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Autore: The Writer Of The Stars    10/04/2015    2 recensioni
Kazuha Toyama ha diciassette anni e una grande passione: la danza. Solo mentre balla si sente completamente in equilibrio, pronta a spiccare il volo ... Ma il mondo della danza può diventare il regno dell'apparenza, dove non si sfugge ai severi canoni della perfezione fisica: la snellezza del corpo, le forme longilinee, le linee pulite ...
Kazuha viene travolta dal fantasma della perfezione, si scopre disposta a pagare qualsiasi prezzo pur di diventare leggera, eterea, fino a perdersi tra i sentieri chiaroscuri dei suoi stessi sogni ...
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“Ti piace tanto, vero?” le aveva chiesto facendo riferimento alla danza, sorridendo sicuro. Kazuha si era limitata ad annuire, sollevando leggermente gli angoli della bocca.
“Si, è così. Da cosa l’hai capito?” gli aveva chiesto, curiosa. Heiji aveva sorriso furbamente, prima di rispondere con dolcezza.
“Dal modo in cui sorridevi mentre eri su quel palcoscenico …” aveva detto, e le guance di Kazuha si erano immediatamente imporporate di un adorabile sfumatura di rosso, che Heiji non aveva detto, ma aveva trovato meravigliosa.
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"Sii forte", le diceva Heiji. E lei ci provava, ci provava davvero. "Sei una guerriera. Non dimenticarlo mai ..."
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-Per il momento resisto. Guardatevi dalle strade buie ...
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Kazuha Toyama | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“Dopo mi sono seduta in cortile, su una panchina al sole,
e ho consacrato tutta la mia intelligenza a rispondere a questa domanda:
 abbiamo bisogno degli altri per essere felici?
Non ho trovato la risposta.”
 

La mattina seguente, prima di andare a fare colazione, Kazuha fece una deviazione veloce verso il bagno. La bilancia la aspettava, sonnacchiosa, al suo posto, e le strizzava affettuosamente il suo unico occhio verde per convincerla che poteva fidarsi di lei. Si tolse le pantofole e la vestaglia, mettendo poi il piede sulla superficie leggermente granulosa di quella che stava per diventare la sua migliore amica.

Un chilo e due! Un chilo virgola due! Milleduecento grammi!

Aveva continuato a perdere peso mentre dormiva. Pensò di non essere mai stata più vicina a credere in un segno del destino, e con un sorriso entusiasta uscì dal bagno, andandosi a cambiare.

La colazione era l’unico pasto che lei e suo padre condividevano insieme. Troppo impegnato con il suo lavoro lui per poter tornare a casa per il pranzo o per cenare insieme secondo i canoni orari. Kazuha non se ne era mai rammaricata troppo infondo, e cercava di far tesoro di quei dieci minuti ogni mattina come se fossero la cosa più preziosa al mondo. Si sedette di fronte suo padre, osservando impassibile la tavola riccamente apparecchiata. Adorava i toast con il miele e la marmellata, e la domenica, quando suo padre le faceva trovare i pancake appena fatti come sorpresa, un gridolino di gioia le saliva spontaneo dalle corde vocali. Ma quella mattina no. Kazuha osservò il pane fresco e di cui solo un paio di fettine erano state tagliate, spostando poi lo sguardo sul vasetto di marmellata ai frutti di bosco, la sua preferita. Stava quasi per afferrare il vaso di vetro quando l’occhio ammiccante della bilancia le ricordò quel chilo e due già perso, quei milleduecento grammi spariti dal suo corpo. Allora i sui occhi smeraldini si adombrarono di decisione, spostando quindi lo sguardo dal pane e concentrandosi su una tazza di latte e cereali. Si sarebbe limitata a quello come colazione, bastava. Suo padre non si accorse di nulla. Era troppo impegnato a leggere il giornale per accorgersi che sua figlia avesse perso un chilo e due in due soli giorni.

Aoko quella mattina è arrivata in ritardo. Era una sua compagna di classe piuttosto simpatica, dal carattere allegro ed esuberante. Erano tutti convinti che fosse malata quando ad un tratto la porta dell’aula si è
spalancata, e i capelli biondi di Aoko hanno fatto capolinea dallo stipite in legno rovinato. Si è scusata con un garbo incredibile e il suo sorriso meraviglioso le è valso la benevolenza del prof d’inglese, che ha fatto cadere nel dimenticatoio ogni proverbiale rimprovero. Un tipo grasso e piccoletto che fosse arrivato in ritardo tutto sudato o un’imbranata qualsiasi che avesse biascicato due mezze parole si sarebbero di certo visti riprendere, ma non Aoko. Il professor Sasami era un uomo irreprensibile che Kazha apprezzava e non si era sicuramente reso conto di essere stato imparziale. È colpa sua se è sensibile al fascino femminile?
Kazuha osservò Aoko correre al proprio posto e studiando quel sorrisetto ancora impresso sul suo volto un enorme malessere e un senso di disprezzo la colsero, come mai le era capitato nei confronti di quella ragazza.

Viviamo in un mondo dove l’apparenza è sovrana. Tanto peggio per quelli che sono belli dentro. Altrimenti come ci si spiega che un professionista qual è il signor Tadaki si sia focalizzato sul suo sedere e non sul piacere che prova mentre balla? Pensò tra sé Kazuha, stringendo i pugni. Poi Heiji le aveva chiesto se potevano condividere il libro d’inglese insieme, dal momento che lui lo aveva scordato a casa. Allora Kazuha sorrise piano, facendo sì col capo e cominciando a seguire la lezione, cercando di dimenticarsi del signor Tadaki, di Aoko e di quell’odioso sorrisetto da conquistatrice.
 

Dopo il liceo andò alla scuola di danza. Mentre si infilava le calze rosa e il body nero, aveva lanciato una sguardo alla propria silhouette nello specchio degli spogliatoi.
Piccola parentesi: gli specchi nella sala da ballo sono assolutamente indispensabili, ma negli spogliatoi? Non si trovano forse lì unicamente per ricordare a noi, future donne, che l’apparire è la nostra funzione primaria?  Per spingerci a conformarci al modello definito dalla moda e fissato dagli ideali dei coreografi? Pensò tra sé Kazuha, con un sorriso amaro.

Specchi che servono solo a riflettere i nostri desideri e le nostre fragilità …

Si era quindi esaminata e ciò che aveva visto le strappò un sorriso soddisfatto. Era lontana dall’essere magra, anche “snella” era ancora una parola un po’ forte, ma era incontestabile che si fosse assottigliata in alcuni punti. Le altre ragazze saranno pure state più slanciate di lei e di parecchio, però era ancora in piena metamorfosi, non ancora farfalla ma neppure più bruco.
 

Durante la lezione aveva ballato con la solita passione e Hikari non le aveva fatto osservazioni scortesi, eppure non era completamente soddisfatta. Si rendeva perfettamente conto che la sensazione di armonia e levità che l’aveva appagata per tanto tempo mentre danzava era ora solo un pallido riflesso di ciò che avrebbe potuto provare davvero. Liberato dai suoi primi chili superflui, il suo corpo rispondeva con maggiore potenza alle sollecitazioni della mente. Saltò meglio e più in alto di quanto avesse mai fatto, piroettò senza sforzo, prese rincorse audaci, ma questo era solo l’inizio. Il bello doveva ancora venire.
Se si fosse davvero alleggerita, se fosse diventata così forte che niente avrebbe più potuto ferirla, allora sì che avrebbe potuto davvero danzare, pensò tra se con un sorriso vittorioso. E ci credeva davvero.
 

Quella sera a cena mangiò. Aveva preparato del salmone al forno, come piaceva a suo padre, nella speranza di poter cenare insieme a lui. In attesa che arrivasse aveva cominciato a spizzicare il pesce, mangiandone qualche boccone di malavoglia. Sapeva che non poteva di certo non mangiare più, perciò costrinse il suo stomaco a mandare già dieci bocconi di delizioso salmone. Poi aveva lanciato uno sguardo veloce all’orologio, constatando che fossero le dieci passate e suo padre non era ancora rientrato in casa. Sbuffò tristemente, allontanando il piatto con un gesto stanco, spingendolo sulla liscia superficie del tavolo apparecchiato per due. Fissò allora il piatto impeccabilmente pulito e la porzione di pesce di suo padre ancora perfettamente intatta, sentendosi tremendamente sola. Avrebbe voluto chiamare Heiji, giusto per sentire la sua voce, giusto per ricordare a sé stessa che qualcuno c’era sempre e che non doveva buttarsi giù di morale. Ma poi si ricordò che quella sera Heiji aveva gli allenamenti di kendo fino a tardi, perciò non le avrebbe di certo risposto prima delle 23,30, e lei a quell’ora contava di essere già sprofondata sotto le coperte. Si alzò allora da tavola con un profondo sospiro, mettendo il suo piatto sporco all’interno del lavandino e lasciando apparecchiato per suo padre. Si avvicinò alla porta della cucina, osservando un’ultima volta la triste scena di un solitario posto a tavola e di un pezzo di salmone arrosto. Appoggiandosi allo stipite della porta spense allora la luce, uscendo di fretta dalla cucina. E mentre con lentezza saliva le scale, diretta verso la sua stanza, o meglio verso l’occhio ciclopico della bilancia che la attendeva in bagno, si chiese mestamente se abbiamo davvero bisogno di qualcun altro per essere felici. Verso le dieci e trenta si infilò a letto senza udire alcun rumore al piano inferiore, segno che suo padre era ancora fuori in centrale. Si strinse alle coperte con tutta la forza che possedeva, ficcando la testa sotto il cuscino, come faceva da bambina quando aveva paura del buio. Che in realtà così era ancora più buio, ma era un buio piacevole quello, perché almeno nessuno avrebbe potuto vedere la sua espressione triste e le sue lacrime. Chiuse allora gli occhi, aspettando che Morfeo la catturasse tra le sue braccia, delusa da se stessa.

Non aveva trovato la risposta
.
 

Nota autrice:
Eh si, sono viva, tranquilli! Ahhh, ce l’ho fatta ad aggiornare questa storia, alleluia! *parte Hallelujah di Leonard Cohen in sottofondo* Ehm ehm, tornando seri, non ho molto da dirvi riguardo questo capitolo, anche perché vado un po’ di fretta, perciò non mi dilungo più di tanto! ;) Spero che il capitolo vi sia piaciuto, scusate la mia assenza … spero di essere riuscita a farmi perdonare. ;)
Alla prossima!
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