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Autore: TheSlayer    14/04/2015    4 recensioni
Nobiltà, ricchezza sfrenata, alcool, eccessi, feste in locali privati. Questa è la vita di Freya e dei suoi amici a Londra... almeno fino a quando non scopre di dover affrontare una delle più grandi responsabilità al mondo. Chi le starà vicino? Sarà il migliore amico Louis? O il "fidanzato" Matthew? Il cugino Niall? Oppure il silenzioso, misterioso, figlio del maggiordomo e della cuoca di Niall, Harry?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 1 - Six Weeks In
 
Dovevo dirlo ai miei genitori. Dovevo andare a fare una vera visita medica e dovevo decidere il mio prossimo passo. Non volevo un bambino. Non ero pronta a diventare madre. Dovevo fare qualcosa. E certo, sarei sicuramente riuscita a nascondere tutto quello che stava succedendo alla stampa, che ultimamente seguiva con attenzione tutto quello che facevamo i miei amici ed io, ma non sarei mai riuscita a fare in modo che i miei non lo scoprissero. Non succedeva nulla in quella casa di cui loro non fossero al corrente.

«Non vuoi parlare con qualche tua amica? Vuoi che venga con te quando lo dici ai tuoi genitori?» Mi domandò Ingrid, seguendomi in giro per la stanza, mentre cercavo disperatamente di capire cosa fare. E, soprattutto, cosa dire.

«No e no.» Risposi. «Non posso dirlo né a Regina e né a Elizabeth. Quelle due non sanno tenere la bocca chiusa.» Aggiunsi, pensierosa. Eravamo amiche, ma non mi fidavo di loro, perché tendevano a parlare troppo con sconosciuti che poi si rivelavano essere giornalisti. «L’unica persona con cui parlerei in queste situazioni è Louis, ma potrebbe prendergli un colpo, perché nelle ultime settimane siamo stati a letto insieme qualche volta. Potrebbe anche essere suo.» Conclusi, provando un brivido lungo la schiena.

La possibilità che Louis - o Matthew o qualsiasi degli altri ragazzi con cui ero stata - fosse il padre rendeva tutto più reale. Troppo reale. Non volevo nemmeno usare la parola ‘bambino’, perché altrimenti avrei avuto una crisi isterica. Ero troppo giovane per avere delle preoccupazioni del genere.

«Vedrai che andrà tutto bene, Freya. I tuoi genitori capiranno e troverete insieme una soluzione.» Cercò di rassicurarmi Ingrid. E quella fu la prima volta che mi mentì deliberatamente, forse per cercare di farmi sentire meglio.

«Hai presente come sono fatti i miei?» Domandai ironicamente, scuotendo la testa.


 
***

Scesi le scale lentamente, fermandomi ogni due o tre gradini e cercando di convincermi a continuare la discesa, quando tutto quello che avrei voluto fare era tornare nella mia stanza, andare a letto e ignorare il problema.

Arrivai in salotto, dove mio padre stava leggendo il giornale, mia madre stava facendo colazione e mia sorella Harper stava suonando il pianoforte, e mi bloccai sulla porta. Come avrei potuto cominciare un discorso del genere? I miei genitori erano già convinti che fossi la pecora nera della famiglia, perché avevo deciso di non prendere lezioni di musica o di danza come la mia perfetta sorella, che in autunno avrebbe iniziato il suo primo anno a Cambridge e avrebbe studiato Legge. E anche per tutto il resto che avevo combinato negli anni, certo.

«Oh, Freya, è molto carino da parte tua decidere di degnarci della tua presenza.» Commentò mia madre, alzando appena gli occhi dalla sua colazione. Mio padre mi ignorò e mia sorella non aprì nemmeno gli occhi, era troppo concentrata a suonare.

«Devo parlarti.» Dissi, avvicinandomi al tavolo a cui era seduta.

«Vuoi finalmente decidere il tema per la tua festa di fidanzamento con Matthew? Devo dire che mi ha sorpreso la notizia. I Collinsworth sono una famiglia molto influente e Matthew è un bravo ragazzo. Finalmente hai deciso di fare qualcosa di giusto.» Replicò mia madre, prima che potessi iniziare il discorso.

Sentii il mio stomaco sprofondare e mi sedetti, per evitare che le mie gambe smettessero di sostenermi. Non ero mai stata più spaventata in tutta la mia vita, e in passato avevo fatto bungee jumping e mi ero paracadutata fuori da un aereo. Mi ero svegliata in letti che non avevo mai visto con degli sconosciuti, avevo tenuto in mano una tarantola e avevo bevuto fino a perdere totalmente il controllo. Niente di tutto quello che avevo provato nella mia vita si avvicinava al senso di puro terrore che mi accompagnava in quel momento.

«Sono incinta.» Mormorai a voce così bassa che non mi sentì nessuno. Quando capii che mia madre non si era accorta che avevo parlato, mi schiarii la voce e riprovai. «Sono incinta.» Dissi, questa volta alzando un po’ troppo il volume.

Mia sorella smise bruscamente di suonare e si voltò verso di me, aprendo gli occhi. Anche mio padre alzò lo sguardo dal giornale e cominciò a fissarmi.

«Sei incinta.» Disse mia madre. Non era una domanda. «Matthew è il padre del bambino?»

«No.» Risposi semplicemente. «Non lo so. Non so chi è il padre e non sono ancora sicura al cento percento di esserlo. Ho fatto tre test e sono risultati positivi, ma non ho ancora visto un dottore.» Aggiunsi.

«Allora, per prima cosa, chiameremo il dottor James, poi decideremo come risolvere il problema. Nel frattempo ti prego di non dirlo a nessuno. Anzi, lo sa qualcuno oltre a te?» Domandò mia madre, posando la forchetta con cui stava mangiando e guardandomi negli occhi. O meglio, trafiggendomi con lo sguardo.

«Solo Ingrid.» Risposi, abbassando lo sguardo.

Mia madre assunse quell’espressione delusa e contrariata che aveva sempre quando le parlavo insieme. E mi ero anche abituata ad essere la pietra dello scandalo della famiglia Chamberlain. Lo ero sempre stata e non mi aveva mai dato fastidio. Anzi, spesso avevo anche fatto apposta a combinare guai, solo per il gusto di vedere le reazioni dei miei genitori. Per vedere se mi avrebbero considerata se avessi fatto qualcosa di abbastanza grande. In realtà non avevo mai ottenuto l’attenzione sperata. Avevano avuto a che fare con me solo per il tempo necessario per risolvere il mio ennesimo casino e poi erano tornati a concentrarsi su mia sorella, perché aveva vinto un altro premio o perché aveva fatto qualcosa di straordinario.

«D’accordo.» Replicò mia madre, pensierosa.

 
***

Il dottor James, il ginecologo che aveva chiamato mia madre, era un uomo di più o meno trentacinque anni, dall’aspetto piacente, gli occhi azzurri e i capelli color caramello. In altre situazioni ci avrei sicuramente provato, ma in quel momento non mi sentivo per niente dell’umore.

«Freya, Freya, Freya.» Mormorò, guardando lo schermo dell’ecografo portatile. «Oh, eccolo qui. Puoi vederlo e sentirlo.» Disse improvvisamente, proprio mentre dallo schermo cominciai a sentire il rumore di un battito cardiaco.

Mi voltai anch’io verso le immagini che mi stava mostrando il dottor James e vidi un piccolo embrione. Dalle dimensioni e dalla forma sembrava un piccolo fagiolo. La stanza fu invasa dai tu-tum del piccolo cuoricino e mi si riempirono gli occhi di lacrime.

«Oh mio Dio.» Mormorai, sentendo il mio stomaco sprofondare. Ero davvero incinta. Stava succedendo davvero a me.

I miei genitori non avevano voluto essere presenti alla visita, perché entrambi erano impegnati e non avevo ancora visto Ingrid quel pomeriggio. Probabilmente era andata a fare visita ai suoi genitori, come faceva tutti i sabati pomeriggio. Ero da sola, nella mia camera da letto, con un ginecologo che non avevo mai visto prima che mi stava dando tutte le informazioni sulla mia gravidanza.

«Da quanto tempo sono incinta?» Domandai improvvisamente, interrompendo il suo discorso sulle analisi del sangue.

«Sei settimane.» Rispose prontamente il dottor James, sorridendomi cordialmente.

Il mio stomaco, che era già sottosopra, sembrò annodarsi ulteriormente, lasciandomi una sensazione di vuoto e di pesantezza nello stesso momento.

«Quanto tempo ho per…» Cominciai a dire, incapace di terminare la frase. Fortunatamente il dottore mi capì al volo e, nonostante il suo sorriso si spense lievemente, mi rispose con gentilezza.

«Puoi abortire fino a dodici settimane.» Mi spiegò lui. Poi si lanciò in una spiegazione dettagliata del modo in cui sarebbe successo, se avessi deciso di andare fino in fondo. Ma non riuscii ad ascoltarlo, perché tutto quello che riuscivo a pensare era che ero incinta da sei settimane, da più di un mese, e non me ne ero minimamente accorta.

Avevo bevuto, avevo fumato, ero stata fuori fino a tardi a ballare sui tacchi altissimi e con vestiti quasi inesistenti, mi ero lanciata in una fontana con l’acqua gelata, ero stata a letto con vari ragazzi ed ero stata incinta per tutto quel tempo.

«Freya, ti lascio il mio biglietto da visita. Questi sono gli esami che ti consiglio di fare, qualunque cosa tu decida di fare. Se hai bisogno di qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi, d’accordo? Quello che ti ho scritto adesso è il mio numero di cellulare personale. Rispondo a tutte le ore del giorno, quindi se hai qualche dubbio o se hai bisogno di aiuto, chiamami.» Si raccomandò il dottor James, stringendomi le mani e guardandomi negli occhi mentre mi parlava insieme.

Era tutto troppo reale e, in quel momento, mi sentivo davvero sola. Ero davvero incinta e certo, avevo delle opzioni, ma non avevo la minima idea di cosa avrei potuto fare. Di una cosa ero sicura, però: non avrei detto nulla a nessuno finché non avessi risolto quel problema. Ed ero intenzionata a farlo il più presto possibile.

 
***

Quella sera mi preparai per andare alla festa di Regina, nonostante uscire fosse l’ultima cosa che volevo fare, poi mi presentai a casa della ragazza in abito lungo e maschera nera di pizzo. Mi sentivo strana e fuori forma, come se ci fosse qualcosa al posto sbagliato. Poi mi resi conto che sì, effettivamente c’era qualcosa di strano in me. Di solito non ero incinta.

«Chamberlain, ti vedo bene!» Esclamò Louis, offrendomi un braccio e accompagnandomi in fondo al salone delle feste della casa di Regina, dove c’era il resto del gruppo dei miei amici.

«Ciao, cugina!» Disse Niall, dandomi due baci sulle guance e sorridendomi. Quel ragazzo era sempre allegro, non avevo la minima idea di come facesse. E sì, ogni tanto beveva, ma nemmeno in modo eccessivo. E di sicuro non prendeva nessun altro tipo di sostanza illegale, lo sapevo perché quando Louis ed io fumavamo erba, Niall e il suo amico Harry rimanevano in disparte.

«Ehi, Niall.» Lo salutai, obbligandomi a sorridere. «Non vedo la tua ombra, questa sera.» Dissi, riferendomi al figlio del suo maggiordomo.

Nessuno di noi aveva mai capito perché lo portasse sempre fuori insieme a noi o a tutte le nostre feste, perché Harry era strano. E non perché era povero e la sua famiglia lavorava al servizio di quella di Niall, ma perché parlava lentamente. Anzi, spesso stava direttamente in silenzio e, quando apriva la bocca, diceva cose incomprensibili ai più. Inoltre il suo aspetto un po’ trasandato (non avevo mai visto nessun ragazzo con una massa di capelli ricci più spettinati e disordinati) e i vestiti rotti non aiutavano la sua causa. Regina ed Elizabeth non gli rivolgevano nemmeno la parola e lo trovavano abbastanza disgustoso (anche se Lizzie, una volta, aveva ammesso che se qualcuno gli avesse legato i capelli e l’avesse vestito con un abito di Armani, forse avrebbe anche potuto farci un pensierino). Io, invece, ci avevo parlato giusto un paio di volte, ma di cose stupide come il tempo o la festa a cui stavamo partecipando.

«Non è riuscito a venire, sta lavorando.» Rispose Niall, leggermente contrariato. «I miei non hanno voluto dargli la serata libera.» Aggiunse poi, scrollando le spalle.

«Non sapevo avesse iniziato a lavorare per voi.» Intervenne Louis.

Tomlinson era amico di tutti e, per un periodo di tempo, era stato molto legato a Harry. Poi non avevo idea di cosa fosse successo, perché i due erano tornati ad avere interazioni sporadiche e anche un po’ fredde.

«Sì, adesso che ha iniziato il college ha bisogno di soldi e i miei gli hanno dato un posto di lavoro come cameriere. Non è molto, ma lui è contento.» Rispose Niall, chiaramente orgoglioso del suo amico.

Niall era nato ricco, come tutti noi, eppure era diverso dal resto del gruppo. Certo, gli piaceva divertirsi, usciva con noi volentieri ed era una buonissima compagnia. Però non era fissato con la ricchezza, con le apparenze o niente del genere. Il suo migliore amico era il figlio di due persone che lavoravano per lui. Aveva deciso di iscriversi al college solo per giocare a calcio e non conosceva i nomi di nessun designer inglese. Anzi, spesso si vestiva con maglie di giocatori della sua squadra preferita ed ero piuttosto convinta che il suo armadio contenesse un totale di tre completi eleganti, due dei quali erano praticamente uguali.

«Peccato.» Sentii dire Louis. Lo guardai con aria interrogativa, ma lui finse di non vedermi e continuò a conversare con Niall, mentre io presi un bicchiere di champagne e poi mi resi conto di non poterlo bere. Anche se, in fin dei conti, avevo bevuto per tutte quelle settimane, quando non sapevo di essere incinta. E poi non lo sarei stata ancora per molto, quindi che problema c’era? Recuperai il bicchiere dal tavolo e ne tracannai il contenuto.

 
***

La festa durò per una quantità indefinita di tempo. Matthew si presentò con uno smoking nero che gli stava particolarmente bene e cercò di fare conversazione con me per tutta la serata, ma io non ero assolutamente dell’umore adatto per partecipare a una festa o socializzare con i miei amici. Soprattutto quelli che mi avevano detto ‘ti amo’ la sera prima e con cui i miei genitori volevano obbligarmi a fidanzarmi ufficialmente. Alla fine dovetti inventarmi di essere stanca e tornai a casa con il mio autista.

Quando mi svegliai, il mattino successivo, trovai una ragazza che non avevo mai visto nella mia camera.

«Chi diavolo sei?» Domandai, coprendomi con il piumone e guardandola male.

«Mi chiamo Jolanda, signorina Chamberlain, sono la sua nuova donna di servizio.» Replicò la ragazza - che non sembrava molto più grande di me - prima di abbassare lo sguardo e arrossire.

«Dov’è Ingrid?» Chiesi ancora, preoccupata. Non l’avevo vista per tutto il giorno precedente. Di solito tornava la sera, dopo essere andata a trovare i suoi genitori.

«Non lo so, signorina Chamberlain, mi dispiace. Sono stata assunta dai signori Chamberlain, ma non mi è stato detto nulla sulla persona che sto sostituendo.» Rispose lei. «Gradisce la colazione a letto?» Domandò dopo qualche istante. Notai che faceva fatica a sostenere il mio sguardo e che sembrava che fosse terrorizzata dalla mia presenza.

«No.» Risposi bruscamente, alzandomi dal letto e dirigendomi verso il salotto senza nemmeno preoccuparmi di indossare una vestaglia o qualcosa del genere.

Aprii le porte della stanza e mi precipitai all’interno, interrompendo la colazione di mia madre e mio padre con i genitori di Matthew.

«Dov’è Ingrid?» Tuonai.

Mia madre smise di mangiare e, con un solo sguardo, mi fece capire che avrei dovuto stare zitta. Ma io non avevo intenzione di smettere di chiedere dove fosse la donna finché non avessi ottenuto una risposta.

«Dov’è Ingrid?» Domandai ancora.

«Ingrid si è licenziata, Freya.» Rispose mia madre, freddamente, alzandosi e raggiungendomi.

«Non ci credo.» Ribattei. Non era vero, ne ero sicura. Ingrid non mi avrebbe mai abbandonata, non in un momento del genere. Sapeva della mia gravidanza, solo la mattina prima mi aveva detto che mi sarebbe stata vicina, qualunque cosa avessi deciso di fare. Sapevo che, in qualche modo, i miei genitori erano responsabili per quella decisione.

«Adesso non è il momento, Freya. Sono occupata. Ho lasciato a Jolanda una busta che contiene tutte le istruzioni per raggiungere la clinica in cui ti ho preso un appuntamento per lunedì mattina.» Aggiunse, abbassando la voce per non farsi sentire dai genitori di Matthew.

«Che tipo di clinica?» Domandai a denti stretti.

Mia madre mi rivolse un’espressione dura, come se volesse dirmi di non fare la stupida, che sapevo benissimo di cosa stesse parlando.

«Per risolvere il tuo problema.» Rispose. Poi si accorse che i genitori di Matt ci stavano guardando, così mi toccò un braccio e mi rivolse un sorriso falso, prima di tornare a sedersi con loro, lasciandomi da sola.

Tornai nella mia stanza e trovai la busta che mi aveva lasciato Jolanda sul cuscino. La aprii e, al suo interno, trovai il programma per il lunedì successivo. Avrei lasciato l’appartamento alle otto e trenta, uscendo dal retro e salendo sull’auto con i vetri oscurati con Alec, il mio autista. Mi avrebbe portato in una clinica molto discreta e lì si sarebbero ‘occupati del mio problema’. Sul foglio c’era scritto proprio così. Mia madre mi aveva preso un appuntamento per andare ad abortire e non aveva nemmeno il coraggio di dire le cose come stavano.

 
***

Decisi di non uscire domenica e non risposi nemmeno al telefono quando Louis, Matthew, Regina ed Elizabeth provarono a chiamarmi. Liam mi inviò un messaggio per dirmi che Louis mi stava cercando e Niall si presentò direttamente a casa mia con un sacchetto di cibo  portoghese d’asporto.

Dovetti dirgli che non stavo ancora bene, che probabilmente mi ero presa l’influenza e lo rimandai a casa, dicendogli che non volevo di certo infettarlo.

Poi provai a chiamare Ingrid, scoprendo che il suo numero di telefono risultava inesistente, rendendomi impossibile contattarla.

Il lunedì mattina mi alzai all’alba, dopo non aver dormito per niente, mi vestii e uscii dalla porta di servizio per incontrare Alec, che mi stava aspettando nel vicolo sul retro con l’auto già in moto.

Nessuno dei due disse nulla per tutta la durata del viaggio. Sospettavo che non sapesse nemmeno dove mi stava portando o il motivo per cui mi stava accompagnando in quel posto. I miei genitori si erano dati molto da fare per tenere quello che stava succedendo nascosto a tutti. In un certo senso, ero anche sollevata che il mio autista non sapesse nulla. Non volevo che mi facesse domande. Non volevo parlarne.

Mia madre aveva persino detto ai genitori di Matthew che non sarei stata disponibile per i prossimi giorni, perché mi stavo riprendendo da una brutta influenza. Poi si erano preoccupati di fissare una data per la mia festa di fidanzamento, nonostante io avessi detto più volte che non ci pensavo nemmeno ad essere la ragazza ufficiale di Matt.

Non lo amavo. Non mi stava nemmeno particolarmente simpatico, era solo utile per fare sesso ogni tanto, quando mi annoiavo.

Arrivai alla clinica alle nove in punto. Alec scese dall’auto per aprirmi la portiera e poi mi lasciò entrare nell’edificio da sola. Lo vidi tornare a sedersi al posto di guida e aprire un libro per ingannare l’attesa.

Ero completamente sola e nessuno, a parte i miei genitori e Ingrid, che non riuscivo più a contattare in nessun modo, sapeva quello che stava succedendo.

Quando arrivai nella sala d’attesa, dopo essermi registrata con il nome falso con cui i miei genitori avevano preso appuntamento (la clinica chiaramente sapeva chi fossi, ma per la privacy avevano fatto in modo di inserirmi nei loro sistemi con un nome finto), mi sedetti sull’unica poltroncina libera, di fianco a una donna con una bimba piccolissima in braccio.

Osservai la bambina chiudere la minuscola mano intorno a una ciocca di capelli della madre e guardai la donna sorridere, con gli occhi lucidi per la gioia e l’espressione più orgogliosa del mondo. Fissai la bambina per parecchi minuti, notando le piccole labbra arricciate in quello che poteva sembrare un sorriso, il nasino all’insù e gli occhi chiusi con le lunghe ciglia scure. Stava indossando una tutina intera rosa, con un pulcino giallo ricamato sul davanti e continuava a muovere i minuscoli piedini.

Chiusi gli occhi e cercai di calmarmi, provando ad inspirare ed espirare profondamente. Sentivo la gola bruciare e gli occhi mi si stavano riempiendo di lacrime. Non potevo andare fino in fondo. Non volevo. Non potevo farcela. Avevo altre opzioni. Non ero pronta per diventare madre, ma forse sarei riuscita a rendere felice una coppia che non riusciva ad avere bambini, dando il mio in adozione.

Mi alzai velocemente da quella poltrona e corsi fuori dalla clinica. Non riuscivo a stare in quella sala d’aspetto per un solo secondo in più. Non quando di fianco a me c’era una bambina perfettamente in salute, bellissima, che chiudeva la manina intorno a una ciocca di capelli della madre.
 

Ecco il primo vero capitolo di "No Control"! Freya ha avuto il coraggio di dire ai genitori che è incinta, ma ovviamente la notizia non è stata presa bene. Alla fine, nonostante avesse un appuntamento alla clinica per abortire, la nostra protagonista non si è sentita di andare fino in fondo ed è scappata, quindi cosa succederà prossimamente? L'unica persona che sapeva quello che stava succedendo, Ingrid, è misteriosamente scomparsa. E ora cosa farà Freya? Avrà il coraggio di dirlo a qualcuno? Di certo non potrà ignorare il problema, perché presto diventerà abbastanza evidente. Martedì pubblicherò il prossimo capitolo e avremo alcune risposte!
Grazie per aver letto la storia e per i bellissimi commenti che mi avete lasciato al capitolo scorso <3
Alla prossima!

 

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