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Autore: Paperback White    16/04/2015    4 recensioni
"Is there anybody going to listen to my story
All about the girl who came to stay?
She's the kind of girl you want so much it make you sorry
Still you don't regret a single day
Ah girl, girl"
Chi era questa misteriosa ragazza cantata da John, su un testo scritto insieme a Paul? E se fosse stata una presenza importante nella loro vita?
Questa è la storia del più grande gruppo rock degli anni sessanta, osservata attraverso gli occhi di una ragazza ai più sconosciuta, e di cui la cronaca non lascia alcun ricordo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Lennon, Nuovo personaggio, Paul McCartney, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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9. JAMES PAUL MCCARTNEY
(I've just seen a face)

 
I've just seen a face,
I can't forget the time or place
Where we just met, she's just the girl for me
And I want all the world to see we've met
Mmm, mmm, mmm, mmm mmm mmm
 
Had it been another day
I might have looked the other way
And I'd have never been aware
But as it is I dream of her tonight
La, di, di, da di di
 
Falling, yes I am falling
And she keeps calling me back again
 
6 Luglio 1957
Mi svegliai dolcemente quella mattina. Il piccolo raggio di luce che si era insinuato tra le tendine leggere aveva interrotto il mio sonno, ma non per questo mi aveva resa di cattivo umore. Probabilmente nulla lo avrebbe fatto: dopo una lunga attesa, quel giorno avrei visto i Quarry Men suonare.
Ero emozionatissima: era il loro primo concerto a cui avrei partecipato. Non mi era stato permesso di assistere alle loro prove, non volendo che mi rovinassi la sorpresa, e dopo vari tentativi mi ero arresa a quella decisione. Ma la curiosità mi stava letteralmente divorando, e attesi con maggiore ansia quel sabato pomeriggio, fantasticando su come sarebbe potuto andare. Con la mente cercai di immaginare come potesse essere John sopra un palco, a suonare e cantare davanti ad un pubblico; chiudendo gli occhi potevo sentirlo intonare quelle canzoni che avevamo ascoltato insieme. Lo avevo già sentito canticchiare in passato e la sua voce leggermente nasale mi era piaciuta molto: aveva un timbro che ritenevo molto particolare e gradevole da ascoltare, per quanto lui stesso non ne fosse mai troppo soddisfatto.
Mi alzai dal letto e a passo svelto mi avvicinai alla cucina, presa da un certo languorino allo stomaco.

-Buongiorno mia cara- mi salutò mia zia, scorgendo la mia figura comparire dentro la stanza.
Le diedi un rapido bacio sulla guancia e poi mi misi ad aiutarla a finire di apparecchiare la tavola, per fare colazione tutti insieme.
-Questa mattina ti sei alzata prima della solita chiamata. Devi essere proprio emozionata per questo concerto!- mi disse con un tono di voce entusiasta.
Io sono sempre stata un tipo abbastanza pigro, che amava poltrire a letto soprattutto in quelle giornate in cui nessun dovere mi faceva abbandonare il mio comodo posto. Se non fosse stato per mia madre o mia zia avrei dormito ad oltranza, perdendomi così delle ore di luce.
-Quasi non chiudevo occhio questa notte! Sono troppo curiosa di vederli- gli risposi, mentre sistemavo i piatti sul tavolo.
-Sarà una bellissima festa. Con una giornata così è impossibile che non lo sia- la vidi gettare un rapido sguardo alla finestra, che rifletteva la calda luce del sole mattutino.
-Sicuramente- le sorrisi felice.

I Quarry Men si sarebbero esibiti alla festa pomeridiana nella chiesa di St. Peter (1), in due distinti concerti (2). Furono ingaggiati per quell'evento grazie alla sorella di Pete, Bessie Shotton, che faceva parte del comitato organizzatore; Bessie riuscì ad affiancare alle classiche bande di ottoni anche il gruppo skiffle del fratello. Quindi fu grazie a lei se quel giorno i Quarry Men poterono esibirsi. Sembra stranissimo come una così piccola coincidenza abbia potuto spianare la strada a qualcosa di più grande. I fatti di quella anonima giornata sarebbero dovuti vivere solo nei ricordi dei ragazzi che si erano esibivano sul palco, e dei loro amici che erano andati a vederli. E Invece divennero parte della storia della musica, dilagando in modo incontrollato, tanto che sono circolate diverse varianti su come si svolsero le cose. Io posso solo contribuire a quello che già si conosce, mostrandoti come si svolsero le cose dal mio punto di vista.
Dopo aver adentanto l’ultimo pezzetto di toast imburrato mi fiondai in bagno, volendo dedicare tutto il tempo rimasto a farmi bella per il concerto. Passai all’abbigliamento e decisi di optare per un completo simile a quello che avevo visto su una rivista: maglietta rosa attillata, cintura nera e un’ampia gonna scura con dei fiori ricamati sul bordo, sfumati dal rosa al viola. Raccolsi i capelli in una piccola coda laterale tenuta ferma da una rosellina, e mi concessi un tenue rossetto per accentuare le mie labbra. Mi specchiai soddisfatta del risultato, ammirando le ballerine in vernice nera che completavano il mio look. Ero molto contenta di come mi ero vestita e pensai di sfoggiare questo abbinamento anche al mio ritorno a Londra, pronta a farmi ammirare dal mi ragazzo.
Sistemai un piccolo ciuffo della mia perfetta frangetta e il pensiero corse verso di John. Me lo immaginavo davanti allo specchio che sistemava con maggiore perizia la sua chioma, mentre ripassava mentalmente le parole delle canzoni. Sorrisi a quell'idea, non riuscendo a visualizzare un John Lennon preoccupato per l'esibizione, come sarebbe stato chiunque al suo posto. Era da lui mostrarsi sempre sicuro di sé, qualsiasi situazione dovesse affrontare, ma io sarei stata comunque pronta ad incoraggiarlo.

-Che fai, ridi da sola come i pazzi?-
La testolina scura del mio amabile fratello fece capolino da dietro la porta.
-Chi ti ha detto di entrare, microbo?- gli dissi, guardandolo male.
-Zia Maggie mi ha detto di chiamarti, se sei pronta possiamo uscire-
-Un minuto e ho fatto- gli risposi, ritornando a sistemarmi.
-Tanto è inutile che ci provi, resti comunque un mostro!- la voce di Chris mi giunse lontana, mentre scendeva le scale di corsa per evitare di finire sotto le mie grinfie.

Sospirai, trattenendo qualsiasi instinto omicida. Dovevo rimanere buona e calma, senza rispondere alle sue infantili provocazioni. Diedi un’ultima occhiata al mio riflesso e li raggiunsi.
La festa iniziava alle due ed io, mia zia e Chris ci incamminammo verso la St. Peter, dove avremmo incontrato tutti i nostri amici. Stringevo la cinta della mia borsa per esorcizzare l'emozione di quello che sarebbe successo, pensando alla mia piccola Brownie, custodita al suo interno. Avevo promesso ai miei amici che avrei scattato qualche foto del concerto, per avere qualche ricordo di questa giornata. Quel compito che mi ero affidata da sola mi dava la sensazione di essere molto più importante di qualsiasi altro spettatore, venuto solamente per partecipare alla festa.
Ma prima di perdermi nella mia euforia mi voltai verso mio fratello, che camminava di fianco a me. Come al solito dovevo preoccuparmi della sua fastidiosa presenza, sempre pronto a combinarne una delle sue. Lo squadrai dall'alto in basso e mi preparai a fargli il solito discorsetto, sapendo che sarebbe valso a ben poco. Non sempre le mie parole avevano un qualche impatto su di lui, ma stavolta mi ero preparata meglio.

-Vedi di non combinare danni- gli intimai.
-Tranquilla, non farei mai nulla che il maestro Lennon non approverebbe- mi assicurò lui, con un sorrisetto soddisfatto sul volto.
Chris aveva una specie di ammirazione per John, iniziata la scorsa estate, quando aveva passato quei giorni insieme a noi. Come temevo, la sua vicinanza aveva provocato una sorta di venerazione nei confronti di quel mio amico così spericolato e ribelle, volendo emulare tutto quello che faceva. E questa era una cosa che dovevo impedire, perché io volevo bene a John ma non era esattamente un buon modello di comportamento. Soprattutto per mio fratello, e avendone io stessa la responsabilità dovevo stare doppiamente attenta che non si cacciasse nei guai.
-E tu credi che il tuo "maestro Lennon" approverebbe se facessi qualcosa che potrebbe compromettere la sua esibizione?- domandai innocentemente, instillando quel piccolo dubbio nella sua mente.

Chris mi osservò titubante, e mia zia trattenne una piccola risata. Il mio piano sembrava aver funzionato, almeno per il momento. Era stata lei stessa a suggerirmi di farlo riflettere su quella questione, sapendo che mai avrebbe voluto inimicarsi il suo mito. Sillabai un “grazie” a mia zia, complice in questa mia impresa. Pregai comunque che quella sua idea funzionasse, perché davvero non volevo star dietro a lui e ai suoi casini.
Dopo pochi minuti, giungemmo davanti alla chiesa. Era un edificio imponente, maggiormente esteso in lunghezza che in altezza, dalle mura in mattone scuro, tetto spiovente e finestroni con arcate a sesto acuto. A smorzare l'estensione di quel luogo sacro vi era un alto torrione con pilastri angolari e guglie, dove era collocato anche un grande orologio. Un piccolo cimitero si trovava proprio accanto alla chiesa, lo stesso in cui era sepolto George Smith (3). Mentre superavamo quel posto, scorsi subito la sua tomba e notai che vi erano stati adagiati dei fiori freschi. Mimi e John non avrebbero mai potuto partecipare a quella festa senza passare prima a salutarlo. Sorrisi, dedicando un pensiero al signor Smith, pregandolo di essere sempre vicino a John, sapendo che quel giorno in particolare avrebbe potuto ascoltare il suo adorato nipote. Superammo il cimitero e ci trovammo finalmente nel posto in cui si svolgeva la festa: un ampio piazzale con vari stand bianchi e un piccolo palco. Tutto intorno a quell’area erano state messe delle file di bandierine colorate che svolazzavano pigramenti al vento; ed infine erano stati sistemati dei covoni di fieno per far sedere chiunque volesse riposarsi. Le bancarelle erano sempre le solite, con cibi e giochi per far divertire anche i più piccoli, che si affollavano per poter fare una partita al tiro al bersaglio. Era ancora presto ma molte famiglie si trovavano già a vagare tra i divertimenti di quel sabato pomeriggio, approfittando dell'occasione per tirarsi a lucido e per svagarsi dagli impegni quotidiani. A parte la solita banda di ottoni posizionata ad un lato della fiera, la maggiore attrattiva era il palco, quel piccolo spazio aperto sul retro di un camion per il trasporto del carbone. Era proprio là sopra che si sarebbero esibiti tutti gli artisti, tra cui i miei amici, secondo il programma affisso proprio là accanto.
I Quarry Men avrebbero suonato dopo le quattro e mezza, quindi avevo tutto il tempo per andare a cercarli e fargli un in bocca al lupo prima dello spettacolo. Incontrammo subito Vicky e la sua famiglia, ed io e la mia amica potemmo liberarci dai nostri fratellini e poter stare finalmente da sole. Mi accompagnò alla ricerca dei ragazzi, anche lei interessata a quanto sarebbe successo. Non era una grande amante della musica ma quella novità la incuriosiva molto, visto che nemmeno lei aveva mai assistito ad una loro performance. Quella sua partecipazione mi sorprese e per effetto ebbe quello di entusiasmarmi ancora di più, avendo qualcuno con cui condividere quel mio sentimento. Dopo alcune ricerche li scorgemmo non troppo lontano dal palco, vicino ad alcune auto parcheggiate, fumando e chiacchierando tra di loro. Apparivano molto nervosi, lo notai dal modo in cui si atteggiavano, fumavando molto e parlavando ancor meno, probabilmente troppo presi dal tentativo di calmarsi. Non conoscevo quasi nessuno, erano tutti ragazzi che forse avevo visto una volta sola (4) e non sapevo realmente chi facesse davvero parte della band. A parte Eric, in quel momento impegnato a parlare con una ragazza, e Pete, gli altri erano tutte facce nuove per me. Mi guardai intorno, ma John non sembrava essere da nessuna parte. Che fine aveva fatto?

-Ehi Pete!- lo salutai con la mano, mentre mi avvicinavo a loro.
-Freddie, Vicky! Siete venute a godervi lo spettacolo?- ci disse, sorridendo.
La sua voce tremava e tradiva i suoi sentimenti, che cercava di nascondere senza molto successo.
-Si, siamo tutte e due emozionatissime!-
-Ahah, non siete le uniche- rise nervosamente un ragazzo che si trovava vicino a lui, e che subito Pete ci presentò come Len.  
Era palpabile la grande tensione che quell’evento provocava nei musicisti, che apparivano piuttosto timidi e impacciati. Mi spiaceva molto per i ragazzi e mi venivano ben poche parole in mente, oltre alle solite frasi, incoraggiamenti che avevano già sentito molte volte durante quella giornata e che probabilmente non sarebbero stati utili da ascoltare di nuovo. Inoltre, la mia mente era presa da altro, preoccupata per la mancanza di John, che continuava a non farsi vivo.
-Cerchi John non è vero?- mi chiese Pete, notando che continuavo a guardarmi intorno.
-Si esatto. Ma dov'è?- lo guardai leggermente preoccupata. John doveva essere per forza là con loro, non avrebbe mai e poi mai potuto far tardi o peggio, abbandonare i suoi amici.
-Non lo so. Appena è arrivato ci ha dato la scaletta del primo spettacolo ed è sparito dicendo che aveva "cose urgenti da sbrigare". Però ancora non è tornato...- lo sguardo di Pete si incupì. Tutti erano intorno a lui e lo guardavano chiedendo cosa dovessero fare. Senza di John era lui il leader e si notava come non si sentisse a suo agio in quel ruolo.
Io rimasi leggermente stupita dalle parole di Pete. Ormai conoscevo John e sapevo che spesso dietro il suo comportamento ci stava altro; in passato lo avevo giudicato sin troppo in fretta e non volevo commettere gli stessi errori, anche se in quel momento non riuscivo proprio a darmi alcuna spiegazione.
-Tipico di John- osservò Vicky.
Io le diedi una gomitata, facendo segno di no con la testa. Ci mancavano le sue critiche a John, che avrebbero solo dato ulteriore ansia al povero Pete.
-Stavate parlando di me?- la voce squillante dell’oggetto delle nostre lamentele ci perforò i timpani, sorprendendoci tutti.
Ci voltammo, guardandolo arrivare verso di noi, a passo sicuro e con un bel sorriso stampato sul volto. Indossava un paio di jeans e una camicia a scacchi sul rosso e giallo con le maniche rivoltate sino al gomito. Appariva stranamente trasandato, con la camicia spiegazzata e alcuni bottoni slacciati, mentre i suoi capelli, sempre ben pettinati, erano arruffati sopra la testa: tutti segni evidenti lasciati dal suo "impegno urgente".
-John sei arrivato finalmente! Ho bisogno del tuo aiuto per insegnare a Rod e Colin una canzone che non conoscono- Pete gli corse incontro, sollevato dal suo arrivo.
-Tranquillo Pete, ci penso io. Prima però devo darmi una sistemata- gli rispose, con il tono tipico di chi aveva tutto sotto controllo. Si avvicinò allo specchietto di un camioncino parcheggiato vicino a noi e iniziò a sistemarsi i capelli. Io gli lanciai un’occhiataccia, indispettita da quel suo comportamento.
-Hai portato a termine il tuo impegno? Che persona corretta che sei! Però se fossi in te mi pulirei quelle tracce di rossetto sulla bocca, non ti donano molto-
-Puoi ben dirlo! E posso affermare con certezza che l'ho concluso in modo che fosse soddisfacente per entrambe le parti- poi si fermò, guardandomi attraverso quel vetro -Che ne dici, il tuo di rossetto mi donerebbe di più?-
Lo fissai, con un sorrisetto.
-Oh, ma potevi dirmelo! Avrei portato con me la trousse e vi avrei truccati molto volentieri!-
Lui si girò e raddrizzò la schiena, portando il sedere in fuori e gonfiando il petto.
-Mia cava, come hai potuto dimenticavtelo! Ova appavivemo tutte come delle poveve sciaquette da quattvo soldi! Dov'è il mio pavvucchieve pevsonale quando c'è bisogno di lui?-
Pete lo guardò implorante –John ti prego…-
Lui scrollò le spalle, pronto a cambiare i panni dal “Lennon buffone” al “Lennon leader della band”. Si accese una sigaretta e si avvicinò a tutti noi.
-Ok, riunione generale dei Quarry Men! Forza Eric, tesoruccio! Quella ragazzina puoi scopartela  dopo, ora mi servi-

Eric si voltò verso di lui in totale imbarazzo, mentre rispondeva al suo richiamo con uno sguardo carico di rabbia. John gli rispose con il suo solito ghigno antipatico, e prese a dare ordini e istruzioni a tutti.
Osservai il suo modo di fare e pian piano compresi il motivo del suo comportamento: lui era terribilmente agitato. Notavo questo suo sentimento dal modo in cui parlava e si muoveva, fumando con ampie e profonde boccate quel mozzicone, come a volersi calmare attraverso di esso. Sapeva perfettamente di essere il punto di riferimento del gruppo, che tutti contavano su di lui, e questo era un ulteriore motivo per cui non poteva mostrarsi debole. Così faceva il buffone, si sbaciucchiava con qualche ragazzina e rispondeva in modo antipatico e autoritario, dimostrandosi estremamente odioso. Ma quel suo modo di fare riusciva a infondere energia e coraggio ai ragazzi, a sistemare qualsiasi problema e a cambiare completamente la situazione. Quel suo carisma naturale era una tra le doti che maggiormente ammiravo in lui, e che attiravano me e gli altri ragazzi all’universo misterioso che era John Lennon, in apparenza la persona più insopportabile del mondo. Ma John era anche sensibile, capiva il disagio di ognuno e sapeva spronarti con quel suo modo di fare. Incrociai il suo sguardo, in cui lessi tutto quel peso che si portava addosso e gli sorrisi come a volergli comunicare il mio supporto. Era preoccupato, ma anche molto appassionato e attento a quello che faceva, confermandomi quanto mi aveva scritto in quella lettera: era quello il suo posto.

-Ce la farete ragazzi- gli dissi con entusiasmo, volendo incoraggiarli a mio modo -E io immortalerò il vostro successo sulla mia macchinetta-
Sventolai la Brownie davanti a loro, che mi guardavano sorridenti.
-Mi raccomando prendimi dal mio lato migliore- scherzò Pete, inclinando leggermente la testa.
-Puoi contarci, fidati del mio talento- gli dissi, battendo un pugno al petto.
Io e la mia amica li salutammo e girammo qualche stand della fiera, commentando quello che vedevamo e tentando la nostra mira al tiro al bersaglio.
-Certo che John era così serio mentre dava istruzioni a tutti quanti. Chi lo avrebbe mai detto?- scherzò Vicky.
-Ci tiene molto al gruppo, e credo che questo impegno sarà un'ottima cosa per lui. Non vedo l’ora che inizi lo spettacolo!- gli risposi io.
-Anche io sono ancora più curiosa ora-
-Comunque, hai visto Ivan e Nigel in giro?- gli chiesi io, ricordandomi improvvisamente di loro.
-No, e te lo volevo proprio chiedere. Come mai non erano con i ragazzi?-
-Da quello che so Ivan ha lasciato la band pochi giorni fa e Nigel non ne ha mai fatto davvero parte. Ma avevano detto che sarebbero comunque passati a vederli (5)- mi voltai, scrutando tutti i ragazzini che ci passavano accanto.
-Uhm, possiamo provare a cercarli- mi disse Vicky -Tanto abbiamo ancora del tempo prima dell'esibizione-
Io annuii alla sua proposta e vagammo tra i banchi e la folla che riempiva lo spazio della fiera, alla ricerca dei nostri amici. Ci dirigemmo verso l'ingresso del parco, ma di loro non vi era nessuna traccia. Al posto dei nostri compagni incrociammo Julia e Mimi, che chiacchieravano allegramente vicino ad uno dei primi stand all’entrata.

-Julia!- la salutai abbracciandola stretta, mentre Mimi mi lanciava un'occhiata poco simpatica.
-Ciao Freddie! sei in splendida forma-
-Mai quanto te, questo abito ti dona- mi complimentai.
Julia fece per me una piroetta, facendo girare l'abitino azzurro a pois bianchi che indossava, e completando la sua esibizione con un inchino. Io e Vicky sorridemmo, ammirando la vitalità della signora Lennon. Poi mi voltai, dovendo salutare anche la sorella meno cordiale.
-Buon pomeriggio signora Smith-
-Buon pomeriggio- mi rispose lei. Poi mi squadrò da capo a piedi, analizzandomi come era solita fare.
-Ti sei vestita in questo modo osceno per poterti abbinare a quello scellerato di mio nipote?- commentò.
-Eddai Mimi, non essere sempre così severa!- gli disse la sorella.
-Parli così perchè non hai ancora visto tuo figlio. Bontà divina, ci farà vergognare a tutte e due-
Il commento acido di Mimi non mi scalfii, anzi mi inorgoglii ancora di più. Probabilmente come era successo allo stesso John, dopo aver sentito il giudizio di sua zia.
-Non credo che sia vestito in questo modo così osceno...- fece Julia.
-Infatti sta benissimo! E' più affascinante del solito- mi lasciai sfuggire di proposito quel pensiero, per dare volontariamente fastidio a Mimi, contraria al mio interesse verso il nipote.
-Davvero? non vedo l'ora di ammirarlo- disse Julia della mia affermazione.
Vicky mi guardò, non molto convinta delle mie parole. Le feci segno di lasciar perdere, perchè davvero non avevo voglia di discuterne ancora.
-SIGNORE E SIGNORI, ECCO A VOI I QUARRY MEN!-
L'annuncio proveniva dalla zona del palco e tutti ci girammo sorpresi.
-E' iniziato!- dissi alla mia amica con eccitazione.
-Che sta succedendo?- chiese Mimi, confusa.
-Vieni Mimi, è Johnny! Si esibisce con la band!- gli disse la sorella, mentre l'accompagnava verso il palco.
-John?! Io non ne sapevo nulla-
-Voleva farti una sorpresa, ci teneva così tanto- gli confessò Julia.
La sorpresa gliela aveva fatta eccome, potevo ben vederlo dalla faccia sconvolta di Mimi, che non riusciva a credere a quello che stava succedendo. Ma se fosse o meno una sorpresa positiva non potevo saperlo.
Ci avvicinammo al palco e la band era là sopra ad aspettarci. Erano tutti intimiditi, ma visti da quell’altezza e con davanti gli strumenti facevano la loro bella figura. Fissai John, che nel frattempo stava scherzando con il pubblico, presentando i suoi compagni.
Ci appostammo quasi in prima fila io, Julia, Vicky e Mimi, volendo ammirare per bene il nostro John.
Lui si accorse della nostra presenza e ci lanciò un rapido sguardo -Dove eravate? Vi avevo persi... Oh non è vero, eccovi qua! (6)-
Noi gli sorridemmo e Julia gli gridò -Vai Johnny!-
Lui si girò verso i suoi amici e fece -Un, due e tre!-

Ed iniziò lo spettacolo. Io avevo già pronta la fotocamera in mano, ed iniziai sin da subito a scattare qualche foto. Scattai meno foto di quello che avevo previsto: era difficile non venire travolti da quell'uragano che si trovava sul palco. Certo erano tutti principianti, come lo stesso John, ma emanava una tale carica che riusciva a coinvolgerti. Cantava e sorrideva, catturando tutti i nostri sguardi e facendoci venire voglia di ballare e unirci al suo coro. Non riuscivo a distogliere il mio sguardo da lui, che mi appariva in quel nuovo ruolo. Come era affascinante sopra quel palco? Mai avevo avvertito una tale energia, un carisma e un fascino simile in lui. Il cuore mi batteva forte in petto mentre John si esibiva, mischiando quella tenera figura familiare che conoscevo all'affascinante artista che mi trovavo davanti e che attirava la mia attenzione su di sé, come se fosse una calamita.
Sembrava nato per stare la sopra, per cantare con la chitarra in braccio e il microfono davanti a sé.
Io e Julia prese dall'entusiasmo ci mettemmo a ballare, girare e cantare, esattamente come avevamo fatto in altre occasioni. Eravamo pienamente coinvolte dalla musica che John stava producendo, fiere del nostro piccolo talento personale. Perchè John aveva davvero del talento: non era da tutti trovarsi là sopra avendo alle spalle ben pochi mesi di esibizioni e lezioni di chitarra, e riuscire a convincere il pubblico che era in grado di poter dare un degno spettacolo. E lui lo stava facendo davvero alla grande. Una dietro l'altra si susseguirono alcune canzoni, come Rock Island Line e Maggie Mae (7) a cui John, tra una strofa e l’altra, modificò il testo intonando “Oh-oh, here comes Mimi down the aisle now... (8)”, cosa che non fu molto apprezzata dalla zia che rizzò la schiena dritta, fissando il nipote. Fino a quel momento era rimasta là in piedi a guardare lo spettacolo senza dire nulla. Ma dopo quella frase, come se fosse lo smacco finale, girò i tacchi e se ne andò, nonostante le preghiere di Julia di restare.
Fu solo per quel gesto di Mimi che mi accorsi di cosa stava facendo John: stava letteralmente cambiando le parole delle canzoni! Non capisco se fosse perchè non le conosceva o non le ricordava, oppure se la cosa fosse voluta (cosa può produrre quella mente malata!), però stava funzionando. Tutto si accordava perfettamente e se John stava improvvisando, la cosa non era visibile.
Julia tornò da noi, scoraggiata dalla reazione di Mimi. Ma cercò di non mostrarlo troppo perchè John ci stava guardando, per cercare di capire cosa fosse successo. Lei riprese a ballare con me come se niente fosse successo, mentre Vicky era ancora vicino a noi, più tranquilla e contenuta nelle sue reazioni.
Julia mi fece volteggiare facendomi girare su me stessa, che ridevo divertita da quel ballo. Mentre facevo quella piroetta notai alla mia destra, immerso tra la folla, Ivan, che aveva fatto finalmente la sua comparsa tra gli spettatori. Chiacchierava con un ragazzo, che non era chiaramente Nigel. Era un tipo che non conoscevo, e mentre parlava con lui sembrava non riuscire a staccare gli occhi dal palco.
Ivan mi intravide e mi salutò, e allora anche quel ragazzo si voltò verso di me, guardandomi un momento. Tutto questo in pochi secondi, perchè Julia mi fece nuovamente rigirare e non potei mettere bene a fuoco l'immagine del suo compagno, che aveva assunto contorni indefiniti nella mia memoria. Quando mi rigirai quel ragazzo era stato coperto da una signora anziana e dalla mia visuale potevo scorgere il mio amico che mi mimava con la bocca le parole “ci vediamo dopo”.
-C'è Ivan insieme ad un suo amico, laggiù- dissi piano a Vicky, indicandogli con la testa nella direzione in cui si trovavano.
Lei si girò, salutando Ivan e rimanendo per qualche secondo a fissarlo, prima di rigirarsi. Da quel momento la sorpresi spesso a guardare in quella direzione, senza capirne il motivo. Non sapevo cosa attirasse la sua attenzione rispetto ai nostri amici che suonavano e cantavano come matti proprio davanti ai suoi occhi.
Nel frattempo John aveva cantanto Be Bop a Lula e stava intonando la canzone Come Go with Me dei The Del-Vikings (9), cambiando anche in questo caso le parole con il suo "Down, down, down to the penitentiary", inquietante invito a visitare una prigione. Fu una delle ultime canzoni: nel giro di meno di una ventina di minuti lo spettacolo era finito. Io e Julia eravamo ancora cariche e commentavamo a raffica quello che avevamo visto, mentre Vicky, silenziosamente, si guardava attorno.

-Ho trovato Ivan. Andiamo a salutarlo!- mi disse lei, con una certa fretta che traspariva nella voce.
Salutai Julia, che doveva tornare dalle bambine (rimaste tutto il tempo con Twitchy) e mi voltai verso la direzione che mi aveva indicato Vicky. Scorsi i due ragazzi e finalmente potei mettere a fuoco l’accompagnatore del mio amico.

E… rimasi come folgorata.

Fu come se una scarica elettrica mi avesse attraversato tutto il corpo: una sensazione nuova, che mai avevo provato vedendo uno sconosciuto. A prima vista era solo un ragazzino con indosso una giacca sportiva bianca e un paio di pantaloni neri a tubo, nel vano tentativo di poter essere elegante per quell’evento. Ma sin da subito fu per me ben altro: intanto colsi una certa somiglianza con Elvis Preasley, da cui aveva ripreso la sua acconciatura, anche se non aveva gli stessi lineamenti "all'americana" del cantante. Lo trovavo decisamente più carino, delicato, con un nasino grazioso e una bella bocca carnosa, di quelle che ti fanno venire voglia di baciare senza staccartene più, volendo assaporare fino in fondo quelle perfette labbra rosate. Una ciocca scura di capelli gli colpiva la fronte, quasi toccando le sopracciglia, dal disegno fine e regolare a cui era riservato il grande compito di dare maggiore enfasi al suo sguardo.
Come potrei descrivere quegli occhi magnetici, che mi fecero mancare il respiro appena si posarono su di me? Iridi che apparivano scure come i suoi capelli, ma che alla luce del sole mostravano il loro reale colore, quella particolare sfumatura di verde scuro che risaltava ancora di più grazie alle lunghe ciglia nere che le incorniciavano. Degli occhi così belli che ti facevano desiderare di essere l’unica persona al mondo a cui dovevano dedicare la loro attenzione, estremamente gelosa di quella proprietà inviolabile.

Era uno di quei classici sguardi che ti facevano letteralmente innamorare.

Quel ragazzo appariva perfettamente conscio del suo fascino, con un piccolo tocco di superbia, che nel suo caso era più che giustificato.  A questi sciocchi pensieri si aggiunse il ricordo di un certo ragazzo di Londra, che mi amava e non si meritava di venir messo in secondo piano da un’altra persona. Per questo spostai lo sguardo su Ivan, per non farmi di nuovo catturare dagli occhi del suo compagno.

-Avete visto che bel concerto?- ci disse con entusiasmo il nostro amico.
-John e i ragazzi sono stati grandissimi- gli risposi io.
-Nonostante il ritardo siamo arrivati appena in tempo per poter assistere allo spettacolo! Allora come ti sono sembrati Paul? Sono o non sono bravi?- disse, rivolgendosi al suo amico.
-Si, sono più bravi di quanto mi aspettassi- ammise il ragazzo, sorridendo.
Ivan si voltò verso di noi -Ma non vi ho presentati! Ragazze, questo è il mio amico Paul McCartney-
-Piacere, Federica Auster Martini-
Lui mi allungò la mano e mi guardò confuso.
-Sei...-
-Italiana- continuai la frase per lui -Però puoi chiamarmi Freddie, come fanno tutti-
-Ah bene! Perchè temo che avrei fatto una qualche figuraccia a pronunciare il tuo nome per intero. Io sono James Paul McCartney (10). Ma puoi chiamarmi Paul, come fanno tutti- mi disse mentre mi stringeva la mano, imitandomi scherzosamente.
-Io sono Vittoria Boselli e sono italiana anche io! Sono anche io amica di Ivan e i ragazzi mi chiamano Vicky ma tu puoi chiamarmi come preferisci mi va bene qualsiasi nome- disse lei, sputando quella specie di strana presentazione a Paul.
-Uhm, Vicky va benissimo- rispose lui con educazione.
-Ehm… comunque, hai visto Nigel in giro?- chiesi ad Ivan.
-L’ho visto poco prima dell’esibizione, di sicuro ora starà con i ragazzi, tutto entusiasta per il loro successo. Sai com’è fatto!-
-Sicuramente, dopotutto il manager deve essere sempre vicino ai suoi artisti- commentai, ridendo insieme a lui.
-Verissimo!- sorrise a quella mia battuta. Poi subito dopo aggiunse -Io e Paul volevamo farci un giretto, volete unirvi a noi?-
-Sisi certamente!- mi battè sul tempo Vicky, mettendosi vicino a Paul e chiacchierando tutto il tempo con lui, senza mai fermarsi.

Era una cosa che lasciò me e Ivan senza parole: di solito era molto timida e parlava poco, ma in quel momento non solo stava riempiendo di chiacchiere quel poveraccio di Paul (raccontandogli anche cose inutili o poco interessanti), ma appariva stranamente euforica. Io e Ivan ci piazziamo dietro di loro, tentando entrambi di salvare Paul dal delirio della mia amica. Comunque, anche io ero davvero incuriosita da quel ragazzo, e tra le varie domande che gli fece captai alcune informazioni su di lui: Ivan e Paul erano compagni di scuola e la loro amicizia si era approfondita dopo che entrambi avevano scoperto di essere nati lo stesso giorno, il 18 giugno del 1942. Paul viveva molto vicino a noi, ad Allerton, e grazie a suo padre se si era appassionato alla musica. Ci mostrò la chitarra che portava in spalla, in legno chiaro, regalatagli da lui per il compleanno (11).
Ivan aveva invitato Paul a quella festa per fargli sentire i nostri amici suonare, avendo incuriosito quel ragazzo con i racconti sulle performance di John e dei Quarry Men. E Paul era davvero molto interessato a conoscere John di persona, come ci confidò lui stesso. Varcammo quindi tutti insieme la saletta della chiesa, dove John e gli altri stavano riposando, congratulandosi l'uno con l'altro per come era andato lo spettacolo.

-Siete stati grandi!!!- non potei fare a meno di urlargli, appena li vidi.
Erano tutti quanti seduti su delle sedie pieghevoli a formare un semicerchio, con giacche e strumenti sparsi intorno a loro, mentre fumavano e bevevano birra. John si alzò dalla sedia e ci venne incontro, seguito da Pete, Len e Nigel.
-Ti sei decisa a venirti a congratulare con noi!- mi fece notare, buttando fuori una boccata di fumo. In effetti, ero sin troppo presa dalla presenza di Paul e dalla follia di Vicky che non avevo minimamente pensato di andare subito a fare i complimenti ai ragazzi.
Salutai Nigel e Pete, prima di rispondere a quel suo commento –Be sono arrivata ora, che ti cambia?-
Lui non disse nulla, guardando per un momento Paul.
-Eri fin troppo impegnata forse?- ipotizzò, con un tono di voce leggermente acido.
-Io non mi chiamo John Winston Lennon- gli ricordai.
-E’ anche per questo che non hai il mio stesso fascino!- mi sorrise, con il mozzicone fumante appoggiato sulle labbra.
Gli risposi con un’occhiataccia, e lui tornò a fissare Paul.
-Ragazzi complimenti, siete stati fortissimi- gli disse Ivan.
-Grazie amoruccio, lieti che ti siam piaciuti- fece un'inchino John, divertito.
-Eravamo così agitati! se non fosse stato per John penso che avrei scordato quello che dovevo fare- ammise Len, mentre Ivan gli batteva una mano sulla schiena. Poteva ben capire l’emozione che si provava sopra quel palco, e come ti facesse dimenticare tutto quello che avevi imparato.
-Io ho già addocchiato qualche pollastra- ci confidò Pete, ridacchiando contento.
-Forse se ti dai una lavata riesci pure a scopare con qualcuna stasera!- disse John, arricciando il naso per l'evidente sudorazione del suo amico.
-Ma sta zitto, che nemmeno tu emani un’odore tanto gradevole- lo insultò Pete.
Prima che John potesse formulare una risposta, Ivan lo anticipò, deciso a cogliere l’occasione di quel momentaneo silenzio per presentare Paul al gruppo.
-Comunque, lasciamo perdere questi discorsi. Sono venuto qui anche perché volevo presentarvi un mio amico. E’ un tipo forte e credo che potreste andare molto d'accordo. Paul McCartney, questi sono i Quarry Men-

Ivan indicò il suo amico, che si avvicinò subito a John. Nonostante fosse più piccolo di lui, sia in altezza che d’età, non abbassò lo sguardo ma anzi sostenne quello severo del mio amico. Cosa che dovette piacergli visto che John sembrò addolcirsi, spense la sigaretta e gli strinse la mano con un modo di fare molto cordiale.
-Piacere, sono John Lennon-
-Paul McCartney- gli rispose lui.
Mentre Paul si presentava agli altri membri del gruppo, John si avvicinò ad un piccolo frigo all'angolo della stanza, prendendo qualche birra.
-Allora, volete una birra ragazzi?-
Allungò una bottiglia a me e ai ragazzi, mentre Vicky la rifiutò, non essendo di suo gradimento.
-E tu non sei troppo piccolo per berla, non è vero?- si rivolse a Paul, volendolo mettere a disagio.
-No- gli rispose secco, prendendo la sua e bevendone una gran sorsata.
Mentre chiacchieravamo tutti allegramente, John continuava a squadrare Paul, come per studiare quel nuovo ragazzo che si trovava davanti. Sembrava indeciso se potesse piacergli o meno. Ogni tanto notavo che mi lanciava qualche occhiata furtiva, come se mi stesse tenendo sotto controllo.
-Quella chitarra la porti per rimorchiare le ragazze o sai suonarla davvero?- gli chiese improvvisamente.
-Be, diciamo che me ne intendo- disse Paul, accarezzando un momento la cinta che sosteneva quello strumento.
-Quanto?-
-Più di alcuni membri di questa band, se posso permettermi- disse, con un piccolo sorrisetto.
La finta cortesia che usava per rifilare quelle frasi dirette mi lasciò a bocca aperta. Non era poi un tipino così tranquillo come poteva apparire a prima vista! Quella sicurezza che avevo notato si rifletteva anche nel suo modo di fare, e la cosa comunque riuscii a sorprendermi. Qualche tempo dopo, quando ormai eravamo entrati in confidenza, Paul mi confessò che si sentiva terribilmente a disagio ad essere esaminato in quel modo da John, la cui spavalderia lo rendeva antipatico e superbo. E per non sfigurare davanti a lui aveva deciso di adottare quella tattica, e di bere persino la birra, cosa che non era solito fare (12).
Prima che Pete o Len potessero dire qualcosa, John li anticipò -Ok, allora mostrami cosa sai fare-
Si allungò per prendere una sedia e avvicinarla al nostro gruppetto, accomodandosi poi davanti a Paul, con le braccia conserte e le gambe accavallate. Paul non si fece intimidire, prese la sua chitarra e la impugnò in un modo strano, tenendo il manico con la destra e sfiorando delicatamente le corde con la mano sinistra.
-Ehi amico, la tieni nel verso sbagliato!- gli fece notare Pete, ridendo.
-Qualche richiesta in particolare?- disse Paul, ignorando il suo commento.
-Qualcosa che non sia una ninna nanna, non vorrei addormentarmi a metà esibizione- gli disse John, facendo un finto sbadiglio.
Io lo guardai storto, non approvando quel suo commento antipatico. Paul nemmeno lo conosceva e inoltre era sempre estremamente cortese, per cui lo trovavo davvero inappropiato. Ma lui si dimostrò ancora una volta superiore a quegli insulti infantili, ed iniziò a strimpellare le prime note di Twenty Flight Rock (13) di Eddie Cochran, cantando il primo verso.
 
Well I got a girl with a record machine,
When it comes to rocking she's a queen.
I took her to a dance on a Saturday night,
All alone where I can hold her tight.
She lives on the twentieth floor uptown.
The elevator's broken down.
And I walk one, two flight, three flight four,
Five six seven flight, eight flight more.
Up on the twelfth I'm starting to sag,
Fifteenth floor I'm ready to drag.
I get to the top and I'm too tired to rock.
 
Rimanemmo tutti a bocca aperta: nessuno si aspettava davvero che Paul sapesse suonare e cantare così bene. La voce dolce e melodiosa di Paul era davvero bella e mi lasciò senza fiato, facendo sciogliere qualcosa dentro di me. In meno di due ore quel ragazzo continuava a stupirmi positivamente, in modi davvero inaspettatati. Non lo volevo dire per non far rimanere male il mio amico, ma suonava decisamente meglio di John, nonostante non tenesse la chitarra nel verso corretto perché era mancino, come scoprì poco dopo. A fine performance lui sollevo la testa e guardò John con un sorriso compiaciuto, sapendo di aver suonato e cantato bene. Tutti lo riempirono di complimenti entusiasti, anche chi era stato insultato poco prima. Lui rispose con imbarazzo ed estrema cortesia a quelle parole, e io stessa mi complimentai con lui, vededolo arrossire ai nostri commenti. Quel suo atteggiamento era così tenero che per contro fece arrossire anche a me, rapita dal suo fascino.
John colse quell’occasione per alzarsi dalla sedia ed avvicinarsi a me.

 –Dovresti evitare di mangiarti con gli occhi quel poppante, ti ricordo che sei fidanzata- disse, sussurrandomi questa frecciatina all’orecchio.
Rimasi un secondo in silenzio, colpita da quello che John aveva compreso con un solo sguardo.
“Taci” gli sillabai, prima che si voltasse verso gli altri per riprendere il controllo della situazione. Anche se John aveva ammonito l’esibizione di quel ragazzo apparve molto più interessato a lui rispetto a prima. Iniziarono a parlare tra di loro e Paul diede alcuni buoni consigli al mio amico su come potesse migliorare con la chitarra. Qualche ora dopo, proprio dentro quella sala, un John completamente ubriaco cantava insieme a Paul che lo accompagnava col pianoforte suonando Tutti Frutti e Long Tall Sally, nell'esibizione serale dei Quarry Men (14).

Dopo quell'evento, John riflettè alcuni giorni su di Paul, indeciso o meno se farlo entrare nel gruppo. Aveva notato quanto era bravo con la chitarra e il grande fascino che possedeva, caratteristiche utili alla band visto che gli altri musicisti non presentavano nessuna delle due cose e apparivano anche meno motivati rispetto a lui. Inoltre, Pete ormai si stava disinteressando del gruppo, maggiormente preoccupato per il suo futuro e John capì che di li a poco il suo amico avrebbe abbandonato questa loro grande impresa (15). Necessitava di un nuovo braccio destro, qualcuno che fosse intenzionato a seguirlo e ad impegnarsi, cosa che Paul aveva dimostrato sin da subito. Ma Paul era più forte e deciso rispetto agli altri e non sarebbe stato facile da domare: se entrava, John avrebbe dovuto condividere la leadership del gruppo (16).
Così una settimana dopo, Pete incontrò Paul e Ivan a Vale Road e gli chiese se volesse entrare nella band. Dopo averci pensato qualche giorno, Paul accettò l'offerta.

E fu così che James Paul McCartney entrò a far parte nei Quarry Men.

NOTE
(1)= La Chiesa di St. Peter si trova su Church Street, una parallela di Menlove Avenue, a circa metà strada fra Acrefield Park e Allerton Road.

(2)= Annualmente alla St. Peter si svolgevano feste di beneficenza e sagre di giardinaggio, eventi abitualmente allietati dalla presenza di bande che sfilavano per le strade limitrofe, suonando fra l’esultanza generale i motivi classici della tradizione popolare inglese che richiamavano i tempi dell’Impero britannico. Nell'occasione in cui, quel 6 luglio 1957, John e Paul si incontrarono, si stava svolgendo una sagra del giardinaggio.

(3)= Alla St. Peter fu officiato il funerale di George Smith ed è anche il luogo della sua sepoltura. Inoltre, in quello stesso cimitero si trova la tomba di Eleanor Rigby, la protagonista della celebre canzone del 1966 dei The Beatles.

(4)= I membri dei Quarry Men che si esibirono quel giorno erano: John Lennon (voce e chitarra), Pete Shotton (washboard, "asse da lavare"), Len Garry (al tea chest bass, “basso ad una corda ricavato da una cassetta da tè ed un manico di scopa”), Eric Griffiths (chitarra), Rod Davis (banjo) e Colin Hanton (vicino di casa di Pete, alla batteria. NB: lui si esibì solo nel primo concerto pomeridiano).

(5)= Le fonti sono discordanti su di questo: se Ivan e Nigel fossero parte della band. Nigel fin da subito fu inserito nel ruolo del “manager”, anche se era una figura abbastanza fittizia per quel periodo, mentre Ivan faceva parte della band fin dal principio (suonava il tea chest bass) e forse aveva anche partecipato allo spettacolo a Roseberry street (è dopo quella performance che dovrebbe aver abbandonato il gruppo).

(6)= Battuta ripresa dal film Nowhere boy.

(7)= "Oh-oh, ecco che arriva Mimi lungo la navata ora", verso inventato da John in quel momento ed inserito in una delle canzoni che stava cantando. Ho deciso io di metterla mentre cantava Maggie Mae, che fu una tra le canzoni del primo repertorio dei Quarry Men.

(8)= Maggie Mae o Maggie May è una canzone popolare di Liverpool. Composta nei primi anni del diciannovesimo secolo è considerato come l'inno non ufficiale della città. Le liriche di Maggie Mae, brano composto certamente prima del 1830, parlano di una prostituta che deruba un marinaio e che per questo viene condannata da un giudice. La prima cover registrata nota di Maggie May è a opera del Vipers Skiffle Group nel marzo 1957; l'unica altra versione incisa con quel nome risale ad esattamente sette anni dopo, ed è interpretata dagli Spinners. Questa canzone popolare liverpooliana, suonata nei primi anni dai Quarry Men, venne riesumata e registrata nel corso delle Get Back sessions, più precisamente il 24 gennaio 1969 agli Apple Studios di Londra. Incisa in una pausa nel corso delle sedute di registrazione per Two of Us, con la sua durata di 39 secondi è la seconda canzone più breve della discografia beatlesiana, dopo Her Majesty dello stesso anno.

(9)= Come Go with Me è una canzone del gruppo vocale doo-wop statunitense The Del-Vikings (chiamati Dell Vikings, Dot o The Del Vikings sulla stampa originale), pubblicata come singolo nel 1956 dalla Fee Bee Records. Composta da C. E. Quick (ovvero Clarence Quick) e cantata da Norman Wright, diventò uno dei pezzi più famosi del quartetto. Questo perché sia raggiunse nel 1957, subito dopo che i suoi esecutori ebbero ottenuto un contratto con la Dot Records, il quarto posto della Billboard Hot 100 e sia perché venne usata come colonna sonora in molti film famosi, come "American Graffiti" (1973), "A cena con gli amici" (1982), "Stand by Me" (1986) e "Joe contro il vulcano" (1990).  Questa fu la canzone che Paul sentì cantare da John al loro incontro, riconoscendo fin da subito che quel ragazzo non conosceva il testo della canzone e lo stava inventando di sana pianta.

(10)= James Paul McCartney è nato al Walton Hospital il 18 giugno 1942.

(11)= In realtà il padre gli aveva regalato una tromba per il compleanno, comprata da Rushworth & Draper's (uno dei due maggiori negozi di strumenti musicali in città), e Paul suonò quello strumento per un po’, imparando The Saints. Ma presto si rese conto che non poteva cantare e quindi chiese al padre se poteva scambiare la tromba con una chitarra, strumento che lo affascinava da sempre. Non seppe se e quanto ci rimase male, ma Paul prese una chitarra che conserva ancora oggi, una Zenith, pagata 14 sterline.

(12)= Secondo la versione di Paul, Ivan gli aveva proposto quella festa per fargli conoscere i suoi amici. Paul si era portato con se la chitarra, forse sperando di poter entrare nel gruppo o solo per mostrare a tutti la sua bravura ed essere accettato da quei ragazzi più grandi. Soprattutto da John, che era più grande e sicuro di sé e che in un certo qual modo Paul ammirava, accettando di bere alcolici (cosa che non aveva mai fatto prima) pur di non sfigurare davanti ai suoi occhi. Io ho deciso di far assumere a Paul questo atteggiamento, ipotizzando fosse più o meno il modo in cui si fosse comportato in quell’occasione e l’unico modo in cui avrebbe potuto avere una chance agli occhi di John.

(13)= Twenty Flight Rock è un singolo pubblicato nel 1957 e portato al successo da Eddie Cochran, con Cradle Baby sul lato B del 45 giri. Composto da Eddie Cochran e Nelda "Ned" Fairchild, benché messo in commercio nel 1957, l’anno precedente il pezzo era già stato inserito in “The Girl Can't Help It”, film nel quale si esibiscono diversi musicisti dell’epoca. Il produttore, Boris Petroff, aveva infatti chiesto a Cochran di prendere parte al film e realizzare un demo in vista della produzione della pellicola.

(14)= Paul racconta di come strinse amicizia con John quel pomeriggio, che gli chiese di accompagnarlo al pianoforte per l'esibizione serale (che avvenne dopo le 18).

(15)= Pete Shotton avrebbe lasciato il gruppo nell'Agosto del 1957.

(16)= Questi erano i pensieri di John sull’ingresso di Paul nel gruppo. Era bravo, ma John teneva molto al suo ruolo di leader, che con Paul sarebbe stato messo a repentaglio. Lo stesso Lennon ammette e spiega il processo che portò alla decisione di far entrare Paul nel guppo: John voleva sfondare, e Paul era una carta vincente. Per questo sacrificò il suo ruolo, accettando quindi la forte presenza del McCartney nei Quarry Men.

ANGOLO DELL'AUTRICE: Ecco a voi finalmente Paul McCartney! Ve lo avevo annunciato che sarebbe arrivato presto <3 (dopo un'introduzione di 8 cap... sorry <3)
Che ve ne sembra del Baby Macca? Non è stato per nulla facile scrivere di un Paul così giovane e cercare comunque di far capire il grande fascino che aveva già da piccino... spero di esserci riuscita! Ora, non so se e quante shipper John/Freddie ci siano, ma voglio proprio vedere se spunterà qualche Paul/Freddie prima o poi, sperando di darvi buoni presupposti per la coppia. L'intro, I've just seen a face è un chiaro riferimento all'incontro tra Paul e Freddie... ora comincia il bello della storia (spero XD io mi sto impegnando un sacco!)
Ringrazio come sempre Anya
a cui regalo un baby Paulie con tutto il mio cuore, sempre presente per me <3 Un grazie sempre a Jude  che lascia sempre commenti bellissimi e a Cagiu_Dida  che è stata tanto carina da recensire lo scorso cap e dirmi cosa ne pensa della storia *_*
Un grazie a chi mi segue, spero che la storia vi piaccia e se così non fosse potete in entrambi i casi recensire, sarò davvero lieta di leggere cosa ne pensate <3
Purtroppo questo mese è davvero pieno per me, quindi tra revisioni, ricerche, scrittura, lavoro e vita sociale (per quel poco che ne resta XD) sono costretta a rimandare il 10 cap a lunedì 27 Aprile.
Vi chiedo di essere pazienti, godetevi questo assaggio di Macca, che vi assicuro diventerà una figura costante nel corso delle storia.

Baci
White
  
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