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Autore: Lady1990    19/04/2015    3 recensioni
Archibald è un ragazzino di quindici anni quando compie la scelta che gli cambierà la vita. Col passare del tempo, accanto al suo maestro, il signor Fires, scoprirà su cosa si fondano i concetti di Bene e Male, metterà in dubbio le proprie certezze, cercherà di trovare la risposta alle sue domande e indagherà a fondo sul valore dell'anima umana. Tramite il lavoro di assistente del Diavolo, riscuoterà anime e farà firmare contratti, sperimenterà sulla propria pelle il potere delle tenebre e rinnegherà tutto ciò in cui crede.
Però, forse è impossibile odiare il Bene e l'unico modo per sconfiggerlo è amarlo. Proprio quando gli sembrerà di aver toccato il fondo, la Luce farà la sua mossa per riprenderselo, ma starà ad Archibald decidere da che parte stare. Se poi si somma un profondo sentimento per il misterioso e affascinante signor Fires, le cose non si prospettano affatto semplici.
[Revisionata]
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Mi sveglio nel letto dell’appartamento che condivido con Samael, intontito e dolorante. Non so di preciso che cosa mi sia accaduto. L’ultimo ricordo che ho è quello del seminterrato in cui i due Exurge Domine mi avevano rinchiuso. Andras e il maestro mi hanno salvato, ma le immagini seguenti sono sfocate. 
Mi tocco l’addome alla ricerca del buco inflittomi dal Bastone di Gabriel, sfioro la pelle e con genuino stupore la scopro intatta. La ferita è miracolosamente scomparsa. Subito dopo mi rendo conto di essere nudo dalla cintola in su, segno che qualcuno deve aver rimosso la camicia.
Mi siedo sul materasso e mi massaggio la fronte, impaziente di scacciare via gli ultimi stralci dell’incubo che mi ha avviluppato. È stato orribile, come essere imprigionati in un limbo senza uscita, costretto a rivivere all’infinito gli eventi più brutti della mia vita. Non è stato affatto piacevole rivedere il volto di quel pervertito di mio padre, né assistere di nuovo all’omicidio di mio cugino Terence da parte di mio fratello Adam. Stavo per impazzire. Poi mi sono svegliato, chissà come. E comunque non avevo idea che un demone fosse in grado di svenire. Dovrò chiedere delucidazioni a Samael.
Mi alzo e cammino cauto verso la porta di camera, sforzandomi di restare concentrato sull’equilibrio e la traiettoria. Mi sento ancora molto debole, come se mi fosse passato sopra un camion. Esco e faccio per dirigermi in salotto, dove spero di trovare il maestro. La luce dei lampioni filtra attraverso le finestre, ma a parte suggerirmi che è notte non mi fornisce alcuna indicazione su quanto sia rimasto privo di sensi. Spero non più di un giorno. Le mie speranze vengono esaudite e trovo Samael in piedi sulla soglia della cucina. Mi dà le spalle ed è appoggiato allo stipite della porta, intento ad osservare chissà cosa. Odo dei rumori, una sorta di biascichio, e mi avvicino incuriosito.
“Sam?”
Sussulta, si volta di scatto e mi squadra con espressione indecifrabile per qualche secondo, come se mi stesse facendo la radiografia. Un attimo più tardi sfoggia la medesima faccia di uno che si trova improvvisamente al cospetto di una singolare apparizione e non riesce a stabilire se è reale o frutto della sua fantasia. Poi in un lampo è di fronte a me e mi abbraccia come se non mi vedesse da secoli. Trattengo il fiato, sbigottito per questo gesto così strano, più che dalla reazione generale. Non che non mi abbia mai abbracciato prima, ma non capita spesso che accada fuori dal letto o in altre circostanze che non siano maratone di sesso selvaggio. E non credo proprio che abbia voglia di farlo adesso. Allora perché mi sta stritolando in questo modo? 
Esalo un sospiro e mi scrollo di dosso le domande, dal momento che qualcosa dentro di me sta cantando di gioia nel sentire il suo calore dopo quella che mi sembra un’eternità. Ricambio l’abbraccio, affondo la faccia nel suo torace ampio e solido e mugolo soddisfatto, come un gatto che fa le fusa. Restiamo in questa posizione per incalcolabili minuti, ma poi, con mio grande disappunto, lui si stacca lentamente e comincia a fissarmi con… dolcezza? Tenerezza? D’accordo, mi sfugge un passaggio fondamentale.
“Cos’è successo?” chiedo sussurrando.
Samael mi accarezza le guance con i pollici e, dopo avermi dato un bacio a fior di labbra, risponde: “Sei morto.”
“Eh?” 
La mia faccia confusa deve divertirlo parecchio, perché si abbandona ad una piccola risata che sa di sollievo, un suono che ha il potere di alleggerire l’atmosfera che ci circonda e provocarmi le cosiddette farfalle nello stomaco. Si calma e torna a farmi le coccole.
“Sei rimasto morto per una settimana. Non ti muovevi, eri immobile come un cadavere e pure il tuo cuore, che nonostante la trasformazione non ha mai cessato di battere, seppur in maniera più fievole, era muto. Ho provato a scrollarti, ho persino usato i miei poteri per darti una scossa, ma niente. Ero molto in ansia.” rivela, mentre delle rughe di apprensione si disegnano intorno agli occhi e sulla fronte.
“Ma… la ferita?”
“È stata la prima cosa di cui mi sono occupato e si è rimarginata senza causare altri danni. Tuttavia, il Bastone di Gabriel è un’arma molto particolare. Come sai, noi non abbiamo un corpo. Quello che vedi di fronte a te, le sembianze che ho assunto, non sono altro che un’illusione. Puoi toccarmi, baciarmi, percepire il mio calore, ma… in un certo senso, non è reale. Il Bastone è fatto apposta per non arrecare danni fisici, perché il suo scopo è distruggere l’essenza. È un’arma letale per i demoni. Tu sei sopravvissuto forse grazie alla tua matrice, che è umana. Non sei nato demone o angelo, per questo hai avuto, diciamo, una marcia in più che ti ha permesso di scampare alla morte. Cioè, è un’ipotesi.”
“Aspetta, non ho capito. Se sono morto, come ho fatto a resuscitare?”
“È questo il bello! Non lo so. Ma non ho mai perso le speranze.” ammette con un sorriso.
“Come non lo sai? Tu sai tutto!”
Stavolta ride di cuore e scuote debolmente la testa: “Io so tante cose, ma non so proprio tutto. Alastor, tu sei un caso unico, un vero e proprio mistero. Con te ogni cosa è una novità e di sicuro io non possiedo tutte le risposte. È già accaduto in passato che un umano diventasse il cagnolino di un demone, ricevendo in cambio poteri oscuri, ma tu sei diverso. Sei un demone e allo stesso tempo conservi qualcosa di innegabilmente umano, che probabilmente influenza la tua parte diabolica. Pensaci: provi ancora compassione, rabbia, paura, tristezza e tutta la gamma di emozioni tipiche dei mortali - sì, me ne sono accorto, benché tu abbia cercato di nasconderlo -, e in più hai la natura di un demone, riesci a gestire le fiamme dell’Inferno ed esso stesso ti ha riconosciuto come una specie di figlio. Hai presente quei tentacoli che vengono sprigionati dai contratti? Non sono altro che la materializzazione della Volontà infernale, che, bada bene, non ha niente a che vedere con Lucifero. Hai notato come ti adorano?”
“L’Inferno ha una volontà? Come dire una coscienza? E poi ero convinto che i tentacoli neri fossero i contratti!”
“Calma, una cosa per volta. Mmm… è difficile da spiegare. Immaginati l’Inferno come un organismo a sé stante, svincolato dall’autorità di chiunque. Sua Eccellenza Oscura ne è il re, non c’è dubbio in merito, ma esso talvolta - anzi, davvero molto raramente - agisce per conto proprio. Ricordi? Fin da subito, quando hai iniziato a riscuotere anime, i tentacoli - che sono sì i contratti, ma non solo - ti hanno protetto, hanno vegliato su di te e sono giunti in tuo soccorso in caso di pericolo. Sono loro che ti mostrano le visioni e ti indicano il Male, come dei connettori altamente sensibili che ti mettono in contatto con l’Etere.”
“Cos’è l’Etere?”
“Ah…” si gratta la nuca e sospira frustrato.
“Anche questo è complicato da spiegare?” sorrido mesto.
“Già. Però, per fartela semplice, potresti pensare ad uno spazio parallelo, disgiunto e al contempo strettamente collegato al mondo umano, dove si raccoglie tutta la negatività dei vivi. È da lì che l’Inferno attinge le visioni, che poi catalizza e trasmette a te per aiutarti a svolgere il tuo lavoro. Un po’ come avere davanti un recipiente pieno zeppo di biglie e un braccio meccanico che pesca quella che ti serve e te la mette in mano. L’Etere, in sostanza, è un luogo inaccessibile, privo di confini, dove passato e presente si fondono.”
“Mh. Dici che la Volontà dell’Inferno mi ha dato una mano a risorgere?”
“Può darsi. Forse l’unico che potrebbe possedere la risposta è Lucifero: è lui il più ‘vicino’ alla Volontà.”
“Quindi posso chiedergli udienza?”
Samael scoppia di nuovo a ridere e mi regala un’occhiata indulgente, nemmeno fossi un bambino scemo. Metto il broncio e incrocio le braccia sul petto, scocciato per il fatto che il maestro non mi prenda quasi mai sul serio.
“No, non puoi, ma io posso per te.”
Sgrano gli occhi eccitato e mi aggrappo alla sua camicia: “Come?”
“In chat.” dichiara.
Assottiglio le palpebre e lo scruto spaesato, con un enorme punto interrogativo che mi lampeggia nella mente, ma dopo un attimo una lampadina si accende. 
“Il blog. Il tuo blog? Vuoi chiederglielo lì?”
“Perché no? È stato uno dei miei primi fan.” rivela con orgoglio, “Alastor, tu sei una risorsa preziosissima per l’Inferno, ma per me hai un’importanza particolare, immensa. Sei mio e non ti cederò mai a nessuno.” conclude in tono accorato, per poi chinarsi a baciarmi con trasporto.
Dio, quanto ho atteso questo bacio. Le sue mani sono ancora sulle mie guance, le stringono senza premere troppo, mi guidano nei movimenti e mi impongono la loro autorità. Io non posso che subire inerme, contento di ricevere le attenzioni che a lungo mi sono mancate. 
Ma all’improvviso un ricordo preciso mi assale e mi scanso sbuffando dalla bocca del maestro.
“Mi hai usato come esca.” borbotto cupo, accusandolo.
“Ah, ehm, sai, mi era parsa l’idea migliore. Scusa se sono stato scostante in questo periodo, ma c’è una ragione valida: avevo già definito il piano e, se mi fossi comportato normalmente o ti fossi stato vicino, avrei vuotato il sacco senza neanche passare attraverso la fase del ‘glielo dico o non glielo dico?’. Il mio istinto di protezione nei tuoi confronti è più forte di quanto immagini e ti avrei messo in guardia contro i nemici. Sapevo che gli Exurge Domine erano arrivati in città e sapevo che mi stavano cercando, ma non ti ho detto niente per non farti stare in ansia ed evitare di calarti in uno stato di ipervigilanza. Loro ci osservano, studiano le nostre mosse come abili cacciatori e poi colpiscono quando sono sicuri di poter catturare la preda. Se tu avessi mutato atteggiamento a causa della paura, se ne sarebbero accorti e allora avrebbero cambiato strategia. Non potevo permetterlo. Se avessero creato un altro schema, non so quanto avrei impiegato a comprenderlo e bisogna dar loro atto che sono molto intelligenti e scaltri, come i demoni. Non avevo tempo, Alastor. Così ti ho consegnato nelle loro mani e ho aspettato la loro mossa, che è arrivata prima di quel che mi aspettassi. Ho sentito quando ti hanno preso, ho udito il tuo richiamo e, credimi, ho dovuto far violenza su me stesso come non avevo mai fatto per astenermi dall’intervenire subito.”
“E Andras?”
“Oh, sì. Lui ha assistito alla tua cattura ed è venuto ad avvisarmi, ma ho preferito andargli incontro io e coinvolgerlo nel salvataggio. Se tutto fosse andato come avevo previsto, avremmo messo fuori gioco due Spennati e catturato il tuo pedinatore, e così è stato. Sono un genio.” gongola con falsa modestia.
“Abbassa la cresta, genio. Io sono morto.”
Si rannuvola all’istante e in un secondo mi ritrovo di nuovo con la faccia seppellita nella sua camicia e le sue braccia intorno al busto, come in una gabbia.
“Questo non rientrava nel mio piano.” bisbiglia aumentando la presa, “Non hai idea di come sia stato… di cosa io abbia provato. Mi sono sentito completamente annientato. Quando ho realizzato che eri morto, ho avvertito qualcosa spezzarsi… non so come descriverlo, ma è stata una sensazione terribile, come se avessi perduto una parte di me, una parte basilare. Ti ho vegliato per giorni e Andras mi ha fatto compagnia, anche se spesso se ne andava per conto suo ad irretire anime pure. Beh, è la sua natura, in fondo. Ho dovuto spiegargli cosa sei e imporgli di mantenere il segreto, non ho potuto evitarlo perché stava cominciando a fare troppe domande. Certo, avrei potuto distruggere il suo nucleo e cancellare la sua esistenza - non mi sarebbe costato alcuno sforzo -, però non mi conveniva.”
“Perché?”
“Ho dei progetti per lui, mi sarà utile. La sola cosa che gli interessa è il potere per risalire la gerarchia ed io posso fornirglielo in cambio della sua cieca obbedienza.” scrolla le spalle, mi prende una mano e se l’appoggia su una guancia, “Alastor, sono stato malissimo. Per me è strano provare sentimenti, non dovrei esserne in grado. Soltanto tu riesci a suscitare queste reazioni in me e spero tu capisca quanto sei speciale. Prometti che non lascerai mai il mio fianco.”
“Lo prometto.”
“Giuralo.”
“Lo giuro.”
“Giuralo ancora.”
“Sam, non vado da nessuna parte.” lo tranquillizzo sorridendogli, ma i suoi occhi stanno brillando di una luce sinistra, come se un fuoco stesse bruciando al loro interno.
“Dillo di nuovo.”
“Non vado da nessuna parte.”
“Se non manterrai la promessa, ti ucciderò.”
La serietà con cui proferisce queste parole mi raggela. Mi ucciderà davvero, è una certezza che si radica in me in un battito di ciglia. Decido di cambiare argomento, sviandolo su questioni più leggere.
“Dov’è Andras? Tornerà?”
“È uscito da un pezzo, ma si rifarà vivo prima o poi.”
“Cosa ne hai fatto degli Exurge Domine?”
“Li abbiamo portati a Roma, sani e salvi e… incoscienti. Non potevamo ucciderli, altrimenti ne avrebbero mandati altri per indagare. Abbiamo alterato la loro memoria per alcuni dettagli che riguardano te - ho visto nelle loro menti che avevano capito che non sei un demone vero e proprio -, ma dovrebbero ricordare tutto quello che è successo.”
“Perché non li hai tolti di mezzo? Adesso ce li ritroveremo alle calcagna!”
“Probabile, ma non subito. Intanto l’incantesimo intorno all’appartamento ci proteggerà finché lo vogliamo.”
“E dopo?”
“Dopo ce ne andremo da Firenze, non è più un territorio di caccia sicuro.”
Annuisco mordendomi il labbro inferiore.
“E il pedinatore? Chi era?”
“Ah, giusto. Affacciati in cucina.”
Obbedisco accigliato. Samael si irrigidisce e serra la mascella, assumendo un’aria tetra che mi fa preoccupare. Le sue mani abbandonano le mie spalle e si stringono a pugno lungo i fianchi, quasi si stia trattenendo dallo sbranare qualcuno. Intuisco che chiunque si trovi in cucina non sia una presenza a lui gradita. 
Quando metto piede nella stanza, mi ghiaccio sul posto e schiudo le labbra, completamente sbalordito. Ci rimango di stucco, certo di stare sognando, perché assistere ad una simile visione nella realtà è privo di senso logico. Scocco un’occhiata smarrita al maestro, che ricambia sfoggiando un’espressione infelice e irritata. Allora realizzo che ce l’ha con me per qualche arcano motivo e la cosa mi disorienta, perché sono sicuro di non aver fatto nulla di male. Insomma, sono stato morto per una settimana!
“Lo conosci?” indaga con un sussurro appena percettibile.
Scuoto la testa con veemenza, sinceramente sorpreso quanto lui, immagino, e torno a fissare stralunato la figura che sembra riempire con la sua aura l’intera cucina.
Un angelo, uno vero, se ne sta appollaiato su una sedia di legno sbocconcellata dalle tarme ed ingurgita alla stregua di un bambino una torta di panna e fragole, adagiata su un vassoio di plastica. Le sue ali, candide come la neve e ripiegate sulla schiena, sono così grandi che quasi sfiorano terra. All’apparenza sembrano morbide e soffici come zucchero filato e la tentazione di toccarle mi fa prudere le mani di impazienza. I corti capelli rossi come il sangue sono pieni di voluminosi boccoli che gli sfiorano il collo, mentre le iridi bianco latte si confondono con la sclera, tanto che solo la pupilla nera crea un distacco evidente e al contempo inquietante. È magro e minuto e la sua figura sembra ancora più esile a causa della leggera canottiera bianca che indossa, insieme ad un paio di pantaloni al ginocchio dello stesso colore. I suoi polsi e caviglie appaiono davvero fragili, talmente sottili da dare l’idea di potersi spezzare alla minima pressione, e i piedi scalzi sono poggiati saldamente sul bordo della sedia. 
Se ne sta lì rannicchiato a ingozzarsi di dolce, staccandone dei pezzi enormi direttamente con le mani. Ha la faccia impiastricciata di panna e parrebbe davvero un bambino, se non fosse per il suo aspetto da adolescente. Sembra uno dei quei cherubini raffigurati negli affreschi rinascimentali delle chiese, eccetto che per la tinta dei capelli e degli occhi. Se questi fossero rispettivamente biondi e azzurri, potrebbe benissimo dare l’impressione di essere appena uscito da uno di quei quadri. Ha davvero l’aspetto di una bambola, con la pelle di porcellana, le labbra piccole e rosee e il nasino all’insù. È una meraviglia.
Pieno di stupore, osservo questo spettacolo surreale e assolutamente improbabile: un angelo, in bilico su una sedia della cucina del nostro appartamento fiorentino, che divora una torta come se fosse un prelibato nettare divino.
“Ah, perdonami.” mi sussurra all’orecchio il maestro, distraendomi dalla contemplazione, “Si è avventato sulla torta che ti avevo comprato come regalo di risveglio. Cioè, a dire la verità non sapevo se ti saresti mai svegliato, solo che… beh, come una sorta di buon auspicio, ogni mattina andavo a comprarti una torta, così, ecco, per farti felice nel caso avessi riaperto gli occhi. Ma puntualmente, verso sera, dato che non ti svegliavi, lui non si è mai fatto problemi a ripulire la dispensa al posto tuo. Gliel’ho sempre lasciato fare perché mi dispiaceva buttare via una torta intera.”
Le mie torte… come ha osato?! La sorpresa viene soppiantata subito dal rancore e stringo i pugni per reprimere l’impulso di saltargli addosso e allontanarlo da ciò che resta del mio dolce, che Samael si è disturbato ad acquistare per me.
“No, ripeti: ha mangiato tutte le mie torte? E tu glielo hai permesso?”
“Non si spreca il cibo.”
“E anche adesso la sta divorando fregandosene bellamente di me?!”
“Ah.”
“Che ci fa qui un nemico?” sibilo minaccioso.
L’angelo non si è ancora degnato di salutarmi e questo fatto mi provoca un attacco di stizza che a stento riesco a tenere al guinzaglio.
“Erano millenni che non capitava, ma sembra che presto avremo un’altra recluta tra le nostre file. Dice di conoscerti e afferma che vuole far parte della nostra… ‘famiglia’. Sarebbe il primo Caduto dopo la Guerra.”
“Oh… in effetti, un angelo che mangia una torta in questo modo… sarebbe un peccato di gola, giusto?”
“Proprio così.”
“Però continuo a non capirci nulla. Chi è? Come si chiama? Quando se ne va? Non dovremmo ucciderlo? E poi: è maschio o femmina?”
“È asessuato. Se cadrà, acquisirà il genere a lui più congeniale.”
“Oh. Bello.”
Ma le altre domande vengono ignorate - non che mi aspettassi una risposta immediata - ed entrambi restiamo a studiare sconcertati lo spirito celeste dalla soglia della cucina. 
Dopo qualche minuto, dopo essersi rimpinzato a dovere e aver finito di spazzolare la torta con una foga sovrannaturale, si volta verso di noi e catalizza la sua attenzione su di me. Mi scruta e mi esamina così a fondo da farmi sentire nudo. Poi mi regala un sorriso entusiasta, compie un balzo felino e si lancia contro il sottoscritto, stritolandomi in un abbraccio soffocante.
“Ugh! Aiuto!” rantolo e cado all’indietro, atterrando col sedere sul pavimento.
“Deduco che gli piaci.” commenta Samael serio.
Evidentemente è indispettito e non approva tutto questo contatto. Ma perché non mi salva dall’assalto di questo polipo piumato?!
“E scollati!” esclamo rabbioso, divincolandomi come un’anguilla.
L’angelo obbedisce e si scosta, pur rimanendo accanto a me, accucciato sui talloni. Le sue ali sbattono appena e vibrano, mentre mi guarda con un sorrisone infantile.
“Che ha?” interrogo il maestro, ma lui alza le spalle.
“Credo sia eccitato. È felicissimo di vederti.”
“E perché?”
“Chiedilo a lui.”
Mi rivolgo all’angelo e lo squadro minaccioso: “Chi sei e cosa vuoi da me?”
In risposta, mi afferra per la nuca e mi stampa un bacio sulla bocca. Allora Samael fa un salto, lo scansa brutalmente da me e lo tira su per il bavero della canottiera, portandolo ad altezza occhi.
“Ti stai prendendo troppe libertà.” ringhia, le iridi che rifulgono come lava liquida.
Lo spirito celeste, per nulla spaventato, gli fa una linguaccia e gira il viso di lato.
“Tch! Ecco perché odio gli angeli: per loro il concetto di ‘proprietà’ non esiste.”
Scruto Samael, interdetto. Una vampata di calore si diffonde sul mio viso e celo un sorriso compiaciuto dietro la mano, colto da un piacevole solletico allo stomaco.
“Non lo toccare, capito?” lo ammonisce.
L’angelo gli regala una pernacchia e Samael fa scrocchiare il collo.
“D’accordo. Alastor, tu non lo conosci, vero?”
“Esatto.” confermo.
“Allora posso ammazzarlo. Con le sue piume ci faremo dei comodi cuscini.” ghigna e rinforza la presa sulla canottiera.
A quella minaccia, l’altro gli assesta un pugno sulla mandibola e lo fa schiantare contro il muro, liberandosi dalla prigionia. Schiudo le labbra in una muta esclamazione di sorpresa: non ho mai incontrato qualcuno capace di mettere al tappeto Samael con tale facilità. L’angelo comincia a svolazzare per il salotto, scatenando piccole correnti d’aria con il movimento ritmico delle ali, e si appallottola sul soffitto scrostato in un bozzolo rotondo fatto di piume. Da una fessura tra di esse indirizza smorfie e linguacce a Samael, il quale nel frattempo si è rialzato, più furente che mai. Non l’ho mai visto così imbestialito e mi fa paura.  Arretro fino al divano e mi riparo dietro lo schienale per tenermi lontano dal fuoco incrociato.
“Va bene, cervello di gallina.” il maestro si aggiusta la cravatta e ghigna di nuovo, “A noi due. È da un po’ che non mi sgranchisco le ossa.”
Il “cervello di gallina” gli fa un gestaccio con il dito medio e quella è l’ultima goccia che fa traboccare il vaso. Samael si scaglia contro di lui, ma l’angelo schiva l’attacco rifugiandosi dietro il tavolo di cucina. Il demone lo placca e gli lancia addosso una palla di fuoco, che l’altro riesce a deviare con il piatto di plastica della torta. Iniziano a rincorrersi per tutta la casa, mettendo a soqquadro l’arredamento. In poco tempo le pareti presentano chiazze nerastre là dove le palle di fuoco di Samael si sono abbattute senza centrare il bersaglio e piccoli incendi divampano sui mobili di legno e sulle tende. Il letto matrimoniale viene ribaltato dall’angelo per usarlo come barriera provvisoria, poi si spalma sul soffitto, striscia rapido in bagno e si rintana nella doccia chiudendo le ante opache di plexiglas. Samael lo insegue, fa per aprirle, ma l’avversario ne approfitta per balzare all'esterno e avvolgerlo dentro un asciugamano, agguantato con un movimento fulmineo dal panchetto alla destra della doccia. Posso udire il ringhio di Samael dalla mia postazione e rabbrividisco di terrore.
Trascorrono interminabili minuti, durante i quali i due nemici combattono a suon di calci, piatti, cuscini, mobili e palle di fuoco. Alla fine, rimangono entrambi in piedi in mezzo al salotto distrutto e bruciacchiato, in una situazione di stallo. Il maestro ha i capelli spettinati e il completo rovinato e sporco, mentre il pennuto ha solo qualche ciocca fuori posto e un taglio sui pantaloni. Ad un tratto, l’angelo si esibisce in una posa di Kung Fu, come se stesse cercando di provocare il demone, con tanto di esclamazioni senza senso, tipo “Uataaa!”, ma in realtà è solo ridicolo. Scoppio a ridere di gusto e la tensione si scioglie come neve al sole. 
L’angelo sorride e mi si butta addosso, abbracciandomi e riempiendomi di baci affettuosi sulla faccia. Sembra un cucciolo. Samael grugnisce e gli dà uno spintone, facendolo rotolare via.
“Brutto pollo!” gli urla contro inferocito e palesemente geloso.
A quel punto, realizzo che sarà una convivenza alquanto problematica. Confesso che sono un po’ in ansia. 
Il resto della notte trascorre senza incidenti degni di nota, eccetto qualche accesa colluttazione tra Samael e l’angelo, di cui ancora non conosco il nome, ma non mi interessa. 
L’alba mi sorprende stravaccato sul divano in contemplazione del soffitto, mentre il maestro aggeggia sul computer e lo spirito celeste mi sorride con aria ebete dal pavimento. Si è disteso accanto a me circa un’ora fa e non si è più mosso. Sembra quasi che stia imitando un cane da guardia.
Di lavoro non se ne parlerà per un po’, visto il pericolo che corriamo, perciò il problema a cui adesso devo far fronte è come passare il tempo nei momenti morti. Oddio, non che di solito sia così impegnato. Andras non si è fatto vivo. Mi domando dove sia e cosa stia facendo. Se ci fosse lui, magari avrei qualcuno con cui chiacchierare. L’angelo non emette suoni, se non squittii o mugugni, ma so che conosce il linguaggio degli uomini, dato che l’ho sentito insultare Samael poco fa. Non ho idea del perché non raccolga i miei tentativi di conversazione. Mi annoio.
“Sam, che dobbiamo farne di lui?” domando riferendomi all’angelo.
“Tu che vuoi farne?”
“Non lo so. Consigli?”
“Rimango dell’opinione che le sue piume sarebbero perfette per dei cuscini.”
“Eddai… comunque non può restare con noi, giusto? Attireremmo l’attenzione con un angelo appresso.”
Odo un lamento provenire dal basso, ma non mi serve voltarmi per immaginare che il pollo ha messo il broncio.
“Non possiamo fare altrimenti, Alastor. Ti ha seguito per anni senza farsi scoprire e continuerebbe a farlo anche se scappassimo dall’altra parte del mondo. Per lui la distanza non è un problema.”
“Possiamo fidarci?”
“No.”
“Uh. Perché?
“Ha ancora le ali. Vuol dire che non è ancora un Caduto.”
Vengo folgorato da tale rivelazione e mi congelo sul divano: “Cosa?!”
Il maestro interrompe il ticchettio delle dita sulla tastiera ed alza il capo per scrutarmi gelido e impassibile. Rabbrividisco all’istante e appuro che è ancora arrabbiato. Penso che lo sia in generale, per l’intera situazione in cui ci siamo cacciati, o almeno lo spero. Ho ribadito di non conoscere l’angelo e non è colpa mia se è apparso dal nulla. Se ha una fissazione per me, non riesco a comprenderne la ragione. Insomma, che c’entro io? Non è trascorso nemmeno un giorno da quando questo polipo piumato è entrato nelle nostre vite, che ha già rivoluzionato la nostra routine alla stregua di un terremoto. Tra lui e Samael non scorre buon sangue, ma posso capirlo: un demone e un angelo non potranno mai andare d’accordo, sono come l’Alfa e l’Omega, il diavolo e… l’acqua santa. Già, paragone più azzeccato non esiste. 
Samael depone il computer sul pavimento con un sospiro, si scrocchia le dita e in un attimo mi sale sopra, sdraiandosi sul mio corpo come se fossi un comodo materasso. Boh, forse sta marcando il territorio. Lo vedo scoccare occhiate in cagnesco all’angelo, come a sfidarlo. Diamine, non è mai stato così protettivo e geloso, ma non nego che mi fa un immenso piacere.
“Quando il pollo perderà le ali, potremo considerarlo dei nostri.” aggiunge in un mormorio, “Ma prima di allora non possiamo fidarci. Potrebbe essere una spia.”
“E Dio invierebbe uno dei suoi angeli nel covo di due demoni, mettendo a rischio la sua purezza?”
“Le vie del Signore sono infinite!” recita teatrale.
Mi sento a disagio sotto lo sguardo dell’angelo, come se mi stesse esaminando l’anima. Non smette di osservarmi per un attimo e quelle iridi bianche e inquietanti mi seguono con insistenza ovunque vada, senza perdersi neanche un minimo accenno di movimento o una smorfia. Ho quasi l’impressione che riesca addirittura a leggere i miei pensieri. Mi pare di essere diventato un animale in gabbia, come quelli che si vedono allo zoo, costretti a mostrarsi alla marea di visitatori per essere guardati e ispezionati dalla punta degli artigli a quella delle orecchie, con un atteggiamento al limite della maleducazione. Per fortuna Samael monitora la situazione costantemente, per prevenire attacchi a sorpresa contro la mia persona. 
“Sam.”
“Mh?” 
Strofina il naso sul mio collo e inspira il mio odore. I suoi capelli, una liscia cascata di tenebra, mi sfiorano le guance, serici e stranamente profumati. Li annuso, faccio mio il loro odore e cerco di catalogarlo: la nota di base è il classico odore di legna bruciata, ma è molto lieve. Il resto è… semplicemente “profumo di Samael”. 
“Promettimi che rimarrai sempre al mio fianco.”
Si tira su, quel poco da riuscire a guardarmi negli occhi.
“Lo prometto.” dice direttamente sulle mie labbra e poi mi bacia con dolcezza.
Sono così concentrato che non registro in tempo i movimenti dell’angelo: lo scorgo mentre si sporge verso di noi, allunga una mano, tira un orecchio al maestro e con una spinta sovrannaturale lo lancia verso la cucina. Assottiglio le palpebre trattenendomi dallo sbuffare e incrocio le braccia sul petto, irritato e al contempo arreso ad assistere all’ennesima lotta senza vincitori né vinti. L’appartamento non resisterà a lungo, di questo passo.










 

  
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