Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
Segui la storia  |       
Autore: Shainareth    10/04/2015    2 recensioni
Se qualcuno mi avesse chiesto in che modo eravamo arrivati a un tale livello di degenerazione, non avrei saputo rispondere. L’unica cosa che posso dire è che era cominciato tutto durante quella che sembrava essere una normalissima assemblea di classe [...]
Long nata in un momento di pura follia.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Nonsense | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



RIUNIONE DI CLASSE - CAPITOLO TERZO




L’attesa fu snervante.
   Non saprei dire come, ma Peggy pareva aver pensato proprio a tutto, ottenendo un accordo con il giardino d’infanzia per uno spettacolino domenicale ad opera di noi del liceo vicino; tuttavia, poiché per aprire gli edifici scolastici ci sarebbero voluti permessi comunali, statali o che so io, che si sarebbero protratti in inutili lungaggini, si trovò il modo di convincere i genitori dei bambini, grazie all’aiuto dei maestri, a riunirsi al parco di buon mattino.
   Il tempo si tenne al bello, per fortuna, così che, quando uscii di casa con il mio audace costume da Cappuccetto Rosso, qualche autista decise simpaticamente di suonarmi dietro con il clacson. Avrei strangolato Rosalya molto presto. Grazie al cielo, il parco era praticamente dall’altra parte della strada, perciò non fui costretta ad esibire a lungo la visione delle mie gambe a tutti i passanti. Lo feci, mio malgrado, con un paio di maestri e alcuni papà; alcuni sorrisero con aria interessata, altri corrucciarono la fronte, disapprovando al pari delle maestre e delle mamme dei bambini. Probabilmente nella loro ottica adesso dovevo apparire più come Cappuccetto Battona. Per fortuna, mio padre quella mattina non mi aveva vista uscire di casa per via di un impegno preso da tempo con un vecchio compagno di università.
   Trovai diversi miei amici già davanti all’entrata del parco, compresi quei miei compagni che si erano mostrati più restii a prendere parte a quella follia. Armata com’era di materiale audio e fotografico alquanto compromettente sulla maggior parte di loro, a quanto pareva Peggy era stata molto convincente nell’esporre i rischi a chi aveva manifestato apertamente la propria volontà di non presentarsi quella mattina. In pratica, ci teneva tutti sotto scacco.
   «Uh, c’è Cappuccetto Rosso!» esclamarono un paio di marmocchietti, venendomi incontro con passo saltellante. Loro, almeno, sorridevano felici. Mi piegai sulle ginocchia per vezzeggiarli, finché uno di loro non mi chiese: «Perché sei in mutande?»
   «Rosalya!» strillai, facendo indietreggiare i bambini con aria spaventata. Balzai in piedi e in poche, nervose falcate raggiunsi la mia compagna di banco, intenta a drappeggiare a dovere un improvvisato mantello sulle spalle di Fata Melody, vestita invece con un bell’abitino celeste pieno di rouches e svolazzi. Diverse bambine le gironzolavano attorno, estasiate dalla sua mise e dalla sua figura aggraziata.
   A differenza loro, non mi lasciai incantare dalla bellezza della fata, tant’è che quasi mi avventai su Rosalya e sputacchiai: «Volevo già chiedertelo l’altra volta: perché non mi hai fatto la gonna?!»
   «Non mi bastava la stoffa», mi spiegò distrattamente lei, continuando nel suo operato mentre Melody lanciava uno sguardo imbronciato al mio abbigliamento poco coprente.
   «Non mi pare il costume più adatto ad una sguattera», non si trattenne dall’osservare, difatti.
   «A me sembra quello di una cortigiana», rimarcò Capucine, ridacchiando malignamente fra sé e sé.
   Le ignorai, infastidita com’ero dalla risposta di Rosalya: era palese che mi stesse prendendo in giro. E aveva persino la faccia tosta di affermare che ero la sua più cara amica, la maledetta.
   Iris mi chiamò da parte e, dall’enorme borsa che aveva a tracolla, mi passò un paio di jeans. «Ho pensato che potessero tornarti utili, anche se mi rendo conto che, in un ipotetico regno medievale, il denim non doveva essere un tessuto molto in voga…»
   L’abbracciai con trasporto e, benché fossi ancora in tempo per tornare a casa e recuperarne un paio dei miei nell’armadio, iniziai ad indossare quelli, certa che così mi sarei risparmiata un’altra sfilata sulla strada – magari pure col rischio che qualcuno mi chiedesse quanto prendessi per le mie prestazioni. Mi stavano un po’ stretti sui fianchi, ma avrei sopportato stoicamente la tortura, lieta di sentirmi infine a mio agio.
   Poco dopo fummo raggiunte da Kentin che, nel suo costume da Cacciatore, adattabile con un po’ di fantasia anche alla figura del mozzo di stalla, non si era curato di rinunciare al fucile. Quando glielo feci notare scosse le spalle. «Lo so, ma ai bambini potrebbe piacere.»
   Così fu, perché tutti i maschietti cominciarono a chiedergli di farglielo vedere da vicino e di provare a tenerlo in mano. Lui li accontentò, specificando con pazienza che si trattava di un’arma giocattolo e che nessuno di loro avrebbe mai dovuto provare altrettanto entusiasmo per una vera.
   In quel momento mi sovvenne che, alla scuola militare, Kentin doveva avere senza dubbio imparato ad usare roba come quella, sia pure a salve. Mi vennero i brividi a pensarci ed io mi sentii stupida per non averlo dato per scontato sin dall’inizio. Odiavo le armi e speravo che lui non si fosse invece scoperto un amante di quella roba. Probabilmente sarebbe stata la prima, vera cosa su cui non saremmo mai andati d’accordo.
   Alcuni bambini esclamarono, a metà fra la paura e l’eccitazione, e quando mi volsi per capire cosa fosse accaduto, vidi arrivare Satana. Beh, non proprio. Evidentemente incapace di vedere il Lupo di Cappuccetto Rosso come un nemico credibile, Castiel si presentò a noi con indosso un completo bianco, sotto al quale non indossava né maglie né camicie. Alcune ragazze della classe non poterono far altro che rimanere a bocca aperta per ciò che metteva in mostra – un bel fisico, tocca ammetterlo, anche se non potei fare a meno di chiedermi se non gli sarebbe venuto un malanno, a girarsene così spudoratamente a torso nudo. Quel matto si era persino munito di forcone e coda finta, e si era tirato indietro i lunghi capelli rossi, fermandoli con un cerchietto dal quale spuntavano due corna da diavolo. Infine, a completare l’opera, una cintura rossa che recava sulla fibbia l’incisione col presunto numero dell’anticristo. Insomma, l’ideale per far morire di paura i bambini. Chissà poi dove cavolo l’aveva presa, tutta quella roba…
   Ci rivolse subito un’espressione soddisfatta e ammiccante. «Ho pensato che, se proprio dovevo abbassarmi a fare questo genere di stupidaggini, tanto valeva cercare di divertirmi.»
   «Spero solo tu non abbia esagerato», commentò Iris, ridendo. Mi venne spontaneo domandarmi come diamine facessero, quei due, ad essere amici. Erano diversi come il giorno e la notte, per la miseria! Anche Castiel e Lysandre lo erano, a ben guardare, tant’è che mi sovvenne un dubbio atroce: quindi, per andare d’accordo con Castiel, bisognava essere lontani anni luce da com’era lui? Mi si contorse lo stomaco al pensiero che, allora, forse non ero poi tanto diversa da quel bulletto da quattro soldi.
   Proprio in quel momento lui mi lanciò uno sguardo, scrutando con aria perplessa quello che avevo addosso. «Ti preferivo senza pantaloni», mi disse poi. «Non che tu sia un granché, comunque», aggiunse, tanto per rendersi simpatico più del solito.
   «Ti si vede la ricrescita», ribattei d’istinto, facendo cenno al colore scuro delle radici dei suoi capelli tinti.
   Mi puntò contro il forchettone, ma Kentin lo intercettò con la canna del fucile. «Ehi, riserva le tue mosse vincenti per il Principe Coniglio, okay?» fu la sua diplomatica opera di persuasione.
   L’accenno a Nathaniel fece tornare il sorriso sulle labbra a Castiel, che abbassò l’arma e si guardò attorno nel tentativo di individuarlo. «A proposito, è già arrivato? Non vedo l’ora di suonargliele.»
   «No», rispose Iris. «In ogni caso, lui e Ambra non sono gli unici a mancare all’appello.»
   «Armin mi ha mandato un messaggio, dicendo che sarà qui a momenti insieme ad Alexy», spiegò Kentin, riportandosi il fucile in spalla. «Lysandre, invece?»
   Castiel fece una smorfia. «Non lo so, ma spero solo che non si sia dimenticato l’ora e il punto d’incontro.»
   «Sempre ammesso che si sia ricordato dell’incontro», ponderai a mezza voce, seriamente preoccupata che le cose stessero proprio così.
   Dovendomi dare ragione, il diavolo dai capelli tinti sbuffò e mise mano alla tasca dei pantaloni chiari, cacciandone fuori il cellulare e allontanandosi per chiamare il suo migliore amico e capire che fine avesse fatto.
   Un’esclamazione di puro orrore provenne dal punto in cui avevo lasciato Rosalya. La voce era proprio la sua, perciò mi voltai appena in tempo per vederla gettarsi su di me come una furia scatenata, e alle mie più che giustificate proteste, spiegò in tono concitato: «Come ti sei azzardata a metterti questo scempio addosso?!» Iris arrossì, dal momento che i jeans erano i suoi.
   «Non posso mica continuare ad andare in giro in mutande!» fu la mia più che legittima giustificazione, tentando di scollarmela di dosso. Con un movimento brusco barcollai all’indietro e finii per cozzare contro Kentin, che mi agguantò per le ascelle prima che potessi crollare a terra.
   Fu allora che Rosalya prese il sopravvento, almeno fino a che non gridò: «Bloccala e aiutami a spogliarla!»
   Non ho idea di quali e quante tonalità di rosso divenne il viso di lui, posso solo dire che iniziò a balbettare qualcosa di confuso, mentre quella pazza scatenata della mia compagna di banco tentava di tirarmi via i jeans con una forza bruta che non le avrei mai attribuita, vista la corporatura molto femminile. Quanto a me, sbottai un’imprecazione talmente colorita che, con grande disappunto dei genitori, fece piangere uno dei bambini intenti ad assistere con divertimento alla scena.
   Mentre la lotta aveva luogo, senza che avessi modo di accorgermene, sopraggiunse la mia salvatrice. «Ah-ehm…» iniziò, schiarendosi la gola. E poiché ero troppo impegnata a scalciare e ad insultare Rosalya per darle retta, fu Kentin ad avvertirmi, riuscendo al contempo ad evitare che una mia gomitata gli frantumasse il setto nasale. Quando la situazione si placò, ci voltammo tutti e tre verso una bella signora dai capelli rossi e dal sorriso sbarazzino: mia madre.
   Trasecolai, sgranando gli occhi. «Che ci fai qui?!» non mi trattenni dal chiederle, facendola ridere.
   «Ho pensato di portarti una cosa», prese a spiegare, continuando ad osservarci con curiosità. «Però quello che vedo mi lascia alquanto perplessa…» commentò. Spostò la propria attenzione sul solo Kentin, che, sotto al suo sguardo, s’irrigidì all’istante. «Giovanotto, anche se mi fa piacere che accompagni spesso mia figlia a casa, non significa che tu sia autorizzato anche a prenderti certe confidenze, con lei», aggiunse mia madre, in tono palesemente divertito.
   Imbarazzato da morire, Kentin mollò la presa così di colpo che io quasi mi sfracellai al suolo. Rosalya ne approfittò per sfilarmi del tutto i pantaloni e li gettò alle sue spalle, inducendo la povera Iris ad acchiapparli al volo prima che potessero sporcarsi toccando terra. Ovviamente, goffa com’era al pari di me, fallì miseramente e travolse Violette, rischiando di mandare anche lei a gambe all’aria, se non fosse stata per la prontezza con la quale Kim l’afferrò per un gomito.
   In quel mentre Castiel tornò da noi, ancora intento ad armeggiare con il cellulare e borbottando contro quello di Lysandre che squillava a vuoto. «Sicuramente se l’è scordato da qualche parte, quell’incantato…» Alzò lo sguardo e si ritrovò davanti mia madre. Inarcò un sopracciglio e atteggiò le labbra in un sorriso sghembo. «Salve…» cominciò con quel suo tono da marpione che mi faceva venire il voltastomaco.
   Mamma corrucciò la fronte, infastidita per il modo in cui lui la guardava. «Mi ricordo di te», disse con voce gelida.
   «Ed io mi ricordo benissimo di lei, mia cara signora», rispose l’altro, forte del fatto che mio padre non fosse presente.
   Ma io sì, tant’è che lo affrontai subito di petto. «Abbassa lo sguardo o ti spacco letteralmente le corna», lo avvertii, afferrando il fucile che Kentin teneva a tracolla per usarlo eventualmente come arma contundente. Peccato solo che, bassa com’ero, non riuscii a sfilarlo dal collo del mio amico e finii per trascinarmi quest’ultimo appresso, costringendolo ad assumere una posa assai buffa.
   Mossa a pietà, mamma si avvicinò a noi, aiutando quel poveretto a riacquistare una postura decente. «Tieni», disse poi, tornando a rivolgersi a me e mettendomi fra le mani un indumento. «È di quand’ero ragazza, dovrebbe starti», mi spiegò, mostrandomi una gonna lunga che si intonava piuttosto bene con la mantella che avevo indosso. «Me ne sono ricordata solo dopo che sei uscita di casa, perciò mi sono messa a cercarla e te l’ho portata. Non sarà all’ultima moda, ma penso possa tornarti utile.»
   Rosalya intrecciò le braccia sotto ai seni e sbuffò, ma io fui così felice che quasi mi misi a piangere e, ringraziandola di cuore, non persi tempo ad infilarla per coprire le gambe fin troppo in vista. Stavo ancora finendo di tirare su la zip quando finalmente i gemelli si degnarono di unirsi al gruppo. Alexy si scusò con noi per il ritardo, ma era stato indeciso fino all’ultimo su cosa potesse portarsi dietro e cosa no; di certo nel borsone sportivo che stava trascinando con una certa fatica doveva aver ficcato un bel po’ di roba sulla quale nessuno preferì indagare.
   Quanto ad Armin, invece… beh, lui sì che ci costrinse a porci serie domande. Si era ammantato con un lenzuolo scuro, sotto al quale aveva indossato quello che ci spiegò essere un cosplay vero e proprio. Ci sfidò ad indovinare quale fosse e s’indignò fortemente quando nessuno lo riconobbe. «Lo strigo!» esclamò. E poiché per noi fu come se avesse parlato turco, alzò gli occhi e le braccia al cielo con fare esasperato. «Geralt di Rivia! The Witcher! Nessuno ci gioca, qui?!»
   Lo ignorammo bellamente, anche perché dietro di lui comparvero altre quattro figure: Ambra, che avanzava trionfante in uno sfarzoso abito turchese, il cui bellissimo strascico era sorretto dalle sue inseparabili amiche del cuore, Li e Charlotte. Al seguito, c’era un seccatissimo Nathaniel, che evidentemente aveva dovuto aspettare i comodi di sua sorella prima di poter uscire di casa.
   Non appena ci vide, Ambra s’impettì, lasciando ballonzolare ciò che si poteva vedere attraverso l’ampia scollatura del corpetto. Avvertii nitidamente qualcuno deglutire a vuoto e, d’istinto, occhieggiai verso Kentin che, però, fissava la scena con aria annoiata, esattamente come me. Guadagnò ulteriori punti, ai miei occhi.
   «Dove cavolo eravate finiti?» volle sapere Rosalya, che smaniava dalla voglia di mettere le mani addosso a qualcuna di noi per agghindarci a dovere.
   «Le principesse si fanno attendere», rispose Ambra in tono vellutato, divorando con gli occhi la figura di Castiel, i cui addominali scolpiti erano in mostra quanto le poppe di lei. Ed io che mi ero preoccupata per le mie gambe…
   «Ma non doveva essere uno spettacolo per bambini?» s’interessò di sapere giustamente mia madre che, braccia conserte, osservava con fare critico quei narcisisti che sembravano quasi gareggiare per chi dei due dovesse mettersi maggiormente in mostra.
   «Buongiorno, signora», la salutò educatamente Nathaniel, approfittando del suo ruolo nella recita per inchinarsi a lei proprio come avrebbe fatto un principe. Con gran disappunto di Castiel, non aveva indossato il costume da coniglio che aveva dovuto mettere per l’evento scolastico di qualche tempo prima. Era invece riuscito a recuperare quello che, con poco tatto, Armin definì l’abito della Prima Comunione, facendoci ridere tutti. Nathaniel lo fulminò con lo sguardo, ma non rispose alla provocazione.
   «Li!» esclamò poi Rosalya, piombandole alle spalle come un avvoltoio. «Aspettavamo te per il trucco!» Ah, avevamo pure la truccatrice? Lo scoprii in quel momento, ma forse avrei dovuto rendermene conto, visto che l’amica di Ambra portava con sé uno di quegli enormi beauty-case dalla struttura rigida che avrei creduto di poter vedere soltanto ad un’estetista o ad un truccatore professionista.
   «Mi metto subito all’opera», rispose lei, avvicinandosi subito a Melody, che invece era comprensibilmente distratta dall’avvenenza di Nathaniel. «Ambra l’ho già truccata, quindi farò in fretta.»
   «Eh, già», osservò Kentin, un sorriso beffardo sulle labbra. «Si sa che per Ambra, invece, ci vogliono più passate di stucco per coprirle la faccia.» Non fosse stato per la presenza degli altri, probabilmente lo avrei baciato. Anche Castiel rise per la sua battuta acida, e persino Nathaniel fu costretto a mordersi il labbro inferiore, dal momento che sua sorella, verde di rabbia, sembrava pronta a saltare alla giugulare di Kentin.
   «Sono arrivati tutti?» mi domandò mamma, richiamando la mia attenzione.
   «Manca Lysandre, il cantastorie», spiegai. «Ricordi? È quel ragazzo che veste con abiti vittoriani.»
   «Oh, sì», annuì lei, sorridendo. «È affascinante, lui.»
   «Davvero», confermai d’istinto. Diverse paia d’occhi si fissarono su di me, due delle quali piuttosto contrariate. Sbuffai, vagamente imbarazzata. «Beh, sfido chiunque a non trovarlo affascinante», dissi, puntellando le nocche delle dita sulle anche. Nessuna delle altre ragazze obiettò e mia madre rise. «Appunto.»
   «In realtà manca anche Peggy», ci informò Kim, intromettendosi per la prima volta nei nostri discorsi.
   «Prima ci fa scomodare per tutta quest’assurdità proposta da lei e poi non si presenta?!» sbraitò Castiel, agitando pericolosamente il forcone a mezz’aria. «L’ammazzo!»
   «Calma», lo rabbonì Kim, mostrandogli il proprio cellulare. «Mi ha chiamata poco fa, dicendomi che sta arrivando.»
   «Spero che abbia una buona scusa», borbottò ancora l’altro.
   «Sì, beh…» ridacchiò lei. «Sta facendo tardi perché è andata a recuperare il tuo amico affascinante», spiegò con un’alzata di spalle. «Pare che Lysandre si fosse dimenticato che l’appuntamento era qui e non a scuola.»
   «Almeno s’è ricordato dello spettacolo», osservò Alexy, ridendo.
   Due minuti dopo, infatti, arrivarono entrambi di gran carriera e, per di più, col fiatone. Ciò non impedì a Peggy di prendere immediatamente in mano le redini della situazione, tant’è che, dopo un rapido e rigido appello che ci riportò orribilmente alla memoria il regime del Terzo Reich, ci ordinò di marciare oltre l’ingresso del parco, nel quale già diversi bambini, con genitori al seguito, si stavano scatenando in giochi di vario genere perché annoiati dalla lunga attesa.












Abbiate pazienza, gestire tanti personaggi non è un'impresa facile. @_@ Tanto più che alcuni non sono propriamente disposti a farsi addomesticare.
Col prossimo capitolo, che spero essere anche l'ultimo, dovrebbe finalmente aver luogo la recita. Come ho già detto a qualcuno, anche se qui la Dolcetta ha avuto più spazio, durante lo spettacolo dovrebbe invece tornarsene beatamente in disparte perché non ci tiene ad essere al centro dell'attenzione; e comunque il suo ruolo all'interno della recita è marginale, quindi si spera che se ne stia buona - questo dipende anche da come si metteranno le cose a causa degli altri personaggi intenti ad improvvisare un copione che non esiste. In ogni caso, non mi assumo responsabilità. :'D
Grazie a chiunque abbia letto, recensito e/o aggiunto la presente fra le preferite/ricordate/seguite. :*
Shainareth





  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Dolce Flirt / Vai alla pagina dell'autore: Shainareth