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Autore: _Aly95    13/04/2015    1 recensioni
(REVISIONE in corso capitoli)
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"Durante quel racconto aveva ricordato ciò che il corpo non aveva mai dimenticato: la sua pelle, le sue mani fredde, che si infilavano sotto la propria carne, quel suo sangue di ghiaccio, da predatore paziente e calcolatore, implacabile. E quel suo senso di superiorità e di potere che sprigionava con ogni parte del suo essere, la sua natura possessiva e misteriosa: sbagliato, forse morboso, ma era ugualmente eccitante. [...] Era rabbrividita, con un certo timore: un essere del genere, avrebbe mai trovato la pace, in particolare nella sua folle vendetta..?
Si stava sciogliendo. Sciogliendo tra la neve."
[Pre-Thor] / [Post-Avengers] - [Thor: The Dark World] - [Post- Thor: The Dark World]
Il destino mescola le carte e noi giochiamo _ Arthur Schopenhauer
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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‹‹Lo SHIELD ha molta fiducia in te, Thor..›› commentò con ironia Jane intanto che aggeggiava con foga sul bracciale di metallo che gli circondava la tibia; lo avevano chiamato “rilevatore di posizione”. Non aveva capito granché di come funzionasse, o il fine della scarica elettrica che l’avrebbe attraversato se lo avesse tolto senza attenzione – era un dio, il Dio del Tuono a maggior ragione: una scossa non gli avrebbe fatto nulla; l’importante era sapere che tramite quella roba il centro di organizzazione conosceva ogni luogo in cui si sarebbe spostato, in ogni momento del giorno. In pratica, lo stavano pedinando meglio della sua stessa ombra.
Nick Fury aveva fatto bene i suoi conti sulla fiducia da riservargli.
‹‹Cosa hai combinato questa volta? Gli hai distrutto mezza agenzia in stile Chuck Norris?››
Guardò la stagista, le cui gambe erano avvolte da un misero pezzo di pelle nera (“Non le avete le minigonne, lassù..?”), col sopracciglio alzato. ‹‹..In stile cosa?››
Gli sfuggivano le associazioni dei Terrestri.
‹‹Lascia perdere.. Darcy intendeva dire che cosa tu abbia fatto per farti trattare come un pericolo.. ambulante, ecco. Io aggiungerei anche come un criminale..››
Mugugnò. ‹‹Temono che possa tornare da solo ad Asgard››. E che raggiunga Svartalfheim sottraendogli Loki.
‹‹Lo fai sempre e comunque, alla fine, no? Perché scomodarsi tanto?››.
Il Dio del Tuono lanciò un’occhiata all’amata, che aveva repentinamente piegato la testa verso il dispositivo, per nascondere l’osservazione truce e triste che la domanda di Darcy Lewis avanzava.
“Mi lasci sempre qui, da sola..”
Si perse tra i filamenti castano ramati che le ricadevano morbidi davanti alle spalle, delicatamente mossi sulle punte, che si perdevano tra le pieghe della sciarpa beige e nocciola; le labbra morbide che tradivano sempre una nota di scettico stupore, forse un filo d’ansia e di imbarazzo, che spariva subito quando guardava il suo amato cielo.
Bellissima.
Era la prima parola che il dio aveva formulato nella propria mente non appena l’aveva scorta, svegliandosi dopo essere stato aggredito dal suo furgoncino, anni prima.
Sollevò gli occhi ambrati su di lui, sorridendogli un po’ timida. ‹‹Ho quasi fatto, manca poco››
Annuì con sguardo confortevole, accarezzandola con gli zaffiri, per poi cambiare oggetto del pensiero, concentrandosi in silenzio.
Doveva entrare nella base dello SHIELD e liberare la dea.
Il problema, in sostanza, era aggirare Fury e l’orda di guardie che avrebbero presieduto la stanza in cui Lorelei era tenuta sotto controllo; sicuramente, non lo avrebbero lasciato avvicinare nemmeno per sbaglio alla cella.
Jane si alzò, massaggiandosi la schiena. ‹‹Dunque, da quello che ho capito, non dovrebbe essere molto complicato levarlo senza far saltare l’allarme..››. Si morse le unghie, pensierosa. ‹‹Basta solamente aprire con cura la custodia, interrompere il flusso elettrico che  mette in contatto il..››
‹‹Ehi, Terra chiama Jane Foster! Parla come mangi, grazie!››
Sospirò, alzando gli occhi al cielo, tesa e preoccupata. ‹‹Sì.. non importa, tanto devo farlo io..››
Prese il suo volto dolce tra le mani, togliendole un ciuffo castano dagli occhi meravigliosi. ‹‹Jane, non voglio costringerti..››
Scosse la testa. ‹‹No›› sentenziò congiungendo le labbra rosee. ‹‹Io voglio farlo››. “Per te. Per dimostrarti che anch’io sono forte. Che non sono da meno di nessuna talentuosa dea”
Mentre lei si perdeva nello stesso azzurro zaffiro del suo cielo, nel celeste brillante che la faceva sognare, lui si abbandonava alle sensazioni di un bacio semplice ma intenso.
Grazie. Su di te posso sempre contare.
‹‹E io cosa faccio?››
L’astrofisica mise le mani sui fianchi, con cipiglio severo ma complice. ‹‹Tu fai la guardia al laboratorio. E' un compito difficile: se lo SHIELD telefona, tu devi eluderli››
La donna arricciò le labbra, delusa. ‹‹Ti becchi sempre la parte migliore: tu hai un dio per fidanzato, tu vai ad Asgard, tu..››
‹‹.. rischi la vita per tutti questi motivi..››.
Jane si voltò di scatto verso di lui, mettendosi la mano alla bocca ‹‹Thor, non intendevo darti la colpa, io..››
‹‹Non devi scusarti›› minimizzò distogliendo lo sguardo. E' la verità, purtroppo..
La donna gli accarezzò appena la mano, aprì la bocca per cercare di spiegarsi, ma la interruppe con un sorriso tirato. ‹‹Andiamo››
L’aveva messa in pericolo già troppe volte; non si poteva definire un fidanzato perfetto. Anzi.
Ella annuì, con una smorfia rassegnata e delusa, precedendolo alla porta e scortandolo all’auto.
L’aria era tesa, come sempre, su Midgard.
Quel mondo gli aveva insegnato parecchie cose, lo aveva fatto crescere in spirito e coscienza.
Gli aveva mostrato il senso del tempo, e la paura di scomparire prima di riuscire, prima di aver fatto quel che si voleva o doveva fare.
La fragilità.
L’importanza di ciò che si ha di veramente più caro.
L’amore.
Fratello, come puoi disprezzare un mondo tanto delicato quanto tenace..?
Certo, esisteva anche l’altro lato della medaglia, ma quale popolo non aveva commesso i propri sbagli? Quale regno non possedeva i propri macabri trofei, che amava seppellire sotto la sabbia e, quanto più li celasse, più risalivano verso la luce del sole?
E questo valeva anche per la sua famiglia: quanti errori avevano fatto, ma più cercavano di nasconderli, più Loki li faceva riemergere?
Non è stato il migliore dei padri, fratello. Ma non per questo tu hai la libera licenza di comportarti come una vittima dalla visionaria inferiorità.
Non sei l’unico ad aver sofferto nell’intero universo, Loki.
La voce del direttore lo riscosse dai suoi pensieri, mentre la mano di Jane nella sua gli aveva impedito di smarrirsi.
‹‹Dottoressa Foster, che piacere rivederla››
Jane abbozzò un sorriso carico di disagio. Aveva già avuto a che fare con lo SHIELD, e l’accaduto non le aveva riservato molto desiderio di trovarlo di nuovo sulla propria strada.
Nick Fury fece un cenno ad un agente perché la prendesse in custodia, poi gli fece strada verso alcuni pannelli luminosi, pieni di immagini e scritte, davanti ai quali si trovavano una decina di persone attente e con gli occhi secchi per le troppe ore passate davanti agli schermi accesi.
‹‹Allora, Thor, adesso siamo sulle tracce del dottore. Sembra che si sia nascosto meglio dell’ultima volta; ci vorrà qualche ora prima di individuare il suo volto tra le lande desolate della Siberia..››
Il dio lanciò un’ultima occhiata all’astrofisica prima che ella si decidesse a seguire l’agente.
Era tesa, lo si vedeva. Ma avrebbe portato a termine l’incarico, anche se ciò avrebbe significato anticipare la sua partenza; dividersi di nuovo, senza aver trascorso un tempo che il mondo sembrava continuamente rubare.
“E' sempre questione di Loki”
Forse. E forse non ci sarebbe mai stata una fine, se non quella di uno o dell’altro. Di entrambi.
Gli occhi di Jane lo rassicurarono, e seguì la sua piccola figura con lo sguardo sin fuori dalla stanza.
Ce l’avrebbe fatta, ne era sicuro.
Perché Jane era così.
Forte.
Era quella la seconda cosa che aveva pensato di lei.
 
 
 
Il rumore del pass che annunciava l’apertura della porta.
Il Dio del Tuono era venuto a liberarla.
Finalmente.
Scosse i capelli prima per un verso e poi per l’altro, impaziente.
Voglio togliermi questo maledetto collare.
Ma quello che entrò dalla porta, quella piccola e fragile cosa, le dette un colpo al sangue, facendoglielo pompare nel verso opposto.
‹‹Non gridare. Sono venuta a liberarti..››
Strizzò gli occhi, incenerendola con lo sguardo.
Fragile e stupida. Ho un collare, cretina.
L’esserino midgardiano, a malapena passabile per decente in bellezza, quanto più inutile per la sua debolezza fisica, le provocava un eccessivo attrito di ribrezzo per i bronchi.
La vide piegarsi sulla sua gamba, incurante del collare che le copriva collo e bocca, o delle pesanti manette che le sfregavano i polsi. Tirò fuori alcuni oggetti dalla borsa, successivamente ripose la sua completa attenzione all’affare.
‹‹Lo tolgo senza disattivarlo, così che nessuno si accorga della fuga: guadagneremo tempo..››.
Umpf. Non c’era bisogno di non farsi scoprire; sarebbe bastato che le liberasse la bocca e le corde vocali per poter viaggiare senza problemi né fretta, adorata come una regina da schiavi più fedeli di un cane.
Piantò gli occhi sulla sua nuca. Sarebbe bastato chiudere le dita attorno alla sua testa per spaccargliela. E se avesse esagerato, nessuno ne avrebbe trovato più nemmeno i cocci.
Una donna insignificante.
Questo il suo corpo le comunicava, e Lorelei si era sempre fidata del suo istinto: costituiva d’altronde il motivo dell’eccessiva volubilità nei suoi desideri.
La ragione serve per saziare l’istinto.
‹‹Ho quasi fatto..›› sembrò volerla rincuorare con la sua voce stuccosamente smielata.
Osservò l’intrecciarsi delle sue dita con il dispositivo. Tremavano appena.
La donna le tolse delicatamente l’oggetto, posandolo dall’altra parte della minuscola cella. Quando tornò verso di lei, parve indecisa sul da farsi. Alla fine alzò gli occhi sul suo viso, convintasi a maneggiare il collare di ferro, tanto fastidioso quanto umiliante, che le raschiava la carne del collo e delle labbra ad ogni movimento troppo azzardato.
Mentre quella ispezionava indaffarata la museruola, la dea comprese il motivo esatto di quell’immediato e profondo ribrezzo.
Negli occhi castani leggeva un amore indefinibile per l’amato. Un uomo caduto dal cielo come il principe azzurro di una fiaba, che poteva cercare di trattenere invano, tra quattro mura intime, solo con gli occhi e qualche sguardo di sfuggita. Un uomo potente e forte, perfetto, che aveva paura di perdere, ma a cui non aveva il coraggio di chiedere di restare, non con le parole, né con niente.
Perché si trattava dell’uomo dei suoi sogni, e temeva che toccandolo troppo a fondo, domandando qualcosa di forse illecito, si sarebbe dissolto velocemente come quando ci si sveglia la mattina. E poi sarebbe esistito davvero in sogni spezzati.
Un amore puro e forse infinito, che Lorelei poteva solo guardare dietro un vetro che la isolava dal provarlo sulla propria pelle, nel proprio cuore. Intanto l’invidia cresceva, maledetta per la sua capacità di leggere ma non poter vivere quel che di grande scorgeva.
Un moto di desiderio verso l’amore del Dio del Tuono la spinse a prolungare i suoi piani. Già le pompava nel sangue l’adrenalina impaziente disentire quell’amore per sé.
Con un sonoro scatto, fu liberata anche del collare.
Arricciò le labbra indolenzite, deglutì con agognata liberazione la saliva.
‹‹Le manette›› freddò la mortale.
La vide deglutire. ‹‹Non immaginavo avessi le manette.. non credo di essere in grado di..››
Come diceva? Ah sì, donna inutile.
‹‹Per curiosità, come hai fatto a giungere sino a qui?››
Quella sorrise appena, meno intimorita. ‹‹Ho steso la guardia con la mia borsa›› la alzò con fatica da terra. ‹‹Era piena di mattoni. Quindi gli ho preso il pass e sono arrivata qui..››
La guardò di sbieco. ‹‹Come hai fatto a superare le guardie qui fuori?››
Tirò fuori una boccetta spray dalla tasca. ‹‹E' stata più fortuna che altro, in realtà››
La dea si scostò i boccoli rossi dietro la spalla, lanciandole un’occhiata piena di disprezzo. Si schiarì la voce, sospirando infastidita e annoiata dalla conversazione. ‹‹In ogni caso, sei giunta qui e non sai come liberarmi..››.
La porta si aprì, e due uomini in divisa, intontiti mentre si massaggiavano la testa dolorante, puntavano verso di loro due ridicole pistole in metallo.
‹‹Arrendetevi. Subito!››
Dette un calcio alle loro mani, forse incrinando qualche osso dei polsi.
Mi piacciono i Midgardiani: sono sempre così teneramente fragili e indifesi.. come dei cuccioli.
Dette una ginocchiata al primo, poi si gettò sul secondo, intrappolandolo contro il muro con una spallata. Quando si voltò verso la donna, le rivolse un sorriso saccente. ‹‹Guarda e impara la volubilità del cuore di un uomo››.
Anche del tuo amato dio, mia cara..
La voce diventò puro flusso morbido e curvo, infuso di naturale desiderio, dolce e irresistibile come il richiamo del proprio lato insaziabile. La graffiò nell’orecchio dell’uomo che teneva in scacco presso il muro.
‹‹Tesoro, ho un bisogno urgente che tu mi tolga le manette..››.
La resistenza dell’agente cessò, e fece quanto gli fu chiesto, mentre la dea addomesticava anche l’altro. Si fece scortare verso il corridoio, si massaggiava i polsi.
Le sarebbe piaciuto intrufolarsi nella stanza dove si trovava il direttore, le sarebbe piaciuto umiliarlo con la stessa debolezza della sua carne. Ma Thor non avrebbe gradito.
E il Dio del Tuono era in quel momento l’unica pedina che avrebbe potuto condurla al trono. E al Dio dell’Inganno e del Caos.
Perché ti giuro, avrò vendetta. E ti porterò indietro, così come è successo a me.
‹‹Signora, è stato dato l’allarme. Probabilmente verranno inviati supporti di genere femminile››
Qualcosa lo avevano imparato.
Si accorse del tremore della Midgardiana. ‹‹Cosa c’è?››
‹‹Nulla.. mi ero accordata con Thor che avremmo evitato di mettere in allarme tutta l’organizzazione.. non è andata come credevamo››
La ignorò, rivolgendosi ai due agenti. ‹‹All’uscita›› ordinò con un sorriso gioioso che non era riuscita a trattenere. Le telecamere avevano sicuramente registrato la complicità della donna che aveva dietro di sé. L’avrebbero catturata e tenuta in prigione, potendosene liberare senza sporcarsi le mani: un punto a suo favore agli occhi di Thor.
Svoltarono alcuni corridoi, fino a quando non uscirono alla luce stupenda del Sole.
Una luce calda, avvolgente e bella come il principe che correva verso di loro.
La mortale sfrecciò verso di lui, si scambiarono un abbraccio. ‹‹Ma.. Thor.. il rilevatore, dove lo hai..?››
Il Dio del Tuono si passò una mano tra i capelli dorati, sorridendo appena, massaggiandosi la gamba per la potente scossa elettrica. ‹‹L’ho distrutto: già sanno cosa stia succedendo..››
Negli zaffiri leggeva lo stesso sentimento di quella donna. Li osservò attentamente: non erano più gli occhi limpidi e ingenui di una volta, sinceri e puri.
Vi erano ombre, sfumature, nascoste.
L’esilio sulla Terra e il tradimento del Dio dell’Inganno lo avevano cambiato parecchio.
Prese un respiro, mentre la gelosia del petto le impediva di ragionare; non sarebbe stato facile accalappiarlo come una volta.
 
 
                                                                                  ***
 
 
Volse le pupille in ogni direzione, ma gli smeraldi non si trovavano più.
Li cercava, come un aggrappo sicuro. Come il Nord della sua bussola.
Aveva intravisto qualche crepa nella maschera del Dio dell’Inganno. Fine, piccola, eppure profonda come la ferita sotto il collo che si era procurato il giorno avanti in taciturne circostanze.
Uno slabbro che stava già guarendo, grazie alle sue peculiarità di divinità.
Anirei, però, non voleva che si risanasse anche l’altra, di crepa, altrimenti non avrebbe avuto ulteriore occasione per affacciarsi sulla smarrita verità segregata del suo stato d’animo.
Voglio capire; voglio capirti del tutto, senza limiti. E non voglio fallire come l’ultima volta.
Si fece spazio fra alcuni Ljósálfar riunitisi nella celebrazione sacra del Patto tra Cielo e Terra, un accordo, a quanto pareva, stretto all’alba dei tempi, secondo cui gli astri del firmamento si impegnavano a non colare come fuoco sulla terra, e questa non arrivasse a toccare la volta con le proprie creature finite. Un patto di ordine e armonia, narrato fino a pochi momenti prima dalla voce calma e calibrata del Dio dell’Inganno, attorniato dalla peculiare serafica eleganza, dinanzi agli sguardi attenti e seri degli abitanti.
Non era potuta fuggire dalla propria postazione, in mezzo agli altri, sebbene abbastanza lontana dalla sua, perché inchiodata dal flusso vibrante delle sue parole, e dallo sfavillio silenzioso dei suoi specchi pazienti: la uccidevano, facendola piombare nella melma umida del desiderio, la rendevano inerme.
Si era stuzzicata la cicatrice del dorso della mano, con tenue agitazione, fino ad arrossarla.
Durante quel racconto aveva ricordato ciò che il corpo non aveva mai dimenticato: la sua pelle, le sue mani fredde, che si infilavano sotto la propria carne, quel suo sangue di ghiaccio, da predatore paziente e calcolatore, implacabile. E quel suo senso di superiorità e di potere che sprigionava con ogni parte del suo essere, la sua natura possessiva e misteriosa: sbagliato, forse morboso, ma era ugualmente eccitante.
La potenza dei suoi sguardi non era mai cambiata: rievocava facilmente un paio di fiamme verdi osservarla con curiosa circospezione, una prima e una seconda volta, un’occhiata carica di invidia e risentimento, mentre le si piantavano nella schiena, al tempo dell’arena, sotto la guida guerriera del Dio del Tuono.
Uno sguardo che la faceva ardere, l’accendeva, intenso quanto quello antico, che però aveva sostituito una sferzata di amore sull’invidia.
Era rabbrividita, con un certo timore: un essere del genere, avrebbe mai trovato la pace, in particolare nella sua folle vendetta..?
Probabilmente no. Probabilmente non la troverà mai.
Un macchia rossa impattò veloce contro il suo abito, cadendo sul prato, confondendosi con l’erba illuminata dalla notte, in mezzo ai suoi piedi.
Si sfilò dalla testa la coroncina di rose. Strinse i morbidi petali tra le mani, osservandoli attentamente. Erano ben delineati e carnosi, il colore più intenso del sangue.
Nella mente balenò il rosso sfocato che aveva visto sull’armatura del Dio dell’Inganno, il suo volto tumefatto e pesto, pieno di ferite fresche e gravi abrasioni. La paura provata mentre aspettava chiusa nelle sue stanze, quando ancora non conosceva le sorti della sua fuga da Asgard.
Non voglio stare ad aspettare di nuovo.
Strinse con forza i fiori.
Non voglio che ti succeda niente.
Non voglio che tu vada.
Lasciò cadere la corona di fiori, dirigendosi verso la villa, correndo con fretta senza capirne davvero il motivo. Le stelle del cielo nero rifulgevano come mille occhi attenti e curiosi sul destino dei viventi. Sembravano guardarli, come neutri, o magari compassionevoli verso l’inevitabile sorte dei personaggi in scena, spettatori di teatro.
Rallentò l’andatura, riprendendo fiato con profondi respiri, allargando al massimo i polmoni.
Sospinse la porta con le dita, lentamente, affacciandosi appena nella camera.
Era lì.
In piedi, preso dalla rapida lettura di un antico volume, di cui sfogliava velocemente alcune pagine; non sembrava essersi accorto di lei.
Entrò, facendosi coraggio, fronteggiando il suo marcato profilo.
Schiarì la voce, per segnalare la propria presenza, ma Loki non diede segno di volersi voltare. ‹‹Potrebbe accorgersi che sia stato tu a sigillarlo..››. Si morse le labbra. ‹‹Ti individuerebbe subito..››. E non oso pensare a cosa potrebbe farti..
Il dio stava prestandole appena un tratto della propria attenzione, del proprio orecchio.
Gli si avvicinò con determinazione mista a una piccola ansia del corpo; gli toccò il braccio con la punta delle dita.
‹‹Cosa vuoi dirmi, Anirei?›› commentò senza guardarla ‹‹Sei venuta a ripetermi ciò che già conosco? Ti ringrazio per questo esauriente riassunto, difatti, come vedi, sono impegnato a fare il possibile per preservare la mia vita››
Alzò gli occhi su di lui. ‹‹Quindi il rischio vale eventualmente la tua vita?››
Il dio sospirò, appoggiando il volume sul tavolo, reggendosi sul bordo, con gli occhi persi davanti a sé. ‹‹Non voglio nascondermi per sempre››
In quelle parole leggeva la frase di una vita: “Non ce la faccio più a nascondermi. Voglio brillare anch’io alla luce del sole. Voglio avere anch’io quello che ha Thor. 
Perché lui può averlo e io no?”
Strinse le labbra. ‹‹E allora perché non posso aiutarti? Mi sento così inutile..››. Abbassò le ciglia. ‹‹Devo sempre attendere immobile tra quattro mura..››. Ogni volta mi sento morire dentro.
Calò il silenzio, mentre lo guardava fiso, ricambiata.
‹‹Quasi mi lusinga la tua tentata persuasione›› si voltò di nuovo a leggere, girando un altro paio di pagine, sottraendo il braccio al suo tocco. ‹‹Ora, ti sarei grato se uscissi dalle mie stanze. A meno che tu non abbia altro da aggiungere che le mie orecchie già non abbiano udito››
Rimase lì impalata, come un tronco di quercia.
Le parole uscirono da sole. ‹‹Dimmi cosa potrebbe convincerti, dunque››.
Loki le scoccò un’occhiata sospettosa, ma sempre più consapevole. Aprì la bocca, scioccandola. ‹‹Se te lo dicessi, lo faresti davvero..?››. Prese a camminare, spostandosi alle sue spalle, fuori dalla sua visuale. ‹‹Qualunque cosa ti chieda..?››. Le sfiorò la spalla con le labbra scivolando verso il collo.
Deglutì.
Le dita fredde scivolarono da poco sopra il gomito fino al polso, per poi intrecciarsi ad entrambe le sue mani, il corpo strusciò contro il proprio, il tatto delle loro vicinanza, premendo con forza e voglia, le gettò addosso un’ondata di disperata ricerca di possessione. Subita e richiesta.
Se questa fosse una guerra, non credo resisterei a lungo.. si ritrovò a pensare.
Loki si piegò sul suo collo, inserendosi sotto il mento, sulla giugulare. La morse appena, facendola sussultare.
‹‹Se ti chiedessi di uccidere Thor.. lo faresti?››. Probabilmente avvertì il movimento dei muscoli della gola quando deglutì di nuovo; rimase immobile, con i muscoli tesi. Lui strascicò la voce ‹‹Ma tanto sai che non te lo chiederei mai.. non ho forse ragione?››
Volse appena il viso, strinse le sue dita. ‹‹Confido che tu non lo faccia..››
Io mi fido di te.
Il dio serrò un momento la presa sulle sue mani, come volesse rispondere alla sua stretta; staccò i denti dalla sua pelle per risalire lungo il collo. Un sussurro mordace le penetrava nell’orecchio fino a far vibrare il timpano, un vapore caldo e umido: una tentazione a cui aveva già ceduto prima di ricevere il primo freddo contatto.
‹‹Voglio fare l’amore con te, Anirei..››
Una semplice frase che accese ogni cellula del suo essere, le incendiò la pelle come fiamma viva. Emise un sommesso lamento di desiderio, che le salì spontaneo dal petto; era così dolce l’attrito tra la loro pelle, la freddezza della sua carne pallida, quella sua voce meravigliosa..
‹‹Mi manchi tanto.. ho voglia di te››. Le sue mani sui fianchi. ‹‹Facciamo l’amore, ti prego..››. I muscoli tremavano scossi, incapaci di sopportare la portata di desiderio che le radeva al suolo ogni capacità razionale, in cui il rischio, forse il proibito, si mescolavano assieme alla brama di diventare una cosa sola, in cui toccarsi fino a bruciarsi carne e anima.
Si stava sciogliendo. Sciogliendo tra la neve.
Il cuore esplodeva nel petto, ma riuscì a volgere la testa di lato, prima che le proprie labbra finissero tra le sue; sentì il suo sorriso sulla guancia, mentre la spingeva leggermente.
‹‹Loki.. io non credo..››. Aveva voglia di piangere, le lacrime già sotto gli occhi: stava letteralmente impazzendo.
Cosa sarebbe meglio facessi?
La bilancia fu il dio stesso a mettergliela in mano. Raccolse i capelli tra le lunghe dita, immancabili brividi, costringendola a voltare la testa in direzione della porta, mentre le bisbigliava di nuovo all’orecchio.
‹‹Ti avverto; non farò un patto su quello che succederà stasera. Non ti forzerò a cadere nel baratro insieme a me, a macchiarti nel fango fetido e melmoso dell’ombra e del disonore, se tu non vorrai››
Si staccò, lasciando che i capelli tornassero sulle sue spalle accaldate. ‹‹Adesso esci da quella porta, Anirei. Esci e non voltarti››
“Esci, e dimostrami che sbaglio.
Esci, e non tornare mai più da me.
Esci, e non ti toccherò mai più.
Un’altra spina iniettata nelle vene, alla dolorosa consapevolezza del reale significato delle sue parole, che ancora una volta le gettavano in faccia un urlo di “Scegli”.
Aveva la porta davanti a sé.
A circa tre passi.
Era giusto andarsene?
Odino glielo aveva chiesto, e il Dio prima di lui. E forse prima ancora Thor, con il suo puro, forse superficiale, amore.
Uno. Due. Tre.
Si faceva prima a coprire la distanza che a contare. Era facile.
Facile chiudere gli occhi, estraniarsi. E poi correre, fino a raggiungere la parete di marmo del corridoio.
Ha ucciso e tradito, Anirei.
Mosse il primo passo.
E sembra non pentirsi di quello che ha fatto.
Fece il secondo.
Bene. Ne mancava uno. Uno solo.
E poi sarebbero stati liberi. Liberi da se stessi, e da ciò che nessuno voleva.
Probabilmente continuerà a perpetrare il proprio dolore attraverso quello altrui.
Fece il terzo.
Era sull’uscio.
Bastava una piccola spinta.
Una piccola, banalissima, spintarella.
Guardò la pavimentazione liscia, mise le mani sugli stipiti.
.. E allora?
E allora? Le sembrava poco?
E allora?
Io… io..
Deglutì.
E tu? Cosa pensi, Anirei?
Odio scegliere, non so mai quale strada prendere. Non so cosa sia migliore: faccio sempre del male a qualcuno, a me o agli altri. Ferisco, deludo: mi sento in colpa.
E non agisco mai, bloccata in questo invisibile muro di paura.
Ed era di nuovo in crisi.
Triste, spezzata, piena di collera, contro se stessa.
Si voltò indietro, arrabbiata. ‹‹Come puoi chiederlo..?››. Avanzò di un passo: per quanto fingesse il contrario, Loki aveva un cuore; un cuore lasciato sanguinare dolorosamente sul ciglio di una strada, nascosto, grida di aiuto soffocate, da bende falsamente pulite, e un atteggiamento arrogante che aggrediva chiunque si fosse chinato per scostare la fittizia medicazione.
Le labbra tremarono, i denti batterono tra di loro. Quasi nessuno si era interessato a ciò che si trovava sotto l’illusione della sua sicurezza e dei suoi modi di fare; a quasi nessuno importava. ‹‹Non hai mai alzato un dito su di me, Loki..››. Fece gli ultimi due passi.
Un altro la divideva da lui, esattamente come nella situazione precedente, davanti alla porta. Davanti alla scelta opposta.
La sua maledetta bilancia dai piatti uguali.
E adesso?
Adesso l’ultimo devi decidere di riempirlo con la tua volontà.
‹‹Loki..›› lo chiamò, la mascella vibrava. ‹‹Loki.. io..››. Stava per collassare sotto il peso soffocante delle sue emozioni contrastanti, del senso di colpa in un senso o nell’altro.
Stava cedendo sotto il peso di se stessa.
Il dio soccorse, prendendole il volto tra le mani, non lasciando gli stessi occhi che lo avevano fissato per tutto il tempo, senza abbassarsi mai.
Si alzò in punta di piedi, abbracciandolo con tutte le sue forze, avvolgendo quegli smeraldi sempre così freddi che non chiedevano altro che essere riscaldati.
Abbandonato tra le sue braccia, lo cullava mentre gli accarezzava i capelli mossi di ossidiana, portandoli dietro l’orecchio, massaggiando la nuca.
Ti ho abbandonato quando più avevi bisogno di me.. Perdonami.
Sciolse appena l’abbraccio, individuando la sua espressione addolcita e mansueta, con le palpebre abbassate, e la tranquillità di un bambino rassicurato, vezzeggiato da un abbraccio d’amore cui ha a lungo abbandonato ogni pretesa.
Lui respirava con affanno, seguendo il suo respiro.
‹‹Resta..››
Sì.
Si inarcò un poco, stampando un piccolo bacio appena sotto la mascella, fece scorrere le labbra muovendole piano, inumidendole appena, ad ogni tocco, un massaggio intenso sulla pelle eburnea. Il fuoco che bruciava lentamente nel petto, in tutto il corpo, che lui le accendeva con quei suoi occhi freddi e liquidi, penetranti, che girava piano stringendola nella morsa della voluttà; la voglia di sentire la sua carne fredda dentro di sé, sopra di sé, per sé.
 Sul letto, Loki era sopra di lei, intento a baciarle lento le cosce, dalle ginocchia fino a scendere lungo l’interno coscia, ad ogni carezza umida, brividi di un freddo piacere. Voleva colmare la soddisfazione che trovava sempre sulle sue labbra sottili e velenose, e avvolgere con le proprie le sue dita gelide, ogni lembo della sua pelle.
‹‹Loki..›› mormorò, protendendo le braccia.
Il dio la raggiunse sul viso. Appoggiò la fronte sulla sua, tenendo gli occhi chiusi; i loro nasi si toccavano, le loro labbra si chiamavano dilaniandosi per la loro eccessiva distanza, bruciando in cerca del sollievo sull’altro. Il suo fiato accalorato e così tiepido, faceva contrasto con il suo tocco freddo: la sua bocca bruciava nel respiro di quella di lui, le guance ardevano per il gelo della sua pelle. Il Dio dell’Inganno era una fiamma vivente, estrema nella sua temperatura, volubile e incontrollabile.
Mio dio..
‹‹Loki..›› sussurrò, arresa al proprio tremore, il dio le stava baciando il mento.
‹‹Dimmi, Anirei..›› strascicò languido il suo nome. Rabbrividì: la possedeva già solo con la sua voce..
‹‹Ti prego.. ho bisogno di sentirti..››.
Esitò appena, toccandola, sul volto, osservandola con attenzione, rendendola ancora più impaziente della propria richiesta, naufraga nel mare dell’istinto.
Ribaltò le posizioni, mettendola a cavalcioni su di sé. Guidava piano le sue mani tra le proprie vesti, aiutandola a slacciare i bottoni fini e decorati di nero, con la lentezza di un’attesa sospesa.
Aperta la camicia, ne scostò i lembi, spaziò con i palmi sul petto stranamente liscio.
Loki ne portò uno sui propri battiti, le loro dita intrecciate.
Vuoi dire che sono qui, Loki..?
Incurvò dolcemente le labbra, piegandosi lentamente su di lui, baciandogli il cuore.
‹‹Sono qui, Loki.. sì, sono qui, da te..››
Il dio soffocò un gemito di piacere, liberatorio, affondando la bocca nel suo collo.
 
 
 
‹‹Grazie Heimdall, per il tuo intervento tempestivo››
Il guardiano piegò il capo leggermente.
Si voltò verso Lorelei, scortandola sul ponte.
‹‹L’ultima volta non mi hanno trattato in maniera così gentile, Dio del Tuono›› osservò la dea tirandosi i boccoli ramati da un lato, con le braccia lente che sottolineavano la sua andatura decisa. ‹‹Lady Sif è una guerriera fenomenale›› asserì conciso. Era meglio non ascoltarla.
L’ultima volta che aveva prestato l’orecchio ai suoi loschi giudizi, si era fatto accecare il cervello.
Era dotata di seducente bellezza, convincente persuasione, scopi tutt’altro che soggetti a interpretazione.
Era giovane all’epoca; sciocco e malleabile. Non si era reso conto della superficialità con cui quella donna rispondeva ai suoi sentimenti, e delle sue vere intenzioni.
Era stato Balder ad aprirgli gli occhi, prima che fosse troppo tardi: e proprio grazie a quell’episodio, Padre aveva riconosciuto il valore e la lealtà di quello che in seguito era stato denominato Dio della Luce, ovvero della speranza, della verità. Del giusto, del bene.
‹‹Voglio la mia vendetta, Dio del Tuono. Conosci la forza che spinge quando si tratta di un fratello..››
Non rispose.
 
 
                                                                               ***
 
 
Era prona, con parte del volto affondato nel cuscino.
Baciò la sua schiena dal basso, fino a soffermarsi sulla spalla, con la mano le sfiorava la pelle a contatto con le lenzuola. Fece combaciare il tronco al suo corpo, spostando le labbra verso l’incavo del collo, facendola sospirare.
Sospirò assieme a lei, più forte, appagato.
Sussurrò il suo nome, soffiandole nei capelli, facendola rabbrividire di nuovo.
Non hai idea di quanto abbia aspettato questo momento, Anirei.
Questa notte.
Te.
Mentre la fanciulla si girava verso di lui, impensierita e pensosa, si abbarbicò alla sua pancia stringendola con ambo le braccia, la guancia poggiata sul ventre.
Si perse tra le sue ciglia lunghe, gli occhi scuri ma non neri, le onde spaiate dei lunghi fini capelli.
Contò ogni neo riuscisse a scorgere sulla sua pelle, ricordando anche quelli che non rientravano nella visuale. Era assorto, completamente, col suo respiro, che inseguiva; in attesa.
Era l’alba, ormai. I raggi del mattino filtravano attraverso le finestre, diradando le tenebre.
Avevano trascorso la notte sulla pelle dell’altro, ma non sempre nell’atto carnale. Si erano scambiati carezze, perlopiù, su ogni dettaglio del volto, tra i capelli, leggere sui fianchi; e avevano sussurrato qualche parola: chiarimenti, per riunirsi.
Con pochi verbi ella gli aveva detto che una delle metà del Sole di Asgard non rappresentava altro che briciole di cenere spazzate via da ogni sua attenzione; poi gli aveva sfiorato le guance, portando una ciocca corvina dietro l’orecchio: quella sua dolcezza infinita gli dava ossigeno, era acqua fredda sui carboni ardenti dell’anima. Un balsamo sui rovi disastrati del suo essere spolpato.
E ad ogni suo “Vieni”, lui aveva risposto con un “Eccomi” o un “Sì”, di maggiore intensità, soffiandole caldo sulla pelle e ravvivando la scintilla.
Gemeva per entrambi quando le intrappolava le labbra con “Mi sei mancata”“Sei realmente qui”; e gli baciava il volto con amore, con un sussurro sottile e morbido lo riempiva di “Sono tua”.
Il timore di averla immaginata tra le braccia di un altro scompariva come i soffioni che si staccano con la brezza.
Non andartene più. Non lasciarmi solo col riflesso della mia anima mostruosa.
‹‹Loki..››. Chiuse gli occhi, cullandosi come quando era bambino al suono dolce del suo nome, detto da un’altra voce, diversa, ma venata della stessa amorevolezza.
Erano un paio di braccia che lo accoglievano confortandolo; o un sorriso generoso che tentava di fargli spuntare un risata sul piccolo volto, accompagnato da infantili facce buffe.
Un tempo che non gli apparteneva più.
Mosse piano la mano sulla sua pelle calda. Adesso che non c’era più il sigillo, non udivano più la voce dell’altro nella testa: si era trattato di un effetto collaterale di esso dinanzi alle loro fonti magiche.
Ma non importava.
Ti conosco talmente bene da indovinare ogni singola parola che passa per la tua sciocca testolina. Sigillo o meno. Non ne ho mai avuto bisogno, non con te.
Ad ogni movimento delle sue dita tra i capelli di ossidiana sentiva sciogliere il ghiaccio che aveva dentro. Dal profondo del petto risaliva un moto caldo e avvolgente, forte, ad ogni battito, più vero e concreto a mano a mano che tentava di razionalizzarlo nella mente.
Forse anch’io sono soggetto ad un sentimento che mi hanno negato per tanto tempo.
Un sentimento che avevo deciso di seppellire perché faceva troppo male.
Appartiene ad un tempo talmente lontano da credere di non averlo mai provato.
Continuò a guardarla, senza rispondere al suo richiamo. Senza pensieri, mentre contemplava quella sottile sfumatura che le impediva di cadere nelle tenebre; nel sorriso che stava facendo solo per lui.
La vide chinarsi appena, solleticatogli il volto con la chioma, baciargli prima la fronte e poi lo zigomo, la punta del naso. Gli alzava le barriere come fossero state di cartapesta, le sollevava ogni volta che le labbra si staccavano dai contatti gentili.
Si lamentò appena, ma lei continuò, senza alcun turbamento.
Non desiderava rimanere nudo. Odiava la sensazione di impotenza che ne derivava, era frustrante sentirsi indifeso e vulnerabile. Ma non si sognò di allontanarla, né riusciva a cedere al pensiero cattivo, un riflesso di difesa, che gli sussurrava di morderle le labbra a tradimento.
E questa cos’è..? 
Non è resa, non sa di sconfitta..
E' il sapore della.. fiducia..?
Seguì le dita della fanciulla scivolare verso il suo petto, laddove le cicatrici sembravano scomparse, rimpiazzate da una pelle invidiabilmente liscia.
La mia pelle è una maschera. Il Dio dell’Inganno necessitava di una maschera carnale per nascondere anche le mostruosità fisiche.
Dopo aver toccato lo scrigno*, dopo aver scoperto la sua vera orribile cute piagata, la sua ipocrita carne era tornata, rinnovata, coerente nello scopo di coprire ogni deformazione. Nel coprire di conseguenza la sua vera natura raccapricciante.
Le sue dita tracciavano piano solchi di ciò che sembrava non trovarsi più lì. E se anche avesse toccato l’interno del braccio, non avrebbe trovato alcuna cicatrice: anche il suo corpo pareva avesse fatto il possibile per dimenticarla, ma senza riuscirci. Perché poteva nascondere, poteva illudere, poteva mascherare, ma dentro, sotto, sarebbe sempre rimasta la verità, coperta invano da una montagna di nauseanti bugie.
Era sorpresa, pensierosa, lo vedeva. Ma non sembrava in grado di rompere quel silenzio più eloquente di mille parole. Si stava sforzando di comprendere cogliendo le risposte in frasi taciturne.
Sorrise un momento, cogliendo quell’espressione concentrata e buffa, prima di tornare serio e osservarla attentamente, rapito e intento ad studiare ogni sua reazione.
Le sfiorò la schiena con le unghie delle dita, piano e con delicatezza.
‹‹Verrò a prenderti..›› sussurrò con voce roca e stanca, attirando l’attenzione della sua mente, oltre che del suo sguardo distratto.
La vide prendere un respiro come un singhiozzo.
Le mani cominciarono a tremare. E l’ansia arrivò a sottrarre il loro tempo.
‹‹Loki, io.. sono confusa››. Inumidì le labbra gonfie, contraendo le sopracciglia.
Loki la guardò stringendo la bocca, scrutandola con veritiera crudezza. ‹‹Hai scelto, Anirei. Non puoi tornare indietro..››. Chiuse gli occhi, mentre cercava di calmare l’agitazione che non trapelava affatto dal suo volto duro e freddo. ‹‹Non puoi cancellare quello che è stato stanotte..››
Aveva le mani sulla bocca, le sopracciglia verso l’alto. ‹‹Lo so.. mi spiace.. ma in questo momento sono.. confusa..›› abbassò le palpebre, prendendo lunghi respiri.
Rimase immobile, cercava di annullare ogni emozione.
Dovevi aspettartelo. 
Fa male, visto?
Sentire, fa male. Amare, fa male. Fidarsi..
Credevo lo avessi imparato.
 
 
 
‹‹E' tutto pronto?››
Quello annuì, con il necessario tra le mani. Il sigillo si trovava in una piccola ampolla. Con un colorito piuttosto familiare.
Gli era già capitato di vedere un contenitore simile, nascosto tra le pieghe di un paio di coperte lasciate vuote. Il materiale d’argento cristallizzato utilizzato dal maestro doveva appartenere allo stesso liquido che brillava sinistro sotto una coltre di stoffa candida.
Sorrise.
Il cerchio si chiude.**
Si voltò verso Falastur, ringraziando per l’ospitalità e congedandosi.
Chinò il capo e si risistemò il colletto.
Presto sarebbe tornato libero. Presto, avrebbe vinto.
“Fallirai.. è nella tua natura: manchi di convinzione”***
No. Questa volta sarebbe andata in maniera diversa, perché doveva farcela. Voleva farcela.
E tornare, finalmente vittorioso.
Un’amara smorfia gli solcò invisibile le labbra sfrontatamente provocatorie.
Che senso avrebbe davvero avuto tornare o vincere, se non c’erano le braccia ad attenderlo, non i baci, non le carezze? Il suo orgoglio nel vederlo camminare fiero?
Non tu..
Lanciò un’occhiata diffidente all’uomo e gli fece cenno di precederlo alla porta.
Ci avrebbe pensato in un secondo momento. Ora era tempo di focalizzarsi sulle priorità.
Si fermò dopo un passo, consapevole, prima ancora che lo facesse il maestro.
Fermò il piacere nel petto con un gesto fisico, tenendosi le mani dietro la schiena. Disegnò il sorriso più malevolo e strafottente che fosse mai riuscito a fare.
Si voltò. ‹‹Ma bene. Cosa sei venuta a fare qui?›› alzò teatralmente un sopracciglio. ‹‹Hai già cambiato idea, e vuoi augurare a due prodi guerrieri la migliore tra le sorti?››
La fanciulla lo affrontò senza abbassare gli occhi, ma alle sue parole strinse le labbra. ‹‹Non andare››
Anirei, basta. Basta rifiutarmi e poi mostrarmi la tua preoccupazione.
Prendi una decisione definitiva, e liberaci da questi inutili sentimentalismi.
Rise appena, mostrando i denti. ‹‹Non hai nessun patto da offrirmi?››. Fece spallucce, aiutato dalle mani. ‹‹L’offerta riguardante il figlio di Odino è sempre valida.. e interessante..››
La vide irrigidire le braccia, con decisione. ‹‹No››
Gorgogliò, divertito. ‹‹No..?››. Le si avvicinò, soffiandole sul naso. ‹‹E allora cosa proponi?››
La sua espressione tradiva tanti, troppi sentimenti, si mise a contarli, uno ad uno, gustandoli con avido desiderio. Enumerò anche i battiti delle sue ciglia.
Anirei prese un profondo respiro, tese il braccio verso di lui, offrendogli il palmo della sua mano.
‹‹Fallo per me. Rinuncia››
Una richiesta. Dura. Ardua. Un sacrificio.
E perché dovrei farlo? Cosa ci guadagna il Dio dell’Inganno? Nulla..!
Era orribile. Orribile leggere negli occhi le sue sensazioni, rievocare quei suoni supplicanti eppure decisi. E rievocare la frustante consapevolezza della verità delle parole di quella strega.
“Per quanto possa amarti, non ti vorrà mai. Perché sei un mostro, e con i mostri nessuno vuole averci a che fare.”****
E io sono in verità un mostro. Un mostro che si cela dietro una maschera di carne, di impassibili espressioni, di crudeli parole.
Un mostro che nessuno ha mai voluto e nessuno vorrà più.
 
 
 
*:Chiaro riferimento allo “Scrigno degli Antichi Inverni” del primo film; nella mia storia, poiché la pelle “umana” di Loki è un puro rivestimento superiore, quando essa compare nuovamente si stende come nuova (ripeto, mi riferisco alla mia storia, non ho la più pallida idea di come si comporti in realtà).
 
**:Piccolo chiarimento: i due liquidi argentei, sono simili per presentazione (colore) e funzione (combattere il seiðr). La differenza fondamentale riguarda la pesantezza dell’effetto: quello di Odino toglie definitivamente le capacità magiche, il sigillo le blocca soltanto.
Il colore è simile perché la sostanza usata alla base delle due pozioni è la solita.
 
***:Citazione dell’agente dello S.H.I.E.L.D. Phil Coulson nel film “Avengers”
 
****: Il significato intrinseco della frase pronunciata dalla dea Lorelei nei capitoli precedenti: “Se lo ucciderai, il suo cuore ti verrà negato per sempre”







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Ehilà!:)
Grazie per aver letto un altro di questi sempre più lunghi capitoli (giuro, mi ci impegno, taglio roba, ma vengono comunque spropositati). In ogni caso, torniamo a noi. Thor ha finalmente liberato Lorelei, ed è in procinto di fare ingabbiare il nostro Loki, il quale, poverino, deve riparare a molte - troppe - cose. Gli servirebbe una vacanza. 
Anirei intanto comincia perlomeno a districarsi tra i nodi della propria ansia e, nonostante non sappia da che parte battere la testa, almeno inizia a risalire verso le radici della sua angoscia (o pare solo a me? Insomma, dal capitolo sesto, da quando ha incontrato D.D., un po' di miglioramento c'è stato, no? NO? *Anirei in fondo alla stanza mi tira un pianoforte in testa, atterrandomi sulla tastiera... ajhkhskja*).
Come sempre, ringrazio moltissimo tutti coloro che mi seguono, hanno la storia tra le preferite o le ricordate, e chi mi lascia le recensioni (*Comincio a ballare sul tavolo al suono di questa parola*) o chi semplicemente legge.
Grazie mille a tutti, spero davvero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento!
Ali
   
 
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