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Autore: 117_Raven    15/04/2015    0 recensioni
Storia alternativa in cui Bella è impersonata da una ragazza italiana del liceo andata a Seattle per fare un anno all'estero con Intercultura, e di come il ritorno abbia cambiato il rapporto con la sua famiglia, i suoi amici e con sè stessa e le sue origini.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen | Coppie: Alice/Jasper, Emmett/Rosalie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Fantastico! Dopo dodici ore di volo, scali, pasti smilzi e varie mi mancava proprio la solita desolazione dell'aereoporto. Non ero felice di tornare a casa, anche se era da un anno che mancavo. I programmi di Intercultura sanno prenderti tantissimo. O almeno i programmi su Edward, come diceva mia madre. Edward era il mio.. "fidanzato" (veramente lo consideravo il mio "grande amore", era parte di me ma anche mio marito a tutti gli effetti) ed era un vampiro. Già. Avevo passato un intero anno nella sua famiglia, ne ero diventata parte e ora avevano deciso di seguirmi in Italia. Purtroppo il viaggio l'ho dovuto affrontare in solitaria, dopo qualche giorno sarebbero venuti anche loro, prima dovevano sistemare varie cose, tra cui "Sara è una neonata, dovrà adattarsi senza di noi per un po, almeno due giorni". Ma che bella notizia, mi mancava rischiare di uccidere qualche mio conoscente.Speravo solo che Edward non finisse col suo solito pessimismo.. E poi, mi mancava già.
Il terminal degli sbarchi internazionali di Malpensa non era affollato, anzi, c'ero solo io e qualche personcina qua e là. In fondo chi poteva tornare da Seattle il 13 settembre? Una settimana dopo l'inizio delle lezioni scolastiche? Solo io. Appena scesa dall'aereo avevo annusato l'aria italiana e fresca dell'aereoporto di Milano, sapeva stranamente di "casa" e di "noioso" ma soprattutto non di Edward. Presi il mio bagaglio e mi avviai verso l'uscita. Mio padre mi aspettava in piedi, appena fuori dalla porta automatica. Appena mi vide mi fu addosso, lo abbracciai rendendomi conto di quanto mi fosse mancato solo in quel momento. Non era cambiato per niente: i capelli, frustati dal vento, erano pochi ma ancora di un nero intenso; il viso un po' allungato con quell'ombra di barba scura era eccitato, gli occhi neri luccicavano di gioia e orgoglio.
-Bentornata, tesoro. Ti lascio da sola un anno e torni così- rise nervosamente
-cioè?- chiesi ancora incollata alla sua spalla
-sei bellissima, Sara, sul serio, ti trovo benissimo!- confessò rosso in viso
risi -grazie papà, l'america mi ha fatto bene- scherzai
-quindi ora hai fame?- chiese.
-un po', tu?- 
-sono troppo felice per pensare a mangiare, devi dirmi come è andata!- Mio padre non era mai stato un grande conversatore, quindi tutto il siuo conversare, lo ammetto, un po' mi preoccupava, ma in fondo ero felicissima di rivedere il suo viso e i suoi buffi capelli neri corvini arruffati e spettinati dal vento. Quindi affondai nuovamente il viso nel suo petto e lui ricambiò di nuovo l'abbraccio.
Fuori non pioveva ma c'era un po' di vento freddo che smuoveva delicatamente l'aria rendendola meno afosa, il sole ormai giunto al tramonto, diffondeva una luce arancio chiara per tutto il cielo, creando ombre con le poche nuvole scure presenti. Papà sembrava fluttuare sull'asfalto dall'eccitazione, come minimo mi avevano preparato una festa di bentornata. Il suo odore non mi bruciava la gola, ormai avevo imparato a controllare la mia sete grazie al mio scudo, e avevamo scoperto che potevamo rimpiazzare il sangue con il normale cibo umano a patto che ne mangiassimo in quantità industriali. Nessun problema. Non mi avevano invitato ad un matrimonio proprio con questa scusa quando ero ancora umana: dicevano che mangiavo troppo, quanto tre persone messe insieme. Dando poco conto alla palese esagerazione, dovevo ammettere che ero sempre stata una gran mangiona, ma mai grassa. Ero magra, muscolosa e abbastanza alta, forte per la mia età e veloce per una della mia "stazza". Mi sono sempre piaciuti gli sport, soprattutto quelli a contatto con la natura. Ora il mio status di "immortale" mi concedeva più tempo e più forza per le cose che amavo di più. Edward non era escluso, anzi, era il mio primo pensiero. Pensarci mi faceva ancora più male, mi mancava. salimmo in auto, una opel zaffira, di lì a poco sarebbe arrivata la mia volvo S60 e avrei reso mio padre ancora più felice concedendogli qualche giro. Durante il tragitto parlammo solo del mio viaggio negli Stati Uniti, poi per qualche minuto mi fece un resoconto di tutto ciò che mi ero persa quest'ultimo anno, mi raccontò degli esiti scolastici di mio fratello, della sua nuova promozione al lavoro, di come mia madre era riuscita finalemnte ad avere la direzione della boutique armani in Montenapoleone a Milano. Via Skype e sentendoci per telefono mi avevano detto qualcosa, ma mai niente nei dettagli perchè o parlavamo di come me la passavo io, o ero talmente distrutta dalle lezioni che non riuscivo a stare sveglia, e inevitabilmente la telefonata finiva con la sottoscritta che dormiva ed Edward che chiudeva la comunicazione ormai muta. Appena arrivati a casa mi fece posare le valigie. -andiamo dalla zia Pinuccia stasera- disse. -ha preparato qualcosa da mangiare, e tua madre è appena tornata dal lavoro - spiegò. fantastico, mia madre era appena tornata dall' ennesima giornata sfiancante, e stanca com'era doveva farmi per forza una festa. Il senso di colpa non fece in tempo ad assalirmi che mio padre mi prese per il braccio e mi catapultò di nuovo in macchina senza nemmeno farmi entrare in casa, visto che la valigia la mise lui dentro l'ingresso. La casa di mia zia non distava molto quindi non parlammo affatto, mi fece godere il viaggio senza però togliere quel sorrisetto ebete sulla sua faccia. Era compiaciuto e orgoglioso, lo si poteva vedere. facemmo una piccola deviazione -andiamo a prendere tuo fratello- spiegò. -giusto- risposi. Quale coincidenza, era la festa di inizio anno nella sua scuola, che poi fu anche la mia qualche anno prima. Attribuisco sempre a quel posto i miei tre anni di scuola peggiori. Era un vero e proprio inferno stare là, essendo anche una scuola iper cattolica e rigidissima per quanto riguarda le regole e tutte le altre richieste.
Appena arrivati papà andò a parcheggiare e mi disse di aspettarlo sotto la palestra, così mi diressi all'ingresso dove c'era la portineria.
-salve, posso aiutarla?- mi chiese cortesemente il portinaio guardandomi incantato
-no thanks, I'm just waiting for my father.. he's coming in a few minutes..-
Mi accorsi di aver parlato inglese solo quando vidi il portinaio fissarmi come se venissi da un altro pianeta. Mi dileguai in fretta dentro il cortile interno dell'edificio salesiano, arrossendo (teoricamente non potevo farlo). Mi stupii quando vidi il cortile dell'ingresso. Wow, com'era cambiato tutto. I campi di pallavolo e calcio erano sempre là in fila, silenziosi e immobili attendendo qualcuno che iniziasse a usarli. La palestra, distante circa trecento metri, era stata restrutturata e uno stucco bianco la rendeva immacolata all'apice di tutto il grande cortile. Appena iniziai a camminare verso l'entrata della palestra il mio vecchio professore di italiano si avvicinò fissandomi stupefatto. mi squadrò. -sei Sara Cavalieri?- chiese. -emm.. si prof, salve!- cercai di nascondere in parte l'accento preso da un anno di inglese ininterrotto. dal suo sguardo capii di non averlo convinto,  mio padre arrivò in tempo per spiegargli quella strana anomalia. E forse anche per vantarsi. -salve signor Sali. mi scusi il ritardo alla messa ma sono corso a prendere mia figlia. Tornava oggi dal suo anno negli Stati Uniti- mi guardò compiaciuto mentre il professor Sali sembrava colpito, quasi curioso, il che era strano. Non gli sono mai andata a genio. Gli rivolsi il mio sorriso migliore scoprendo un po' i miei affilatissimi denti. Rabbrividì e poi cortesemente si congratulò con me e mio padre dileguandosi subito dopo. -così impara a metterti nella classe media, quel brocco. Chi fa un anno negli stati uniti prendendo il massimo dei voti non merita un giudizio come quello che lui ti aveva dato- mi sorrise mio padre.
-sai papà, credo di averlo spaventato. non è abituato a vedere qualcuno uscire dagli schemi.-
-no figlia mia, tu non sei mai rientrata negli schemi, tu sei sempre stata un passo davanti a noi, ecco perchè nessuno ti ha mai capito davvero. questo anno lontano mi ha fatto capire molte cose.- mi prese sottobraccio e andammo sorridenti a prendere quel pestifero di mio fratello dentro l'edificio sportivo.
   
 
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