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Autore: xwilliamseyes    09/04/2015    2 recensioni
"Io credo negli inizi che non trovano una fine.
Credo negli sguardi destinati ad incrociarsi e mai più a lasciarsi.
Credo nella pelle che si confonde e sente di non averne mai più abbastanza.
Credo nelle affinità di cuore e di mente, nelle affinità di ricordi e di futuri.
Credo nei sorrisi, nelle lacrime, nelle urla, nei silenzi condivisi perché in due tutto è diverso, tutto è più colorato.
E c'è il verde, il rosso, l'arancione.
E l'azzurro dei tuoi occhi.
Dei tuoi e di nessun altro, Louis.
Che risplendano da sempre nei miei e da sempre si rispecchieranno nei miei.
Siamo noi quell'inizio che non trova fine.
Siamo noi quell'amore perpetuo che dà forma ai nostri sorrisi.
Ai tuoi e ai miei.
Unici, inseparabili, infiniti."
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Share my mind and my body with you
 
Dovemmo staccarci nonostante quel brivido ancora vivo in noi.
Louis mi accarezzò i capelli e mi abbracciò forte per un'ennesima volta.
"Torniamo a casa ora?"
Sentenziò con una voce flebile e stanca. 
Immediatamente obbedii e spalla contro spalla ci avviammo per le strade ormai prossime al tramonto.

 
***

La famiglia di Louis era grande, anzi, direi enorme.
Johannah si era sposata tre volte e per tre volte era rimasta incinta.
Lei non faceva peso di questa cosa. Lo si vedeva dai suoi modi di parlarne e da quella luce che brillava nei suoi occhi ogni volta. Johannah era felice di tutto quello che aveva fatto e i commenti della gente erano a lei indifferenti.
C'erano in totale ben sette figli in quella famiglia.
Quattro sorelle e tre fratelli.
Louis era il maggiore, nato dal primo matrimonio. Nonostante il suo grande spirito di indipendenza era affezionatissimo alla madre e lei lo era con lui. Ogni volta che li vedevo insieme non facevano altro che abbracciarsi, scambiarsi sorrisi e restare vicini. Proprio come fanno i pulcini con le galline. Lo fecero anche in quell'occasione, in quella festa a sorpresa organizzata in fretta per il suo ritorno dove il caos di voci, musica e salti regnava sovrano. Erano venuti tutti in pochissimo tempo. Avevano abbandonato i loro impegni solo per Louis. 
Io lo guardavo divertirsi, ballare, giocare con le sorelle da una sedia di plastica consumata dal tempo e dalla pioggia. Sorrideva come un bambino e respirava a pieni polmoni come se l'aria gli fosse mancata da una vita. Ed ero felice a vederlo anch'io. Ogni tanto gli lanciavo qualche sorriso e contribuivo a quel rumore incessante con il battito delle mie mani. 
Lo guardavo, ero felice, eppure non mi sentivo a mio agio.
Mi sentivo come una specie di intruso tra quella miriade di persone che a loro modo condividevamo il sangue. Perché forse sentivo nel mio profondo che non ero più "la compagna di vita di Louis", ma qualcosa di più. E quella nuova posizione la sentivo strana e imbarazzante. 
Avevo timore di procedere verso di lui, di contribuire alla felicità di quel momento perché era probabile che la mia presenza avrebbe creato una crepa capace di sfasciare quell'equilibrio che aveva trovato.
Rimasi inerme a guardarlo fin quando i nostri occhi si incrociarono per un lasso di tempo eccessivamente lungo. Capii che aveva qualcosa in mente e d'istinto indietreggiai insieme alla sedia. Iniziò ad avvicinarsi sempre di più fin quando strinse una mano attorno al mio polso e mi trascinò a sé. Cercai di fare forza e agitai il volto verso destra e sinistra.
"Dai, Gabrielle! Balla con me!"
Mi urlò nell'orecchio.
Sorrisi, e ormai sconfitta mi lasciai trascinare. 
Mi strinse fortissimo, quasi faticavo ad avere il pieno possesso del mio corpo. I piedi volteggiavano, trascinati dalla melodia e da quell'adrenalina che iniziava a scorrere incontrastata. Louis cercava di sciogliermi con sorrisi e strette sicure intorno al busto. Sebbene l'esitazione iniziale, dopo non molto riuscì nel suo scopo e finalmente mi sentii una parte integrante di quella situazione. 
I capelli, le mani, i piedi e i nervi viaggiano in simbiosi con la musica, il caldo e le voci, ma soprattutto con il corpo di Louis che si muoveva perfettamente con me. Ci sentivamo come due ballerini che ballano sicuri in qualunque situazione e con tale sicurezza spensierati.
Appoggiavo la mia testa sulla sua spalla e ridevo come se fosse l'ultima risata della mia vita. E tutti i problemi che avevano occupato i miei pensieri poco prima erano come spariti, come dissolti tra quelle forme di gioia e ribellione. 

Pian piano la musica iniziò a diminuire insieme alle persone che avevano occupato quel posto. 
Era mezzanotte e il pavimento era allora libero, ma ricoperto di impronte, bicchieri, rotoli di carta e pezzi di pizza spiaccicati.
Johannah guardò quella scena e portò una mano alla fronte e un'altra sui fianchi in segno di disperazione e sconforto.
"Chi ripulisce ora questo casino?"
Si girò verso di noi.
Louis guardò le sorelle e dopo un po' iniziò ad indicarle.
"Direi alle donnine di casa"
Loro presero a guardarlo con rabbia e stanchezza. 
Charlotte (la più grande) si alzò e prese da un armadietto in cucina un'enorme busta di plastica. Trascinandosi, poi, di nuovo verso il disastro cominciò a raccogliere i vari rifiuti. D'istinto pensai di aiutarla e così corsi verso di lei.
"Ti aiuto io, tranquilla"
Le poggiai una mano sulle spalle.
"Grazie Gabrielle, ma domani non hai scuola?"
Il master, cazzo.
"No, domani no"
"Grande!"
Mi diede una spallata e riprendemmo nel nostro compito.
Louis si alzò e (forse per non sembrare un nullafacente) afferrò anche lui una busta. Si avvicinò a me e mi sorrise, seguì un occhiolino. 

Dopo circa un'ora la stanza era ormai svuotata e pulita.
La guardammo soddisfatti, stiracchiando uno dopo l'altro le nostre schiene. Charlotte raccolse una busta e la trascinò verso l'esterno. 
All'improvviso quella stanza sembro eccessivamente troppo grande.
Eravamo rimasti io e Louis, e un certo imbarazzo da parte mia iniziò a riempire quelle quattro mura. Incrociai le braccia al petto e improvvisai un evidente interesse per un quadro appeso al muro alla mia destra. Lo fissai come ipnotizzata dai miei stessi pensieri e da quei colori forse fin troppo forti per i miei occhi prossimi alla stanchezza. E poco dopo il respiro regolare di Louis scivolava sul mio collo e le sue braccia circondavano leggere i miei fianchi. La pelle mi si fece d'oca e le palpebre istintive si chiusero cercando di memorizzare quanto più possibile di quella sensazione. Le gambe tremavano, ma restavano solide al terreno e non indugiavano ad alcun movimento. Al contrario, però, la mia testa si girò verso la sua. Desideravo vedere il suo viso. Vedere quale espressione aveva stampata su di esso. I nostri sguardi si incontrarono in quel secondo e in quella minima distanza. Accennò il viso prima di schioccarmi un enorme bacio sulla guancia che ricaricò ogni particella del mio corpo. Inclinai la testa e ripresi a guardare il quadro che ora mi sembrava più bello e chiaro.
"E' bellissimo. Di chi è?"
"Leonid Afremov, un impressionista contemporaneo. Ovviamente è un falso. I suoi quadri per un certo periodo sono stati venduti su ebay, ma ora sono esposti in gallerie importanti"
"I colori sono davvero molto intensi"
"Già. Ha il talento per l'originalità quest'uomo"
Per alcuni secondi rimanemmo in silenzio, rapiti dalle tonalità che danzavano su quella tela.
"Già è finita la festa?"
Una voce maschile, rauca e debole scosse la nostra attenzione. 
Io e Louis ci voltammo in contemporanea.
"E tu che ci fai qui?"
Chiese Louis.
Il professor Turner era in piedi, sulla soglia dell'ingresso con un bicchiere semivuoto tra le mani. Gli occhi erano accerchiati da un colore violaceo e  le guance erano rosse. Mi chiesi come era venuto a sapere della festa, come si fosse trovato in quella casa e perché mai sbucava dal nulla proprio in quel momento. 
Louis lo indicò e un tono acido prese spazio nelle sue corde vocali.
"Sono venuto per la festa. In città ne hanno parlato tutti e con un paio di amici mi sono intrufolato anch'io. Spero di non avervi importunato, Signor Tomlinson"
Disse, mentre portava alle labbra un sorso di quella strana sostanza. 
Il suo era uno sguardo di sfida, lo sguardo di chi ha voglia di dar vita ad una rissa. E Louis cercava in tutti i modi di contenersi, di stringere i pugni, di essere razionale. Ricambiò quello sguardo in silenzio.
Avevo paura e mi resi conto di aver visto in quegli sguardi qualcosa che non avevo mai visto prima. 


-SPAZIO AUTRICE
Salve gente! In questo capitolo troviamo una Gabrielle un po' titubante su questa sua nuova "posizione". Ovviamente è preoccupata perchè si rende conto che non sarà la stessa persona nella vita di Louis e beh non sa come sarebbe giusto comportarsi. Sbuca per l'ennesima volta questo professor Turner che proprio non si capisce cosa vuole! Ha tempo da perdere o ha solo voglia di un bel cazzotto in faccia? Vedremo! 
Spero vi piaccia. Un bacio.

-Manu 

p.s. il titolo riprende una frase della canzone di Lana Del Rey "Cruel World" e il quadro che osservano i nostri protagonisti è il seguente.

 
- Leonid Afremov "LUCI" -

  
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