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Autore: oOLeylaOo    24/12/2008    1 recensioni
Grace Brine è un adolcescente molto particolare, prima di tutto perchè non è affatto un adolescente, poi perchè ha il piccolo difetto di diventare una sirena se finisce in acqua.
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Documento senza titolo Buon natale! Oggi, per augurarvi buon natale vi regalo il nuovo capitolo^^!

Buone feste a tutti!

Capitolo 34

- To be born again -

 

-Disturbo?- domandò la voce ironica di Nettuno, non avrei saputo dire da quanto era arrivato, stretta tra le braccia di Hanry riuscivo solo a pensare a lui.
-Giusto un po’.- bisbigliai in risposta, con la faccia contro il petto del mio bel vampiro.
-Grace.- mi ammonì con la sua voce profonda e imponente.
Mi voltai appoggiando la schiena al petto di Hanry e guardai la fluttuante sfera azzurra che splendeva davanti a me.
-Se avete finito lo scambio di effusioni vorrei che ve ne andaste.- disse Nettuno con tono severo.
-Ci stai buttando fuori?-
-Lui non può restare qui. I vampiri, che siano o meno amanti delle mie sirene, non sono i benvenuti nella mia casa.- chiarì.-Immagino tu voglia seguirlo… come Telete.-
Se fosse stato umano lo avrei guardato negli occhi, così invece non era possibile e mi limitavo a fissare la sfera azzurra con aria persa.
-L’ho incontrata. Telete intendo.-
-Lo so.-
-Sei stato tu a farci incontrare?- domandai curiosa.
-Telete si è praticamente uccisa, non riusciva a conciliare due dei suoi sentimenti contrastanti. Erano così intensi che ha finito per autodistruggersi. E io, che ero suo padre, non potevo far altro che restare fermo a guardare.-
-Ma allora perché mi hai mostrato il passato di Hanry?-
-Perché la tua scelta fosse sicura e ragionata, perché non ti tormentassi tanto da fare la stessa fine di Telete. Le mie sirene …- la luce si fece cupa, triste. -Non desidero vedere il vostro dolore, non voglio che vi autodistruggiate. Vi ho scelte io e io farò quello che posso per proteggere il vostro futuro.-
-Come un “padre”?- ho domandato con un sorriso, allungando le mani verso quella sfera azzurra che si posò dolcemente sui miei palmi, mi sentii pervadere dal calore, come quando entravo nell’acqua tiepida e poco profonda del mare in un pomeriggio d’estate.
-Se è questo il modo in cui scegli di vedermi.-
-Come un padre che non approva il fidanzato della figlia.- disse Hanry sottolineando le parole “padre”, “fidanzato” e “figlia”.
-Si, esattamente.-assentì Nettuno con voce severa.
Sorrisi.
-Crystal e Leslie vi accompagneranno nuovamente sulla terra ferma.-disse alzandosi dalle mie mani.
Lo fissai confusa -Leslie?-
-Avrai bisogno di lei per tornare indietro, non puoi farlo nel solito modo con lui appresso. Leslie può riportarvi  facilmente lì.-
Feci un cenno d’assenso con la testa. -Ce ne andremo appena Crystal e Hanry saranno pronti.-
-Mi metto la maglia.- disse subito Hanry scendendo velocemente dal letto e tornando in bagno.
Sorrisi guardando Nettuno. -Non posso fare niente per Lucy?- domandai
-Vuoi dire perché vi accetti?- domandò suadentemente Nettuno.
-Esattamente.-
-Pensavo l’avessi capito che non esiste un eventualità simile. È per questo che ho fatto in modo che incontrassi Telete, perché capissi che non è una buona idea lasciare le cose a metà. Se hai scelto quel … vampiro …>> sembrò che gli ci volesse tutto la sua forza per pronunciare quella parola, non andava giù nemmeno a lui il fatto che mi fossi innamorata di un vampiro. << … non devi fare le cose a metà, devi andare fino in fondo.-
Feci un cenno d’assenso, riflettendo. In un certo senso non me la sentivo ancora di abbandonare Lucy, soprattutto dopo quello che avevo visto. Inoltre avevo la sensazione che tra noi le cose fosse state lasciate a metà, che non avessi mai affrontato veramente Lucy, forse perché non l’avevo mai vista veramente: per me lei era una sorta di creatura incredibile, l’avevo messa su un bel piedistallo per ammirarla e prendere esempio da lei, ma non mi ero fermata a riflettere sul divario che in questo modo si era creato tra di noi.
-Ho solo una domanda da porre.- dissi infine dopo alcuni istanti di silenzio.
-Sarebbe?-chiese Nettuno.
-Sei dalla mia parte o dalla sua?- domandai.
-Che vuoi dire?-
-Voglio sapere se, quando Lucy si presenterà con Hypnos e Thanatos io potrò dire loro che se mi fanno del male se la vedranno con te o no.-
Scese il silenzio per alcuni istanti.
-Si.- acconsentì alla fine. -Puoi dirglielo.-
-Bene,mi sarà utile. E Nettuno…-
-Cos’altro vuoi?- domandò di pessimo umore, con tono lamentoso. -Dovrò già litigare con quel musone di Ade, che altro vuoi da me?-
Sorrisi -Grazie per avermi fatto incontrare Telete.-
La luce della sfera brillo in modo accecante per un instate, e fu come se si dilatasse, per poi tornare normale.
-Di niente.- La sua voce era diventata dolce, come il rumore delle onde.
Hanry mi avvolse la vita con un braccio, tirandomi a se. -Noi andiamo.- disse più a me che a Nettuno.
Una risata riempì la stanza, come lo scroscio dell’acqua, poi come era arrivata scomparve. -Sei audace vampiro, non c’è che dire. Ma vai adagio, hai tra le mani uno dei tesori più preziosi del mare, e una parte di lei apparterrà sempre a me.-
Visto che era vero non dissi niente, mi limitai a trascinare Hanry alla mia porta, quando l’aprii trovai sedute davanti ad aspettarmi Crystal e Leslie che conversavano amabilmente. Quando aprii la porta mi fecero un cenno di saluto e continuarono a parlare in latino, non capivo un tubo e mi voltai verso Hanry che alzò le spalle con un sorriso.
-Vampiro.- chiamò la voce di Nettuno.
Il silenzio calò al suono della sua voce, mi ricordava  la mia classe delle medie, dove il silenzio scendeva per il tempo in cui la professoressa dice “oggi interroghiamo” e riprendeva un attimo dopo che erano stati pronunciati i nomi.
Hanry tornò indietro lanciandomi un occhiata, come per dirmi di non muovermi, quando riapparve la mio fianco aveva un espressione indignata.
-Che raccomandazione inutile!-borbottò irritato.
Lo guardai con aria interrogativa, ma lui si limitò a scrollare le spalle. -Andiamo.- bisbigliò
-Fate attenzione.- si raccomandò Nettuno prima di sparire.
Leslie ci sorrise con sguardo apparentemente gentile. -Sei pronta?-
Feci un respiro profondo. -Si.- risposi infine. -Sono pronta.-
-Bene, andiamo.- e senza più una parola ci guidò nella sala principale del tempio e poi di nuovo sulla terra.

Hanry stava seduto su una sedia a guardarmi mentre in silenzio e con le guance rosse mi vestivo.
-Insomma! Potresti anche lasciarmi sola.- sbottai alla fine.
Eravamo arrivati il giorno prima in una grande villa sul mare, sulle coste dell’Inghilterra. Non c’era spiaggia e il tempo era cupo, l’aria piuttosto umida, ma si stava abbastanza bene. Da quando eravamo arrivati, però, Hanry non mi toglieva gli occhi di dosso un solo istante, mi stava sempre appiccicato ed era costantemente nervoso, come se temesse che potessi sparire da un momento all’altro … di nuovo. Okay, aveva indubbiamente ragione, in fin dei conti ero già sparita nel nulla un paio di volte, ma la cosa era imbarazzante! Potevo starmene in pace soltanto al bagno!
-Non ne vedo la ragione.- ribatté tranquillamente.
-La ragione è che mi sto vestendo!- risposi con voce incrinata dal disagio, mi stavo abbottonando la camicetta e quindi gli stavo dando le spalle.
-Ti ricordo che ti ho già vista nuda.-
-Chiudi il becco!- urlai sempre più imbarazzata.
Lo sentii ridacchiare. -Hai raggiunto una tonalità di rosso che sinceramente non pensavo potesse esistere.-
< Le sue braccia mi avvolsero, impedendomi di muovermi, mi accarezzò distrattamente la pancia con le dita fredde. -Non volevo offenderti.- mi assicurò con voce dolce. -Sei molto carina quando sei in imbarazzo.-
-Sarebbe a dire che ti diverti?- dissi tentando di sembrare offesa, ma non ci riuscivo proprio.
Le sue labbra sfiorarono i miei capelli. -Si, molto.-
Sbuffai. -Non hai bisogno di seguirmi con un ombra, Nettuno non mi porterà più da nessuna parte.-
-Non è solo Nettuno a preoccuparmi.-bisbigliò.
-Cosa vuoi dire?- domandai voltandomi. Hanry mi sorrise baciandomi la fronte, il suo sguardo preoccupato mi accarezzò per un attimo il viso.
-Non sono solo loro a cercarti e ho la sensazione …- si interruppe, il suo sguardo si perse nel vuoto.
-Quale sensazione?-chiesi preoccupata. I suoi occhi si fissarono nei miei con un intensità tale da spaventarmi quasi.
-Ho la sensazione che darai retta a tua sorella. Quello che è successo nel tempio di Nettuno, quello che ti è stato mostrato, ha cambiato qualcosa in te, me ne sono accorto. Tu adesso non vuoi più combattere Lucy, non è vero?-
Scossi la testa -Non ho mai voluto mettermi contro di lei. Ora penso di capirla abbastanza, so che lo scontro sarà inevitabile e che è inutile tentare di farla ragionare. Io non posso cambiare la mia posizione.-
-Combatterai contro di lei?-domandò preoccupato.
Feci un cenno d’assenso con la testa. -Hanry, ho bisogno di sapere che cosa è successo con Annabelle. So che non è giusto chiederti del tuo passato, tu non sai niente del mio, ma se non sarai tu a raccontarmelo finirò per saperlo da Nettuno o magari addirittura da Lucy. Devi dirmi che cosa è successo, voglio sentirlo dalle tue labbra, non da qualcun altro.-
Lui rimase in silenzio, lasciando vagare lo sguardo per la stanza come se potesse trovarci una qualche risposta nascosta da qualche parte, alla fine sospirò con rassegnazione.
-Avrei preferito non doverti dire niente.- bisbigliò prendendomi in braccio, mi aggrappai alle sue spalle per non cadere. <<-Sarà meglio sedersi, sarà una storia lunga.-
Lentamente si mise a sedere sul grande letto a baldacchino, con le colonne di legno intagliato, tenendomi in braccio appoggiò la schiena alla testiera del letto e allentò di poco la prese su di me, senza stringermi e senza lasciarmi andare. Rimase in silenzio, con lo sguardo perso altrove, meditando, probabilmente, su come iniziare il discorso. Alla fine sospirò e iniziò ad accarezzarmi distrattamente i capelli.
-Ti è già detto che è qualcosa di cui non vado affatto fiero?- disse all’improvviso, senza guardarmi.
-Si- risposi in un bisbiglio.
Scese di nuovo il silenzio per alcuni istanti, non dissi niente perché non volevo mettergli fretta , ma stavo iniziando a innervosirmi. Mi allontanai da lui un poco, scivolando in basso per stendermi sul letto, appoggiai la testa sul cuscino e rimasi ferma a fissarlo.
Rimase ancora un po’ in silenzio, poi alla fine bisbigliò -Io ero molto innamorato  di mia sorella. Ma ero un ragazzino, non me ne rendevo conto, non avevo mai nemmeno pensato che avrei potuto ferirla con il mio comportamento. Ero egoista, pensavo a ciò che desideravo e ingenuamente ero convinto che ciò coincidesse con i suoi desideri.-
-Lei  non era … cioè … innamorata di te?-domandai con un bisbiglio.
Hanry sorrise, guardando lontano con gli occhi nostalgici. -Era innamorata, eravamo innamorati. Ma non sempre l’amore è sufficiente, specialmente se c’è di mezzo la stupidità giovanile.- sospirò e si sdraiò accanto a me, incrociando le mani dietro alla testa -Quando divenni un vampiro avevo diciotto anni e non avevo idea di cosa fossi con chiarezza, all’inizio. Non fu piacevole quello che mi successe, non ero esattamente cosciente. Vedi, è vero che chiesi a mio padre il permesso di sposare Annabella ma lui era contrario, mi disse di no, che era folle. Disse che tutti avrebbero parlato, che era sconveniente, anche se non avevamo nemmeno una goccia di sangue in comune! Ero furioso, ma non dissi niente, non potevo farci niente, solo andarmene! E così feci. Me ne andai. Mi trasferii a Londra, iniziai a comportarmi in modo dissoluto e aggressivo, mi sentivo ardere dalla rabbia. Feci pessime amicizie e mi ritrovai in un vicolo, totalmente sbronzo,  fui attaccato da qualcosa. Non ricordo cosa fosse, ricordo solo un dolore, lacerante, intenso e poi freddo. Quando riaprii gli occhi ero un vampiro.- rimase un attimo in silenzio, riflettendo, si voltò a guardarmi e i nostri occhi si incatenarono: i suoi erano pieni di tristezza e amarezza, ma mi accarezzarono il volto con un emozione davvero intensa. Si voltò verso il soffitto prima di rimettersi a parlare. -Allora non sapevo che cosa era un vampiro, ma imparai presto … piccole cose divennero semplicemente impossibili. Non potevo stare al sole.-
-Cosa? Ma ora non hai problemi a stare al sole! Come è possibile?- domandai confusa.
-Vedi i vampiri appena nati non possono esporsi da subito alla luce del sole, non so il perché, credo perché in quel momento in noi c’è ancora troppo del demone che ci ha creati. Ma poi le cose cambiano. Ovviamente questo vale solo per i vampiri che sono stati trasformati. I vampiri purosangue, cioè coloro che vampiri sono nati, per quanto siano più potenti di quanto non potremmo mai esserlo noi, non potranno mai esporsi alla luce del sole a meno di non voler essere inceneriti.-
Ci pensai su, ero davvero andata allo sbaraglio quando mi avevano mandato a combattere i vampiri.
-Tutto bene?- domandò preoccupato Hanry.
Sorrisi e feci un cenno d’assenso. -Vai avanti.-
Sospirò, e prese una ciocca dei miei capelli, giocandoci, non incrociò il mio sguardo. -Dicevo … all’inizio non riuscivo a stare alla luce del sole e né il cibo né il vino mi saziavano. Provavo un desiderio bruciante per qualcosa … ancora non avevo capito che quando vedevo il collo di una donna non volevo baciarlo, volevo morderlo. Non dimenticherò mai la prima volta che bevvi sangue, la sensazione di estasi, la liberazione e le mie iridi di una sfumatura arancione, quasi rossa. Allora capii cos’ero e cosa avrei dovuto fare.-
-Che vuoi dire?- chiesi ancora.
Alzò gli occhi per incontrare i miei. -Mi rendevo conto di non poter fare niente per vivere senza sangue, ma almeno potevo evitare di uccidere per nutrirmi o meglio di questo mi convinsi. Mi allontanai dalla città e mi trasferii in campagna. Mi nutrii degli animali che erano nel bosco, non avevo più bisogno di armi per cacciare.- si voltò lasciando andare i miei capelli, i suoi occhi di nuovo lontani, irraggiungibili.-Ero più veloce e più forte di prima, avevo una vista e un udito migliori di qualunque cosa esistente al mondo. Invincibile. Mi esaltava questa prospettiva, mi sentivo superiore, più forte, più potente. Dormivo solo un paio di ore a notte e per me erano sufficienti. Il giorno mi sentivo stanco, ma non era il genere di stanchezza dovuta al sonno. Incontrai un mio simile, Jean Clode , un vampiro molto più antico di me, che viveva senza nutrirsi di esseri umani, senza fare del male a nessuno. Ne rimasi affascinato. Lo invitai a stare da me e trascorremmo molte tempo insieme. Mentre il mio corpo iniziava ad andare di nuovo d’accordo con la luce del sole, scoperta che feci solo grazie a lui, la mia sete si calmava. Lui mi raccontò molte cose su di noi e su ciò che eravamo. Partì dopo appena due mesi, dicendo che non poteva restare, che il nostro tempo per ora era finito.- rise ricordando -Era un ottimo poeta. Lo liquidai dicendo “Non dirmi frasi da donna, non sono la tua amante”- La sua faccia tornò di nuovo seria e dopo un secondo di silenzio riprese il racconto -Quando alla fine mi adattai perfettamente a vivere alla luce del sole era trascorso un anno da quando ero stato trasformato ed erano due anni che non vedevo Annabella. Tornai a casa dai nostri genitori. Mio padre mi accolse a braccia aperte, ero il suo unico figlio maschio, la madre di Annabella era risentita perché ero mancata alla nascita di Lucinda, mia sorella e Annabella … ricordo di averla guardata mentre prendeva il tè, ricordo di aver pensato che non c’era niente al mondo di altrettanto bello, di altrettanto valore. Come il sole, come il cielo al tramonto, così bella da togliere il fiato. Arabella mi sorrise quando mi rivide, mi si avvicinò con naturalezza. Oh, Grace. Non ho resistito, come con te, ho perso la testa. La volevo per me e per me soltanto, sapevo che mio padre non l’avrebbe permesso e allora l’ho portata via. -
-Sei scappato con lei?-domandai incredula.
-Non sono semplicemente scappato con lei Grace.- la sua voce era densa di rimpianto. -Io le chiesi se mi amava e quando lei disse di si ..- la sua voce si incrinò, rompendosi, non disse più niente, il silenzio scese denso.
-Cosa hai fatto, Hanry?- domandai con tono neutro, calmo, lievemente gentile, quasi rassicurante.
-La volevo per me. Un volta sola a questo mondo volevo che esistesse qualcosa che fosse mio soltanto. E l’ho presa, anche se forse lei non lo voleva, non mi è importato di niente. Sapevo che prima o poi sarebbe stata di qualcun altro se non poteva essere mia, ma io non potevo accettarlo. Le chiesi se mi amava, poi le dissi cos’ero e la trasformai in un vampiro. Non aspettai una risposta, non mi importava cosa volesse o il resto, pensai semplicemente che se mi amava davvero per lei sarebbe contato solo stare insieme. Non avevo dato importanza ad altro. Eppure in un angolo della mia mente mi appariva chiaro quando egoistico fosse quel gesto, quanto dolore avrebbe portato. Mentre bevevo il suo sangue sentivo il sapore della sua paura e della tristezza. Una parte di me si sentiva in colpa, ma scacciai quella sensazione, pensai solo ad averla per me. Quando Annabelle riaprì gli occhi era una vampira.- Hanry chiuse gli occhi, come per evitare di guardare qualcosa, serrò le labbra tanto che sembrava stesse trattenendo un urlo.
Mi avvicinai piano e appoggiai una mano sul suo petto, prima ancora che potessi vederla sentii la sua mano prendere la mia gentilmente, la strinse portandosela alle labbra e depositò un bacio veloce sul palmo prima di appoggiarci la guancia.
-Va tutto bene Hanry?-domandai preoccupata.
-Si, sto bene.- rispose dopo un attimo. Mi sorrise dolcemente, poi si voltò a fissare il soffitto. -Sono passati molti anni, ma si tratta sempre di troppo poco tempo.-
Per un attimo pensai di non farlo continuare, ma poi mi ricordai di cosa mi aveva fatto vedere Nettuno e invece di dirgli che non importava bisbigliai: -Vai avanti.-
Lui chiuse di nuovo gli occhi e fece un respiro profondo. -Annabelle si svegliò come un vampiro. Era così bella, la pelle ancora più chiara, sembrava una delicatissima bambola di porcellana, ero incantato. Eravamo in carrozza quando aprì gli occhi, mi guardò, i suoi occhi erano vacui. Disse di avere fame, di sentire dolore, come se non riuscisse a muoversi. Quando arrivammo nella casa in montagna era quasi l’alba, la portai in camera e le dissi di non muoversi e di evitare per ora la luce del sole. Lei crollò addormentata a letto. Quando le portai un animale, lei rifiutò, continuava a bere e mangiare come un essere umano, diventava sempre più debole. Un giorno un cameriera si tagliò un dito e lei quasi la aggredì. La dovetti rinchiudere nella stanza e tenerla ferma per alcune ore finché non si fu calmata. Quando si rese conto di ciò che stava per fare si mise a piangere a dirotto, era sconvolta. Le insegnai come nutrirsi, le portavo gli animali che catturavo, ma ne soffriva. Era sempre triste, sembrava un fiore che stava appassendo nell’ombra. Come per me lentamente diventò immune alla luce del sole e la feci uscire, in realtà la luce diretta le dava ancora qualche problema, la faceva sentire stanca. Il poter uscire alla luce del giorno la fece riprendere, un po’.- si voltò a guardarmi, gli occhi colmi di dolore, tristezza e rimpianto. -Per un po’ di tempo sembrò stare bene, per un po’ tra noi fu come doveva essere, eravamo felici. La casa in cui vivevamo era di mio zio, l’aveva lasciata a me e in pochi la conoscevano. Per quattro anni siamo rimasti lì, vivendo insieme come due innamorati. Lei mi amava quanto io amavo lei, tutto era come doveva essere, ne ero convinto. Non ti descriverò quelle giornate nei dettagli.- disse con un mezzo sorriso, probabilmente si era accorto della gelosia che avevo tentato di nascondere in fondo ai miei occhi.-Iniziammo a viaggiare, volevo che non fosse triste, volevo che sorridesse. Andammo in Francia, in Germania e in Italia, finimmo con l’incontrare altri nostri simili, alcuni come noi non si nutrivano di esseri umani. Ci sposammo in una piccola chiesa sul mediterraneo, nel florido porto veneziano, lei sembrava felice quel giorno, felice davvero. Fu un periodo strano e frenetico, come un ballo in maschera. Giravamo come trottole impazzite, io nel tentativo di non farla essere triste, lei nel tentativo di dimenticare ciò che era. Ogni notte tra le mie braccia sentivo il suo corpo tiepido che si stringeva al mio come per cercare qualcosa a cui sostenersi. Sempre di più riprese a dormire di giorno per svegliarsi di notte, alla fine tornammo a casa, poco prima dello scoppio della guerra.-
-Quale delle tante?- domandai.
-La prima guerra mondiale.- rispose  accarezzandomi distrattamente i capelli -Tornai a casa nel marzo del millenovecentoquattordici, Lucinda aveva appena compiuto undici anni. Mio padre viveva in città, a quanto pare Lucinda non era sua figlia, la madre di Annabelle aveva un amate, entrambi erano morti a causa di un incidente in carrozza. La bambina era stata lasciata a casa ed era quindi rimasta viva, ora viveva con degli zii. L’andammo a trovare, non ci aveva mai visto. Proprio come Annabelle una volta, Lucinda era fragile, delicata, cagionevole di salute, ma non l’avresti detto perché sembrava emanare energia e coraggio, voglia di vivere e libertà. Non andava molto d’accordo con gli zii. Ricordo con chiarezza quel giorno, lei allungò la mano e prese la mia… era così piccola. Annabelle non voleva lasciarla, credo fosse perché era l’unica parente che le era rimasta. Alla fine la portammo via con noi, comprai un casa tra le colline della scozia, un vecchio castello disabitato, lontano da tutto e da tutti. Presi dei domestici e mi trasferii lì insieme a loro, iniziammo a vivere tutte e tre insieme.
Annabelle era molto felice in quel periodo, totalmente presa da Lucinda, erano molto unite, stavano sempre insieme. Stando in quell’ambiente più puro, vivendo a ritmi più lenti sua sorella iniziò a stare meglio. Lei cresceva, mentre noi rimanevamo uguali, indifferenti allo scorrere del tempo. Quando compì sedici anni divenne chiaro che non potevamo continuare così e perciò di comune accordo decidemmo di dirle la verità. Lei ci sorrise scrollando le spalle con grazia e indifferenza, come faceva a volte Annabelle,  ci disse che ci voleva bene, che eravamo la sua famiglia e che questo non sarebbe mai cambiato.- sulle sue labbra si disegnò un sorriso dolce, dolcissimo, che non sarei mai riuscita a descrivere senza togliergli la bellezza che illuminava il suo viso in quel momento.
Si portò una ciocca dei miei capelli alle labbra e la baciò, poi li lasciò andare e mi prese la mano, iniziando poi a giocherellarci distrattamente. -Alla fine arrivò l’inverno.- proseguì senza guardarmi. -Lucinda non stava tanto bene in quel periodo, l’inverno era molto rigido e c’era in giro una brutta influenza. Quando si ammalò ci chiese di trasformarla. Io non volevo farlo, avevo visto Annabelle, era diventata come … spenta; uno specchio opaco che rifletteva un raggio di sole smorzandone in modo insopportabile il calore e la brillantezza. Non volevo che anche Lucinda diventasse così, non volevo che soffrisse, che fosse infelice. Mi  rifiutai con tutte le forze, finché non peggiorò e Annabelle arrivò a implorarmi di aiutarla.-
-Tu hai …?- domandai con voce rotta.
Sorrise mesto. -L’hai conosciuta. È Julie.-
-Julie?- ripetei scioccata. -Come siamo arrivati da Lucinda a Julie.-
-Odiava il nome Lucinda.- rispose con un sorriso -Lo cambiò appena riuscì a farlo. Come hai visto Julie non si è mai incupita, non ha mai perso la sua brillantezza, al contrario è fiorita. Si divertiva, non appena riuscì ad a uscire alla luce del sole iniziò ad andare in giro come una trottola, non stava mai ferma e non voleva stare in casa. Tornammo in città e iniziammo a partecipare a feste e balli, lei si divertiva un mondo e riusciva a trascinare nella sua allegria anche Annabelle. Tutta via la situazione non migliorava, lei stava sempre peggio…- la sua voce carica di tristezza sfumò nel silenzio.
Rimasi in silenzio per alcuni istanti, poi chiesi-Che è successo?-
Lui non rispose subito, per un po’ si limitò a fissare il vuoto per un po’. Gli accarezzai distrattamente il petto, cercando di non insistere troppo, il suo respiro regolare inizio ad accelerare progressivamente mentre la mia mano scendeva per la seconda volta verso il basso, la fermai sul suo ombelico iniziando a tracciare con il pollice il contorno del suo ombelico.
-Non vuoi proprio dirmelo?- domandai distrattamente. Hanry mi afferrò la mano respirando lentamente, come per riprendere il controllo, mentre io lo fissavo confusa. -Ti senti poco bene?- domandai confusa.
Non rispose, poi sorrise in modo malizioso, si avvicinò a me lentamente bisbigliandomi all’orecchio: -No, sto benissimo, ma sarebbe bene che non mi provocassi, amore.-
Lo guardai confusa, il suo sguardo si incupì e improvvisamente mi attirò a se stringendomi con forza, stando attenta però a farmi male. Sentii il suo respiro tra i miei capelli. -Ho fatto qualcosa che non dovevo?- domandai confusa.
-Non la metterei così.- la sua voce usciva attutita.
-Allora come?-
Scoppiò a ridere.
-Non starai solo cercando di cambiare discorso?-domandai confusa, me ne pentii all’istante: la sua espressione si fece triste e distante, si allontanò da me impercettibilmente, rimase in silenzio a fissarmi.
Incrociai i suoi occhi tristi, avevo la sensazione che non avesse mai cambiato espressione così tante volte da quando lo conoscevo.
-Lei… Annabelle è morta. Si è tolta la vita.- la voce di Hanry era un bisbiglio appena udibile, rotto dal dolore. -Non ce la faceva più, semplicemente. In un momento in cui era totalmente sola si rinchiuse nella casa che avevamo presto in  città e le diede fuoco dall’interno, restando chiusa dentro.-
Allungai la mano e gli accarezzai la guancia, ma non dissi che mi dispiaceva perché sarebbe stata una bugia. Per quanto odiassi ammetterlo mi sentivo sollevata dal fatto che Annabelle fosse morta, che se ne fosse andata e che non sarebbe tornata mai più.
-Scusa.- bisbigliai invece, fissandolo negli occhi.
-Non hai ragione di scusarti.- rispose stringendomi a se, il mio corpo aderiva al suo tiepido. Chiusi gli occhi e respirai il suo odore dolce e salato insieme, un odore che mi ricordava il colore azzurro, alzai la testa e gli diedi un bacio sul collo, sfiorandolo appena con le labbra mentre lui continuava a premermi contro di se.
-Ho un ottima ragione per chiedere scusa.- bisbigliai contro la sua pelle. Di certo non gli avrei mai detto che nonostante il dolore che gli leggevo negli occhi tutto quello che riuscivo a pensare era che nessuno l’avrebbe portato via da me.
-Non riesco a immaginare quale sia.- bisbigliò, poi improvvisamente si girò di lato, facendomi nuovamente finire con la schiena contro il materasso. Hanry si mise sopra di me e mi scostò una ciocca di capelli dal viso con una carezza. -Per che cosa ti scusi esattamente?- domandò con un sorriso malizioso.
Avevo la sensazione di essere saltata da un argomento all’altro ogni cinque minuti nell’ultima ora, ma stranamente non mi sentivo confusa e tutto mi appariva chiaro. -Sai Hanry, non so cos’accadrà in futuro, ma in questo preciso momento io sono contenta di averti incontrato.- bisbigliai, poi chiusi gli occhi quando scese a rubarmi un bacio.

  
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