Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: DoctorFez1988    18/04/2015    2 recensioni
La storia che state per leggere non è solo una rivisitazione del capolavoro originale di R.L. Stevenson (lo Strano del Dottor Jekyll e del Signor Hyde), ma anche della recente versione fumettistica creata dai maestri del settimanale Topolino (Lo Strano Caso del Dottor Ratkyll e Mister Hyde), insomma è quasi un insieme delle due versioni, ma con la mia aggiunta personale e i personaggi sono tutti provenienti dai più famosi classici film Disney, a cominciare da Frozen - Il regno di Ghiaccio, la Bella e La Bestia, Tarzan, Rapunzel e tanti altri. Il bello è che sarà quasi tutto al femminile, come noterete leggendo il racconto, quindi non meravigliatevi troppo se nell'epoca vittoriana di londra troverete giovani, romantiche e intriganti donne che fanno mestieri come quelo di medico, naturalista, avvocato e persino... poliziotto. Spero che questo racconto vi faccia emozionare e vi piaccia! Buona lettura!
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Pazzia o Infamia?
 
Con quelle ultime parole appena pronunciate, Rapunzel sembrò perdersi in una cupa meditazione. Belle guardò sua cugina in un frammisto di preoccupazione e sorpresa. Infatti, conosceva la bionda fanciulla da una vita, e non l’aveva mai sentita parlare di qualcuno in quel modo, come se stesse descrivendo con timore uno spettro maligno. Lo sguardo di Belle distolse Rapunzel dalle sue riflessioni:
 
“Perdonami cugina… temo di aver esagerato nelle mie ultime parole, ma ogni volta che ripenso a quel giorno e a quella fredda donna, sento subito un gelo che mi punge l’anima, rendendo i miei pensieri sempre cupi e diffidenti nei suoi confronti, come una specie di anatema…” Belle riflette un attimo sulle parole di Rapunzel, poi gli chiese a bruciapelo, cercando però di avere comunque un tono calmo e gentile:
 
“Non sai se la persona che firmò quell’assegno abita in questo edificio?” Rapunzel rispose:
 
“Un amabile posticino non è vero? No, ne sono sicura perché avevo visto solo di sfuggita il recapito; quella persona vive in una piazza, però non so bene dové.” Belle ritornò a chiedere:
 
“E tu o Miss Bric non avete mai chiesto informazioni su questo fabbricato?” Rapunzel si fece un po’ più seria:
 
“Io e Miss Bric non abbiamo mai approfondito, volevamo dimenticare quella malnata vicenda, anche se in questo frangente ti ho dovuto parlarne. Inoltre volevamo evitare il rischio di portare il firmatario di quell’assegno nello scandalo.”
 
“Penso di poter comprendere le vostre ragioni.” Disse l’avvocata. Poi Rapunzel disse:
 
“Certo, quando sono giunta davanti a questo edificio per la prima volta, non potei evitare di osservare gran parte dei suoi particolari. Non sembra abitata. Di porte c’è solo quella e non vi entra o esce anima viva, eccetto la nostra gentildonna, anche se molto raramente. Se guardi bene al piano superiore, puoi notare una finestra che si affaccia sul cortile. Quella finestra è sempre sbarrata, ma con i vetri puliti. Poi c’è un comignolo che vomita fumo nerastro, perciò qualcuno deve pur viverci in quell’edificio. Anche questa però non è una prova, perché su quel cortile si accatastano tali e tanti edifici, tanto che è difficile stabilire dové finisca l’uno e cominci l’altro!” Le due fanciulle passeggiarono per un certo tratto di selciato, in silenzio, poi Belle disse, con un tono deciso ma delicato allo stesso tempo:
 
“Cugina, capisco che rievocare questa vicenda ti metta in grave disagio, e non che vuoi creare scandalo. Questo l’avevo ormai intuito da un pezzo, fin da quando mi hai descritto questa signora Hyde, ma se non ti chiedo il nome del firmatario di quell’assegno, è perché già lo conosco. Vedi Rapunzel, il tuo racconto ha un significato per me molto più profondo di quanto tu possa concepire!”  La bionda ragazza guardò sua cugina con grande sorpresa e gli disse con una sfumatura di sdegno:
 
“Potevi anche dirmelo subito cugina! Non sono più una bambina!” Belle, con dolcezza, gli replicò:
 
“Perdonami se non ti ho detto subito su ciò che già sapevo, ma ora dimmi, sei sicura che quella donna, Hyde, usasse una chiave?” Rapunzel rispose:
 
“Quella… donna aveva una chiave e, quel che più conta, c’è l’ha ancora, perché per sbaglio sono giunta vicino a questo edificio circa qualche giorno fa e l’ho vista usarla. Anche quella volta, seppur di sfuggita, mi sia sentita il cuore stretto da una fredda morsa di ghiaccio…” La signora Utterson trasse un profondo sospiro, poi disse:
 
“Cugina, questa faccenda potrebbe essere più intrigata di quando sembri già, quindi me ne occupi io… se mai dovessi scoprire qualcosa su questa storia, senza provocare scandalo inutile a nessuno che non lo meriti, te lo farò sapere! Per ora promettiamoci di non parlarne più finché non ci sarà un epilogo su questo… insolito caso.” Le due cugine si scambiarono quella promessa con un sorriso reciproco d’intesa e ritornarono a passeggiare per le vie di Londra, con i cuori un po’ più risollevati. In quello di Belle però c’era ancora un lieve alone di cupezza, perché l’avvocata conosceva due particolari salienti di quell’insolita storia, e non voleva per ora rivelarli a sua cugina. Belle sapeva benissimo, dove portava quella lugubre soglia che ormai era conosciuta come la porta del ricatto. Inoltre aveva già sentito il nome di Elsa Hyde e sapeva già che quel misterioso nome aveva un legame inspiegabile con colei che aveva firmato quell’assegno. Si trattava della dottoressa Anna Jekyll, cliente affezionata dello studio legale degli Utterson e, soprattutto, migliore amica di Belle fin dall’infanzia.
 
 
Quella sera, dopo aver consumato la cena preparata e servita da Miss Bric e Lumiere, Rapunzel si diresse in camera sua per mettersi a letto, mentre Belle si avviò verso lo studio in cui lavorava assieme al marito nell’ambito legale. Nell’ufficio, in quel momento, c’era il signor Tockins, che stava finendo di sistemare alcune importanti pratiche. Una volta che l’uno e l’altro si furono scambiati, con reciproca gentilezza e rispetto, la buonanotte, Tockins lasciò lo studio, mentre la signora Utterson vi rimasse e andò ad aprire una cassaforte nella parete, celato dietro un grande quadro sulla cui tela era dipinto un vaso colmo di meravigliose rose rosse. Rimosse dall’angolo più riposto della cassaforte un plico su cui era vergata la dicitura Testamento della Dottoressa Anna Jekyll. L’avvocata mise lo scottante documento su un tavolino vicino alla elegante poltrona rossa sulla quale si era seduta. Dopo un attimo di esitazione, belle si mise a leggere quel testamento. Si trattava di un testamento olografo perché la signora Utterson, sebbene lo avesse ricevuto in custodia dopo che era stato redatto, si era rifiutata nel modo più assoluto di contribuire alla sua stesura. Osservando il documento con aria accigliata e cupa, Belle pensava:
 
“Sapevo di riconoscere questo nome… infatti, e presente nel testamento di Anna! C’è scritto nero su bianco che, nell’eventualità che essa dovesse scomparire, tra i suoi maggiori beneficiari ci sarebbe… questa nuova e misteriosa amica… una donna che si fa chiamare… Elsa Hyde!” Da tanto tempo quel documento era una vera spina nel fianco per l’avvocata. Fino allora Belle sentiva la sua anima ribollire d’indignazione per il semplice fatto che non sapeva nulla riguardo alla signora Hyde: adesso, per un improvviso e imperioso rovesciamento, perché sapeva. Era un caso già esageratamente insolito, legato a quel nebuloso nome del quale non riusciva a sapere niente. Diventava però senz’altro terribile quando quel nome cominciava a prendere forma tramite i gelidi e seducenti lineamenti descritti da Rapunzel Enfield. Anche se ancora non l’aveva conosciuta di persona, Belle non aveva una buona sensazione in quella donna misteriosa, descritta come portatrice di gelo, timore e inquietudine.
 
“L’avevo attribuito a pazzia…” Pensava l’avvocata, riconsegnando alla cassaforte l’odioso plico.
 
“… ora temo che si tratti di un’orribile infamia…” La signora Utterson si ripromise di non parlarne a nessuno, nemmeno a sua cugina, di ciò che sapeva sul testamento di Anna, almeno finché non si sarebbe sistemato questo insolito caso o solo per assoluta necessità, cercando comunque di non causare alcuno scandalo eccessivo, se il cielo lo avesse voluto. Mentre usciva dallo studio per andare a letto, la signora Utterson decise che l’indomani si sarebbe diretta alla dimora della dottoressa Jane Lanyon, sua amica d’infanzia e di Anna. Forse Belle avrebbe reperito da Jane informazioni su quella misteriosa donna di ghiaccio. Ormai, quando l’orologio a pendolo nel soggiorno stava per scandire la mezzanotte, tutti gli abitanti di casa Utterson stavano già dormendo.
 
 
 
Il giorno dopo, quando ormai la luce del mattino illuminava tutta Londra, Belle uscì da casa, dirigendosi verso Cavendish Square, santuario di medici e dotti, dove abitava la sua cara amica, la famosa dottoressa Jane Lanyon, grande esperta di scienze naturali, medicina e talentuosa nel disegno.
 
“Spero tanto che Jane possa dirmi qualche informazione rilevante su questa faccenda si Jekyll e Hyde… se sarà necessario, allora gli riferirò in segreto quello che so sul testamento…” Si diceva Belle. Poco dopo, l’avvocata si trovò davanti alla porta d'ingresso della dimora di Lanyon. Belle suonò il campanello, e subito dopo sopragiunse per risposta dall’interno della casa una strana voce stridula e gracchiante che stilava:
 
“Craaa! Craaa! Scocciatori alla porta! Scocciatori alla porta! Craaa! Non vogliamo comprare le vostre enciclopedie della domenica! Ne abbiamo già troppe qui dentro! Craaa!” La donna si limitò a un lieve sorriso divertito, perché sapeva bene a chi apparteneva quella voce così bizzarra. La porta si aprì dopo qualche secondo e sulla soglia apparve una giovane donna, che doveva avere circa l’età di Belle, vestita con grazioso abito giallo. Aveva una lunga chioma castana, due dolci e vispi occhi azzurri, le guance e le labbra teneramente rosee e le palpebre di un tenue color lavanda. La dottoressa Lanyon, appena vide Belle, la accolse con il più cordiale e loquace benvenuto che si potesse immaginare, con un pizzico di teatralità, ma puramente sincerò. Jane fece poi accomodare la nuova arrivata nel salotto, adibita anche come studio medico per i suoi pazienti, per farli così sentirli a proprio agio durante le visite. Sopra allo scrittorio della dottoressa, appollaiato in una gabbia argentata, c’era il proprietario di quella strana voce che la signora aveva udito poco fa. Era un pappagallo rosso, con le punte delle ali tinte di blu, il becco e le zampe entrambe giallo oro. Appena l’esotico uccello vide Belle, gracchiò con fare sfacciato:
 
“Craaa! Ciao pulzella! Craaa! Vuoi dare bacetto al piccolo Iago? Craaa!”
 
“Iago! Ti ho già un miliardo di volte di non infastidire gli ospiti che vengono a farmi visita, e lo stesso vale per i pazienti!” Riproverò Jane al suo animaletto domestico, quest’ultimo mise arrogantemente il broncio.
 
“Sempre adorabile il tuo Iago, eh?” Rise lievemente Belle.
 
“Guarda, cara, se questo pettegolo insolente con le piume non appartenesse a una specie rarissima, lo avrei già messo in forno a cuocerlo, tanto di mela in bocca!”
 
“Craaa! Iago odia le mele! Craaa!” Le due giovani donne non poterono evitare di ridere divertite. Belle sapeva che Jane, nonostante tutto, in realtà voleva un gran bene a quell’irritante e adorabile pappagallo, e lo era anche viceversa, anche se il pennuto non lo avrebbe mai ammesso apertamente. Lanyon preparò del buon tè e diete qualche biscotto al suo irritante ma simpatico pappagallo, così da tenerlo buono e zitto, in modo che non disturbasse la conversazione tra lei e la sua cara amica. Dopo un po’ che le due donne parlarono del più e del meno, Belle decise di aprire il discorso sulla faccenda che la preoccupava con pungente pertinacia. Iniziò quindi a dire rivolta alla dottoressa Lanyon:
 
“Suppongo cara Jane, che tu ed io siamo le amiche più care di Anna Jekyll!”
 
“Supponi bene Belle!” Rispose sorridendo Jane, continuando poi a parlare, facendosi però un po’ più seria:
 
“Anche se ultimamente Anna ed io abbiamo qualche attrito, pur solo a livello professionale e scientifico!”
 
“Che indenti dire?” Domandò Belle. Jane Lanyon allora rispose:
 
“Tu sai che la nostra cara Anna è una brava studiosa in campo medico, chimico e psicologico, e persino filantropa, adorabile oratrice e virtuosa nel violino ma… da un po’ di tempo addietro si è messa in testa idee e teorie bizzarre sul comportamento e sulla personalità dell’animo umano, che le alte sfere delle varie accademie le hanno giudicate come sproloqui pseudoscientifici, anche se ciò non sembra aver intaccato lo spirito gioioso, esuberante e gentile di quella ragazza, anche si diventa leggermente irritabile su quest’argomento.”
 
“Anna ha sempre avuto fin da bambina un temperamento del genere, oltre che piena di curiosità, eccentricità e fantasia!” Intervenne Belle, ripensando per un attimo all’infanzia trascorsa assieme ad Anna.
 
“Troppo fantasiosa ed eccentrica a volte, soprattutto quando si parla di argomenti scientifici con lei!” Replicò Lanyon e, dopo un breve sorso di tè, continuò:
 
“Anche se mi sento tuttora legata a lei in nome dei tempi andati, non sono capace di sostenere le sue idee campate in aria!” Aggiunse poi, facendosi paonazza:
 
“Se non mette la testa a posto al più presto, quella ragazza potrebbe rischiare di essere bollata come un’eretica dal mondo scientifico!” Quel guizzo di rabbia in Jane fu un sollievo per la signora Utterson:
 
“Si tratta solo di dissapori professionali scientifici!” Pensò, e poi che la sua attenzione alla scienza fosse più fievole di un respiro su uno specchio, salvo che non si trattasse di cause legali, non si pentì di aggiungere nei suoi pensieri:
 
“Dunque niente di grave…” Belle lasciò alla sua cara amica qualche istante perché si riprendesse il proprio contegno e quindi giunse al nocciolo della questione a lei cara, rivolgendo alla ricercatrice la fatidica domanda per la quale era venuta:
 
“Hai mai incontrato o sentito parlare di una nuova protetta di Anna… che si chiama Elsa Hyde?”
 
“Hyde?” Fece eco Jane Lanyon, con aria di perplessità sul volto.
 
“No, mai sentito questo nome prima d’ora…”
 
 
 
Furono tutte qui le informazioni che la signora Utterson si portò dietro, in quella sua grande e comoda poltrona nella stanza che condivideva con il suo amato marito, dove vi rimase seduta a meditare sulla faccenda senza requie, fino all’ora di pranzo. Aveva deciso di non parlare a Lanyon della faccenda su Jekyll e Hyde, fino a che non avrebbe trovato risposte per svelare il mistero di quell’insolito caso. Dopo pranzo, Belle passò il resto del giorno a sistemare le pratiche di alcuni vecchi casi giudiziari portati avanti da lei e il suo consorte, così da tenersi occupata fino a cena, anche se quell’insolita faccenda era come un aggressivo tarlo nella sua testa. Per un incredibile miracolo, Belle era riuscita a nascondere la sua preoccupazione e cupezza dai suoi domestici e persino da sua cugina. Quando scese la notte però, il sonno tardava a giungere nel letto matrimoniale a baldacchino, e quando finalmente arrivò, arrecava ben poco sollievo alla sua mente travagliata da mille interrogativi. Quando l’orologio a pendolo cantò il battito dei dodici rintocchi di mezzanotte, lei se ne stava ancora a ponderare la mente attorno a quell’enigma così insolito e intrigante. Sino allora aveva stuzzicato soltanto la sua curiosità, ma ora sembrava avesse soggiogato anche la sua immaginazione. Mentre giaceva immobile senza un attimo di tregua nell’oscurità, resa ancora più inaccessibile dai pesanti tendaggi della stanza, le parole dei fatti esposte da Rapunzel e ciò che aveva letto su quel testamento l’altra notte diedero forma a immagini come una lanterna magica. Belle non sapeva se era la sua immaginazione a prendere il sopravvento o se un sinistro torpore l’aveva stretta nel suo abbraccio e ora stava sognando. Il sogno più inquietante che Belle avesse mai fatto. Era come se i dubbi e le ansie che Rapunzel provava nei confronti di Elsa Hyde, simili alla peste bubbonica, avessero attecchito la mente e l’animo di Belle.
 
Egli, infatti, immaginava, o forse sognava Londra completamente imprigionata da un velo di ghiaccio durissimo e azzurro. La città era inoltre sommersa da un mare di nebbia argentata. Il cielo era ricoperto da nubi scurissime, dalle quali scendevano imperiosi e sferzanti innumerevoli fiochi di neve. Ciò che però inorridiva Belle era che le strade della città erano invase da burattini di dimensioni d'uomo, plasmate nel ghiaccio, con un buco a forma di cuore nel petto e le fattezze dei londinesi, comprese tutte le persone a lei più care. Improvvisamente un vento soprannaturale iniziò a soffiare ferocemente e prese con sé le scuri nubi, la neve sferzante e la fitta nebbia, fondendoli insieme e dando forma e vira propria a una gigantesca figura femminile che sovrastava l’intera città. La fredda creatura non aveva un volto attraverso il quale Belle poteva riconoscerla: persino in quella fantasia, immaginaria o onirica che fosse, appariva senza volto, o si trattava di un viso sempre elusivo, pronto a celarsi dinanzi al suo sguardo, come se indossasse un etereo cappuccio, capace comunque di sottomettere uomini e donne al suo dominante e terrificante ascendere. L’entità di nubi, nebbia e neve muoveva le mani come un sinistro burattinaio, i cui fili invisibili ed eterei si snodavano in ogni angolo e vicolo di Londra, ed erano legati ai gelidi burattini, che iniziarono a camminare e muoversi in modo grottesco ai suoi comandi, come miseri giullari privi di allegria. Fu allora che Belle si rese conto che si muoveva contro la sua volontà, perché anche lei era una fredda marionetta che possedeva le sue fattezze, come tutte le altre. Senza cuore… senza volontà… senza speranza… senza futuro… imprigionata come gli altri londinesi ai voleri di quell’essere freddo e impaccabile come l’inverno, senza nemmeno rendersi conto di ciò che succede…
 
Per un enorme sforzo di volontà, Belle si ridestò dalla sua fervida immaginazione alla quale gli era stato allentato il guinzaglio, o da quello che poteva essere un gelido incubo. Fu così che nella testa della giovane donna germogliò e crebbe quanto mai imperiosa, spasmodica, la curiosità di vedere la fisionomia della vera signora Hyde. Se mai gli fosse stata concessa di posare una sola volta almeno lo sguardo su di lei, era convinta che tutto quel misterioso enigma fosse destinato a diradarsi come nebbia, come in genere accadde con fatti innaturali quando sono osservati da vicino. Avrebbe potuto cogliere il senso di quella strana predilezione, o vincolo (attribuitegli il nome che più vi aggrada) e persino delle clausole insolite sul testamento. Senza contare infine che doveva essere un viso che valeva la pena di vedere: il volto di una donna fredda, capace di celare emozioni e sentimenti con solenne scaltrezza. Un volto la cui semplice comparsa. Accompagnata dal gelo che lo avvolgeva come un velo invisibile, aveva suscitato nell’animo di Rapunzel, in genere così lieta, solare e vivace, un senso di morboso timore e diffidenza inusuale. Alzandosi per un attimo sul letto, Belle si ripromise che avrebbe incontrato e affondato di petto quella fantomatica Elsa Hyde a qualsiasi costo, senza coinvolgere  qualcun altro in questo insolito caso, se non era necessario, e avrebbe chiarito quello che poteva essere un malsano legame tra quella gelida donna e l’amabile dottoressa Anna Jekyll.
  
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