Anime & Manga > Soul Eater
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Autore: BBola    11/04/2015    2 recensioni
Nella lunga notte in cui il Sommo Shinigami generò Kid, tornò con la mente agli eventi che, ottocento anni prima, portarono alla caduta del regno degli otto grandi guerrieri, e alla nascita del mondo di Soul Eater, come lo conosciamo noi...
Avvertimenti: SPOILER dal manga
Genere: Azione, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Death the Kid, Kishin Ashura, Nuovo Personaggio, Ragnarok, Sommo Shinigami
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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-Comandante Vritra! Siete ancora vivo! -
-Savitar, amico mio!- rispose affettuosamente il guerriero, che dopo un attimo di esitazione aveva riconosciuto nel prigioniero da interrogare un suo compagno. E sorridendo, iniziò a darsi del gentili pugni sulla fronte calva. - Ah, che testa! Mi dispiace di avervi fatto preoccupare. Sarei dovuto passare per le prigioni  per rassicurare te e gli altri che stavo bene. Ma chissà perché… - aggiunse incerto, inclinando la testa da un lato e guardando pensieroso nel vuoto - mi è completamente passato di mente! -
-Ma che cosa vi è successo? - continuò l’uomo. - Che significa quella voglia sul vostro volto? E perché sedete con i nostri carcerieri? -
-Ora sono uno di loro, Savitar, e sono qui per convincere te e gli altri compagni nostri ad accettare il nuovo ordine imposto dal Sommo Shinigami, e di combattere con lui contro chiunque tenti di sovvertirlo. -
A quella affermazione, l’uomo si sentì vacillare.
-Ma…ma…mio signore…come accettare l’ordine di Shinigami? - chiese confuso. - Da dove vi vengono queste idee, se mi consentite? Non è questo l’uomo che ho conosciuto! Che ne è stato del coraggioso comandante che ci aveva promesso di liberarci dalla paura delle streghe prima, e dal giogo del Khan, l’invasore, poi?(1) Io e gli altri compagni vi abbiamo seguito mossi dal sogno di acclamarvi nostro sovrano, pronti a sfidare il servile comandante Dadhichi e gli uomini del Khan per riacquistare la nostra libertà. E ora, proprio voi, mi chiedete di rinunciare a tutto questo? -
-Savitar, all’epoca non vedevo quello che vedo adesso. Le mie parole erano guidate da ambizione ed incoscienza. Mi conosci, sono solo un ingenuo soldato, non sarei stato per voi un sovrano capace. Dentro di me lo sapevo, ma non mi importava. Vi ho manipolato per farvi credere in quello che volevo. -
-E non è quello che sta facendo Shinigami con voi adesso? Non siete più lo stesso, comandante, e non dico solo fisicamente. Non so cosa vi abbiano fatto i grandi guerrieri, ma quello che vedo adesso è più spaventoso di qualsiasi cosa possa immaginare. -
-Che cosa volete farci? È questa la giustizia dei grandi guerrieri? Ci avevate promesso un processo, e invece ci giustiziate in segreto? Codardi! Infami!-
Sollecitata dalle parole di Savitar, nella mente di Vritra cominciarono a riecheggiare le parole di una donna. Di chi erano? Dove le aveva sentite? Appartenevano ad un passato che qualcuno aveva cercato di cancellare dai suoi ricordi, ma chi? Possibile…
Assalito dal sospetto, per un attimo il sangue dell’uomo di Vritra entrò in contrasto con il sangue del guerriero. E il suo corpo fu attraversato da un fremito, preda di una lieve reazione di rigetto.
Seduto all’estrema destra, Eibon si accostò al suo vicino Vàrua.
-Che ne pensi? - gli sussurrò piano.
Il guerriero non rispose, ma sconsolato, si limitò a scuotere il capo.
-Indra? - domandò dal centro Shinigami.
-È uno spreco condannare a morte un soldato forte. Per quanto mi riguarda, se non vuole cedere possiamo destinarlo ai lavori forzati, può tornare utile. -
-Indra, devi smetterla di sottovalutare gli uomini- lo avvertì Vàrua. - Non sono deboli come credi. E io comincio ad avere una brutta sensazione, ormai. -
-Vritra? - continuò il dio della morte.
-Risparmialo Shinigami! - rispose di getto il guerriero, con lo sguardo inespressivo e tenuto fisso davanti a sé.
-E sia allora. - annuì il dio della morte. - Che Savitar sia assegnato alla forgiatura delle armi. -
Il servitore di Shinigami fece cenno di aver compreso, e condusse Savitar, preda dell’incredulità, fuori dalla sala.
-Vritra, quanti compagni tuoi sono presenti ancora nelle mie prigioni? - sussurrò.
-Altri ottantasette. -
-Fateli entrare tutti insieme, allora - ordinò il dio della morte.
 
La pianura del fiume Tsavo era un luogo tanto affascinante quanto spoglio. Il terreno secco ed arido faceva da pavimentazione ad una vegetazione povera e sparuta, e i radi e snelli alberi non offrivano nascondigli per il cacciatore all’inseguimento della preda, ma sotto il sole accecante dell’Africa, vittima e carnefice risultavano ugualmente esposti al pericolo di smascheramento reciproco.
La zona era dominio quasi esclusivo degli animali, dei più grandi e imponenti la natura avesse generato. Per le streghe della perversione ermetica, non esisteva posto migliore per celarsi all’occhio umano e difendersi dall’aggressore. Mimetizzate e nascoste tra la fauna, non c’era intruso che potesse passare loro inosservato.
Mentre, dal canto suo, il maestro d’armi più abile che avesse imparato a distinguere la lunghezza d’onda dell’anima di una strega dalle altre, si sarebbe scontrato con l’ulteriore difficoltà di individuare i loro corpi, mutati in quelli di istrici dal dorso chiaro e acuminato, nell’immensità di una dorata steppa inestricabile.
Nell’ampia e nuda distesa infuocata, Shinigami e gli altri guerrieri sarebbero stati immediatamente individuati dalle sorelle Hystrix.
Ma non Asura. Col suo incedere incerto e stanco, e il volto protetto dai raggi battenti del sole dal calore secco e inesorabile, armato del suo solo bastone puntuto poteva facilmente essere scambiato per un nomade avventuratosi per quelle zone ostili in cerca di una preda di cui saziarsi, e grazie alla quale mettere su muscoli per i suoi arti magri e raggrinziti.
Muovendosi con cautela, poteva apparire del tutto inoffensivo alle streghe cui stava dando la caccia, e con un po’ di fortuna, sarebbe stato in grado di studiarne i movimenti e i comportamenti, seguendole con discrezione, tenendosene a debita distanza.
 
Era primo pomeriggio quando Asura e Vajra furono arrivati presso il fiume Tsavo.
Il sole aveva raggiunto il suo punto più alto nel cielo, e grasso e ansimante, bruciava pesantemente sulla fronte del guerriero della paura.
Accaldato, questi decise allora di interrompere la sua marcia per accostarsi al fresco corso d’acqua, e berne. Si accovacciò, e scostò le bende dal viso per lasciare libera la bocca. E sorrise compiaciuto.
-Le streghe dell’est non hanno lasciato questo luoghi - cominciò rivolto a Vajra. - Riesco a percepire l’anima di almeno due di loro. Il segnale è debole, devono essere ancora parecchio distanti… ma sono qui! -
Certo di non far danni, Vajra riprese allora sembianze umane e si accostò al suo maestro per rinfrescarsi insieme a lui, e ad un paio di placidi ippopotami, che facevano capolino dalle acque profonde.
In quel momento, gli tornarono in mente le aspre parole pronunciate da Indra il giorno prima. In realtà, non avevano mai abbandonato davvero i suoi pensieri.
-E tu Asura, perché vuoi combattere questa guerra? Dov’è finito il guerriero che se ne stava rintanato nella torre del castello, invocando la morte di Shinigami e di noi tutti? Sei davvero passato dalla parte di tuo padre, che pure hai biasimato per averti creato in maniera così cruda? -
-Asura - gli domandò infine - perché Indra ha da dubitare che tu stia dalla parte di Shinigami? Cosa è successo prima che io e Vritra ci unissimo a voi? C’è qualcosa che dovrei sapere? -
-No, non c’è niente. - sussurrò. - Io e mio padre abbiamo avuto un inizio difficile… ma niente che non abbia trovato già una soluzione. -
-Vale a dire? -
-Diciamo solo che ora siamo d’accordo su quale sia la giustizia di noi Shinigami… -
Nel dire queste parole il suo volto si allargò in un sorriso deforme. Da un lato della bocca gli prese a scorrere un rivolo di bava, ma Vajra preferì credere che si trattasse di goccioline d’acqua del fiume non ancora evaporate. Dalla discussione avuta con Indra, il suo maestro d’armi aveva cominciato a trasmettergli una strana sensazione. Fino a quel momento aveva creduto che il contegno che cercava di mantenere fosse dovuto allo sforzo che compiva nel tenere a bada il proprio sentimento di paura. Ma ora cominciava a credere che fosse qualcos’altro che stesse cercando di reprimere.
Ma qualsiasi cosa fosse stata, lui sarebbe stato lì per aiutarlo a combatterla.
 
Dopo aver riposato a dovere, i due ripresero la loro marcia a piedi per non dare nell’occhio.
La giornata era tranquilla. Intorno a loro non si scorgeva altro che branchi di erbivori. Ora erano gruppi di antilopi, ora di zebre, ora di altri animali che Vajra non aveva mai visto prima, e che aveva preso ad ammirare con sincero interesse. Tutti si affollavano quietamente intorno alle rive del fiume per bere e brucare quel poco di vegetazione verde che cresceva lì intorno. Di predatori, neanche l’ombra. Forse la presenza dei due uomini aveva scoraggiato i loro agguati per quella giornata, e avevano preferito restare nascosti nell’entroterra. Meglio per loro, pensò Vajra, sarebbero arrivati sino all’insediamento delle streghe senza colpo ferire.
Di tanto in tanto i due si fermavano a raccogliere qualche frutto con cui cibarsi. Mentre Vajra era intento a sbucciare una papaja con la lama del dito, vide Asura, poco distante, litigare con un babbuino per la proprietà di una banana. La scena lo fece sorridere, ma fu solo un attimo.
Dopo aver minacciato la scimmia levando un pugno verso l’alto, il guerriero della paura si era bloccato, come se avesse avvertito qualcosa.
Si girò dando le spalle all’albero affusolato, e puntò lo sguardo sulla distesa dorata.
Ci fu un secondo di silenzio. Poi, dal nulla, Asura spalancò spaventosamente la bocca, per levare un grido assordante e raggelante, che spazzò via gran parte degli arbusti nani della steppa con la sua potenza.
Gli animali intorno a lui si unirono al frastuono, e cominciarono a fuggire terrorizzati, levando dal terreno delle ampie nuvole di polvere.
-Cosa stai combinando? - urlò Vajra al suo maestro d’armi, mentre si faceva largo tra il pulviscolo per farglisi accanto. - Così ci avrai fatto scoprire sicuramente! -
Si sentì ferire ad un braccio. Tre lunghi aculei l’avevano colpito, e gli si erano conficcati nella carne.
Quando la polvere si fu diradata, fu in grado di capire da chi era partito il colpo. Abbandonata la forma di istrice, una piccola streghetta coperta dalla testa ai piedi di un burka beije era comparsa davanti a loro.
Asura l’aveva avvertita, ed era partito all’attacco. Fulmineo, strappò via gli aculei dal braccio di Vajra, e li incastrò tra le dita della sua mano.
-Che cosa fai? - gli urlò l’arma dolorante. - Non siamo qui per ucciderle! -
Non fece in tempo a raggiungere Asura, che questi era già volato sopra la strega. Questa provò a ripararsi dal suo nemico, girandosi di schiena e ricoprendola completamente di aculei. Ma il guerriero li ignorò, e lasciandosi trapassare la carne del braccio da quei lunghi aghi, afferrò la strega per la testa e le piantò gli aculei che impugnava ferocemente nella gola.
La strega morì sul colpo, lasciando al suo posto solo una piccola anima viola. Asura la guardò soddisfatto.
-Perché? - urlò Vajra. - Perché l’hai fatto? -
-Te l’ho detto! - sputò Asura contro di lui. - Questa è la giustizia di uno Shinigami! -
-Ma cosa dici, se hai appena disobbedito agli ordini di tuoi padre! -
-Di mio padre! Ma la giustizia di uno Shinigami è un’altra! Significa uccidere… chi ti fa paura! -
Quelle ultime parole, pronunciate con un bieco odio, fecero rabbrividire Vajra, che si scagliò sull’altro guerriero gridando e colpendolo forte al collo con un braccio. Asura lo immobilizzò con una mano e lo ruotò con cattiveria. La durezza naturale del corpo di Vajra fu l’unica cosa che impedì all’osso di fratturarsi, ma il guerriero non riuscì ad evitare lo stesso di cadere rovinosamente per terra, stretto nella morsa dell’avversario.
Asura approfittò del vantaggio, e infilò una mano nella bocca della sua arma. Stringendo forte le esili dita intorno alla sua lingua, la strattonò con una ferocia tale da strapparla via dalla gola del guerriero.
Guardando il muscolo che reggeva in mano rise. - Finalmente non dovrò più temere che questa viscida biscia si possa avvinare ancora alle mie anime! Non puoi capire il disgusto che si prova nel vederle ingoiare, è terrificante! -
Vajra continuava a stare a terra. La bocca era ormai invasa di sangue, e dappertutto provava un dolore lancinante. Ma più di tutto, a bloccare i suoi arti era la paura che la vista di quello squilibrato gli incuteva nell’animo. Dunque era questa che Asura si sforzava di reprimere, in attesa soltanto del momento più adatto per liberarla. La Follia.
Il guerriero della paura sferrò un ultimo violento pugno contro il viso del suo compagno, e rinforzandolo con l’onda d’urto della sua anima, riuscì a fargli perdere i sensi.
-Spiacente Vajra - disse - L’anima di sei streghe indifese è un piatto troppo ricco per lasciarmi indifferente. -
Lasciato il guerriero riverso per terra in una pozza di sangue, e afferrata l’anima della prima strega caduta, Asura si levò in volo all’inseguimento delle altre.
Dall’alto, vedeva dei piccoli rami agitarsi tra la steppa. Allarmate dal grido assordante di poco prima, le sorelle streghe stavano correndo le une verso le altre per unirsi e combattere insieme.
Asura lo capì, e le lasciò fare. Sarebbe stato più facile ucciderle tutte con un colpo solo, pensò.
Quando le cinque gemelle furono vicine, fusero i loro corpi lasciando il posto ad un’unica ed imponente strega Hystrix.
I corti capelli d’oro erano legati in due codini bassi. In testa portava l’immancabile capello a punta da strega, ornato sulla tesa da due piccole orecchie rettangolari da istrice. I suoi occhi erano ellittici e scuri come quelli dell’animale. Il naso, piccolo e largo. Era vestita di un corto abito beije come il cappello, con un piccolo ritaglio a forma di goccia nel centro del petto, che lasciava intravedere, sensuale, l’incontro dei seni. Le braccia erano decorate con due alti bracciali ricoperti di aculei da usare come arma.
La giovane e imprudente strega rinunciò a fuggire e si preparò allo scontro.
-Non ci fermerete mai! - disse coraggiosamente contro il nemico.
Attaccò per prima, lanciando degli aculei dai bracciali contro Asura. Il guerriero li schivò tutti velocemente, e fu presto addosso all’avversaria. Provò a sferrare il primo colpo, ma la strega lo parò voltandosi rapidamente e ricevendolo sulla schiena, che all’urto si ricoprì di tenaci aculei che la protessero.
Gli aghi si separarono dal corpo, e volarono contro il guerriero, spingendolo a terra e inchiodandolo al suolo per i vestiti. Ignorando il suo istinto di protezione, Asura si alzò gridando, e lasciando che gli abiti si stracciassero e rivelassero la sua pelle nuda in più punti.
Hystrix si appallottolò e si allontanò un po’ da lui, rotolando via e nascondendosi tra la steppa, ma Asura sferrò un pugno violento nel terreno che si spaccò sotto di lei, intrappolandola nella fessura.
Non appena il guerriero fu sopra la ragazza, ricominciò la pioggia di aculei. Intento a difendere il proprio viso dalle fastidiose punte, Asura diede ad Hystrix il tempo necessario per liberarsi e uscire dal buco in cui era caduta. Di nuovo in piedi, la strega sferrò un calcio contro Asura, che perse l’equilibrio, cadendo seduto.
-Hedgehog needle! - invocò allora Hystrix, e tra le sue mani si materializzò uno spesso aculeo lungo mezzo metro, che piantò con forza nello stomaco del nemico.
Galvanizzata dal successo, non si accorse che Asura aveva appena accusato il colpo.
-Ci vuole molto di più per uccidermi! - le disse ridendo.
E afferrata la strega per le braccia, la tirò a sé dandole una ginocchiata nello stomaco, molto più debole e indifeso rispetto alla schiena corazzata.
Hystrix sputò del sangue dalla bocca, e si accasciò sul corpo di Asura.
-Addio ragazzina! - le disse un orecchio. E scagliata l’onda dell’anima sul corpo inerme della strega, le diede il colpo di grazia.
Il guerriero vide le restanti cinque anime materializzarsi davanti a sé, ed eccitato, le radunò insieme alla sesta, mentre liberava il suo busto dall’ingombrante aculeo.
 
Si sentì poi afferrare per un braccio. Il fedele Vajra si era ripreso, ed era corso incontro al suo maestro d’armi per tentare un’ultima volta di riportare il compagno alla ragione. Il suo sguardo era sgomento e senza speranza, ma in quel momento non sapeva cosa altro tentare.
Non avendo più una lingua per comunicare con parole umane, si tramutò in arma per piombare tra le mani di Asura, augurandosi che l’incontro delle loro anime lo avrebbe calmato come era accaduto durante il loro primo incontro.
-Ah, sempre tenace, Vajra - gli disse allora il guerriero. - Ma dovresti averlo capito, ormai, che non si torna più indietro. -
E stretto lo scettro con tutta la cattiveria che provava in corpo, lo investì con l’onda della sua anima. Le forze di Vajra vennero meno definitivamente, e restò impotente di fronte alla crudeltà del suo maestro.
Rovesciando il capo all’indietro come aveva visto fare alla sua arma quel giorno ad Acquanegra, Asura sollevò lo scettro appuntito sulla propria testa, e cacciata la lingua fuori dalla bocca, lo ingoiò senza pietà, illuminato da un sole ormai basso e rosso come il sangue.
 
Nello stesso istante, nella sala delle Udienze, a parecchie miglia di distanza da Asura, un fitta di dolore attraversò la mente del giovane Vritra. Il guerriero gridò di dolore, e sentendo che l’aria gli mancava, cercò di alzarsi dalla sedia, ma cadde invece a terra in ginocchio.
Shinigami si alzò di scatto per soccorrerlo. 
-Che cosa succede? Vritra! Vritra! - gli urlò il dio della morte.
-Asura ha scatenato la sua Follia - rispose neutro e rassegnato Vàrua. -In questo momento sta pervadendo la mente di Vritra. -
-Ma perché ha effetto solo su di lui? - chiese meravigliato Eibon, vedendo gli altri guerrieri e i servitori del dio della morte ancora presenti nella sala apparentemente normali.
-È solo questione di tempo. Una volta scatenata, la Follia è destinata ad impadronirsi di tutti. Per adesso, ha solo cominciato ad insinuarsi nelle menti di chi è più propenso a cedere ad essa. -
-E quindi? Che significa questo? - chiese accigliato Indra.
-Significa che abbiamo fallito. Il risveglio dei malvagi è cominciato. -
 
Note:
  1. All’epoca dei fatti narrati, l’India era invasa dai mongoli di Gengis Khan (esatto! Quel “Khan”!). Per gli uomini di Delhi, arrendersi al regno dei guerrieri, significa rassegnarsi ad accettare lo stato attuale delle cose (come dice Eibon nel capitolo 3 “Dobbiamo ripristinare i regni degli uomini perché si occupino di amministrare i popoli da vicino, ma assicurandoci che essi giurino fedeltà alla tua figura, che vivano secondo le tue regole superiori”), perché chiunque alteri lo status quo, come sappiamo, finisce dritto dritto nella lista di Shinigami! Volevo assicurarmi che il concetto fosse chiaro!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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