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Autore: Viviane Danglars    24/12/2008    3 recensioni
Ichigo è un investigatore, ha un cliente e un “caso” da risolvere.
Non è pulito, non è delicato e non finisce bene.
[ Respirò a fondo nell’aria ancora fresca della mattina, senza aprire gli occhi. Non ne aveva bisogno per visualizzare il luogo dove si trovava; sapeva com’era fatta la ringhiera di ferro che sentiva premergli, fredda, contro le reni. E sapeva che, sotto di lui, c’erano numerosi piani e poi soltanto l’asfalto, non liscio né propriamente grigio, ma sicuramente duro.
Numerosi piani di poveracci e disperati, prostitute e drogati, ubriaconi e malati e, sopra di loro, lui: Renji Abarai, con i suoi tatuaggi, le mani robuste infilate nelle tasche, la maglietta lisa che profumava della lavanderia di Momo e i capelli rossi raccolti in una coda spettinata.
]
~ [Liberamente ispirato al film Million Dollar Hotel.]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo, Renji Abarai
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo settimo.
Love will tear us apart




[ Do you cry out in your sleep
all my failings exposed?
Get a taste in my mouth
as desperations takes hold -
is it something so good
just can't function no more?
When love, love will tear us apart
again. ]




- Ho capito, è il tuo migliore amico immaginario, come ce l’hanno i bambini, quello a cui dici tutte le cose che non dici a me? Le dici nella tua testa…
- E’ il mio migliore amico e basta. Se si è stati amici una volta, lo si è per tutta la vita.
- Che cazzata.
Le conseguenze dell’amore




Non c’era un perchè.
Era lì. Di nuovo. Col naso all’insù, senza un perché e senza ombrello, perché questa volta non pioveva.
Era lì senza che Uryuu lo sapesse. Aveva mentito, telefonando a Nemu e dicendo che era malata e non sarebbe venuta. A Uryuu aveva detto che sarebbe uscita.
E poi era tornata lì.
Quel posto sembrava quasi una calamita. Orihime aveva continuato a pensarci, da quando se ne era andata la volta prima, e non avrebbe saputo dire il perché, ma era indubbio che il Million Dollar Hotel la attraesse; la attraeva con tutto ciò che aveva di sbagliato, proprio come in Ulquiorra la attraevano le crepe, che comparivano appena sulla superficie e che promettevano voragini, non appena si fosse scesi abbastanza in profondità.
Quel genere di crepe che dovrebbero farti venire voglia di scappare a gambe levate appena le vedi. E che invece, quasi sempre, ti spingono ad avvicinarti, ancora, e ancora.
Orihime voleva rivedere quelle crepe che componevano il viso senza età di Ulquiorra.
Per questo, quel giorno, aveva deciso di raccogliere il coraggio a due mani ed entrare.
Nella hall del Million Dollar Hotel c’era sempre gente. Questo perché la sala era grande e più delle altre conservava memoria di antichi fasti – fasti di plastica importati dall’Europa nemmeno una ventina di anni prima. Era anche perché i divani non erano sfondati e c’era una grande televisione, che, a vari livelli di volume, era accesa quasi sempre, ma non sempre prendeva granché bene. Spesso il suo ruolo preponderante era quello di cullare il sonno di Shunsui.
Anche quel giorno, accampati tra divani, poltrone e cianfrusaglie, c’erano alcuni degli inquilini dell’hotel, ma Orihime, che tutte queste cose non le sapeva, evitò di soffermare troppo lo sguardo su di loro, preoccupata di risultare maleducata.
Era già conscia di apparire nervosa, ma non poteva essere consapevole di quanto il suo aspetto la denunciasse come “estranea” in ogni dettaglio.
Stava già cominciando a chiedersi cosa fare e come farlo, quando ebbe la fortuna o la sfortuna di imbattersi nel detentore delle chiavi.
- E tu chi sei? -
Shunsui si era un poco ripreso dall’ultima visita a Jyuushiro. Un poco soltanto. La parte più complicata dell’operazione era sempre riuscire a sopprimere la mancanza fisica dell’altro; perché non solo ne sentiva la mancanza quando rientrava nella stanza che una volta avevano abitato insieme, ma iniziava a sentire nostalgia di Jyuushiro già quando lui e Nanao ripercorrevano le scale, e ad ogni pianerottolo Shunsui stringeva le mani che erano vuote.
- Ehm, io, buongiorno. – Orihime aveva velocemente cambiato idea sulla prima parola da pronunciare.
Sorrideva, incoraggiante, buffa e disperatamente ottimista. Shunsui la guardava dall’alto e la trovò tenera.
- Buongiorno – le disse.
- Io mi chiamo Orihime, sto cercando un mio amico – spiegò lei sollevando una mano in un gesto un po’ imbarazzato.
Shunsui aggrottò la fronte. Un’altra?
- E chi stai cercando, piccola? – si informò chinandosi un po’ su di lei.
Per reazione, la ragazza si fece visibilmente più piccola. – Ecco, si chiama Ulquiorra, ehm. Sì. -
Shunsui roteò gli occhi al cielo. Sì, un’altra. Come se non fosse bastato il biondino depresso.
- E chi ti dice che il tuo amico sia qui? – domandò, imperscrutabile, come la famosa saracinesca abbassata. Era la domanda di rito, quella che, in teoria, avrebbe dovuto rappresentare un primo passo verso la dissuasione dei curiosi.
Orihime sbatté le palpebre senza capire. – So che abita qui, con suo fratello, Grimmjow. -
Ora, se al posto di Orihime ci fosse stato Izuru, non avrebbe ricevuto un trattamento granché gentile. Ma Shunsui non era dell’umore giusto per fare il duro con quella ragazzina mielosa. Per altro, Nanao non si vedeva da nessuna parte, e questo era sempre in grado di mal disporlo.
- Tatsuki! – chiamò quindi l’uomo, vagamente seccato, voltandosi per guardare dietro di sé e portando una mano a coppa attorno alla bocca. – Risolvile tu le tue grane! … se vuoi scusarmi, - disse quindi con un accenno di inchino ad Orihime, e si ricongiunse alla sua poltrona.
Nel far questo, non aveva notato lo stupore sul viso della ragazza, e non notò quanto la suddetta espressione si ampliò mentre Tatsuki, da lui evocata, si faceva effettivamente avanti e si trovava di fronte alla nuova venuta.
Orihime sgranò gli occhi incredula, e, per quanto qualcuno avrebbe potuto trovarlo fuori luogo, fu subito chiaro che la sua espressione era di felicità. Tatsuki dal canto suo si irrigidì vistosamente quando la riconobbe, e si fermò a qualche passo da lei.
- Sei tu…! -
- … Orihime. -


- Che cosa fai questo pomeriggio, Tatsuki? -
- Hime viene a casa mia per studiare. -
Tatsuki aveva gettato indietro le braccia, la cartella allacciata al polso e una mela nell’altra mano. Stirò pigramente il corpo allenato senza rallentare l’andatura, mentre Izuru, di fianco a lei, le gettava un’occhiata breve e gentile, per poi riportare lo sguardo davanti a sé.
- Capisco. -
La ragazza gli aveva rivolto uno sguardo un po’ pigro, malizioso. – Vuoi unirti? -
- Ah… no… - Un po’ colto di sorpresa, lui aveva sorriso, e agitato vagamente la cartella. – Non voglio disturbarvi. -
- Ah, già, dimenticavo, lo studente modello Kira non ha bisogno di studiare con due povere sapiens come noi – lo canzonò Tatsuki, ma la sua presa in giro era dolce, e come tale Izuru la accolse, per il contorto complimento che era.
- Sai bene che studio come chiunque. -
- Di più di chiunque – lo corresse lei. – Lo so che le cose non te le regalano, Izuru. -
- Lo so che lo sai – ribatté lui e poi si zittì. Tatsuki sospirò appena. Era un tasto delicato.
- Be’, visto che questo pomeriggio non possiamo, perché non domani? – gli propose.
- Domani cosa? – ripeté Izuru preso alla sprovvista.
- Non mi ha chiesto se ero impegnata per potermi invitare a fare qualcosa? -
Innegabile. – Be’… -
- Sì, sì. – Tatsuki rise appena. – Scusa ma non ho il tempo di aspettare i tuoi tempi biblici. Ti invito io… un gelato? Orihime mi ha parlato di questo posto nuovo… sai com’è fatta, non si lascia sfuggire un negozio di dolci che sia uno. -
Izuru sorrise. Sapeva come era fatta Orihime e sapeva come era fatta Tatsuki; le conosceva da tutti gli anni del liceo. Sapeva che, davanti alla vetrina di una pasticceria, Orihime avrebbe esclamato di gioia e Tatsuki avrebbe storto il naso, perché lei era per le cose pratiche e funzionali, anche nel cibo.
Sapeva che lui era quello che stava in mezzo e che avrebbe insistito per poter pagare, ma che Tatsuki non gli avrebbe permesso di farlo perché lui ed Orihime erano poveri, e quindi toccava a lei pagare.
Lui sarebbe stato felice se il giorno dopo avesse potuto offrirle anche soltanto un po’ di gelato.


- Vieni fuori da qui, Orihime – disse Tatsuki afferrando la vecchia amica per un braccio e trascinandosela dietro, senza usare il nomignolo con il quale le si era rivolta per anni ed anni di scuola insieme.
Non era chiaro se ci tenesse tanto a portarla fuori per proteggerla dai brutti incontri che poteva fare, dagli sguardi che poteva suscitare o dall’attenzione che poteva attirare. Forse lo faceva per proteggere se stessa dalle domande che Orihime avrebbe provocato. O forse non sopportava di rivedere quel viso da ragazzina dimenticato per così tanto tempo, circondato dalle pareti fatiscenti del Million Dollar Hotel.
Le due ragazze si erano fermate sul marciapiede subito fuori l’edificio e Tatsuki aveva lasciato andare Orihime, anche se non l’aveva tirata con forza, né le aveva fatto male. Rimasero in silenzio per un istante e alla fine Tatsuki chiese: - Cosa fai qui? -


- Forse l’ho incontrato… a casa di… -
- … non l’hai incontrato a casa di nessuno, Hime – sbuffò Tatsuki in tono irritato. Izuru vide che le sue mani, appoggiate sulle ginocchia piegate, avevano un movimento infastidito.
Orihime si zittì, imbarazzata. Sperava di mettere a suo agio l’amica, ma evidentemente era l’argomento stesso che la metteva a disagio.
- Non l’hai incontrato in nessuna delle case dei nostri compagni – concluse Tatsuki categorica. Proprio perché era certa di ciò che diceva, la bugia di Orihime sembrava ancora più patetica. – Lui non frequenterebbe nessuno di loro. O loro non frequenterebbero lui. -
Solo Izuru e la sua calma posata erano stati in grado di reggere con dignità il silenzio che era seguito sotto l’albero.
- Sono sicura che è un ragazzo simpaticissimo – concluse Orihime, dopo un istante.
Tatsuki, appoggiata al tronco tra l’amica e Izuru, scosse appena la testa prima di appoggiarla all’albero. Erano seduti nel giardino della scuola ed aspettavano di far passare l’ora di pranzo. Tatsuki sosteneva di non avere fame, e così non aveva mangiato, e sapeva che Izuru la teneva d’occhio. Ora, anche questa specie di interrogatorio da parte di Orihime…
- Sì. A me piace, o non ci uscirei assieme. -
Il tono con il quale aveva parlato, non meno delle parole, avevano provocato una reazione in entrambi i compagni, che si erano voltati verso di lei. Anche se il viso di Orihime non era minimamente ferito quanto quello di Izuru.
Sentimenti che erano passati in un attimo.
- E così, ehm… come l’hai conosciuto? – tentò ancora Orihime.
- Conoscenti comuni. – Tatsuki si strinse nelle spalle. Non il genere di “conoscenti” che ci si fanno a scuola, o che le avrebbe permesso di frequentare la sua facoltosa famiglia. In effetti, Grimmjow era in tutto e per tutto quello che si potrebbe definire una “cattiva compagnia”.
Proprio per questo, con lui, Tatsuki sentiva di poter respirare.
Izuru non aveva detto niente.


- Ho capito bene? Cercavi Ulquiorra? E come fai a conoscerlo? -
Tatsuki insisteva mentre Orihime non sapeva bene cosa dire. Era decisamente sorpresa, ora, nonostante l’iniziale felicità per aver ritrovato la più cara compagna degli anni di scuola. Sì, perché, nonostante lo stupore, ora anche Orihime aveva realizzato: Tatsuki, lì… al Million Dollar Hotel?
- E’… è venuto a farsi curare, una volta… - rispose, troppo intimidita dalla domanda che le si era affacciata alla mente per non ubbidire al tono deciso di Tatsuki, - al pronto soccorso… io… studio medicina adesso… -
Tatsuki non lasciò il tempo al rimpianto o a qualsiasi sentimento di prendere piede sul suo viso. Al massimo, avrebbe potuto permettere ad un senso di solidarietà di renderla felice per Orihime, che aveva realizzato il suo sogno. Ma bloccò sul nascere anche quello. – Cazzo – disse invece. – E’ venuto al pronto soccorso? Quando? -
Ci mancava solo che Ulquiorra cominciasse ad andare in giro da solo, a farsi vedere, chissà da chi…
- Qualche tempo fa… c’era suo fratello con lui – spiegò Orihime. Ora, solo ora che la guardava con più calma, riusciva a rendersi conto che la forte Tatsuki era diversa da come la ricordava: era magra e secca, era piccola, scura, il viso tirato e stanco, in un modo che alla vecchia amica strinse il cuore.
- Ah. – Tatsuki si rilassò. Se c’era Grimmjow, tutto bene.
Solo allora Orihime intuì. – Suo fratello… - mormorò, studiando il viso di Tatsuki, - allora quel ragazzo… è lui…? -
Tatsuki non confermò in alcun modo, bastò la sua espressione.


Izuru non avrebbe mai voluto litigare con lei. Litigare con lei era proprio l’ultima cosa da fare, secondo lui, soprattutto in una situazione come quella: perché lui era debole e lei era forte e, con simili premesse, che fosse lui ad iniziare, a farla sentire attaccata, era terribile.
Non voleva attaccarla. Non voleva iniziare. Non voleva nulla di tutto questo.
Ma Tatsuki alzava difese su difese, per prevenzione. E lui si trovava sempre più lontano. Sempre più fuori.
Estromesso, in favore di uno sconosciuto, uno mai visto di cui non sapeva neanche il nome, una persona che non si preoccupava di Tatsuki, non davvero. Non come lui.
Non glielo nascose.
- E’ pericoloso. Solo questo. –
Le mani tremanti per il nervosismo o per la rabbia, le sue mani sottili e pallide dalla pelle secca di studente lavoratore, tentavano di rimettere a posto i libri sul tavolo nella cucina di Tatsuki. E lei era in piedi e andava avanti e indietro, inviperita come lui non l’aveva mai vista, urlando, approfittando del fatto che i suoi erano fuori per il week-end e nessuno li avrebbe sentiti in quella grande casa.
La cucina era quasi buia adesso, da fuori venivano le luci e i rumori di una grande strada. Era una bella zona della città, quella. Le macchine erano grosse e lucide.
Erano rimasti alzati fino a tardi, Izuru tentando di aiutarla a recuperare per il test che ci sarebbe stato la settimana prossima, solo per questo: solo per finire a litigare in quel modo, sui libri di chimica, con Tatsuki ridotta in un modo che lui non capiva e che lo spaventava.
- Non è pericoloso! E’ un ragazzo, capisci, come me e te, dannazione! – Tatsuki gli rispondeva e allo stesso tempo non lo faceva, dando una voce ai propri pensieri più che una risposta alle frasi di Izuru. – Non ha fatto niente di male. Per lui è difficile… -
- Anche per me è difficile. – Si sentiva punto nel vivo, l’amarezza vibrava nella sua voce. – Eppure non per questo sono un mezzo delinquente. –
- Ma come ti permetti?! – Tatsuki l’aveva guardato in un modo in cui lui non avrebbe voluto lo guardasse mai. – Tu non sai niente di lui! -
- E tu cosa sai di lui? -
- Abbastanza! -
- Tatsuki… ma perché… -
- Non ne posso più, Izuru. – Che avesse intuito o no la domanda, Tatsuki riprese a parlare, e avvicinandosi disperse i libri che il ragazzo aveva impilato, con mani febbrili. – Detesto questa roba. Non ne posso più di quella scuola di imbecilli, non sopporto più i miei genitori. Mi fa schifo. Non riesco a respirare. -
Più la guardava, più Izuru era sicuro che ci fosse qualcosa che non andava. Non sembrava nemmeno lei. I suoi occhi erano troppo lucidi.
- E comunque è inutile! Non capisco niente di quelle stupide formule, non riesco a restare concentrata – aggiunse lei, prendendosi la testa tra le mani. Ciuffi di capelli scuri le sfuggivano tra le dita.
Izuru si morse il labbro inferiore. – Riprenderemo domani, ad un orario decente… - tentò, la voce morbida.
- No. – L’altra scosse la testa. – E’ inutile. E comunque non mi importa nulla di quel test. -
- Ma… - Non c’era bisogno che fosse lui a ricordarle di quanto la sua media scolastica fosse già calata, proprio nell’ultimo anno di liceo.
- Non hai sentito? – Tatsuki lo interruppe, anche se probabilmente Izuru per primo non sapeva cosa dire. – Io non sono come te, Izuru! Tu sì che sei un bravo ragazzo… vero? – C’era qualcosa di cattivo nello sguardo di lei. – Orfano e tutto il resto, eppure sei sempre il migliore della classe, giusto? Be’, io non sono come te. -
Izuru lo sapeva benissimo, che lei non era come lui.


- Mi ricordo di te. -
Orihime e Tatsuki si voltarono assieme e incontrarono entrambe gli occhi verdi di Ulquiorra. Erano occhi tali che persino Tatsuki, che lo conosceva bene, non seppe cosa dire. Quegli occhi fissavano Orihime, proprio come le parole di lui avevano detto; si ricordava di lei.
Il ragazzo era fermo sulla porta del Million Dollar Hotel, vestito con gli abiti del fratello, che, ovviamente, erano troppo grandi per lui. Era fermo in piedi ed immobile, penetrante nella sua fissità, come lo era sempre quando stava quasi bene e non si riduceva ad una specie di bambola.
Eppure nessuno che lo avesse guardato avrebbe potuto non rendersi conto che era pazzo. Forse solo Orihime.
- Davvero? – domandò lei, esitante, perché proprio non se l’era aspettato, perché aveva immaginato di trovarlo e sedersi accanto a lui e sorridergli per rassicurarlo, e dirgli il suo nome e inventare qualche scusa sul fatto che la mandava la dottoressa Unohana; ma così, con lui che esordiva in quel modo, non c’era proprio modo di nascondersi.
Ulquiorra spostò per un istante lo sguardo su Tatsuki, quasi a chiederle cosa ci facesse lì. Lei era lungi dal farsi intimidire, ma si sentì comunque scoraggiata dal parlare.
Ulquiorra fece un passo avanti.
- In ospedale – disse. Orihime annuì. Poi lui chiese ancora: - Perché sei venuta qui? -
Ma detto da lui suonava tutto in un altro modo.
- Ecco, io… - Orihime distolse lo sguardo. Ecco. All’ultimo minuto, come c’era da aspettarsi, non aveva saputo cosa dire.
Sentiva che lui la osservava. Sotto gli occhi di Tatsuki, Ulquiorra dimostrava un interesse nuovo, ben strano da vedere in lui. Aveva seguito il movimento di Orihime, studiando il suo viso con intensità, quasi sollecitando con gli occhi la risposta che aspettava.
A quel punto Tatsuki decise di dare un taglio a quelle stronzate, perché vide la macchina.
- Dobbiamo andare – tagliò corto, lanciando un’occhiata alla sua destra e distogliendo subito lo sguardo. Si mosse verso l’interno, prendendo Ulquiorra per un braccio; il ragazzo non oppose resistenza, limitandosi ad irrigidirsi un po’, e corrugare leggermente le sopracciglia scure, come se cercasse un motivo all’interruzione.
Tatsuki non aveva capito tutto, ma aveva capito abbastanza, o così pensava. Perciò, prima di rientrare, con l’altro stretto al fianco, diede ad Orihime quello che le parve il miglior consiglio da dare: - Non tornare qui. Dimenticati di me e di Ulquiorra. -



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Ecco l'aggiornamento natalizio! Mi piace molto (sempre modesta) quindi trattatemelo bene, mi raccomando! *_*
(Izuru - Orihime - Tatsuki? Ma come mi è venuto in mente? XD)
Ne approfitto per fare gli auguri a tutti e come al solito ringraziarvi tantissimo per le recensionih! Sono particolarmente contenta perchè (spoiler spoiler) Tite non ci delude mai e gli ultimi sviluppi del manga inneggiano alla fighevolezza più totale *___*
Non altrettanto bello è che, dal prossimo anno, dovremo rassegnarci ad avere Bleach bimestrale ma... le scans ci aiuteranno a resistere! Y_Y
Ora shcushate se non rispondo uno per uno, ma sono davvero di corsa! Vi ringrazio comunque tutti tantissimo! *_* Buon Natale e buon anno! :D
   
 
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