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Autore: Monijoy1990    08/04/2015    1 recensioni
Questo racconto rappresenta il proseguimento di "Love story". Quindi invito chiunque non lo abbia letto a farlo prima di iniziare.
Roberto è un ragazzo arguto e intelligente con un futuro già scritto a lettere cubitali nel suo destino e un sogno in minuscole chiuso in un cassetto. Avvocato, dottore o ingegnere questo ciò che vorrebbero i suoi genitori per lui. Ma cosa vuole davvero Roberto? Diventare un cantante. Così il Giappone diventerà la sua strada e la Kings Record la sua meta. Durante il suo viaggio verso il successo il destino gli tenderà tante sorprese improvvise. Riuscirà grazie alla sua arguzia e al suo buon cuore a superare le sue insicurezze? Tra triangoli amorosi e amicizie inaspettate, sarà in grado di realizzare il suo sogno? Troverà la sua strada?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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CAPITOLO 20

 PER UNO STRANO CASO DEL DESTINO... SCOPRIRSI

 
 
L’asfalto risplendeva lucente sotto le chiare illuminarie urbane. I lampioni in quella strada deserta e buia spiccavano vivaci come lucciole notturne. La leggera umidità della notte aveva provveduto a distendere un sottile strato di acqua sulla distesa di nero catrame sotto i piedi dei due ragazzi. Toshi camminava accanto a Clara a capo chino e con sguardo serio e impensierito proseguiva sicuro per la strada di periferia. Per tutto il tempo, dall’inizio del loro viaggio in metropolitana al loro arrivo in quella strada desolata, i due ragazzi erano rimasti cocciutamente chiusi in un silenzio carico di preoccupazioni. Entrambi da bravi fratelli erano in ansia per la sorte di Nami e Roberto.
«Ti avevo detto che non c’era bisogno che mi accompagnassi fin qui» lo rimproverò Clara. Odiava che quel ragazzo insensibile vedesse il suo animo inquieto.
Ma nonostante avesse provato a insistere Toshi era stato irremovibile. Vista l’ora tarda e le poco raccomandabili strade di periferia, aveva insistito per scortarla fino all'orfanotrofio, non gli era sembrato il caso di lasciarla andare fin lì da sola. Lui avrebbe preso la metro successiva.  Senza voltarsi con il viso rivolto verso quella strada scarsamente illuminata le rispose, «non dire sciocchezze. Roberto avrebbe fatto lo stesso per Nami, quindi non farti troppi problemi Sorellona» concluse il discorso con un sorriso tirato.
Clara arricciò il naso, quel nomignolo la irritava terribilmente soprattutto se a pronunciarlo era quell’antipatico ragazzino viziato e lui lo sapeva benissimo. Con intenzione aveva continuato a usarlo per irritarla in modo da non farle dimenticare il loro primo incontro-scontro.
«Guarda che sono abbastanza grande per cavarmela da sola, non ho bisogno che tu mi faccia da scorta. Ti ricordo che sono più grande di te! E poi così finisco con il diventare io la vera irresponsabile tra i due. Se ti lasciassi tornare indietro tutto solo mi sentirei un adulto senza coscienza… Ho trovato! Appena saremo arrivati all'orfanotrofio chiameremo un taxi. Che razza di adulto manderebbe un ragazzino come te tutto solo in giro di notte!» affermò con convinzione.
Toshi la squadrò divertito senza ribattere.
«Che hai da ridere?» lo riprese lei seccata notandolo con la coda dell’occhio. Si stava prendendo gioco di lei ancora una volta, proprio non lo sopportava quando si comportava in quel modo.
«Sei davvero vecchia lo sai?»
“Cosa? Adesso sarei io la vecchia?” Clara non le reggeva più le sue istigazioni infantili. Per un attimo aveva visto un lato di Toshi maturo e affascinante in quella discoteca, ma adesso era tornato il ragazzino acido e immaturo incontrato un mese prima in ascensore, sempre pronto a canzonarla. Senza esitazione gli puntò un dito sull’alto petto.
«Ehi, sia ben chiaro, qui il problema non è che io sono troppo vecchia ma che tu ti comporti proprio come un bambino…». Toshi, prendendola per le spalle, la immobilizzò vicino a un muretto di recinzione. Il suo viso era vicinissimo, Clara impacciata tratteneva il respiro rossa in viso per l’imbarazzo.
«Se sono un bambino allora non dovrei riuscire neanche a immobilizzarti in questo modo o sbaglio?» gli ammiccò sorridendole sornione.
Clara congedò. Quel tono, quello sguardo e quella voce non erano di un ragazzino ma di un uomo…
Senza esitare lo allontanò, infastidita dall’imbarazzante sensazione di disagio provata.
«Finiscila di prendermi in giro Toshi. Dovresti portare rispetto per chi è più grande di te…» lo sgridò stirandosi la maglia alla meglio.
«Cavolo Clara, non pensavo fossi così vecchia d’aver dimenticato come si scherza?» la schernì riprendendo a camminare, lasciandosela dietro di qualche metro. Clara strinse i pugni.
«E questo lo chiami scherzare? Prendersi gioco degli altri non è divertente per niente…» gli gridò contro con tutta la forza che aveva nei polmoni. Toshi avanzò indifferente senza voltarsi. Clara diede una fugace occhiata alle sue spalle prima di aumentare il passo per raggiungerlo. Quella strada era veramente spaventosa di notte.
Con un po’ di fiatone era riuscita a raggiungerlo, ora era al suo affianco. Toshi aveva davvero un bel profilo.
«Posso farti una domanda?» la colse impreparata il ragazzo alto accanto a lei.
Clara sospirò, «dimmi…»
«Perché sei venuta qui in Giappone? Per te o per Roberto?»
Clara si arrestò costringendo anche Toshi a fermasi.
“Bella domanda, perché sono venuta? Per mio fratello ovvio, ma forse anche per me stessa… eppure…”
«Che hai? Dalla faccia si direbbe che non sai rispondere…»
«Non essere ridicolo, certo che so rispondere…» affermò contrariata.
Toshi spostò la commensurate delle labbra in un ghigno di sfida  « eppure non mi hai ancora risposto…»
«Adesso che mi ci fai pensare, non credo di essere venuta fin qui solo per Roberto, ma anche per me stessa… Eppure da quando sono arrivata in Giappone non ho fatto altro che pensare a lui trascurando la scrittura…»
«Allora scrivi ancora quelle storie?» si sorprese.
La ragazza acconsentì con convinzione, «la verità è che sono venuta qui in cerca di un’ispirazione. Ma per quanto mi sia sforzata non sono ancora riuscita a scrivere una sola frase. È davvero frustrante.»
“Ma perché ne sto parlando con lui? Come potrebbe mai capirmi?” si sorprese a pensare spiandolo con la coda dell’occhio pronta a incassare una delle sue solite battutine sarcastiche. Ma al contrario delle sue aspettative Toshi continuò a camminarle accanto senza dire una parola.
«Che sciocca, forse dovrei rinunciarci, dopotutto penso di aver perso il mio tocco…».
Toshi si arrestò sbarrandogli la strada con occhi carichi di una energia nuova e prorompente.
«Clara, è ora che tu inizi a pensare di più a te stessa e meno agli altri. Roberto è grande ed è capace di cavarsela da solo. Se non sei riuscita a scrivere fino ad oggi può essere dovuto al fatto che  i tuoi pensieri sono stati votati unicamente a tuo fratello. Ma anche tu hai il sacrosanto diritto di realizzare i tuoi sogni!» il tono che stava usando Toshi era così combattivo che per un attimo Clara ebbe il dubbio stesse parlando anche per se stesso. Che anche lui avesse provato quel senso del dovere che l’affliggeva notte e giorno?
«Toshi, non credo sia solo questo, forse mi sono arrugginita dopotutto…» proseguì cercando di aggirarlo a capo basso.
Ma lui la bloccò per la seconda volta parandosi davanti a lei, «non dire sciocchezze… le capacità innate non spariscono come niente, bisogna solo continuare a credere in esse come in passato. Non lasciare che il senso del dovere intralci le tue passioni. Non farlo, perché finiresti con l’odiare te stessa per questo motivo.»
Clara non credeva possibile che quel ragazzino immaturo le avesse appena dispensato un consiglio così prezioso.
«Ci proverò, grazie Toshi». Gli occhi di Clara si illuminarono per la prima volta quella sera e Toshi ne rimase folgorato, c’era qualcosa di così stranamente magico e insolito in quel momento che non avrebbe voluto interromperlo.Eppure gli bastarono due semplici colpi di tosse per troncare quel delicato coinvolgimento di emozioni.
«Direi di sbrigarci, si sta facendo molto tardi e Yuki sarà in pensiero per te…»Clara acconsentì riprendendo a camminare al suo fianco.
Toshi più la osservava e più si rendeva conto di quanto fossero uguali. Entrambi avevano rinunciato per troppo tempo ai loro sogni per sostenere le aspirazioni e i desideri delle persone amate. Entrambi avevano sentito quel senso del dovere premere egoisticamente sulle loro esili spalle. Entrambi dovevano essersi sentiti soli, abbandonati e incompresi almeno una volta nella loro vita. Toshi era sempre stato affascinato dal modo con cui Clara si prendeva cura di Roberto, sin da quando erano piccoli. L’aveva ammirata e presa ad esempio. Per quanto le avesse insegnato lei in passato era arrivato forse finalmente il momento per lui di ricambiarle il favore?
Guardandola illuminata dalle fredde luci artificiali sopra le loro teste, Clara le sembrò insolitamente fragile e lontana, così misteriosa e affascinante. Era veramente bella. C’era qualcosa che lo spingeva a voler sapere di più su di lei ma quello a spingerlo non era semplice curiosità ma sincero interesse. Improvvisamente, quella ragazza più grande e lontana ma allo stesso tempo vicina e amica aveva iniziato a interessargli come donna….
«Clara posso farti un’altra domanda?»
«Certo» acconsentì lei fissando distrattamente il suo cellulare nella speranza di ricevere un messaggio da suo fratello.
«Non hai alcun rimpianto per essere andata via dall’Italia così improvvisamente? Non hai dovuto lasciarti nessuno di importante alle spalle?», Clara ebbe una fitta allo stomaco, perché le domande di Toshi erano così dirette? Era come se sapesse dove andare a colpire per farle più male. Come se volessero metterla di fronte alle sue paure e alle sue insicurezze più grandi… La cosa iniziò a spaventarla.
“Certo che ho tanti rimpianti, rimpiango di non aver potuto salutare la mia migliore amica e poi c’è anche quel ragazzo… Luca… Chissà se mi aspetterà come ha detto…”
«Tutto bene?» le chiese preoccupato Toshi notando la sua faccia triste.
«Si, si…» affermò con fermezza Clara portando un ciuffo dei suoi corti capelli dietro l’orecchio.
Proprio in quel momento il cellulare di Toshi squillò. Era un messaggio d Take, in cui l’amico gli riferiva che lui e il piccolo Shin era appena arrivati al dormitorio.
«Chi è?» chiese in apprensione Clara sporgendosi su di lui per sbirciare sullo schermo del suo cellulare, con la speranza che si trattasse di notizie riguardanti suo fratello. Toshi per un attimo avvertì il profumo di Clara farsi più intenso e inondargli le narici. Era così dolce e rassicurante, come un vecchio profumo che ti riporta alla mente i momenti felici del passato. Recuperando qualche centimetro le rispose, «Take e Shin sono appena arrivati al dormitorio» affermò in una nota amara riponendo il cellulare nella tasca dei suoi jeans. Clara lo vide abbassare gli occhi al suolo. Dal suo viso affranto e deluso era chiaro come il sole che anche lui fosse in pensiero per sua sorella.
Proprio in quel momento il suo cellulare squillò una seconda volta. Questa volta era Nami.
Senza esitare si accinse ad aprire il messaggio proprio come aveva fatto con quello di Take.
 
Da: Nami
Fratellone stai tranquillo sono con Kei e sto tornando al dormitorio.
 
Toshi emise un sospiro di sollievo. Clara non ebbe bisogno di chiedergli il perché stesse sospirando. Sicuramente quello che aveva appena letto era un messaggio da parte di Nami. Con amarezza tirò fuori anche il suo cellulare. Ancora nessun messaggio per lei da suo fratello.
Una leggera pressione sulla spalla destra la fece trasalire. Era stato Toshi.
«Vedrai che se la caverà.» la rassicurò con una mano sulla sua spalla. Clara annuì senza pronunciare una parola, se fosse stato un altro a dirgli quelle parole probabilmente non avrebbero avuto lo stesso effetto rassicurante. Toshi sapeva cosa significava essere responsabile di qualcuno proprio come lo era lei. Erano uguali dopotutto. Nonostante l’età qualcosa aveva iniziato ad unirli.
 
 
 
La discoteca aveva perso tutte le sue luci psichedeliche. Un blackout improvviso aveva interrotto la performance di Roberto che cogliendo quell'occasione con furbizia si era disperso tra la gente confusa nella sala. Doveva uscire di lì.
Il suo piano aveva funzionato alla perfezione. Dopo aver analizzato con attenzione quella struttura aveva localizzato la cabina di regolazione dell’impianto elettrico.
Dopo aver lasciato Kei e Nami vicino i bagni, si era buttato a capofitto nella folla per raggiungerla. Era stato proprio un ragazzo della sua stessa età con una sigaretta in mano a suggerirgli quell’idea miracolosa. Dopo avergli chiesto in prestito una delle sue sigarette, era corso alla cabina e, senza dare troppo nell’occhio, aveva infilato all’interno della stessa la sigaretta accesa, appena sequestrata, sotto una decina di fazzolettini di carta. Se tutto andava secondo i suoi calcoli, prima che la corrente saltasse, avrebbe avuto il tempo di fare la sua apparizione, attirare le ragazze che erano vicino i bagni e fare in modo che Kei,Nami e Jona si allontanassero di li senza attirare troppo l’attenzione.
Grazie al cielo quel piano improvvisato aveva funzionato.
Dopo essersi fatto avanti a spintoni tra la folla infinita di ragazzini agitati e disorientati che cercavano una via d’uscita, Roberto era finalmente uscito fuori dal locale. Tagliando l’aria con un braccio, fermò il primo taxi in circolazione davanti al locale. Senza esitazione lo prese per tornare al dormitorio. Finalmente poteva rilassarsi. Tirato dalla tasca il suo telefonino si decise a mandare un messaggio a sua sorella e agli altri.
In quel momento qualcosa turbò i suoi pensieri. Chissà se anche i suoi amici avevano trovato un modo per raggiungere il dormitorio.
 
 
Kei e Nami camminavano per strada in cerca del loro amico ossigenato disperso per la seconda volta. Lo avevano perso di vista subito dopo quel blackout improvviso che, se da un lato aveva concesso loro una preziosa via di fuga dall’altro aveva malauguratamente creato anche una confusione ingestibile. Purtroppo per loro la gente si era dimenata in modo così burrascoso da costringerli a seguire la corrente umana senza poter fare molto per opporvisi. Così nel caos creatosi all’interno della discoteca Nami e Kei stretti per mano, avevano inevitabilmente perso d’occhio Jona ancora una volta. Adesso erano per le strade di Tokyo in cerca del loro amico biondo.
«Se solo tu non  avessi dato ragione a quel testone ossigenato tutto questo non sarebbe successo! Immagino ne sarai soddisfatta adesso!» affermò contrito Kei, rivolgendosi a Nami.
«Cosa centro io in tutto questo?» lo riprese lei.
«Lasciamo perdere…» sospirò esasperato dalla cocciutaggine della ragazza.
«No, non lasciamo perdere!!! Non è colpa mia se Jona non sa contenere i propri appetiti sessuali! Ma che ne discuto a fare con te, questi non sono di certo problemi che tu potresti capire. A differenza sua, tu non hai sicuramente bisogno di questo tipo di distrazioni, giusto? Per te le ragazze sono d’intralcio, dico bene?»
Kei si arrestò, fissando Nami con degli occhi che se solo avessero avuto il potere di farlo l’avrebbero incenerita.
Stranamente questa volta Nami non si fece sopraffare da quello sguardo che in passato avrebbe avuto il potere di metterla al tappeto, al contrario questa volta sollevò il proprio mento con orgoglio, snobbandolo e proseguendo con sicurezza per la sua strada.
Kei la raggiunse bloccandola per un polso, costringendola a prestargli attenzione.
«Tu pensi di avermi capito, ma non sai un bel nulla di me!» le gridò contro infervorato dalle sue provocazioni.
Nami si divincolò infastidita liberandosi «hai ragione, pensavo di conoscerti, ma non è così. Pensavo tu fossi un ragazzo onesto e corretto, protettivo e amorevole, che sotto quell’armatura nascondeva un animo gentile, ma alla fine mi sono sbagliata. Sei semplicemente spregevole! Tranquillo, ormai ti ho capito e se non fosse stato per te non sarei stata capace di vedere più in là del mio naso. Se non mi avessi respinta per tutto questo tempo probabilmente non avrei notato..».
«Roberto?» Nami si zittì interrotta da Kei. Il ragazzo prese un respiro profondo spegnendo gradualmente la sua ira.
«Senti Nami, so che mi odi e che probabilmente quello che ti dirò ti scivolerà addosso come acqua, ma stai attenta. Lo sto dicendo non con arroganza o presunzione ma come amico. Lui, ti farà soffrire, lo so. Dovresti rinunciarci prima che sia troppo tardi.»
«Si può sapere cosa ti ho fatto? Perché non fai altro che ripetermi questo! Se non sei tu non può essere nessun’altro? È questo che mi stai dicendo? » Nami esplose non contenendo più le lacrime e la frustrazione.
Kei la prese per le spalle fissandola con indulgenza, quegli occhi tinti di compassione ferirono Nami più della sua solita e crudele indifferenza.
«No, non è quello che intendevo. Tu meriti qualcuno migliore di me e di Roberto. Tu meriti qualcuno che ti metta al primo posto nella sua vita. Ho visto troppe persone soffrire per questo motivo e non voglio vedere soffrire anche te…» Nami si acquietò, la sua rabbia sfumò lentamente lasciando spazio alla consapevolezza. Kei aveva ragione, al momento Roberto aveva nel cuore qualcun’altra ma prima o poi le cose sarebbero cambiate. Con Roberto sarebbe stato diverso, questa volta non voleva perdere.  A disagio dalla sincerità delle parole di Kei, la ragazza dai lunghi capelli castani reclinò il capo fissando la punta dei suoi piedi.
«Nami» la richiamò lui scuotendola con delicatezza, lei tornò a rispecchiarsi nei suoi occhi scuri, «non voglio più litigare con te. È davvero troppo stancante per i miei gusti, quindi questa sarà l’ultima volta che ti dirò di rinunciare a Roberto. Dopotutto la vita è la tua io non posso impedirti di seguire il tuo cuore, ma sappi che se ti farà soffrire potrai venire da me. Magari potresti scoprire che infondo non sono poi così spregevole come pensi…»
Nami non poteva credere alle sue orecchie? Kei gli stava davvero offrendo la sua amicizia? Quel ragazzo arrogante, indifferente e prepotente le stava davvero proponendo di starle vicino come amico?
«Non fraintendere, non ho altri fini…» puntualizzò notando lo sguardo sconcertato della ragazza.
«Io… io…» Nami non sapeva cosa rispondergli. Fino a quel momento aveva visto Kei in diversi modi, ma mai nelle vesti di amico.
C’era qualcosa di diverso nei suoi modi, nei suoi occhi e nelle sue parole. Sembrava essere sinceramente preoccupato per lei. Il cuore nel suo petto gioì egoisticamente per quell’interessamento inaspettato e forse proprio per questo motivo si sentiva impreparata a dargli una risposta. Proprio ora che il suo cuore aveva finalmente iniziato ad accettare la sua assenza, il ragazzo che aveva amato al di sopra di se stessa per tutti quegli anni e che l’aveva sempre respinta, le aveva appena proposto di essere suo amico.
“Cosa faccio? Possiamo davvero essere amici noi due?”
Kei, con un movimento lento e misurato le asciugò una lacrima dal viso, sorridendole con dolcezza. Nami vide quel sorriso emergere per la prima volta sul quel viso duro e indifferente e non poteva ancora credere che Kei le stesse concedendo un lusso simile. Aveva cercato quel sorriso per anni e adesso che aveva smesso di cercarlo era arrivato a confortarla.
Senza aspettarsi una risposta Kei prese Nami per mano spronandola a proseguirlo per la strada del ritorno.
«Andiamo, se tuo fratello ci vede arrivare tardi se la prenderà con me…».
Nami ancora stordita non gli rispose, si lasciò semplicemente trascinare da Kei. La testa sul suo collo era stranamente leggera e ogni cosa intorno a sé aveva perso consistenza. Nel suo cuore il terrore che quell’amicizia non avrebbe mai funzionato… perché forse il suo cuore era ancora troppo confuso o perché forse a essere ancora troppo confuso era il loro rapporto.
 
 
Jona era per le strade di Tokyo, aveva il fiatone e delle fitte allucinanti al fianco destro. Camminando zoppicando per le strade deserte cercava disperato un posto in cui trovare riparo.
«Eccolo lì!» affermò alle sue amiche una ragazza con il trucco appariscente una minigonna e dei tacchi ai piedi di almeno 12 centimetri.
“Maledizione! Come fanno a correre così velocemente con quelle dannate scarpe ai piedi?” aumentando il proprio passo, Jona si ritrovò catapultato in un vicolo ceco.
“Maledizione e adesso?” Era spacciato. “Questa è la fine.” pensò disperato portandosi una mano al fianco e raggiungendo la parete di fondo in affanno. Appiattendosi contro di essa si maledì per quella serata catastrofica che lui aveva contribuito a plasmare.
Quando le luci nella discoteca erano saltate, aveva perso di vista Nami e Kei e tanto per non farsi mancare nulla, una volta messo piede fuori dalla struttura, quattro ragazzine riconoscendolo nelle sue vesti più famose avevano iniziato a inseguirlo come possedute. Per quanto avesse provato a seminarle alla fine quelle erano riuscite a raggiungerlo. I suoi pensieri furono richiamati alla realtà disarmante di quel momento da delle voci acute e femminili che si avvicinavano.
Fu in quel momento che una porta secondaria che si affacciava nel vicolo ceco, si aprì. Un uomo alto e magro con i capelli brizzolati e un camice da barista gli fece segno di entrare. In controluce Jona non poté distinguere al meglio i suoi lineamenti ne intuire dalle espressioni del suo volto quali fossero le sue intenzioni, ma dopotutto che altra scelta aveva? O quell’uomo ambiguo o quelle quattro  ragazze esaltate.
«Presto ragazzo!» lo esortò l’uomo porgendogli una mano. Jona senza esitare oltre l’agguantò e subito si sentì trascinare all’interno del locale. Una volta metabolizzato lo shock si rese conto di essere nel retro di un bar.
L’uomo che lo aveva soccorso aveva un viso affabile e gentile. Con occhi preoccupati lo ammonì di aspettarlo lì. Jona si accasciò al suolo cercando di recuperare le forze perse fino a quel momento stringendosi su se stesso per il dolore.
Dopo una decina di minuti lo raggiunse porgendogli la sua mano per la seconda volta. Lui la strinse lasciandosi aiutare a rimettersi in piedi.
«Non sembri avere una bella cera ragazzo! Vieni, ti offro qualcosa da bere» lo invitò sorridendogli e dandogli una pacca dietro la schiena.
«Grazie, ma non ho soldi con cui poterla ripagare. Ho perso il mio portafoglio mentre correvo…»
«Non preoccuparti Jona, offre la casa» gli ammiccò complice.
«Lei… lei…» Jona era terrorizzato, quell’uomo allora lo aveva riconosciuto.
«Tranquillo, non dirò a nessuno che sei qui…» lo rassicurò. Jona finalmente tirò un sospiro di sollievo.
Parlando i due raggiunsero finalmente l’atrio del bar. Era deserto. Jona diede un’occhiata al suo orologio da polso, le lancette segnavano quasi l’una. Effettivamente a quell’ora tarda era davvero difficile avere clienti. Fu in quel momento che il ragazzo notò una ragazza con gli occhiali da sole addormentata con la testa sulle braccia conserte sull’ultimo tavolo vicino la vetrata. In agitazione retrocedette di qualche passo. L’uomo però lo rassicurò.
«Tranquillo, non ti riconoscerà… Vai pure a sederti di fronte a lei. Se c’è una cosa che ho imparato grazie alla mia professione è che non bisognerebbe mai bere da soli. I piaceri della vita bisognerebbe sempre condividerli con qualcuno». Jona abbastanza perplesso fece come gli fu detto. Cercando di fare meno rumori possibili prese posto davanti alla giovane dai capelli neri, con delle labbra rosse e carnose, addormentata come Biancaneve in attesa che il suo principe azzurro la risvegliasse.
Guardandola in quella posizione Jona si sorprese a riflettere su quale potesse essere stato il motivo ad aver spinto quella ragazza a indossare degli occhiali da sole e ad addormentarsi in quel bar a quell’ora tarda.
 “Non sarà anche lei un personaggio famoso in fuga? Questo spiegherebbe almeno i suoi occhiali da sole…” si interrogò perplesso. Possibile che Biancaneve si trovasse lì per il suo stesso motivo?
A interrompere il flusso dei suoi pensieri fu l’uomo alto intracciandogli la visuale con una tazza di té caldo e fumante, che prontamente depose sul tavolino davanti a lui. Quell’impercettibile suono ridestò la giovane dal suo quieto sognare.
Jona la osservò stiracchiarsi contorcendosi in mille smorfie curiose.
«Grazie per il tè…» affermò prendendolo e tirandoselo a sé.
Jona storse il muso, Quella bevanda era per lui.
«Scusami, ma quella tazza sarebbe per me…» la riproverò indispettito. La giovane si fermò con la tazzina a mezz’aria. Poi riportandola sul pattino si sporse leggermente in avanti.
«E tu chi saresti?»
Jona non poteva crederci. Davvero quella ragazza non lo aveva riconosciuto?
«Suvvia ragazzi non litigate. Adesso te ne preparo subito un’altra ragazzo…» cercò di intervenire l’uomo tornando dietro il bancone.
La giovane gettando aria dal naso recuperò la tazzina davanti a sé bevendone il contenuto con arroganza. Jona la squadrava perplesso.
“Esistono davvero persone così strafottenti nella realtà?”
«Cosa hai da guardare?»
Jona incrociò le braccia sul tavolo.
«Niente…» affermò indispettito evitandola con lo sguardo.
L’uomo dietro il bancone sorrideva divertito e Jona si chiedeva cosa avesse tanto da ridere.
Subito la tazza di tè arrivò anche per lui.
«Ecco ragazzo…» esordì l’uomo alto e brizzolato porgendogliela come prima.
Jona la bevve in silenzio.
«Fammi indovinare, non sarai mica un altro di quei ragazzi in fuga da una ragazza che hanno appena scaricato?»
Jona quasi sputò fuori dalla bocca il suo tè. Era di lui che stava parlando quella ragazzina?
«Dal tuo silenzio immagino di aver azzeccato. Devi essere appena uscito da una discoteca, puzzi di fumo e alcolici, sicuramente avrai abbordato qualche ragazzina di passaggio e non sapendo come scaricarla devi esserti rifugiato qui dentro… Banale… Non li reggo proprio i ragazzi immaturi e vigliacchi come te…»
«Senti un po’, non dovresti giudicare le persone dalle apparenze. E comunque non è come sembra…» cercò di difendersi.
«E come sarebbe sentiamo!»
Jona si morse il labbro inferiore. Non poteva di certo rivelarle la verità, che lui era una star inseguita da un gruppo di ragazze affamate di foto e autografi.
«Lasciamo perdere, non capisco perché dovrei giustificarmi con una perfetta sconosciuta come te» concluse seccato, riprendendo a bere il suo tè.
«Come immaginavo è proprio così… che tristezza…»
«STi ho già detto che non è come pensi e comunque se la metti cosi potrei dire la stessa cosa di te. Con quegli occhiali da sole sembra tu ti stia nascondendo da qualcuno O SBAGLIO? Non sarai in fuga anche tu come me?»
La ragazza sorrise amaramente.
«Può darsi… Anche se a differenza tua, non sono io a volermi nascondere al mondo ma il mondo a giocare a nascondino con me. Ma cosa può capirne un ragazzino superficiale, immaturo e vigliacco come te. Non vale nemmeno la pena di sprecare il mio prezioso fiato per spiegartelo.» Sporgendosi oltre il tavolino che li divideva la ragazza con la pelle candida e le labbra rosse tastò la maglia di Jona come per valutarne la qualità del tessuto.
«EHI! Cosa fai?» la allontanò infastidito Jona.
«È molto costosa. Come immaginavo…» concluse tornando a sedersi. Jona non capiva.
«Cosa intendi?»
«Due sono le ipotesi :o quella maglia è un caso o sei il classico figlio di papà che non si è mai guadagnato nulla con il suo sudore. Eppure, considerando il modo in cui hai reagito quando ho preso la tua tazzina di tè, desumo che tu non sia una persona abituata a condividere con gli altri… il tuo carattere prepotente non fa che avvalere la seconda opzione. Dimmi non ti pesa vivere alle spalle dei tuoi genitori? Aspetta, non dirmelo… non sarai il classico figlio unico che si rifà con il sesso consolatore per soffocare la mancanza di affetto da parte dei suoi genitori…»
Jona era immobile e paralizzato dalle parole di quella ragazza. Come aveva capito tutto questo solo da un indumento.
“Cosa pretende di sapere questa qui su di me?”
Sbattendo prepotentemente i palmi sul tavolo si sollevò sfidando la giovane con occhi carichi di risentimento.
«Sai cosa ho capito di te invece? Che hai dentro così tanto odio che non perdi occasione per scaricarlo su chi ti passa vicino! Sei solo una stronza che pensa di conoscere gli altri ma che in realtà non conosce neanche se stessa! Ecco cosa sei!» detto questo Jona si allontanò dal tavolo, salutando l’uomo dietro il bancone e uscendo dal locale.
Quando la porta fu chiusa il barista si sedette al posto che poco prima era stato di Jona.
«Hana, come al solito hai esagerato. Possibile che tu non riesca mai a farti degli amici?»
«Non è colpa mia! Non ho bisogno di gente che non sa accettare la realtà per quella che è! I codardi e i vigliacchi non fanno per me dovresti saperlo papà. Adesso aiutami ad alzarmi. Non ho neanche il mio bastone».
L’uomo sospirando aiutò la figlia ad alzarsi. Arrancando l’aiutò a raggiungere la scala di servizio che conduceva al piano superiore, dove era il loro appartamento. 
«Mi dispiace Hana, sono un padre inutile…»
La ragazza si arrestò prima di imboccare la scalinata. Prese tra le sue mani il volto del padre. Anche se non poteva vedere il suo viso, conosceva così bene le pieghe del suo volto da capire solo sfiorandole che era triste e sconfortato.
«Papà, non è così e lo sai.»
Accogliendo quel gesto amorevole l’uomo sorrise, sfiorando con le sue le mani fredde della figlia, ancora sul suo volto.
«Un giorno troverò i soldi per l’operazione e allora tornerai a vedere come un anno fa. Te lo prometto!»
«Lo so papà. Adesso però sono stanca.» L’uomo lasciò libera la figlia di sciogliere quel contatto rinfrancante dal suo viso.
«Buonanotte papà!»
«Buonanotte piccola mia!». Sorridendo dietro quelle lenti oscurate Hana salì i 34 gradini che conducevano all’appartamento sovrastante il bar. Come ormai faceva da un anno, nella totale oscurità della sua cecità trovò la porta della sua stanza, poi contando i 10 passi e mezzo giunse al suo letto. Dopo essersi seduta, diede tre giri e mezzo alla sua sveglia sul comodino. Dopo aver messo il pigiama che era sempre sotto il suo cuscino si coricò. Un altro giorno senza sole ne stelle era passato, un altro giorno senza luce ne colori era trascorso senza che lei potesse vederlo. Eppure in quel giorno uguale a molti altri qualcuno le aveva scosso la coscienza... Forse quel ragazzo aveva ragione. Era davvero piena di odio... odio per se stessa.


NOTE:
Scusate l'assenza, sono imperdonabile. Spero che questo nuovo capitolo possa piacervi. A dire il vero ero molto incerta sull'evoluzion della storia, per questo ho aspettato un pò a publicarlo. Spero che ne sia valsa la pena di attenderlo cosi a lungo.  Se vi fa piacere, fatemelo sapere in una recensione. Grazie^^.
   
 
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