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Autore: Ormhaxan    18/04/2015    3 recensioni
Inghilterra, 1471. Dopo la sanguinosa battaglia di Barnet, in cui Edward IV ha perso la vita, la corona passa a suo fratello minore Richard. Re severo ma giusto, Richard prende in moglie - sotto consiglio del fratello Edmund, Arcivescovo di York - Anne Neville, vedova del suo nemico Edouard di Lancaster, Principe del Galles.
Il matrimonio, però, non sarà inizialmente felice e Richard dovrà fare i conti con una giovane e fredda sposa, un regno in tumulto e dimostrare che anche un "sole di mezzanotte" può essere caldo e luminoso come un sole splendente.
Genere: Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anne Neville, Edmund Plantagenet, Elizabeth Woodville, Richard Plantagenet / Richard III
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Tewkesbury, Giugno 1472
 
 
 

 
Era trascorso un anno dall’ultima volta che Anne era stata a Tewkesbury, poco più di un anno dalla battaglia che l’aveva resa vedova, che aveva strappato il suo primo marito Edouard alla vita nel fiore dei suoi anni.
Tredici mesi erano passati, eppure per Anne, chiusa nella lettiga che stava costeggiando l’Abazia attorno alla quale era stato versato sangue inglese, sangue di cugini, il tempo sembrava non essere mai passato veramente.
I monaci avevano riportato l’ordine e la quiete confacente a quel sacro luogo, e nel cortile interno che solo un anno prima era stato riempito con corpi senza vita di soldati lancastriani e yorkisti in attesa di una sepoltura, fiori selvatici crescevano rigogliosi.
Poco distante, maestoso e imponente, si ergeva l’antico castello che Richard aveva concesso, magnanimo, a sua sorella Isabel e a sua madre la Contessa: là, tra quelle mura di pietra, Anne pregò e sperò che le due donne avessero finalmente trovato la pace che meritavano, il conforto per la perdita che aveva reso entrambe vedove prima del tempo.
Anche George, Duca di Clarence, era stato seppellito su volere di sua moglie nella stessa Abazia in cui riposava Edouard di Lancaster, e per la prima volta dalla sua condanna a morte Richard si sarebbe recato sulla tomba del suo fratello maggiore per porgere i suoi omaggi.
Anne sospirò tristemente, e com’era solita fare da mesi ogni qual volta lasciava vagare la mente si accarezzò il ventre prominente, si domandò se la decisione di Richard di fermarsi per una settimana in quel luogo fosse stata saggia: dalle poche lettere ricevute in quell’anno da sua sorella – l’ultima ricevuta solo due mesi prima, una fredda risposta alla lettera in cui lei le annunciava orgogliosa il suo stato interessante – la giovane aveva percepito l’astio che Isabel ancora covava nei confronti del suo sposo e sovrano, e  neanche la lieta notizia di un erede in arrivo aveva destato la maggiore dallo stato apatico in cui era caduta dalla morte dell’amato marito.


“Tutto bene, ma belle? – le chiese Richard, accostandosi in sella al suo imponente destriero alla lettiga e spostando una delle tendine per poter vedere sua moglie – Non manca molto ormai, pochi minuti.”
Aye, tutto bene. Non preoccupatevi, mio caro, stiamo bene.” Rispose lei, scambiandosi un sorriso d’intesa con il giovane che, annuendo, lasciò ricadere la tendina che tornò a fare ombra all’interno di quella sottospecie di carrozzone fin troppo grande per lei e tornò alla testa della fila.
Il Re aveva curato personalmente ogni minimo dettaglio di quel viaggio che si sarebbe concluso qualche settimana più tardi a York, predisposto ogni cosa affinchè la sua Regina viaggiasse con ogni comodità: nel suo stato interessante Anne si stancava facilmente, e la marcia era stata più lunga del previsto, i soldati che li scortavano si erano dovuti fermare più volte per permettere alla giovane di sgranchire le gambe o semplicemente prendere una boccata d'aria fresca.
Si era sentita viziata come una bambina, – quanto tempo era passato dall’ultima volta che qualcuno l’aveva viziata in quel modo, che si era sentita così? Anni probabilmente, all’epoca in cui suo padre era ancora vivo, lord del nord, i Neville una delle famiglie più potenti del regno, se non la più potente e invidiata di tutte. – eppure neanche quel costante interessamento delle sue condizioni da parte del marito erano riuscite a scacciare dalla sua mente il dubbio che Richard lo stesse facendo non per lei ma per il bambino che portava in grembo, per quello che, sperava, sarebbe stato l’erede al trono.



La lettiga si fermò di colpo, il rumore degli zoccoli dei cavalli cessò, e attraverso le tende semitrasparenti Anne vide che avevano varcato l’imponente cancello del castello ed erano entrati nel luminoso cortile interno.
Pochi istanti dopo lo sportellino ligneo alla sua destra si aprì e Richard le tese una mano e l’aiutò ad uscire, scendere i pochi gradini che la separavano da lui, dal terriccio che si diramava per tutto il perimetro, causa della polvere rossastra alzatasi poco prima con l’ingresso dei cavalli.
“Venite, mia cara, c’è qualcuno che vi sta aspettando con impazienza.” Le disse Richard, portando la sua mano attorno al suo braccio desto, incamminandosi con lei al suo fianco verso il semplice chiostro di pietra sotto il quale la Contessa li stava aspettando.
Con lei, alla sue spalle, c’era una donna robusta dal viso gentile: era la balia del castello e tra le sue forti braccia teneva una bambina dai capelli color cioccolato di poco più di due anni, la figlia del defunto Duca di Clarence e di sua moglie Isabel.


“Vostre Maestà! – la Contessa rivolse loro una perfetta riverenza, abbozzò un sorriso frettoloso in direzione della figlia – Vi stavamo aspettando con impazienza.”
“Madre. – Anne lasciò il braccio del marito e abbracciò la madre senza preoccuparsi dell’etichetta – E’ bello rivedervi dopo tutti questi mesi: la vostra assenza durante le festività pasquali si è sentita.”
Anne spostò l’attenzione dalla madre alla bambina ancora in braccio alla balia: “Cielo, non ditemi che questa è mia nipote Margaret?”
“Proprio lei, mia cara figlia: è cresciuta moltissimo in questo anno, cresce a vista d’occhio ogni giorno che passa.”
“E’ bellissima, ha gli stessi capelli scuri di Isabel. – notò la ragazza, allungando una mano verso la bambina che, curiosa, iniziò ad analizzarla – Tu non hai ricordi di me, piccola Margaret, ma io sì: sono tua zia Anne, la Regina.”
Margaret la guardò con un cipiglio corrucciato, perplessa, e fece del suo meglio per borbottare qualche parola di cortesia che la balia aveva tentato di insegnarle nonostante i suoi due anni, non ottenendo grandi risultati.
“Una bambina degna del suo rango, il suo sforzo è ammirevole, - intervenne Richard, nuovamente al fianco di Anne – e anche se i colori sono quelli della madre il cipiglio è senza dubbio quello di suo padre, di mio fratello George.”
Ci fu una nota malinconica e vagamente triste nella voce di Richard, e a quella osservazione seguirono alcuni istanti di silenzio, un silenzio a tratti imbarazzante e nervoso.
Raramente Richard parlava del defunto fratello che lui stesso aveva messo a morte, tantomeno pronunciava ad alta voce il suo nome. Quella, in effetti, era la prima volta che pronunciava il suo nome da mesi e mesi.

“Sarete sicuramente stanchi per il lungo viaggio, - fu la Contessa a parlare per prima, rompere quello strano silenzio - specialmente voi, mia cara Anne: ho disposto alle mie dame di prepararvi un bagno caldo. Venite, vi conduco alle vostre camere, dove potrete trovare riposo e cambiarvi.”
“Mia sorella non verrà a salutarci?” chiese Anne, non vedendo la maggiore da nessuna parte nel cortile.
“Isabel è indisposta, probabilmente ci raggiungerà per cena, di sicuro si unirà a noi per il pranzo di domani. – informò la Contessa con poca convinzione – Porge a Sua Maestà e a voi, la sua cara sorella, i suoi più sinceri saluti e mi ha affidato il compito di accogliervi e accompagnarvi ai vostri alloggi.”
“Spero non sia nulla di grave, - disse Richard, scambiandosi un’occhiata con la Contessa, uno sguardo che lasciava poche letture: lui sapeva, sapeva che l’indisposizione era una menzogna, che altre erano le ragioni che avevano spinto Isabel a rimanere nelle sue stanze – che la Duchessa si riprenda quanto prima e possa unirsi a noi.”
Anne Beauchamp sorrise nervosamente, annuì e distolse lo sguardo: “Non abbiate timore, Maestà, mi assicurerò io stessa che mia figlia prenda parte al pranzo in vostro onore, la posizione che compete ad una Duchessa.”
“Sì, lo so. – baciò la mano della Contessa prima di congedarsi, successivamente baciò la guancia della moglie – Verrò nelle vostre stanze non appena mi sarò cambiato, ma belle, nel mentre rilassatevi e riposatevi.”
“In questo caso vi aspetterò con impazienza. – rispose lei, a cui non era sfuggito il messaggio implicito nelle parole di Richard: avrebbero parlato una volta rimasti soli, e Anne sapeva perfettamente di chi avrebbero parlato – A più tardi, mio caro.”
 
 

**
 

“Lasciateci!” ordinò Richard alle dame, accompagnando quell’ordine con un gesto della mano altrettanto solenne.
Anne era ancora nella vasca da bagno di rame quando il sovrano entrò nella sua stanza, l’acqua ancora piacevolmente tiepida al suo interno, e vedendolo entrare non si scompose più di tanto. Quella non era la prima volta che Richard entrava nelle sue stanze mentre lei si faceva il bagno, tantomeno sarebbe stata l’ultima, e nel vedere le sue dame uscire di fretta e furia sorrise divertita.
“Sempre così rude, mio caro, - lo rimproverò Anne, continuando a sorridere – alle volte penso che vi diverta terrorizzare le mie dame.”
“Solo un pochino. - confessò lui, inginocchiandosi sui cuscini posati sul pavimento e baciandola dopo essersi sporto verso di lei – Vi sentite meglio, più rilassata?”
“Rilassata sicuramente: non mi concedevo un bagno caldo da quando abbiamo lasciato Londra una settimana fa; voi, invece, avete fatto in fretta.”
“Non sono uno che ama passare troppo tempo nella vasca da bagno, non quando sono da solo… - le disse, sorridendo sornione, posando una mano sul ventre di lei coperto dalla veste bagnata che Anne aveva indosso – Nostro figlio vi tiene ancora sveglia di notte?”
“Sempre. Non fa altro che muoversi, e credo che sarò costretta a chiedere a suo padre di fargli un discorso, o almeno passare la notte con me. Sapete, ho la sensazione che adori la vostra voce, che la vostra presenza lo faccia calmare.”
“Sicura che sia un maschio e non una femmina? – chiese lui, continuando a tenere la mano sul ventre – Non mi dispiacerebbe avere una femmina.”
“E’ un maschio. – rispose Anne, sicura – E’ il nostro Edward, di questo ne sono certa, non ho dubbi.”
Un altro bacio, dolce come il primo, seguito da uno sguardo complice e dalla quiete che avvolse la stanza.

“Dobbiamo parlare di vostra sorella, Anne – riprese Richard, deciso ad affrontare quel discorso non semplice, un discorso che avrebbe voluto evitare ma al quale non poteva sottrarsi – dobbiamo parlare di Isabel.”
“Sì, lo so…”
“Non posso più tollerare questi oltraggi, la mancanza di rispetto che continua a mostrare non solo verso di me ma anche verso di voi, nostro figlio. Non posso tollerarlo più, non più…”
“E cosa proponete, Richard?” chiese, temendo la risposta.
“Isabel ha bisogno che qualcuno la tenga in riga, che le ricordi la sua posizione, e se neanche vostra madre ci è riuscita allora sarà un marito a farlo.”
“Matrimonio? – Anne si mise a sedere, lo guardò sbigottita, shoccata – Richard, non pensate di essere troppo drastico? E poi sappiamo entrambi che Isabel non si risposerà mai, che ancora adesso soffre per la perdita del suo amato marito, di vostro fratello.”
“Sono stato paziente, Anne, per un anno sono stato paziente ed ho fatto finta di non vedere: di non vedere i continui affronti, il suo rifiutare ogni convocazione a corte, la sua testardaggine e il suo disprezzo verso di me, il suo Re, un disprezzo che ho saputo non si è preoccupata di celare ai suoi ospiti, a chiunque passasse dal castello per porgere i proprio omaggi a lei e alla Contessa vostra madre.”
“Capisco ciò che state dicendo, e non vi biasimo, ma Richard un matrimonio… - Anne conosceva Isabel, nonostante la sua apparente pacatezza sapeva quanto potesse essere cocciuta, testarda – Isabel vi odierebbe ancor più profondamente, questa forzatura le darebbe ulteriori ragioni per disprezzarvi, disprezzare entrambi.”
Posò una mano sulla spalla del marito, sul suo farsetto: “Permettetemi di parlare con lei, di farla ragionare, datemi qualche giorno di tempo.”
“Uno solo, Anne, solo uno. Domani sera vorrò la sua risposta. – baciò la sottile mano della moglie, notò la pelle raggrinzita e, preso un telo, si alzò e la invitò ad uscire dalla vasca. – La vostra pelle si sta rovinando, l’acqua è diventata fredda, ed è meglio che usciate prima di prendervi un malanno.”
L’aiutò ad uscire e l’avvolse nel morbido telo: “Ecco, così, brava. Meglio?”
Aye, molto meglio. – abbozzò un sorriso, si strinse nel suo abbraccio caldo, accogliente – Farò quanto è in mio potere per far ragionare mia sorella, mio caro, per farle capire che non siamo il nemico come lei pensa.”
“So che lo farete, ma belle, e spero anche che riusciate nel vostro intento. In caso contrario, penserò io a risolvere la situazione, e lo farò a modo mio.”

  
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