Fanfic su attori > Jamie Dornan
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Autore: gigicriss    11/04/2015    3 recensioni
«Conosci l’Inghilterra?» mi chiede, guardandosi attorno.
«No, in realtà no.»
«Beh, vieni. La visiteremo assieme» mi prende la mano e la stringe forte.
[…]
«Sai, io sono un tipo particolare. I baci, ad esempio. Io sono lento nei baci» dice, avvicinandosi sempre di più a me. «Mi piace godere del momento, non correre. Posare le mani sui fianchi della donna che amo, osservarle la bocca per una manciata di secondi e poi assaporarla lentamente.»
Le mie guance si colorano di rosso.
«Vuoi che te ne dia prova?» continua.
[…]
Jamie è davvero la persona che Adele si aspetta? Sesso, complicità e una scommessa.
Tutto questo è All That I’m Asking For.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1 - Beth

 
«Scusa se ho ritardato, ma sai, Claire…» gesticola. «Con lei è complicato.»
«Ho notato, non si preoccupi» faccio spallucce e lo guardo sorridere.
Non dev’essere simpatica, anzi, secondo me è antipatica e anche molto appiccicosa. Non la conosco, quindi non posso giudicarla, solo che… Beh, diciamo che si pone male. Prima, quando mi ha conosciuta, sembrava che fossi un parassita della civiltà. Parlava come se lei stesse su un piano superiore. Non fraintendetemi, è normale che non si fidi, non ha idea di chi io sia ed ho in mano sua figlia, ma alcune smorfiette in quel momento poteva risparmiarsele, perché non aiutano in generale.
«Vieni, accomodati» mi indica i divani. «Cora, scusami, potresti portare qui Beth?»
«Certo» urla questa dalla cucina.
Jamie non risponde, piuttosto cala un silenzio imbarazzante e incolmabile fra di noi. Io stringo le mie gambe, dondolandole un po’, e fisso il pavimento come se sia la cosa più interessante del mondo. Lui invece si guarda attorno, tossicchia solo quando vede la bambina spuntare dalle scale in compagnia dalla cuoca.
Sembra una principessa, è bellissima. I suoi capelli sono ramati, non troppo lunghi, e gli occhi non hanno un colore preciso, sono tra il verde ed il grigio. Quando mi ha parlato di lei, Jamie ha detto che cambiano colore a seconda del tempo. Di lei ha detto solo cose belle, ma è sua figlia, come dargli torto? Ha specificato il fatto che è la cosa più preziosa che abbia mai avuto, parla di lei ed è come se andasse in trans. È bellissimo, e raro. Soprattutto nel campo in cui lavora.
Beth scende le scale lentamente, mentre stringe sotto il braccio un peluche un po’ malandato. È un orsetto color pane, ma ha dell’ombretto sugli occhi. Originale!
«Amore mio» sussurra lui, correndole incontro. La prende in braccio e la stringe forte, baciandola ovunque. «Hai dormito bene stanotte?» le chiede.
«Sì» annuisce. «Ma stamattina ho trovato Ula per terra, è caduta» continua, con una vocina innocente.
«Beh, Ula dovremmo lavarla, che dici? Sembra reduce da una guerra. Non ti pare?» commenta Jamie, facendomi sorridere. Ma lei annuisce, è consapevole del fatto che quel peluche sia troppo sporco.
Si avvicinano, lui la fa sedere sulle sue gambe e mi indica. «Lei è Adele, la tua baby sitter» sorride.
«Ciao, piccina» le tendo la mano. Prima di prenderla, la guarda attentamente, come se non sapesse come comportarsi.
Poi allunga la sua, poggiandola sulla mia. «Io sono Beth» sussurra.
La stringo poco, non vorrei farle male. «Quanti anni hai?» le chiedo.
Alza la manina e «Cinque» risponde.
Jamie la guarda incantato e sorride, portando subito dopo l’attenzione su di me.
«Che ne dici, Beth, mostriamo la tua cameretta ad Adele?» sussurra.
Lei annuisce, le sorrido e mi alzo dal divano. «Mi indichi la strada?» le chiedo.
«Vieni» sussurra, scendendo dalle gambe del padre.
Mi prende la mano come se niente fosse e mi trascina con sé.
 
Come previsto, le mura sono grigie e bianche. Jamie dice che questi colori sono antipanico, ma io non me ne intendo molto. Difronte alla porta c’è una finestra grande, senza balcone. Un letto grande abbastanza, una scrivania con tanto di libreria incorporata e una modestissima televisione. Sinceramente mi aspettavo qualcosa di più elaborato, considerando il fatto che è un personaggio pubblico. Avevo notato la sua umiltà, ma non credevo che toccasse questi livelli!
«Ti piace l’ambiente?» mi chiede, infilandosi le mani in tasca.
«Moltissimo» sorrido, lasciando che la bimba mi mostri tutti i suoi giochi.
Parla di loro come se fossero la cosa più preziosa del mondo, ha moltissime barbie ed anche una casa in cui posizionarle.
«Guarda cosa ho» la indica, appunto. È grandissima, considerando che dentro ci abiteranno delle bambole! Ma sembra reale, sul serio! Ha un bagno, una cucina, una sala  e perfino una camera per gli ospiti oltre quella matrimoniale. «Ci giochiamo insieme?» mi chiede.
«Certo» mi siedo per terra, avvicinandomi a lei.
Si siede e comincia ad elencarmi tutti i loro nomi, dalla prima all’ultima. Clod, Eden, Jess, Loreline. E poi mi parla anche dei loro caratteri, di ciò che preferiscono e ciò che fanno a meno di provare. Ad esempio il cibo. Mi dice che Jess mangia moltissima pizza, invece a Eden non piace.
E si vede che è pura fantasia: come può non piacere la pizza?
«Non ti spiace se per una settimana ti starò vicino, Adele, vero?» mi chiede il signor Dornan. Si siede affianco a noi e incrocia le gambe a mo’ d’indiano, poi ci poggia su entrambi i gomiti ed il mento su questi ultimi. Mi osserva attentamente, mette più ansia lui che la situazione in sé.
Capisco che voglia controllarmi, rimango pur sempre un’estranea che rimarrà sola in casa con l’unica figlia che ha. È il minimo che lui possa fare.
«No» rispondo, tenendo lo sguardo basso. «Certo che no, questa è casa sua, può fare ciò che vuole. Ho in custodia sua figlia, è normale che voglia seguirmi.»
Annuisce, non smette di osservarmi mentre pettino una barbie che mi ha dato la piccola Beth.
“Chissà dove l’avrà infilata per far sì che profumi così tanto di cocco.”
Questo silenzio diventa sempre più imbarazzante, per fortuna lo interrompe la piccola che si alza di scatto e «Mi aiuti a fare il bagno a Ula? Papà dice che è sporca» mi chiede, facendo spallucce.
«Non c’è bisogno che lo dica io, la cosa è piuttosto evidente» borbotta Jamie, grattandosi il mento e facendo finta di niente, ma Beth credo proprio che non lo abbia sentito.
Mi viene da ridere, ma cerco di non farlo. Non voglio che la piccola si senta presa in giro.
«Certo, andiamo» rispondo.
 
Riempiamo il lavandino di acqua e sapone, il signor Dornan prende in braccio Beth e lei immerge il pupazzo nella schiuma solo dopo essersi tirata su le maniche.
«Devi passare il sapone ovunque, tesoro» le dico, sciacquando il peluche mentre lei si morde il labbro inferiore, curiosa. Ho paura di rovinarlo, in realtà, ma da color pane era diventato quasi nero!
«Sono sicuro che adesso Ula starà meglio» constata Jamie con un perenne sorriso stampato in faccia quando si tratta di sua figlia.
«E se si ammala poi?» chiede Beth, con fare innocente.
“Oh, beata ingenuità.”
«Adesso l’asciughiamo bene con il phon, poi le mettiamo una maglia. Così non si ammala» faccio spallucce.
Passo di nuovo la saponetta sulla pancia del peluche; sento Jamie sospirare.
«E quale maglia pensi di mettere ad un pupazzo?»
«Andremo a comprarne una!» esclamo, alzando lo sguardo e incontrando il suo.
È confuso, ma non replica, mi lascia fare.
Se devo essere sincera, anche io sono confusa su dove andrò a comprare una maglia per Ula. Forse mi farò semplicemente dare una pezza da Cora, la ritaglierò e poi la dipingerò.
«Beth, hai degli acquerelli?» le chiedo, asciugandomi le mani.
Lei annuisce. «Perché?» mi chiede.
Prendo Ula e accendo il phon. La bimba stringe il pupazzo tra le mani mentre io lo asciugo.
«Vieni tu con me, stavolta» sorrido.
 
Scendiamo le scale velocemente. Beth ride, è forse divertita dalla situazione? Ma cosa c’è di tanto divertente in tutto questo? Il signor Dornan ci segue senza dire una singola parola, ripeto: mette solo ansia. Se lo pagassero per farlo, sarebbe più miliardario di quanto non lo sia già.
«Cora, posso chiederti una cosa?» domando alla cuoca di casa.
Lei smette di tagliare alcuni peperoni, si gira verso di noi e sorride con dolcezza.
«Certo. Cosa ti serve, cara?»
«Hai per caso una pezza che magari non usi più?» stringo la mano della bambina, mentre lei stringe il pupazzo a sé.
Cora ci pensa un po’, poi apre un cassetto a caso e tira fuori un canavaccio un po’ malandato… Più o meno come Ula.
«Va bene questo?» mi chiede, non capendo a cosa mi possa servire.
“La mia mente è ingegnosa, Dornan che altro non sei, adesso ti faccio vedere cosa so fare.”
La fortuna ha voluto che sia pure bianco, perfetto!
«Grazie, Cora, va benissimo» le sorrido e lei ricambia.
Mi piego sulle mie ginocchia e raggiungo l’altezza di Beth. Le lascio la mano e «Sei pronta a lavorare con me?» le chiedo.
Lei annuisce e scoppia a ridere.
 
Dopo aver preso le misure del peluche, dopo aver tracciato i giusti contorni, con una forbice di ferro comincio a ritagliare la pezza. Beth mi guarda con attenzione, poi un dito se lo porta sulla bocca e si appoggia con le braccia sul tavolo e si sporge per vedere meglio. Non dice niente, ogni tanto sospira. Ula invece se ne sta seduta sulla sedia; la piccola Dornan ci ha promesso solennemente che non la truccherà più, non le metterà più ombretti, matite etc. E questo mi sembra già un grande passo avanti.
Per quanto riguarda Jamie, beh, lui è chiuso nel suo studio a causa del lavoro. Ha detto che deve recitare in una trilogia particolare, non mi ha spiegato i dettagli della cosa, ma dev’essere tutto abbastanza duro. Io non riuscirei mai a fare l’attrice, mi vergognerei troppo. Ad esempio: se ci fosse la scena di un bacio e se il ragazzo che dovessi baciare non mi piacesse, non saprei proprio come fare, non riuscirei a muovere un passo. No, meglio non rischiare. So che il lavoro da baby sitter non frutta come quello dell’attrice di fama mondiale, ma poco importa. Tanto non farò mestieri del genere per tutta la vita.
Stessa cosa per la moglie dell’attore bello, sexy, affascinante e famoso. Come potrei mai essere la fidanzata o la moglie di Jamie Dornan, ad esempio? Bello com’è, chissà quante ragazze gli correranno dietro o semplicemente gli staranno intorno!
 Ma perché mi pongo domande del genere? Tanto non accadrà, non c’è pericolo.
“Peccato, però. Un pensierino a primo impatto ce l’avevo fatto…”
«Abbiamo finito?» mi chiede la bimba.
La sua vocina acuta mi riporta alla realtà, e teoricamente avrei finito.
La maglia è… Decente? Beh sì dai, sarebbe potuta uscire peggio. La alzo avanti ai miei occhi e controllo che abbia la forma giusta di una maglia.
“Sì, ce l’ha, brava Adele!”
«E’ bellissima!» urla Beth, coprendosi la bocca con entrambe le mani.
“Beh, non esageriamo adesso. Beata ingenuità!”
È proprio vero che i bambini si accontentano di piccole cose, di attenzioni che possono sembrare stupide. Lei si è accontentata di una maglia fatta di pezza per il suo peluche preferito.
Sorrido guardandola. Dovrei farla sentire importante io, ma quando ride così accade l’esatto contrario.
Mi sono affezionata a lei e non ci sto insieme da neanche un giorno.
“Ah, Adele, sei sempre la solita.”
 
«Sei pronta a colorarla con gli acquerelli?» le chiedo, legandole i capelli in una coda di cavallo come lei mi ha chiesto.
Annuisce e «Che colori posso usare?» mi domanda, indecisa.
«Beh, Ula è color pane, quindi sarebbe preferibile un colore scuro. Un blu, magari, o un viola, o un nero.»
«Il nero non mi piace» storce il naso, puntando su un blu cobalto.
“Ottima scelta!”
Infila il pennello nell’acqua, poi lo strofina sul colore e lo passa sulla pezzetta. Tutto questo, finché la maglia non è completamente colorata.
Poi disegna, con il rosa, un fiorellino al centro, abbastanza grande.
A fine opera sorride. «E adesso?» mi chiede, con le mani sporche ovunque.
«Adesso lasciamo che si asciughi. Nel frattempo che ne dici di andarci a lavare le mani?»
Lei guarda le sue da ogni angolazione, poi «Va bene» risponde, scendendo dalla sedia.
Usciamo dalla cucina e ci dirigiamo verso il bagno, svoltando un paio di angoli. Devo ancora imparare la disposizione delle stanze in questa casa. È troppo grande per me, non sono abituata a tutto questo. La fama del mio datore di lavoro, una casa immensa e i fan che citofonano ogni tre per due. È più o meno dall’ora di pranzo che suonano alla porta, Jamie mi ha detto di non farci caso, ma è difficile. Sono piuttosto fastidiosi, devo dire.
«Avete finito di creare maglie ai pupazzi?»
Mi volto di scatto e vedo il signor Dornan entrare in bagno. Indossa un pantalone elegante, nero, ed una camicia bianca sbottonata quasi per metà. Cerco ovviamente di non guardarlo, ma mi riesce alquanto difficile. Non mi fissa stavolta, è concentrato a passarsi la mano su tutto il viso, stanco. La sua voce è roca, più del solito. Si appoggia con la spalla allo stipite della porta e incrocia le gambe.
«Sì papà, è uscita benissimo» risponde Beth, asciugandosi le mani.
«Ne sono felice» incrocia anche le braccia, sorridendole.
«Merito di Adele» mi indica, la bambina.
Lui alza lo sguardo verso di me; io non posso fare a meno di arrossire e cominciare a torturarmi le mani, prendendo a fissare le mie scarpe.
«Allora complimenti a te, Adele» sussurra.
“La sua voce. Lui, con quella camicia. Dio, Adele! Sei al primo giorno, per favore!”
«La ringrazio, ma infondo non è niente di eclatante» faccio spallucce.
«No, ma ha reso felice mia figlia. Quindi per me lo è.»
«Papà, posso farti vedere cosa abbiamo fatto insieme?» gli chiede Beth, fissandolo con un sorriso piuttosto soddisfatto.
Jamie la prende in braccio e «Prima facciamo vedere ad Adele dove dormirà?» si rivolge a lei, accarezzandole il volto. Beth annuisce, come sempre, e mi guarda.
«Prego, seguimi» mi fa segno col capo.
 
Attraversiamo tutto il corridoio di casa Dornan, scendiamo le scale a chiocciola e superiamo anche la cucina. La mia stanza è proprio vicino al bagno, categoricamente bianco/grigio.
«Dovrai fare parecchia strada per raggiungere la stanza di Beth. Mi spiace, purtroppo questo non l’ho deciso io…» mi spiega, girandosi verso di me con tutto il corpo.
«Beh, io posso anche andare a dormire in albergo, non c’è problema.»
“La sua ex moglie non vuole che rimanga? Io lo avevo detto che avevo un appartamento in affitto.”
Lui ridacchia, si passa una mano sui capelli e «No, Adele» scuote la testa.
“No, cosa?”
«Intendevo dire che lei ha scelto la disposizione delle stanze.»
“C’è qualcosa che hai scelto tu, precisamente?”
«Ah» annuisco. «Adesso ho capito, mi scusi.»
«Non preoccuparti, vieni, entra» sussurra, aprendo la porta della “mia” camera.
È grandissima, grigia, spaziosa. Effettivamente questi colori sono rilassanti, adattissimi ad una camera da letto. Avevo sempre pensato che il grigio fosse un colore triste, ma visto sotto questo punto di vista…
«Ti piace?» chiede.
“Moltissimo!”
Letto a baldacchino, un comò antico e bianco su cui è poggiato un maxi televisore, scarpiera, appendiabito e armadio per tre persone come minimo. Potrei stare peggio?
“E menomale che questa è la stanza degli ospiti!”
«Certo che mi piace! La ringrazio davvero!» esclamo, guardandomi intorno un po’ incredula.
«Non devi ringraziarmi, la schiavitù è stata abolita da un pezzo» fa spallucce. «Vado a vedere il mostro che avete creato, intanto puoi sistemare le tue cose, rassicurare i tuoi familiari e fare ciò che vuoi» mi sorride.
Sta per andarsene, quando si volta e mi indica una porta affianco al comò, infondo alla stanza. «Lì c’è un bagnetto tutto per te, nel caso non volessi usare quello comune, diciamo così. Anche Cora ne ha uno per sé, mi sembrava equo e giusto darne uno personale anche a te. A stasera, la cena è per le otto» sventola una mano in aria e va via.
“Ho un bagno tutto per me? Questa è una reggia!”
Però, la prima cosa che faccio, è chiamare mia madre. Sicuramente si starà preoccupando, starà facendo mille domande a mio padre.
Quindi compongo il suo numero di telefono in modo molto veloce e, in modo molto veloce, lei risponde.
Mi chiede come sto, dove sto alloggiando, come sono le persone che ho conosciuto e quando penso di ritornare.
«Mamma, calmati» le rispondo. È sempre la solita. «Non so quando potrò tornare, sono appena arrivata. Ma sto benissimo, è tutto bellissimo qui, anche il mio datore di lavoro.»
“Sincerità per sincerità…”
«Davvero?» scoppia a ridere. «Sei a casa sua, immagino.»
«Immagini bene, mamma» rispondo.
«Ne sono felice, sul serio. Tua sorella verrà a trovarti presto, dice.»
“Oh, mia sorella!”
«Come sta?»
«Bene, direi bene. Si è da poco fidanzata con Mark, uno speaker da strapazzo.»
«Migliora di giorno in giorno, Eve!» rido, immaginando l’espressione di mia madre in questo preciso istante.
«Lasciamo perdere, confido in te, figlia mia!»
«Sì, mamma. Ti porterò il meglio!» la rassicuro. «Adesso però devo sistemare le mie cose, più tardi ceniamo.»
«Come si chiama la famiglia in cui lavori?»
«Non è proprio una famiglia. Diciamo che è un padre che non ha abbastanza tempo da dedicare a sua figlia a causa del lavoro che fa» faccio spallucce, anche se non può vedermi.
«Quindi?» continua.
«Dornan. Il padre in questione è Jamie Dornan. L’attore, hai presente?»
 
Mi alzo da tavola e «Grazie per aver cucinato anche per me, Cora. È stato tutto buonissimo» le sorrido, passandogli i piatti.
«Beh, ormai anche tu sei parte della… Famiglia? Chiamiamola così» strizza un occhio.
“Famiglia…”
«Il signore e la piccola Beth dormono?» mi chiede.
«In realtà non ne ho idea. Jamie mi ha detto che avrebbe guardato con lei un cartone animato…»
«Sì, un’ora fa, però. Adesso sarà crollato, come al solito, insieme a lei» ride.
«Mi sa che è meglio se vado a controllare, vero?»
«Vero! L’altra volta voleva far addormentare Beth e invece si è addormentato lui» ride ancora.
Immagino quanto sia stancante fare l’attore, o comunque il personaggio pubblico. Ritmi assurdi, spostarsi da un paese all’altro più volte al giorno, superare quattro o cinque ore di viaggio se tutto va bene. Dev’essere stressante. Certo, non si sta parlando di lavoro in miniera e hanno una buona paga. Ma credo che ogni lavoro abbia la sua difficoltà.
Come previsto, il signor Dornan e la piccola Beth dormono mentre la televisione parla da sola. Lui ha la testa piegata da un lato, il labbro inferiore è più sporgente rispetto a quello superiore e un braccio cinge la vita di sua figlia che, teneramente, tiene poggiata la testa sul suo petto.
Il loro respiro è ritmato, sono così belli che mi dispiace svegliarli. Ma in questa posizione a Jamie verrà un torcicollo, sicuro.
Mi avvicino a lui e lo scuoto un po’, così sbatte le palpebre due o tre volte e apre gli occhi, stropicciandoseli subito dopo.
«Mi sa che anche stasera mi sono addormentato» ironizza.
“Ha la voce roca, si è appena svegliato, è più tenero del solito, ma tu non baderai a niente di tutto ciò, Adele!”
Sì, mi sa che è meglio se evito.
«Eh, mi sa proprio di sì.»
Spalanco gli occhi: legge nei miei pensieri adesso, bene.
«La porto io a letto, tranquilla, va’ pure» continua, alzandosi, cercando di non svegliare la piccola.
«Allora buonanotte, signor Dornan.»
«Buonanotte, Adele» sorride.
 


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Scusate il ritardo, e grazie per tutte le recensioni precedenti.
Siete dolcissime.
Spero che anche questo capitolo vi piaccia, fatemi sapere.
Grazie in anticipo, con tutto il cuore. :)
   
 
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