)
Ringrazio f_94 per aver realizzato il foto montaggio che ho allegato a fine capitolo.

Spero di tornare presto, al prossimo approdo!)


XXIV: TWO MUCH

Distolse con apatia i ferrigni occhi rubini dal lugubre galleggiare di corpi esangui e mutilati, sbattuti disumanamente tra la schiuma che increspava appena le acque limpide e piatte in cui stavano annegando.
Quella cruda visione invero non lo impressionò più di tanto.
Il mare era un insaziabile assassino privo di compassione con cui l’uomo aveva dovuto confrontarsi dagli albori dei tempi. Era proprio la sua insita pericolosità, oltre alla sua vastità, a rendere tanto avvincente la possibilità di spadroneggiarvi, sottomettendo chiunque osasse sfuggire alla sua legge o trasgredire alla sua volontà.
Avrebbe inglobato l’eterno movimento delle onde nel suo essere e allora nessuno avrebbe potuto sconfiggerlo.
Quei miserabili avevano replicato allo stremo ai loro attacchi, nondimeno avevano opposto una sterile resistenza: nessun galeone poteva competere con le sofisticate e devastanti armi di distruzione di cui era fornita la Ice Lord, tantomeno esisteva ciurmaglia più efferata e implacabile.
Eccetto una, che quanto prima avrebbe eliminato dalla circolazione per riprendersi finalmente ciò di cui era stato spodestato: il dominio incontrastato degli oceani.

“Aspettami all’Inferno e non bruciarti troppo: vorrei poterti riconoscere quando ti raggiungerò anch’io.”

Quella frase infame e derisoria, filtrata tra la nebbia e le fiamme che lo dilaniavano, continuava a seviziare i meandri contusi della mente e gli intossicava le vene come un cancro.
Aveva atteso per anni una feroce rivincita che attenuasse quel costante senso di incompletezza e annichilimento. Era prossimo a compierla e la prospettiva di riottenere tutto quel potere gli faceva spasimare i nervi arrugginiti dall’astinenza.
Il suo corpo martoriato si stava rigenerando e scalpitava dalla cupidigia di sperimentare quella vigoria che ricominciava a scorrergli come lava sotto magma freddo.
Intanto, gli restavano le ultime noiose incombenze da predisporre per accaparrarsi l’elisir che gli avrebbe permesso di tornare a combattere e regnare.
Sollevò i lembi del lungo tabarro perché non si imbrattassero nella nauseabonda melma di budella sanguinolente e non si impigliassero tra i moncherini e i rottami sparpagliati sulle fradice assi che non erano state ancora ripulite da quella feccia.
La robusta alberatura era uscita discretamente intatta dallo scontro e l’ampiezza della velatura appariva adeguata a garantire una velocità di navigazione ragguardevole, con buone probabilità di difendersi da eventuali assalti, pur non possedendo numerose bocche da fuoco.
Non era un imponente vascello da guerra, ma restava comunque una concessione sin troppo dignitosa per quello che non era niente di più che un servile suino spocchioso.
Freezer si accostò al suo quartiermastro che sghignazzava volgarmente, esaltato da quell’esigua vittoria: - Eccoti una nave, Dodoria. Mi auguro che saprai condurla a destinazione senza troppi intoppi – demolì con labbro sdegnoso il suo riso gradasso.
- Certamente. Potete fidarvi di me, Capitano – grufolò di rimando, assumendo un’espressione di untuosa superiorità che stonava con le sue grottesche fattezze – Però sarà piuttosto rognoso rinvenire quelle biglie, non avendo indicazioni più precise sulla loro posizione – titubò con un grugnito, raspandosi il doppio mento.
Più deprecava la sua pingue stazza, la gradazione perennemente avvinazzata della sua carnagione, le obbrobriose escrescenze che gli ricoprivano la testa bacata e sproporzionata, più si convinceva che aveva assoldato un esemplare di oscena bruttezza e ottusità come quello solo per disgustarsi meno di se stesso.
L’albino lasciò cadere con rancore le dita ossute dalla grinzosa ustione che gli deturpava la smunta guancia, avvicinandosi mellifluamente al suo orecchio puntuto: - Per quanto mi riguarda, puoi massacrare quanta gente ti pare, rivoltare ogni singola casa o zolla di terra, finché quelle dannate sfere non salteranno fuori – stigmatizzò con irriducibile intransigenza – A meno che tu non voglia sia io a rivoltare te, strappandoti di dosso quella schifosa pellaccia squamosa, se non dovessi presentarti col bottino al nostro appuntamento. E sta pur certo che, se facessi fiasco, riuscirei a scovarti, dovessi pure rintanarti nel più fetido e sperduto buco di fogna del pianeta.
Dodoria si sentì attorcigliare il collo da un cappio invisibile e stentò a recuperare quel minimo di risolutezza degna del nuovo ruolo di comandante che gli era stato insperabilmente assegnato col volgere degli eventi.
Lo aveva minacciato con un tono spaventosamente quiescente eppure sembrando d’improvviso più imponente, quasi avesse occultato fino a quel momento la sua reale statura e potenza, come sostenevano peraltro alcuni superstiziosi racconti che circolavano sul suo conto e che lo definivano estremamente camaleontico e dedito a potenti arti oscure.
Quella missione avrebbe potuto rivelarsi un’occasione irripetibile per guadagnare la reputazione a cui segretamente aspirava. Servire Capitan Freezer era un grande onore, ma per quanto fosse assoggettato all’oscuro carisma che quel losco individuo emanava, la sudditanza alle lunghe era una condizione usurante.
Il mercenario ricacciò un grugno sdegnato, confidando che la sua dedizione sarebbe stata ripagata: - Potete dormire sonni tranquilli, signore – si licenziò accondiscendente con un mezzo inchino, sfiatandosi per ammassare sul veliero abbordato una decina di manigoldi presi in prestito dalla Ice Lord, sul cui ponte frattanto Freezer fece ritorno, auspicandosi che quel malpensante non lo stesse compiacendo per un tornaconto personale.
Il suo viso cereo si rischiarò nell’intercettare i suoi migliori recenti acquisti: - Magnifica esecuzione, miei adorati. Era da tempo che non mi dilettavo così tanto – elogiò i due gemelli spadaccini le cui feroci gesta si era soffermato a rimirare con trepidante trasporto.
- Dateci una sciabola ben affilata e non avremo misericordia per nessuno – si pavoneggiò con un sorriso sbruffone Diciassette, mulinando l’acciaio ricurvo e sgocciolante.
- Faremo strage di chiunque si interporrà alla riuscita dei vostri intenti – lo blandì la sorella Diciotto, con un’ipocrisia di cui lei stessa restò schifata.
Era sempre il solito andazzo. Stramazzavano uno dopo l’altro come pupazzi inanimati, gli arti molli e scomposti, le orbite rovesciate indietro, la bocca sfigurata dall’orrore di una fine crudele e ingiusta che li avrebbe inghiottiti, privandoli di qualunque sepoltura o cordoglio. Ultimamente si ritrovava a considerare che avrebbe voluto chiamarsi fuori da quella cricca. O magari avrebbe dovuto imparare dal fratello, che non si lasciava mai assalire dal rimorso per tutte le gratuite scelleratezze di cui erano stati artefici. Per quel narcisista era tutto un gioco, con l’unica variante di potersi rivelare noioso o divertente, costatò rassegnata, frattanto che il Capitano continuava leziosamente a tessere le loro lodi, raccomandando a tutti i sottoposti di seguirne l’esempio.
Un ridondante incedere di tacchi contrassegnò la comparsa del più stucchevole attendente della sua scorta. Sfiorandogli la spalla con la lunga treccia muschiata, si chinò e gli mormorò all’orecchio qualcosa che, a giudicare dal suo ammutolirsi, incrinò il suo rallegramento.
Freezer inghiottì un coagulo amaro di saliva, ma si riebbe subito. I suoi lineamenti secchi e feroci si distesero: - Mio diletto, ti dispiacerebbe occuparti di questi scalmanati? – inclinò il mento pizzuto, poggiando una mano bitorzoluta sul suo petto, di fatto scegliendolo come nuovo quartiermastro.
A Zarbon tintinnarono i grossi pendagli che gli ornavano i lobi: - Ne sarei sommamente onorato, signore – lo adulò fremente, inginocchiandosi – Non vi deluderò.
- Ah, spero di sì, per la tua incolumità – gli sussurrò con falsa indulgenza Capitan Freezer, molestato dalla sua eccessiva piaggeria. Non aveva contezza di essere solo un bamboccio da manipolare a suo piacimento e che, se avesse disatteso le sue aspettative, lo avrebbe sostituito in qualsiasi istante con chiunque altro. Gli carezzò la fronte e, invitandolo a risollevarsi, incedette con lentezza verso la rampa del cassero, imprimendosi un sogghigno forzato. Era indispensabile mostrarsi immune agli imprevisti, pur non conoscendone la gravità.
Sguainò un flagello e lo scudisciò per aria biecamente imponendo il silenzio, perché tutti ascoltassero e assecondassero le sue disposizioni: - Tesare di tre punti! Più vela, ratti pidocchiosi! Abbiamo accumulato qualche giorno di vantaggio su di loro. Questo ci darà modo di orchestrare un’imboscata prima che arrivino sulla rotta per la Scogliera dei Diamanti Blu, dove è nascosta l’ultima sfera. Perciò tenetevi pronti a sbaragliare quel bastardo traditore di un sayan e sarete lautamente ricompensati!
Un coro di consensi si levò tra i subalterni e, avendoli così incitati ad agire, il comandante si eclissò nel castello di poppa, non senza lasciarsi dietro anche il solito strascico di interrogativi, malumori e timori.
Diciotto, copiata dal gemello, si distanziò dalla folla cenciosa che si affaccendava a sbarazzarsi di tutti i pesi morti, a tagliare gli ormeggi, a trasportare casse, barili e armi, appartandosi all’ombra dell’albero maestro, al riparo dal picco del sole. Detestava responsabilità e attività forzata.
In quel viavai di uomini e carichi scorse il taciturno marinaio con cui condividevano un soprannome numerico.
- Buona fortuna ragazzi – li salutò con un vacuo sorriso Sedici, passando accanto a loro, caricandosi con scioltezza un voluminoso sacco di patate sulla massiccia schiena.
La ragazza elargì un cenno assertivo al pacifico energumeno, vedendolo percorrere la battagliola e imbarcarsi tra i prescelti con Dodoria. Per quanto gli andasse stretto, neppure lui era capace di recidere quel compromesso. E come tutti gli altri, non poteva far diversamente che restare alle dipendenze di quel criminale. Forse era lei, dopotutto, l’unica a sentirsi di troppo e fuori posto lì.
- Che faccia nera, sorellina. Oserei pensare che avessi un debole per quello spilungone con i capelli rossi … – la motteggiò Diciassette, penzolando da una sartia su cui si era abbarbicato.
- Non dire stronzate! – lo accusò inviperita la bionda, divertendolo ulteriormente per il puntiglio della sua risposta. Incrociando le braccia e rinfoderando di scatto le spade, si sedette imbronciata su un cassone, ravviandosi una ciocca: - A cosa vale sgobbare tanto, se alla fine le promozioni sono riservate a degli eunuchi incompetenti?
Il moro atterrò dalla scaletta di corde e ruotò gli occhi azzurri verso la stessa direzione in cui si erano impuntati quelli di lei, e allora intese a chi fosse rivolta la sua indignazione. Il damerino effeminato si gingillava a dispensare ordini a quegli scaricatori di porto, tartassandoli con scalpore.
Loro due erano migliori di chiunque altro a livello combattivo e intellettivo, eppure erano stati surclassati da due ruffiani che scarseggiavano di perizia e astuzia solamente perché erano più giovani e Freezer, pur stimandoli, li reputava irresponsabili e immaturi per certe mansioni.
Forse li sottovalutava anche troppo. Erano fuggiaschi e opportunisti. Non si sarebbero lasciati addomesticare ancora per molto.
- Non ci tengo a crepare su questo zatterone puzzolente. – chiarì con spregio, spingendo lo sguardo oltre l’impavesata – Ma se vogliamo truffarlo e scappare da qui, dobbiamo restare uniti – strinse i denti, prendendo dalla bisaccia una cote e cominciando a molare e ripulire la lama ancora macchiata dallo scontro – E poi dubito esista qualcuno che ti sopporti, a parte me. Hai un caratteraccio, Lazi!
Diciotto rifilò una sonora gomitata al fianco del gemello, sciogliendosi in un piccolo sorriso. Quel breve scambio di battute era il massimo di serietà che poteva aspettarsi da un vanesio indolente come lui. A suo modo la aveva incoraggiata a resistere e a fidarsi di quel che potevano ottenere insieme.

I suoi piani stavano procedendo come previsto, ma la richiesta di riceverlo sottendeva in genere che avesse qualche spiacevole scoperta da comunicargli.
- Cos’hai visto, dunque? Pronunciati – esortò spazientito il suo controverso aiutante, approcciandosi alle sue sibilline contemplazioni.
Babidi si astrasse dalle esalazioni mistiche, ruminando dopo alcuni attimi di sospensione:
- Ciò che distingue un uomo navigato da uno sprovveduto, è lo speciale talento di prefiggersi di raggiungere le mete più remote inseguendo il flebile bagliore di una sola stella.
Gli zigomi spellati di Freezer cominciarono ad incurvarsi lievemente verso l’alto, in una presuntuosa smorfia di compiacimento che lo stregone immediatamente screditò: - Non mi riferivo a te – ciarlò stridulo, sventagliando una collana di placche aguzze e spegnendo con uno schiocco il fuoco del braciere in cui aveva dissolto le polveri ricavate da quella reliquia che lui stesso gli aveva fornito.
La fronte dell’albino si raggrinzì di rincrescimento. Grazie a quella perversa collezione cominciata senza una vera finalità, adesso erano capaci di controllare le mosse di quello scavezzacollo che, ripudiando la sua obbedienza, lo aveva ripagato con uno scottante benservito.
- C’è qualcosa che non vi diletterà affatto – riprese a disquisire il mago – Egli conosce la cura per debellare il maleficio che pende sul suo capo.
- Liberarsene lo priverà di buona parte della sua invincibilità – trasse Freezer di rimando, versandosi da bere – Non vedo come ciò possa nuocermi – attestò supponente, cominciando però a essere angariato dalla pruriginosa sensazione che dovesse trattenere quell’anelito di ottimismo.
- Probabilmente priverà entrambi del tesoro cui ambite. A ogni rinuncia corrisponde una contropartita – berciò il negromante con uno scintillio maligno.
- Spiegati, di grazia – sillabò oleoso, abbandonandosi malvolentieri sulla poltrona preferita e battendo le unghie sul bracciolo, stanco delle sue astruserie e desideroso di conoscere l’irrimandabile questione per la quale lo aveva scomodato.
Il rachitico veggente scese dallo sgabello per affacciarsi alla vetrata intarsiata di scenari demoniaci: - Trasferendo il potere delle sfere alle creature marine, il Supremo ha fatto sì che la loro esistenza fosse strettamente collegata. Se l’ultimo esemplare della loro specie dovesse estinguersi, allora anche il potere delle sfere svanirà con esso – gli rammentò, spargendo per aria un miscuglio di incensi magici che materializzarono la continuazione del suo racconto.
- Fu per questo motivo che il mio antenato Bibidi, quando i saiyan si opposero alla sua richiesta, scagliò un anatema contro di loro che li istigasse a decimare quelle ondine, così neanche loro avrebbero potuto servirsi delle sfere. Molti sovrani imposero anche ai loro sudditi di uccidere i primogeniti per impedire il propagarsi della maledizione. Eccetto i re Vegeta. Fomentati da arroganza, superbia e orgoglio indicibile, essi decisero di non essere succubi della loro dannazione, bensì di giovarsene per le loro manie di conquista, come ben saprai …
Il complice, strinse il boccale di peltro fino a romperlo, tagliandosi le mani: - Cos’hai visto?
Babidi levitò verso il braciere spento e vi impregnò nuovamente le dita, spalmandosi tra i polpastrelli rugosi le polveri residue della combustione: - Ho bruciato i resti di quel carcame in cui ci siamo imbattuti al largo delle coste del Teschio Rotto – gli svelò, prendendosi una pausa per ghignare – Era da decenni che non ne captavo la presenza. Si sono nascoste bene, ma il tuo figlioccio, a quanto pare, ha trovato una di quelle donne pesce e se la sta portando appresso, ignaro degli effetti collaterali … – lo irrise, dando alle parole la forma di una funesta proiezione futura, in cui ogni suo proposito di vendetta svaniva.
Quell’essere immondo sembrava rallegrarsi ogni qual volta un caso fortuito irrompeva come un vento imprevisto, seminando zizzania nel campo di tranelli che aveva pazientemente coltivato.
Freezer gettò per terra il frusciante mantello e si erse su di lui, non risparmiandogli di poter osservare quanto fosse divenuto più alto e possente rispetto al loro primo sventurato incontro. Gli aveva fatto credere che fosse lui a muovere le fila, ma era giunto il momento di rimettere in discussione quella scala gerarchica. Il pugno si strinse attorno al manico intarsiato della daga, camuffata tra il risvolto della giacca e il cinturone borchiato.
- Ebbene, non avermi avvertito di ciò è stata un’imperdonabile negligenza – scosse la testa, avvicinandosi e fingendosi piccato – Non esiste sconfitta più frustrante di quella che giunge a un soffio dal trionfo. Gli lascerò completare il lavoro, come in passato. E poi lo porrò di fronte ad una scelta – argomentò contenendo a stento l’incontrollabile eccesso di collera che gli suggeriva di spappolare quella faccia da rospo, sebbene la lama luccicasse manifestamente, ammantando i suoi passi di un’inconfutabile minaccia.
Babidi balzò goffamente indietro, scongiurando uno sconfortante presentimento. Non intendeva riferirsi solo alla trappola che avrebbe escogitato per sabotare l’impresa del rivale, ma anche all’intenzione di sottrarsi al patto stretto con lui. Quelle immagini avevano risuscitato l’assopita irascibilità di un uomo che era tornato in vita solo per ansia di riscatto. Era stato lui a raccoglierlo e a ridargli una speranza quand’era ridotto in pezzi, adoperandosi a domare le fiamme prima che con la loro voracità annientassero quanto restava del suo spregevole essere, dopo che il suo beneamato braccio destro l’aveva tradito e rinnegato. Eppure in sua coscienza sapeva che quel pirata senza cuore non nutriva alcuna riconoscenza per lui e che alla prima evenienza si sarebbe sottratto alla sua volontà. Lo consolava che non avrebbe potuto fuggire per sempre al giudizio di colui per cui serviva e operava. Un Signore molto più potente.
La brama di vendetta gli sarebbe costata la perdizione.
Freezer lo tramortì con un pugno e poi lo agguantò senza difficoltà, sbatacchiandolo contro un pilastro, schiacciandogli la daga sul gobbo torso: - Temo proprio che la tua presenza sia oramai superflua – fece vibrare nell’aria, esagitato.
Il negromante accusò il colpo senza opporsi fisicamente, mirando piuttosto a instillargli il dubbio, l’insicurezza, il tormento: - Ricordati che io sono solo un suo intermediario. Non è uccidendo me che potrai sottrarti al tuo debito! Le sfere sono sue!
Un profondo squarcio gli fendette la gola, le orrende protuberanze che aveva al posto delle braccia tentarono di divincolarsi, mentre l’acciaio si spinse ingordamente tagliandogli di netto la testa, che rotolò via con un secco tonfo.
- Che venga a pigliarsele, allora – lo sfidò Freezer con una tetra risata, beandosi del liquido rosso che zampillava dal minuto e deforme corpo riverso sul pavimento.


Frezer-dreams


Quartiermastro: sugli antichi velieri era l'ufficiale incaricato di sovrintendere alle guardie e di avviare i gabbieri alle manovre.
Lazi: ho voluto inserire questo nomignolo dopo che una gentile lettrice, Died, mi ha fatto notare che Toriyama ha svelato i veri nomi di C-17 e C-18, rispettivamente Lapis e Lazuli, per cui ho immaginato che potesse essere carino mettere un riferimento.
Daga: spada molto corta usata nei combattimenti a distanza o per sgozzare i nemici.
   
 
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