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Autore: bunnyminnie    24/12/2008    0 recensioni
Questa fan fiction è ispirata da un sogno. Un sogno fatto in una notte d'inverno, forse un po' troppo calda per essere dicembre. Marilin che entrava in una sauna. Thomas che scherzava con i suoi amici, pensando a lei. E poi quella porta si apre. Lei, avvolta solo da un'asciugamano. Lui, con il cuore che gli batte a mille, sorride e la bacia. Gli amici se ne vanno, la sauna si dissolve, tutto sparisce. Due innamorati con uno sfondo bianco. Forse è il paradiso?
Genere: Romantico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ero lì, sdraiata su un letto freddo. Lo sapevo, anche se non ne ero certa: ancora non avevo avuto il coraggio di riaprire gli occhi. Probabilmente accanto a me c'era qualcuno che aspettava il mio risveglio. Ed io ero immobile. Magari avrei potuto fargli credere che ancora non ero sveglia, così se ne sarebbe andato, lasciandomi da sola. Ancora non riuscivo a capire cosa fosse successo. Perché mi trovavo lì? Mi feci coraggio e cercai di far capire che ero viva. Provai a muovere leggermente il mignolo della mano destra. E improvvisamente il caos.
- Dottore! Venga, si muova: la paziente si è svegliata!
- Da quanto? Perché non mi ha chiamato?
- Ehm, mi scusi, io l'ho chiamata appena l'ho vista muoversi.
- Su via, Danthes, lasci fare a me.
- Oh, ehm, grazie, dottor Shandall!
Okay, forse era meglio non muoversi. Ma ero, come sempre, troppo curiosa. Dovevo sapere. Infondo, ne dipendeva la mia vita. Cosa ci facevo in quel posto? Ormai lo avevo dedotto, era un ospedale. Ma preferivo non pensarci. Sin da piccola, ho sempre odiato gli ospedali. Quei dottori che ti guardano come se fossi una malata di mente, e che toccano ogni parte del tuo corpo, col fine di sapere dove si fa male esattamente. Ora io dico, se tu vai dal dottore avvertendo un dolore al piede, perché quello ti deve misurare la pressione?
Ma se ero lì, era successo qualcosa di grave. Ne ero sicura: sentivo qualcosa che mi stringeva la testa, probabilmente una benda, e poi avevo uno di quei cosi che ti fa respirare meglio, quelli che avevo sempre visto solo nei film. Ma nel film della mia vita, la protagonista ero io. E mi ero fatta male di brutto.
Cercai di alzare la testa, per parlare col dottore, che intanto stava facendo le sue diagnosi tra sé e sé. Ma appena mi mossi di un millimetro, mi sentii avvampare, e poi un'ondata di gelido. Subito dopo arrivò il dolore. Atroce, freddo, duro. Mi feci sfuggire un gemito. Poi mi arresi, e tornai a stendermi sul letto.
Se non potevo alzarmi, dovevo vedere: in qualche modo la mia curiosità doveva essere placata. Aprii gli occhi, pronta ad essere folgorata dalla luce. E invece, per qualche strana ragione, era buio pesto. Nero. Non vedevo neanche quello spiffero di luce che si vede quando ti svegli in mezzo alla notte. Cercai di divincolarmi: non sopportavo questa situazione.
- Dottore - ansimai: di sicuro non mi aveva sentito. Mi feci forza: - Dottore! - stavolta l'avevo quasi urlato. Sentii dei passi, una voce allarmata.
- Buon giorno, ben svegliata. Tutto bene?
- A dire il vero - dissi - per caso è saltata la corrente?
- Ehm, no! Come mai? - dal tono della voce, sembrava che mi stesse prendendo in giro.
- Perché... è tutto buio, e mi chiedevo se... fosse normale. Sa, di solito gli ospedali hanno quella luce bianca che appena la guardi desidereresti non esserti mai svegliato, e invece qui...
- Non è normale. Credo che ci siano delle complicazioni - mi interruppe - Ne parlerò con la dottoressa Danthes.
Lui non sembrava molto disturbato da questo buio. Mi aveva risposto come se fossi scema, come se fossi l'unica che vedeva il buio. A quel pensiero ne giunse un altro, che iniziò a perseguitarmi. Ero l'unica. Solo io vedevo tutto nero. O avevo dei super poteri, oppure... non volevo neanche pensarci. Avevo perso la vista? Mi sventolai una mano davanti alla faccia, nonostante il dolore. Non la vedevo. Non vedevo niente di niente! Ero... cieca. Era uno di quei momenti in cui avrei davvero preferito morire. Con molta fatica riuscii, finalmente, ad alzarmi. Iniziai a piangere tutte le mie lacrime. Imprecavo tra me e me, e piangevo, piangevo... Le lacrime mi scendevano lungo il viso, per poi cadere sui miei capelli ricci e folti. Singhiozzai e, senza rendermene conto, iniziai ad urlare. Sentii dei passi veloci che venivano a soccorrermi, magari pensavano che avessi avuto un attacco di nervi, e mi avrebbero portato al manicomio.
- Che succede?! - disse, allarmata, una voce femminile.
- E' quello che le avevo detto, dottoressa. Dichiara di vedere tutto buio, credo che sia... - sussurrò qualcosa a bassa voce, che non riuscii a capire.
- Com'è successo?
- Probabilmente la botta in testa ha influito sul sistema nervoso, ed ha colpito, di conseguenza, il nervo oculare. Avrà perso anche altre capacità vitali, anche se mi auguro di no. Comunque è momentaneo, quando si sveglierà, rivedrà tutto bene.
E in quel momento, sentii i passi del dottore venire verso di me.
- Tesoro, sdraiati - obbedii. Mi stesi sul letto, un po' sollevata. Due mani che mi aprivano la bocca. Una sostanza liquida che mi trapassava il corpo. D'improvviso un'ondata di calore. L'ultima cosa che sentii, furono le lacrime, che - ormai asciutte - mi avevano seccato la pelle. E poi, calai nel mondo delle tenebre.



No, non ero morta. Mi avevano soltanto somministrato un sonnifero. Senza il mio consenso, ma dico io! Eppure, nonostante lo stress e nonostante i sedativi, riuscii a sognare. Sognai i colori, un mondo pieno di fiori e farfalle. Mi ero dimenticata che, in quel momento, nel mio mondo c'era tutto nero. Ma quanto tempo avevo dormito?
Cercai di aprire gli occhi, anche se sapevo che non avrei visto nulla. Aprii solo la palpebra destra, e questo mi bastò. Una luce bianca mi costrinse a richiudere all'istante le palpebre. A quanto pare, il dottore se n'era accorto, infatti sentii i suoi passi, e poco dopo la sua voce.
- Visto? Io l'avevo detto - disse, distante. Ma non parlava con me.
- Sì, dottore, lei è davvero un genio! - era la dottoressa Danthes. Guarda, ci avrei giurato tutti i soldi che avevo, che quella aveva una cotta per il dottore. Magari stavano anche insieme, chissà.
Aprii gli occhi, stavolta con più calma. Misi a fuoco l'immagine. Il dottore, che mi scrutava e che scriveva su un blocco le sue accurate deduzioni. E la dottoressa che, senza farsi vedere, sorrideva in direzione del dottore. Sorrisi anche io. Anche se ero delusa: non erano come li immaginavo. Nella mia testa avevo l'immagine di lei, come una bionda ossigenata leccapiedi con i denti all'infuori, e di lui come un giovanotto di massimo quarant'anni, con i capelli scuri e gli occhiali. Il dottore invece mi sembrava un vecchio bacucco, e la dottoressa... aveva i capelli neri, probabilmente reduci di chissà quali tinte, e sembrava una brava donna. Gentile e disponibile.
E poi mi guardai intorno, per capire bene o male dove ero andata a finire, e lo vidi... All'improvviso ricordai tutto.
  
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