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Autore: DulceVoz    13/04/2015    4 recensioni
Che ne sarà di noi? Questa non è una vera e propria domanda, è piuttosto una frase vaga che si ripetono tre fratelli, da quando la loro vita è stata sconvolta da una disgrazia più grande di loro, un uragano di sofferenza che ha stravolto duramente le loro giovani esistenze. Che ne sarà di noi? Si chiede una zia amorevole, che potrebbe trovarsi costretta a vivere con loro a causa di un testamento sorprendente, il quale la vedrebbe obbligata sotto lo stesso tetto anche con il suo peggior incubo, ovvero l’uomo che si interrogherà con la medesima questione, nascondendosi dietro ad una maschera di indifferenza. Dal dolore puo’ nascere amore? E, soprattutto… l’amore puo’ aiutare a superare un dramma tale? Questo e molto altro, lo dovranno scoprire i nostri protagonisti… perché a sanare le loro profonde ferite, dovrà pensarci proprio questo potente sentimento.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angie, Diego, Leon, Pablo, Violetta
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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L’amore è una cosa semplice. Cap.25.
 
“- Ho due belle notizie!” Nicolás, sorridente come mai da quando era arrivato a casa La Fontaine, avvicinò Marcela in giardino che toglieva delle erbacce nei pressi del portico, indaffaratissima: tra meno di un’ora sarebbe dovuta essere in ufficio e da quando c’erano ben tre persone in più in famiglia, i lavori domestici triplicavano, eppure Jade non aiutava per niente, anzi…! La cognata pareva fosse convinta di essere in un albergo, stesso valeva per Clement… per non parlare di Matias a cui, ormai, rinunciava in partenza nel chiedere una mano. “- Wow, che entusiasmo! Dimmi tutto!” Esclamò la Parodi allegramente, lanciandogli una rapida occhiata che le fece subito intendere, insieme a quel tono di voce euforico, che ci dovessero essere proprio delle ottime novità per lui. L’uomo, per aiutarla, le passò un paio di cesoie e, finalmente, la donna riuscì nel suo intento di sradicare quelle pianticelle cresciute spontaneamente, che avrebbero già dovute essere potate tempo prima da Matias. “- La più importante è quella che riguarda Jade… il lavoro viene dopo…” Sorrise, quasi imbarazzato delle sue stesse parole, il francese, facendo sollevare improvvisamente il capo alla mora dal suo lavoro, per poi osservarla mettersi in piedi di colpo. felice. “- Come è andata?” Gli chiese, curiosa. “- Inizialmente male, mi ha lanciato una spazzola e ho rischiato di prendere anche una pochette in piena fronte… ma alla fine ho fatto come hai detto tu: mi sono armato di coraggio, ho chiuso la porta della nostra camera a chiave e ha dovuto ascoltarmi per forza.” Sentenziò fiero, analizzando l’espressione colpita della bruna che annuì, seria e soddisfatta. Galán prese un profondo respiro e, con orgoglio, continuò: “- …Le ho detto che non volevo più un bambino se lei non fosse stata d’accordo, che non doveva prendere a male ogni mia parola e… e che torniamo in Francia.” A quell’ultima parola Marcela sgranò gli occhi, sorpresa. “- Aspetta… quindi vi siete chiariti, ma… non capisco però come mai tornate a Parigi…” Ammise la moglie di La Fontaine, facendolo sogghignare. “- Perché questa è la seconda buona notizia che volevo darti…” Sorrise enigmatico il padre di Clement, osservandola accigliarsi. “- Domattina all’alba prenderemo il primo volo, ho saputo da fonti certe, cioè alcuni miei fidati collaboratori, che la situazione si sta a poco a poco risistemando e che buona parte delle mie imprese Europee, grazie al mio lavoro con quelle di qui, è salva!” Esclamò al settimo cielo, perdendo persino la sua solita calma ed eleganza, esultando e facendo ridacchiare la poliziotta. “- E’ una notizia magnifica, sono davvero felice! Te lo meriti!” Sorrise dolcemente, dandogli una pacca sulla spalla allegramente. “- Credimi se ti dico che senza di te non sarei riuscito in nulla di tutto ciò…” Mormorò lui, tornando serio di colpo e analizzando gli occhi azzurri della cognata velarsi di un imbarazzo che gli aveva già mostrato altre volte, dovuto alla sua umiltà. “- Ma se non c’entro nulla! Tu hai risistemato le cose sia con il lavoro che con tua moglie… io al massimo ti ho dato la spinta che ti mancava per farlo!” Si giustificò pacatamente la madre dei gemelli, abbassando lo sguardo intimidita dall’uomo e posandolo sulle sue scarpe. “- Non mi importa ciò che dirai per farmi cambiare idea… io so che è merito tuo e te ne sarò per sempre grato.” Sentenziò categorico Nicolás, osservandola rialzare il volto e annuire, ancora con le guance rosse per l’imbarazzo di quella situazione. “- L’unica cosa che mi dispiace sul serio è che, andando via… beh, perderò te e i tuoi preziosi e inestimabili consigli!” Esclamò poi con un mezzo sorriso lui, facendola sghignazzare, tesissima. “- Ma figurati!” Rise allegramente, ruotando gli occhi al cielo, divertita. “- Mal che vada potremmo sentirci lo stesso, così potrai sopportare le mie lagne ed io potrò ascoltare le tue perle di saggezza!” La corresse l’uomo, vedendola finalmente annuire, più rilassata. “- Mi mancherai, cognato!” Esclamò infatti scherzosamente, mentre lui, improvvisamente, l’attirò a sé e l’abbracciò di colpo, lasciandola esterrefatta. “- Anche tu, cognata saggia!”. Mentre i due erano stretti l’uno all’altro, Matias svoltò nel vialetto per parcheggiare proprio davanti al garage e rimase impietrito da quella visione: ancora quella morsa allo stomaco, quella stretta alla gola, quella voglia di farla pagare al francese… che diamine aveva? Perché sua moglie e il marito di sua sorella erano così vicini per l’ennesima volta? Si fiondò fuori dall’auto e, ad ampie falcate, li avvicinò furioso, con il volto rosso di rabbia, senza sapere realmente cosa volesse dire o fare di preciso.
“- Ehi Mati! Sai che domani io e la mia famiglia torniamo in Francia? Ma che…” L’uomo, come una furia, prese Nicolás per il colletto della camicia, mentre Marcela tentava di placarlo inutilmente, ancor di più quando lui sbatté l’altro contro il muro con forza, continuando a fissarlo di sbieco con la mascella contratta. “- Sono felicissimo, almeno così smetterai di ronzare intorno alla mia consorte!” Sbottò sottovoce, scandendo però ogni lettera, il biondo. “- Ma ti sei rimbecillito del tutto? LASCIALO STARE!” Gridò la poliziotta, allontanandolo da Gálan con uno spintone laterale e interponendosi tra i due, mentre il francese era ormai scivolato al suolo lungo la parete, scioccato e terrorizzato dal La Fontaine. “- Nico, stai bene?” Gli domandò la bruna, chinandosi a controllare se l’uomo fosse in grado di rialzarsi da solo. “- Ma guardatela, come si preoccupa per lui, quante premure…!” Sbottò il marito di lei, sbracciandosi furioso, per poi continuare, nervoso come mai in vita sua: “- …Sei un bastardo! Nei confronti di mia sorella, nei miei!  Ti ho ospitato con la tua famiglia in casa mia senza pensarci due volte e tu…” “- ADESSO BASTA, DIAMINE! STA’ ZITTO!” Urlò la Parodi, lanciandogli un’occhiataccia letale, lasciando poi perdere l’europeo che sconvolto si stava rialzando per avvicinarsi a lui, più ferita che arrabbiata. Come diavolo poteva essere geloso di quella amicizia? Era forse impazzito? Il sospetto che al marito desse fastidio la sua vicinanza all’altro uomo lo aveva già da un po’… ma lei aveva la coscienza apposto, era lui che doveva farsene una ragione e smetterla di essere così ossessivo, immaginandosi cose dove non ce n’erano.
“- Ma come ti permetti? Per chi mi hai presa? Pensavi davvero che tra me e Nicolás ci fosse qualcosa?” La poliziotta, le braccia incrociate al petto e l’aria delusa, sperava che lui le dicesse che non fosse così… ma non accadde nulla. Matias non rispose e la fissò, comprendendo che, con quell’atteggiamento, avesse fatto soffrire soprattutto lei che non lo meritava per nulla. “- Non dire altro… ho già capito.” Rispose la donna, mordendosi un labbro nervosamente e superandolo per rientrare in casa, ma fu Galán stesso a fermarla per un polso, volendo che le cose tra i due sposi si chiarissero quanto prima: Marcela lo aveva aiutato sempre e l’ultimo dei suoi desideri era distruggere il suo matrimonio, sentendosene, tra l’altro, in parte responsabile. “- Aspetta, Marcy…” La chiamò, facendola voltare appena, mentre continuava a tenere lo sguardo basso sul prato. “- …Matias, ho capito che forse hai scambiato il mio affetto per tua moglie per… qualcos’altro, ma sappi che io amo Jade e poi non mi permetterei mai di rubare la tua donna, credimi!” Si giustificò, vedendo annuire debolmente il biondo. “- Scusami, io… non so cosa mi abbia preso.” “- Lo so io cosa ti ha preso… ti ha preso che non ti fidi di me, ecco tutto.” La bruna, alzando improvvisamente il volto e specchiandosi negli occhi altrettanto azzurri del marito, esclamò quella frase con aria quasi disgustata. “- …Qui lui non c’entra niente, Matias… qui il problema siamo noi due, a quanto pare… o meglio… sei tu.” Continuò la madre di Leon e Francesca, vedendo il marito scuotere il capo tristemente. “- Io non… non avrei dovuto, hai ragione. Perdonami.” Le disse piano, tentando di prenderle le mani ma osservandola fare un mezzo balzo indietro per evitarlo, ancora troppo delusa. “- Voglio stare da sola e poi… devo andare in centrale… scusate.” Ribatté la donna, distrutta da quella situazione, avviandosi poi verso il portico. Davvero suo marito era arrivato a tanto? Non solo stava per picchiare Galán ma, accusando lui di averlo tradito, implicitamente accusava soprattutto lei… e la cosa la mandava in bestia. Quanti anni erano che stavano insieme? Tantissimi, sin da quando erano due ragazzini… e da quando la gelosia, sempre avuta dall’uomo, si stava trasformando addirittura in mancanza di fiducia nei suoi confronti? Si fiondò in casa sotto lo sguardo sconvolto di Leon che era seduto sul divano accanto a Violetta, con la quale stava chiacchierando allegramente del più e del meno. “- Mamma ma cos…? MAMMA!” Gridò il ragazzo invano, venendo del tutto ignorato dalla bruna la quale, per tutta risposta, sbatté la porta della camera da letto, al piano di sopra. “- Ok, perdonami… di solito è più tranquilla…” Si giustificò il castano, facendo scuotere il capo alla Castillo con noncuranza. “- Ma figurati! Capita a tutti di essere furiosi! Come se non la conoscessi poi… mia suocera!” Esclamò divertita la giovane facendo sghignazzare Leon. “- Ah, beh tu sei sicura di voler stare con me e di entrare in parentela con una suocera esaurita, un suocero folle e una cognata secchiona e insopportabile?” La schernì il giovane, avvicinandosi piano al suo orecchio, facendole avvertire il suo fiato caldo sul collo. “- Per te, tutto…” Soffiò piano lei, voltandosi di colpo e rimanendo ad un centimetro dalle sue labbra, sfiorandogliele poi piano e dolcemente. “- Ma che bel quadretto!” Una voce fastidiosa con il suo tipico forte accento francese, d’un tratto, li fece sobbalzare e staccare di colpo. “- Che vuoi? Era così bello quando te ne stavi sempre rintanato di sopra senza dar fastidio al mondo intero…!” Sbottò di colpo Leon, scattando in piedi, mentre Clement si accomodava come se nulla fosse sul sofà accanto a loro. “- Volevo solo salutarti… domattina ce ne torniamo a casa nostra, finalmente.” Esclamò come se nulla fosse, lasciando basito il cugino. “- Sul serio? E chi devo ringraziare per questo miracolo?” Sorrise ironicamente il La Fontaine, mentre Violetta, da sempre irritata da quel giovane, se ne rimase in silenzio ad ascoltare. “- Mio padre, lo zietto Nicolás…” Disse con tono sarcastico lui, accentuando quelle ultime due parole. “- Bene, buon viaggio.”  Sentenziò stizzito il castano, sedendosi di nuovo accanto alla sua fidanzata e stringendole le spalle con un braccio. “- La smetti di maltrattarmi? Volevo… chiedervi scusa, in fondo sono stato davvero insopportabile…” ridacchiò, quasi fiero di sé stesso, il francese, facendo accigliare i due che si voltarono a fissarlo, confusi. “- Non le accetto le tue patetiche scuse! E sappi che non mi mancherai affatto!” Sbottò Leon, mentre Violetta gli tirò un po’ la manica della camicia, per farlo girare nuovamente nella sua direzione, implorandogli con lo sguardo di salutarlo almeno, come di dovere. “- Non mi guardare così, tu, tanto è inutile…” Le sussurrò il figlio di Matias, ruotando poi gli occhi al cielo. “- D’accordo, d’accordo… accetto le tue… scuse, credo. E ringrazia la mia fidanzata per questo!” Sentenziò, accentuando con il tono di voce le parole “mia” e “fidanzata”, facendolo sorridere di gusto. “- Vado a preparare le valige… sapete che in fondo non siete poi così male insieme?” Disse d’un tratto l’europeo, rimettendosi in piedi e osservano i ragazzi scambiarsi una rapida occhiata, confusa. “- Nel senso che la stupidità di mio cugino e il suo essere malvagio sono compensati dall’intelligenza e dalla dolcezza tua, Vilu… invitatemi al vostro matrimonio, ci conto! Au revoir!” Li salutò Clement, prima di dirigersi verso il piano di sopra. “- Ok, lascialo perdere…” Sorrise la Castillo, osservando l’aria tuttavia nervosa del suo ragazzo. “- Andiamo a fare una passeggiata, devo sbollire…” Commentò Leon, alzandosi e prendendole la mano. “- Dove mi porti, mio Principe?” Gli chiese la castana, allacciandogli le braccia al collo teneramente, osservando il suo viso addolcirsi a quel gesto. “- E’ una sorpresa…” Soffiò piano il giovane, lasciandola incuriosita come una bambina, seppure nemmeno lui sapesse di preciso dove condurre la figlia di German, per poi coinvolgerla in un bacio appassionato e carico di sentimento.
 
 
“- No, ragazzi io non ne ho il coraggio, voi siete pazzi!” Andres, fuori al Restò Bar, tentennava sul da farsi, mentre sia Camilla che Seba, sbuffarono sonoramente, quasi in coro. Ci erano volute due settimane per convincerlo anche solo a riavvicinarsi al locale di Angie, e, proprio quando con una scusa, i due fidanzati erano riusciti a trascinarlo lì davanti, lui insisteva ancora nel non voler entrare. “- Non è così difficile… tu entri, noi ti seguiamo, ti siedi ad un tavolo e la chiami per fare un’ ordinazione… al resto ci penso io!” Esclamò solenne la Torres, elencando tutte le azioni da compiere come se stesse progettando una missione di guerra. “- Ma io non…” “- MUOVITI!” A quel grido della rossa, Seba mantenne la porta aperta e l’altro venne spinto dentro con foga dalla ragazza, rischiando quasi di inciampare appena sotto la soglia. Alcuni dei clienti accomodatisi nei pressi dell’entrata, si voltarono a fissarlo un po’ perplessi, mentre Libi, indaffaratissima, vagava come una trottola impazzita dal bancone alla sala e neppure si accorse di nulla. “- Non mi ha notato nemmeno così! E’ inutile!” Sussurrò demoralizzato Andres ai suoi due accompagnatori che camminavano a pochi passi dalle sue spalle. “- Ringrazia al cielo che non abbia visto! Stavi per spiaccicarti al suolo!” Sbottò sottovoce il fratello, facendo annuire la sua ragazza che gli prese dolcemente la mano. “- Fiducia in te, cognatino! Ce la puoi fare ed io aiuterò, te lo prometto!” Commentò la giovane vedendolo annuire e, prendendo un profondo respiro, avviarsi verso un posto libero in un angolo, seguito a ruota da Camilla e Seba che si sedettero appena dietro al suo tavolo. Pochi secondi dopo, tempo durante il quale Andres si era nascosto completamente dietro al Menù per studiare le mosse della sua amata con attenzione, un uomo dai capelli ricci si avvicinò a lui facendolo sobbalzare, inciampando sui suoi stessi piedi e aggrappandosi alla sedia del giovane, quasi tirandoselo per terra. “- Aiuto!” Gridò quello che sul cartellino appuntato in petto aveva scritto il nome di “Beto”, mentre il Calixto, terrorizzato, provò a rimetterlo in piedi con non poche difficoltà. “- Sta’ bene?” Gli chiese il ragazzo preoccupato, mentre finalmente Libi,  passando presso il loro tavolo, lo aiutò a sorreggere il collega che tornò in piedi da solo. “- Tutto ok, grazie, giovanotto!” Esclamò trafelato Benvenuto, passandosi una mano nella riccia chioma corvina, mentre la giovane cameriera si allontanava di nuovo verso gli altri clienti, essendosi assicurata che, anche quella volta, l’ultimo arrivato al Restò Bar non si fosse fatto male. “- Che ti porto?” Gli chiese poi Beto, tirando fuori un taccuino dalla tasca della camicia e una matita da dietro ad un orecchio. “- Lei…” Sussurrò deluso Andres, indicandogli con un cenno del capo la sua amata, la quale, con un vassoio stracarico di bicchieri colorati, ritornava al bancone. “- Ah… ma io ho capito tutto, allora!” Ammiccò l’uomo, per poi fare l’impensabile: a gran voce chiamò la ragazza che, di fretta e furia, si precipitò verso di lui, con aria distrutta. “- Libi, servi tu il giovanotto che io penso di essermi slogato una caviglia, prima… a dopo!” Esclamò il cameriere, vedendo accigliarsi la mora che, confusa, fece passare il suo sguardo da Beto che si allontanava, al cliente che le sorrideva, teso. “- Ciao, che ti prendi?” Gli chiese allora la nipote di Olga, ancora presissima dal suo taccuino che sfogliava nervosamente: quel ragazzo di fronte a lei la imbarazzava, era davvero carino e preferiva fingersi occupatissima e far presto: non poteva perdere tempo ad innamorarsi… “- Qualunque cosa, a patto che tu ti sieda a berla con me…” Sussurrò Camilla, cercando di non farsi sentire se non da Andres, sporgendosi verso di lui che era seduto davanti a lei, il quale, però, la ignorò e fece di testa sua. “- Sei indaffarata, se vuoi ti aiuto… gratis ovviamente! Ed ora che il tuo collega si è fatto male potrei esserti molto utile…” Le suggerì, lasciandola di stucco. “- Io non sono la proprietaria e non so se…” “- Non fa nulla. Sono imbranato quanto quel tizio, te lo giuro!” Scherzò il ragazzo, incrociando i suoi occhi e facendola sghignazzare di gusto. “- Piacere, Andres.” Le disse, allungandole la mano che venne subito stretta da lei. “- Io sono Libi… diamoci da fare, allora!” Esclamò allegramente la ragazza, che doveva ammettere, con l’infortunio dell’altro cameriere, era già davvero in crisi. Seba guardò la fidanzata, mentre il fratello si allontanava dietro alla bruna e sospirò: “- Non sempre servono i tuoi consigli, tesoro mio… avevamo sottovalutato il bassista e il suo nuovo amico Beto, il maldestro arguto!” Sentenziò, per poi schioccare un tenero bacio sulla guancia alla rossa che, felice per il cognato, sorrise soddisfatta: in fondo, anche se c’entrava poco… anche in quell’avvicinamento, secondo lei, c’era comunque il suo zampino e forse, alla fine, era davvero così.
 
 
“- Ammetto che questo zucchero filato è eccezionale!” Violetta, mano nella mano con Leon, camminava su una delle spiagge più grandi della capitale: i due ragazzi si erano spostati con la moto del giovane per fare una passeggiata ed erano finiti in centro, nella zona costiera alla quale, comunque, il bordo di Madeira non aveva nulla da invidiare per la bellezza dei suoi paesaggi. “- Voglio assaggiarlo!” Si lamentò il ragazzo ridendo, facendole scuotere il capo, con fermezza. “- Ancora? Ti sei già mangiato il tuo, scordatelo!” Lo schernì, facendogli una linguaccia e vedendolo assumere un’espressione corrucciata. “- Mi sento offeso!” Scherzò lui, schioccandole poi un lieve bacio sulla guancia e osservando la sua reazione: la castana, al semplice contatto con le sue labbra, socchiuse gli occhi e prese un profondo respiro, sentendo il cuore accelerare di colpo i suoi battiti. “- Ok, ok…” Balbettò la giovane, cercando di ritrovare il controllo dopo quel leggiadro e dolce gesto da parte di lui. “- Te lo regalo…” Continuò, mentre un lampo di genio le attraversava la mente. “- …Ma solo se riuscirai a prendermi!” E, a quelle parole, iniziò a correre sulla sabbia dorata, lasciando di stucco Leon che, inizialmente rimasto immobile, prese poi a seguirla rapido, partendo con qualche metro di svantaggio a rendergli ancor più difficile l’impresa. La Castillo svoltò dietro ad una barca capovolta sul bagnasciuga e il ragazzo continuò a starle dietro, cominciando a ridere e rallentando ancor di più nella velocità. “- Tanto ti prendo, principessa!” Scherzò lui, piegandosi sulle ginocchia per provare a riprendere fiato: il sole stava tramontando e un leggero venticello pungente si levava nell’aria, sferzando il viso del ragazzo che, quando risollevò lo sguardo, non incontrò più quello della giovane di fronte a sé… dove si era cacciata? “- Violetta, ma dove sei?” La chiamò, per poi, cominciando a preoccuparsi sul serio, aumentare il tono della voce. “- VILU!” Gridò, camminando verso una fila di cabine abbandonate… che si fosse nascosta in una di quelle? Le raggiunse a passo rapido, il cuore in gola e la paura di averla persa, mentre mille ipotesi si facevano largo nella sua mente… un’ansia tremenda si impossessò di lui e cominciò ad aprire nervosamente le porte in legno delle strette strutture. Nulla. Poco distante, c’era un piccolo cottage in legno, l’ultimo posto dove avrebbe potuto trovarla… doveva essere lì, per forza. Corse verso quell’ennesima speranza di rivedere il volto che tanto amava e, spalancando quell’entrata, la trovò lì dentro, seduta su un lettino sgangherato, mentre alla parete erano appoggiati almeno una dozzina di ombrelloni, accatastati lì in attesa della prossima stagione estiva. “- Mi hai trovato… peccato che nella corsa abbia fatto cadere il tuo premio… ora è diventata una cotoletta di sabbia!” Rise la ragazza, sottovoce, alzandosi e allacciando le braccia al collo a Leon che, tirando un sospiro di sollievo, la strinse inaspettatamente a sé, più rilassato. “- Non farlo più, mi hai fatto prendere un colpo!” Le sussurrò ad un orecchio, per poi perdersi a fissarla dritto negli occhi castani che esprimevano tutta la dolcezza caratteristica della sua Vilu. “- Mi dispiace, non volevo spaventarti…” Mormorò appena la giovane, prendendogli poi il viso tra le mani e accostando la sua fronte a quella di lui, senza però perdere il contatto visivo: era come se i loro sguardi fossero incatenati l’uno all’altro e nessuno dei due aveva intenzione di spezzare quella semplice magia. “- Ti amo…” Soffiò d’un tratto il castano, sfiorandole una guancia in una carezza, mentre lei continuava a tenergli il viso, teneramente. “- Io di più…” Balbettò, tesa, Violetta, per poi correggersi di colpo, ricordandosi di quanto lui adorasse sentirsi dire per bene quel tipo di dichiarazioni: “- Io di più, ti amo anche di più…” Sorrise infatti, sentendo il respiro caldo di La Fontaine sulla sua bocca, sino a quando il ragazzo, improvvisamente, fece congiungere le loro labbra, coinvolgendola in un bacio travolgente, al quale la ragazza rispose con il medesimo trasporto, affondando le dita nei suoi capelli sottili e attirandolo ancor di più a sé, pensando di impazzire per tutta quella passione: i brividi le scossero persino le ossa e il cuore batteva così forte che credé seriamente di vederlo schizzare fuori dal suo petto da un momento all’altro. Non era di certo abituata ad una situazione del genere e le gambe presero a tremarle ancor di più, quando il ragazzo, dopo aver girato una pesante chiave in bronzo nella serratura, delicatamente, la fece adagiare su di sé che si era disteso su quella malconcia branda su cui, pochi minuti prima, era seduta lei. “- Se non ti senti pronta io…” Ma la giovane, intuendo dove volesse andare a parare il ragazzo con quelle semplici parole, scosse il capo con foga, sorridendogli. “- Sono pronta.” Gli sussurrò ancora, ad un centimetro dalle sue labbra, per poi baciarlo di nuovo, dolcemente. Il ragazzo voleva essere sicuro che la sua amata fosse decisa a compiere quel passo, altrimenti avrebbe potuto aspettare, anche una vita se fosse stato necessario: non aveva alcuna fretta, seppure la voglia di lei fosse incredibilmente forte e crescesse sempre di più. Ogni carezza, ogni sguardo, anche la semplice voce di Violetta lo facevano sragionare e sapeva che, presto o tardi, sarebbe accaduto quello che, in quel momento, stava per succedere. Leon, prendendo a baciarle il collo con passione, le fece scivolare via la maglietta delicatamente, mentre la ragazza, con mani tremanti, prese ad armeggiare con i bottoni della sua camicia a quadri che, finalmente, riuscì a togliergli, gettandola al suolo in un punto indefinito di quel cottage, venendo raggiunta, a mano a mano, da tutti gli indumenti dei due innamorati, i quali, dolcemente e sussurrandosi dolci parole d’amore, passarono quel pomeriggio insieme con tutta la tenerezza che avevano nell’anima. Furono attimi fatati e indimenticabili: Violetta, grazie a lui, trascorse dei momenti incredibilmente magici, come non avrebbe mai immaginato di vivere e Leon, a sua volta, si incantò più volte a fissarla… era così fragile, così dolce, così timida… la amava, amava da morire la sua fidanzata e non era mai stato tanto bene in tutta la sua esistenza.
 
 
“- Amore, ehi… dovremmo tornare a casa…” I ragazzi, abbracciati su quello spazio tanto ristretto, erano distesi da un tempo ormai indefinito e Leon soffiò quella frase tra i capelli della Castillo, sparsi in parte sul suo petto nudo. “- Voglio stare con te, per sempre…” Sussurrò la castana lentamente, stringendosi ancor di più al suo amato, solleticandogli l’addome con il suo caldo respiro, regalandogli una sensazione di un’incredibile tranquillità. “- Anch’io…” Fu quella volta lui a ridurre la frase, per poi riprendere subito a specificare: “- Anch’io voglio stare con te, per sempre…” Le disse piano, sentendola sogghignare e facendole sollevare il volto, per poi incrociare i suoi grandi occhi castani che tanto adorava. “- Sei incredibile!” Esclamò, dandogli un piccolo buffetto scherzoso su una guancia, facendolo sorridere. “- Beh, immagino che anche tu volessi sentirti dire tutta la frase, per estesa…” Si giustificò lui, lasciandole un tenero bacio sulla fronte, osservandola socchiudere gli occhi e godersi anche quella piccola attenzione romantica. Quanto era fortunata ad avere accanto un principe come Leon? Finalmente si sentiva bene, finalmente riusciva a guardare al futuro senza l’angoscia che di solito la caratterizzava, dopo tutti i drammi che aveva dovuto attraversare: ora aveva lui al suo fianco ed era sicura che tutto sarebbe stato meraviglioso… non era sola.
“- Hai fatto bene, in effetti è fastidioso sentire qualcosa per metà… avevi ragione.” Scherzò ancora Violetta, mordendosi un labbro, a disagio, studiando poi la sua reazione che non tardò ad arrivare. “- Non ci credo! Come hai detto?” La schernì lui, mettendosi a sedere e costringendo anche lei a rimettersi in posizione seduta, ancora però accoccolata tra le sue possenti braccia e la nuca appoggiata sul suo petto. “- Ho detto che avevi ragione, ma non farci l’abitudine, amore mio!” Sorrise ancora la castana, alzandosi poi per rivestirsi. “- ’Amore mio’… mi piace anche di più dell’ ‘avevi ragione’… neanche a quello posso farci l’abitudine?” La provocò Leon, infilandosi i jeans e prendendo ad abbottonarsi la camicia, seguendola e cingendole la vita, mentre era di spalle, sorprendendola e osservandola voltarsi di colpo, allacciandogli subito le braccia al collo. “- A quello sì, amore mio… non smetterò mai di dirtelo e di reputarti tale...” Ribatté teneramente lei, per poi depositargli un tenero bacio a fior di labbra, finendo di prepararsi per tornare a casa. I ragazzi, una volta pronti, uscirono, rendendosi conto solo in quel momento che fosse calata la sera: quanto tempo erano rimasti lì dentro? Evidentemente ne avevano perso la cognizione… quello fu il pensiero che accomunò i due e, mano nella mano, si avvicinarono al luogo dove Leon aveva parcheggiato la moto, sentendosi ancora più uniti che mai, mentre un forte profumo di salsedine invadeva le loro narici e una mezza luna nel cielo, che aveva fatto da poco la sua comparsa, li vegliava dall’alto.
 
 
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Ciao! :)
Leonetta! asodofgog sto sclerando, gente! :3 Lascio a voi i commenti, sono troppo dolciosi, aw! :3 Poi abbiamo gli accenni della AndresxLibi che, finalmente, si conoscono, e litigio Maticela… Nico, Jade e Clemy sloggiano, olé! XD Alla prossima e grazie a tutti, ciao! :) DulceVoz. :)
  
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