Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Thiliol    16/04/2015    1 recensioni
Galmoth non ha più nulla, nè onore, nè titolo, nè ricchezze, nulla se non la sua piccola nave da contrabbandiere e Laer, la figlia del suo migliore amico morto anni prima. Laer è giovane e ha la testardaggine di una ragazzina, ma non ha mai smesso di sognare i sogni di quando era bambina.
E poi c'è Silevril, il figlio di un amore morboso che vorrebbe solo andare per mare e che invece sconvolgerà le vite di entrambi.
Galmoth osservò con sguardo inquisitore l'elfo che gli stava di fronte:era nato e cresciuto a Dol Amroth e lì non era raro imbattersi nei Priminati e conoscerne anche qualcuno, ma quel Silevril aveva qualcosa di diverso, come un fuoco latente in lui. Non era come i Silvani che sempre più spesso salpavano da lì, diretti alle loro terre al di là del mare, riusciva a percepirlo chiaramente: riconosceva un elfo di alto lignaggio, quando lo vedeva.
< Dici che vuoi metterti al mio servizio? >
< Desidero solo il mare e la compagnia degli uomini, inoltre, la tua nave è meravigliosa. >
Galmoth rise, strofinandosi il mento sporco di barba non rasata.
< Sei un elfo ben strano, Silevril. >
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Finrod Felagund, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Narn o Alatariel ar Aeglos'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

silence is all you'll be



Rumore di vetri infranti, il tonfo sordo di una sedia che veniva scaraventata in terra. Ad Aeglos sembrava che ognuno di quegli oggetti gli venissero gettati addosso.

Aveva girato la prua verso la piccola gola davanti casa sua e aveva ricondotto Il Giuramento a riva più velocemente possibile. Tremava, mentre stringeva il timone.

Alatariel era rimasta immobile per tutta la durata del tragitto, poi, non appena era rientrata in casa, aveva iniziato a distruggere ogni cosa le capitasse a tiro.

Prendeva i biccheri e le coppe e li lanciava contro il muro con metodicità, prendeva a calci tavoli e sedie con una furia cieca. Lo spaventava come non era mai capitato prima.

< Alatariel, > tentò di attirare la sua attenzione, ma inutilmente.

L'afferrò per le spalle e la circondò con le braccia, stringendola. Lei tentò di divincolarsi debolmente, ma lui la strinse di più, finchè non si lasciò andare contro di lui.

Non gli era mai sembrata così piccola e fragile, così giovane.

Alatariel singhiozzzava come una bambina contro il suo petto e lui non sapeva cosa fare, il panico che minacciava di sopraffarlo.

< È accaduto qualcosa di terribile, > la sentì dire con voce flebile, < lo percepisco dentro di me come se fosse corporeo. >

Non le rispose. Come poteva? Sentiva che se avesse aperto bocca sarebbe crollato e non poteva permetterlo. Doveva rimanere in sé, almeno lui.

Alatatiel si scostò leggermente e lo guardò, le lacrime che le bagnavano le guance e il mento, gli occhi arrossati; un tale sconvolgimento non lo aveva mai visto prima sul suo viso e ogni segno della sua solita impassibile freddezza sembrava non esserci mai stato.

< Aeglos... >

< Non dire nulla, ti prego > la interruppe.

Lei lo guardava con occhi sbarrati, terrorizzata.

< Come puoi saperlo? Come? Per tutti i Valar, Alatariel, come puoi saperlo? >

< Silevril ed io siamo sempre stati connessi, sentivo i suoi pensieri, sentivo il suo spirito ed il suo cuore sin da quando era solo una cosa minuscola dentro di me... non esiste più nulla e ora sento solo il vuoto. Oh, Aeglos, non capisci? Non vedi cosa questo significhi? >

No, non riusciva ad accettarlo, non riusciva nemmeno a immaginare l'idea. Alatariel si sbagliava, doveva esserci un'altra spiegazione.

Alatariel si stava sgretolando e aveva l'impressione che se avesse soffiato lei sarebbe svanita.

Scosse la testa e le voltò le spalle.

< Devo trovarlo, devo scoprire cos'è successo. >

< Aeglos... >

< Se è partito con una nave da Dol Amroth potrei scoprire dove era diretto, potrei raggiungerlo... >

< Aeglos... >

Non l'ascoltava. No, doveva credere in qualcosa, in una spiegazione alternativa, non poteva arrendersi. Lui non aveva sentito nulla, non aveva quel legame speciale, ma Silevril era suo figlio, parte di lui, sangue del suo sangue. Non poteva permettere che una sensazione negativa mandasse in pezzi la sua vita.

< Aeglos! >

Alatariel gridò e lui si immobilizzò.

< Aeglos, Silevril è morto! Ah! >

Gemette. Si accartocciò su se stessa, le mani che le graffiavano la faccia. In ginocchio sul pavimento, il sague che le colava attraverso le dita e i capelli che la nascondevano come un manto, Alatariel non sembrava più la donna che conosceva.

Era uno spettacolo orribile e l'orrore che provava avrebbe potuto sopraffarlo finchè non avrebbe iniziato a strapparsi i capelli anche lui.

Si inginocchiò di fronte a lei e la prese tra le braccia, la baciò sui capelli.

< No, mia sposa, mia splendida e forte Alatariel, non è questo che è accaduto. > La baciava e la cullava contro di sé e lei tremava, ma almeno aveva smesso di gemere come se fosse in agonia.

< Andrò a cercarlo, anzi, andremo insieme, e lo troveremo e lo salveremo se è ciò che dovrà essere fatto. Non è morto. >

E mentre lo diceva arrivava a crederci.

Non poteva sentire i pensieri di suo figlio, non aveva mai potuto, non nel modo in cui lui era legato a sua madre, ma poteva comunque sentirselo dentro.

Gli tornò alla mente la prima volta che aveva posato gli occhi su di lui, un esserino piccolo e indifeso con un ciuffo di folti capelli scuri: aveva appoggiato la fronte sul suo petto e aveva pianto e in quel preciso istante aveva capito che la sua vita apparteneva a lui.

Ne era sicuro, nel momento stesso in cui Silevril avrebbe esalato l'ultimo respiro anche lui, Aeglos, avrebbe smesso di vivere.

Se respirava ancora allora, da qualche parte, lo faceva anche suo figlio.




Quello non era Silevril, Galmoth ne era assolutamente certo.

Non che ci fosse qualcosa di diverso nell'elfo, camminava come al solito, parlava come al solito, eppure non appena era uscito da quella stanza Galmoth aveva avuto un brivido.

Stavano tornando alla locanda in cui avevano dormito e lui lasciava che l'elfo camminasse davanti. Era allegro, tanto che sembrava quasi un ragazzino, con i capelli neri e fluenti sulle spalle, le mani nelle tasche dei calzoni e la voce squillante.

Era allegro e Galmoth sapeva che il motivo era Rùth, era quei lunghi minuti che aveva trascorso solo con lei. Non riusciva a essere nemmeno geloso, non riusciva a pensare a nient'altro che alla sensazione di paura che provava in quel momento.

Silevril, il suo amico Silevril...

Improvvisamente l'elfo si voltò e lo investì con la potenza del suo sguardo: nessun luccichio sarcastico nei suoi occhi, niente. Non riconosceva l'essere che gli stava di fronte.

< Sei stranamente silenzioso, Capitano, > disse Silevril, < non sei contento? Rùth ha ciò che vuole e presto potrai avere indietro la tua carica. >

< Sì, > tentò di sorridere, < ma pensavo... >

< Non dovresti pensare così tanto, >lo interruppe l'elfo, secco.

< Pensavo > continuò con insistenza, < che forse non ne vale la pena. Insomma, cosa sappiamo veramente di Rùth e del suo piano? Credi veramente che dietro tutto ciò ci siano i mercanti di Erba Pipa? >

Silevril sbuffò e fece per continuare per la sua strada, ma Galmoth lo afferrò bruscamente e lo fece voltare di nuovo verso di lui, avvicinandosi.

< Quella donna non mi convince, elfo! > Sibilò, < Non è chi dice di essere e tu... beh, tu ti sei fatto coinvolgere anche più del necessario! >

< E tu? Tu chi sei per dirmi queste cose? >

Silevril lo guardava torvo, minaccioso, e Galmoth lasciò immediatamente la presa, come se si fosse scottato.

< Stai tranquillo, Capitano, il Tesoro di Ulmo è in buone mani. >

L'elfo riprese a camminare per la sua strada, ma lui non lo seguì subito. Era stato uno stupido, si disse, ed ora se ne rendeva conto. Aveva perso quanto di più vicino a una figlia avesse mia conosciuto e ora stava perdendo un amico, tutto per sogni di gloria ristorata e le parole di un affabulatore come Baran.

Aveva messo in moto qualcosa di oscuro e pericoloso in quella città che non aveva niente a che vedere con le corporazioni dei mercanti, e doveva fare qualcosa, mettere le cose a posto.

Doveva trovare Laer, se era ancora in città, elaborare un piano.

Doveva riavere ciò che si era lasciato sfuggire.

Lanciò un'occhiata rapida verso Silevril e vide che era ancora di spalle, probabilmente convinto che lui lo stesse seguendo. Sicuro che l'elfo non lo vedesse, scartò di lato, in una strada che si intrecciava a quella su cui si trovava, e sparì tra la folla pomeridiana.




Le Cascate di Rauros erano ormai lontane e contava di riuscire a scorgere i prati del Lebennin prima di quanto avesse previsto. Forlond ringraziò ancora una volta la corrente che rendeva il viaggio verso sud almeno due volte più veloce di quanto era stato quello verso nord.

Il ragazzo, Barry, lo guardava con sguardo accusatorio, ma in fondo non gli importava gran chè, poteva anche andarsene per la sua strada una volta arrivato a Umbar o a Dol Amroth... non aveva ancora deciso in quale porto dirigersi.

< Non credi che sia stata una decisione da vero bastardo, mellon nin? >

La voce canzonatoria di Conn fu accompagnata dalla solita scodella fumante. Possibile che quel rohirrim non uscisse dalla sua angusta cucina se non per rifilargli la sua brodaglia accompagnata da commenti sgraditi?

< Se pensi che me ne sarei stato a Rauros ad aspettare i comodi di Galmoth, non mi conosci per niente! >

< Rimani comunque un bastardo > rispose l'uomo, alzando le spalle e sedendosi accanto a lui.

Forlond soffiò sulla sua zuppa e ne prese una cucchiaiata.

< Se sapevi che avrei rubato la nave e me ne sarei andato, perchè non hai avvertito Galmoth? > chiese infine.

< Prima di tutto perchè non ne era così sicuro e poi perchè nemmeno io avevo troppa voglia di rimanere a Rauros ad aspettare. Possiamo sempre tornare a riprenderlo tra qualche tempo. >

Forlond rise forte: forse l'avrebbe fatto davvero, solo per vedere la faccia del Capitano nel vederli tornare a recuperarlo.







Salve a tutti, miei adorati! Sono tornata con un capitolo per la verità un po' corto, ma vi assicuro che è stato alquanto faticoso da scrivere, alatariel ormai mi sta trascinando nel vortice della sua follia e risalirne non è affatto facile, rischio sempre di rimanerci intrappolata dentro. Comunque, alla fine sono sopravvissuta quanto bastava per arrivare alla fine del capitolo.

Questa volta il titolo del capitolo è particolare, perchè è un verso della splendida Abigail's Song una canzone che fa parte della colonna sonora di A Christmas Carol speciale di natale del Doctor Who, composta da quel Maestro assoluto che è Murray Gold (davvero, è nel mio olimpo dei compositori mondiali con Ennio Morricone e Hans Zimmer) e cantata da Katherine Jenkins, mezzo-soprano gallese dalla voce celestiale. Avvero, ascoltatela perchè è straordinario, vi lascio anche il link.


Lunga vita e prosperità.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Thiliol