Serie TV > Violetta
Segui la storia  |       
Autore: Alice_Leonetta    20/04/2015    8 recensioni
Dal testo:
|| Violetta aprì la porta della sua stanza, seguita da Leon. Era da tanto che non trascorrevano del tempo insieme, e non vedeva l’ora di raccontargli tutto. La mora si sedette sul letto, mentre il ragazzo chiuse la porta, dietro di sè, per poi raggiungere la sua amica, sul letto. Si sdraiò accanto a lei, circondandola con le sue braccia e facendola accoccolare sul suo petto. Leon giocava con i capelli di Violetta, mentre lei guardava il braccialetto di stoffa che aveva al polso lui. Lo sfiorò con un dito, e sorrise. Poi guardò lo stesso, identico, bracciale che aveva anche lei. Non l’aveva affatto dimenticata. Sorrise, al ricordo del giorno che glielo regalò. Quanto tempo era trascorso, eppure.. ora erano lì. Insieme. Niente e nessuno li avrebbe più separati. Era una promessa.||
Ovviamente questa è solo una piccola trama, i capitoli saranno molto più lunghi. E’ una Leonetta, naturalmente. Se vi va, passate a dare un’occhiata, mi farebbe piacere. E se la storia vi piace, lasciate una recensione. Per tutti i chiarimenti, o domande, contattatemi in chat privata. Dedico la storia al gruppo di WhatsApp, che mi fa morire! Baci e alla prossima.
#Alice_Leonetta.
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Appena Leon fece il suo ingresso nel vialetto di casa sua, notò che qualcosa non andava. Una macchina molto famigliare era parcheggiata di fianco a quella di sua madre. Cosa ci faceva Gery a casa sua? Parcheggiò e scese dall’auto. Prese il mazzo di chiavi che aveva in tasca e aprì la porta di casa, chiudendola subito dopo. Si sfilò il giubbotto e lo appese all’appendiabiti, posando poi il mazzo di chiavi sul mobiletto lì accanto. Sentì un vociferare e delle risate femminili provenire dalla cucina, e si affrettò a raggiungerla. “Cosa ci fa tu qui?” domandò arrabbiato Leon non appena vide la sua amica Gery seduta su una sedia accanto al tavolo da pranzo, che rideva e scherzava con sua madre. “Finalmente sei tornato, Tesoro! Vi siete divertiti?” esclamò Clara aprendo il forno e sistemando meglio le patate sbucciate e tagliuzzate nella teglia. “Ti ho fatto una domanda. Cosa sei venuta a fare a casa mia?”. Gery si alzò lentamente senza mai distogliere lo sguardo dagli occhi del ragazzo “Volevo parlare con te. E’ possibile?”. “No” rispose schietto il messicano scuotendo leggermente la testa e incrociando le braccia al petto. “Non voglio parlare con te. Vattene”. “Leon!” esclamò Clara sgranando gli occhi e lanciando un’occhiataccia a suo figlio. “E’ importante” continuò la ragazza. “Ah si? Bhè anche la mia ragione di non volerti ascoltare è importante. Ti rendi conto di cos’hai fatto ieri?”. “Sì, ed è proprio di questo che ti volevo parlare...” rispose Gery annuendo “…Leon, mi dispiace moltissimo. Non volevo fare quel che ho fatto. Non ho pensato, ho agito impulsivamente. Ero accecata dalla gelosia”. Clara si pulì le mani su uno strofinaccio e disse: “Vado a vedere se tuo padre ha voglia di mangiare un po’ di carne”, e dopodiché uscì dalla stanza lasciando i due da soli. “Davvero… mi dispiace molto”. “Ascolta, Gery. Mi dispiace ma io non provo lo stesso per te. Lo sai che sono sempre stato innamorato di Violetta, e so che questo non cambierà mai. Mi dispiace”. La ragazza annuì abbassando la testa, gli occhi lucidi “Anche a me. E mi vorrei scusare anche con Violetta”. Leon annuì guardando le lacrime della ragazza “D’accordo. Grazie per esserti scusata, è molto importante per me”. “Un’ultima cosa. Voglio che tu sappia che sei molto importante per me, Leon. E vorrei davvero che rimanessimo amici”. Il messicano sorrise ed annuì “Certo. Mi farebbe piacere. Anche tu sei importante… è grazie a te se non sono più com’ero prima”. Gery scosse la testa e poggiò le mani sulle spalle del ragazzo “No. E’ grazie a te. Sei tu che sei cambiato, io non ho fatto nulla”. “Invece mi hai aiutato molto, e credo che non finirò mai di ringraziarti”. La ragazza esitò un momento, restò incantata dagli smeraldi verdi che erano davanti a lei “Forse un modo c’è. Ma vorrei tanto che non ti arrabbiassi” disse. Fu un attimo, si alzò in punta di piedi e fece combaciare le sue labbra con quelle di Leon. Durò solo un secondo, ma per Gery era davvero il paradiso. Amava Leon da tre anni ormai, e aveva aspettato quel momento per tutto quel tempo. Si staccò e corse via da lui, salendo nella sua macchina a tornandosene a casa. Leon rimase impassibile, era diventato una statua di marmo. Non riusciva a muoversi. Clara entrò di corsa nella stanza con un’espressione preoccupata in viso “Cos’è successo?” domandò guardando suo figlio immobile. Leon batté le palpebre e si sedette dove era prima seduta la sua amica; si passò una mano sulla faccia per poi fermarla tra i capelli. “Mi ha baciato” rispose semplicemente restando a guardare un punto indefinito davanti a sé. Clara per poco non svenne un’altra volta. Si dovette tenere al ripiano della cucina, e lentamente si mise a sedere anche lei. “Com’è possibile?”. “Semplice, mamma! Tu stessa hai detto che è sempre stata innamorata di me!” esclamò il messicano alzandosi di scatto e spaventando sua madre. Aveva gli occhi lucidi, e presto sarebbe scoppiato a piangere. Si stava interrogando su quando lo sarebbe venuto a sapere Violetta. Avrebbe sofferto tantissimo, e questo non lo poteva sopportare. Sapeva che Gery era innamorata di lui, ma non pensava che lo avrebbe baciato, di nuovo. Si passò entrambe la mani tra i capelli spettinandosi il ciuffo, quando sentì il cellulare squillare dentro la tasca. Lo afferrò e rispose senza neanche guardare chi fosse “Pronto!” esclamò arrabbiato. “Uhh. Qualcuno è arrabbiato” si sentì dall’altro capo de telefono “Scusa. Cose mie… Dimmi”. “Sicuro? Vuoi parlarne?”. “No, davvero. Cosa volevi dirmi?”. “Se ti andava di venire a cena da me”. “No, Diego. Scusa. Perché non vieni tu?” domandò Leon guardando sua madre e ricevendo un approvazione. Clara mimò anche il gesto di dormire e il ragazzo capì al volo “E mia madre chiede se vuoi rimanere anche a dormire”. “Leon…”. “Se non ti va non fa niente”. “No, va bene. Ci vediamo tra poco”. “Ok, a tra poco”. Il messicano richiuse la chiamata e si rinfilò il cellulare nella tasca “Ha accettato”. “Dormite in mansarda?”. Leon annuì per poi sedersi nuovamente e bere un po’ d’acqua “D’accordo, vado a preparare i letti”. Clara uscì nuovamente dalla cucina, mentre suo figlio ancora che rifletteva sul bacio. Come lo avrebbe detto a Violetta? Come avrebbe reagito lei? Si sarebbe arrabbiata? Forse no, ma avrebbe sofferto molto. Violetta era la persona più importante della sua vita, ma questo già lo sapete… lo avremo ripetuto milioni di volte. Ma è la verità… Leon ancora non sapeva come avesse fatto a rimanere, tutti quegli anni, senza di lei. Sentì nuovamente il cellulare squillare, lo prese dalla tasca asciugandosi le lacrime e schiarendosi la voce. “Pronto?”. Neanche questa volta guardò il nome sul display “Leon…”. “Oh…Vilu!” esclamò sistemandosi composto sulla sedia, e finendo di asciugare le ultime lacrime. “Tutto bene?” domandò la ragazza sentendo la voce spezzata del suo fidanzato. “Sì, sì. Tutto bene. Come mai questa domanda?”. “Ti ho sentito… strano”. “No, sarà una tua impressione. Come mai mi hai chiamato?”. Dall’altro capo del telefono si sentì un respiro profondo, e poi qualche tentativo di trattenere le lacrime. “Amore…” disse Leon preoccupandosi “…cosa succede?”. “Nulla, nulla. E’ so-olo… è solo che…” non riuscì a terminare la frase, scoppiò a piangere ed a Leon si fermò il cuore. “Bimba, cosa succede?” esclamò alzandosi di scatto dalla sedia e tenendosi al ripiano della cucina. Violetta tirò su con il naso “Cosa succede?”. “E-e-cco… la mamma st-a-a molto ma-a-ale, e il dottore ha-a-a detto che m-m-o-o-lto probabilmente n-n-non supererà… non supererà la n-not-t-t-e” e scoppiò di nuovo a piangere. Leon si bloccò di colpo, sedendosi nuovamente, con lo sguardo assente e la bocca semiaperta, Violetta che piangeva disperata dall’altra parte del telefono. Maria? Maria stava per morire? Non avrebbe superato la notte? Com’era possibile? Non poteva finire, doveva per forza esserci una soluzione. Ma non c’era… tutti lo speravano, ma non c’era. Non era possibile. Maria sarebbe morta… nel giro di qualche ora. La mattina successiva non sarebbe più stata con loro, sarebbe già morta. Batté qualche volta le palpebre, per riprendersi ed essere forte, per sé stesso, per i suoi genitori… per la sua Bimba. Doveva restare accanto a Violetta, non doveva assolutamente lasciarla sola. Sarebbe caduta in depressione, e se fosse successo non se lo sarebbe mai perdonato. Doveva restarle vicino, abbracciarla, confortarla, baciarla… stringerla forte tra le sue braccia la sera aspettando che si addormentasse e che per qualche ora smettesse di piangere. Perché lo sapeva, sapeva che avrebbe passato giorni e giorni a piangere, settimane… se non mesi. E lui l’avrebbe sempre aiutata… non gli passava neanche per l’anticamera del cervello, di lasciarla sola. Sempre, sempre, sempre con lei. Cercò di trattenere le lacrime, si sarebbe sfogato con Diego più tardi… “Vuoi che venga lì?” chiese il ragazzo. “No. No. Sto bene… devo solo evitare di restare sola”. “Appunto! Vengo da te”. “No, Leon… davvero. Mi ha chiamato Francesca e mi ha detto che deve venire Diego. Non vi voglio rovinare la serata. Sul serio”. Leon sorrise leggermente “Lo sai che ti amo?”. Anche dall’altra parte del telefono si sentì una piccola e leggera risata angelica “Sì, lo so. Anche io, troppo. Devo andare adesso, Olga dice che la cena è pronta”. “D’accordo, Amore mio. Se hai bisogno di me non esitare a chiamarmi, a qualsiasi ora. Anche nel cuore della notte… non ci sono problemi”. “Certo. Grazie, Leon. Ti amo”. “Anche io, Bimba. A domani”. Chiuse la chiamata e infilò il cellulare in tasca. Poggiò entrambi i gomiti sul ripiano della cucina e infossò il viso nei palmi delle mani, scoppiando a piangere. Maria. Maria. Maria. Maria. No. Per favore… lei no. Non Maria. Era la persona più dolce e buona del mondo… non lei. Clara sentì dei singhiozzi e corse in cucina da suo figlio, trovandolo a piangere. “Leon! Cos’è successo!” gridò precipitandosi ad abbracciarlo. Il ragazzo strinse sua madre forte a sé, come se tramite quell’abbraccio potesse trarre l’ossigeno necessario per respirare. “Ti voglio bene, mamma” sussurrò al suo orecchio. La donna trovò strano quella confessione da parte del figlio, ma sorrise e rispose “Anche io, Tesoro. Anche io”. Sciolsero l’abbraccio e si guardarono negli occhi “Cos’è successo?” domandò nuovamente “Mi ha chiamato Vilu…”. Il cuore di Clara accelerò automaticamente, doveva per forza essere successo qualcosa. “Molto probabilmente Maria non supererà la notte”. Clara si portò una mano alla bocca e fece cadere lo straccio che aveva in mano. Si sedette e continuò a fissare suo figlio, entrambi con gli occhi lucidi e la tanta voglia di piangere. Non voleva crederci. Maria non poteva morire, era la sua migliore amica da una vita… aveva bisogno di lei. Ricordava con piacere, ma anche con molta malinconia le lunghe chiacchierate che si facevano quando erano giovani, le passeggiate in riva al mare, le serate in discoteca, le notti passate insieme a parlare… le mancava troppo. Aveva bisogno della sua migliore amica. Ma purtroppo non poteva più riaverla, un maledetto tumore gliela stava portando via… non l’avrebbe più rivista. “Vuoi far venire Vilu a dormire qui?”. Leon scosse la testa abbassandola e guardando il parquet di legno della cucina “Ha detto che vuole rimanere a casa. Le ho detto anche che sarei potuto io andare da lei, ma ha preferito di no”. “Povera piccola, non riesco neanche ad immaginare come possa sentirsi”. “Già…”. “Va’ da lei. Penso io a Diego, sono sicura che capirà”. Il ragazzo scosse nuovamente la testa “No. Preferisco rispettare quello che vuole. Se preferisce stare sola, va bene. Vorrei anche io precipitarmi lì da lei, abbracciarla e coccolarla, stringerla forte, ma se preferisce di no… ok”. Clara sorrise e si alzò abbracciando nuovamente suo figlio, per poi andare a aprire la porta a Diego, che aveva appena suonato il campanello.
 
 
 “Allora… raccontami tutto. Come va con Federico?” domandò entusiasta Alvaro, sedendosi sul divano assieme a sua figlia. Il sorriso sulle labbra di Ludmilla scomparve, spostò lo sguardo sul pavimento mentre accavallava le gambe. “Ho detto qualcosa di male?” chiese l’uomo notando l’espressione di sua figlia. “No, no. E’ solo che…” stava per scoppiare a piangere “…io e… Federico ci siamo lasciati”. “CHE!”. Sulla faccia di Alvaro comparve un’espressione come a dire ‘Ora mi racconti tutto, e ti muovi anche’. “Cosa diavolo stai dicendo, Ludmilla!” esclamò ancora perplesso Alvaro. La bionda annuì, gli occhi lucidi e tristi. L’uomo le prese le mani, e le strinse forte tra le sue “Cos’è successo? Ti va di raccontarmelo?”. “Sì”. Ludmilla prese un bel respiro profondo, per poi iniziare a raccontare “Mamma, o meglio… tua moglie, per me non è più mia madre. Non ha mai, mai accettato la mia relazione con Federico. Diceva che era brutto, spregevole, che non era giusto per me. Mi costringeva, anzi, mi minacciava… se non lo lasciavo diceva che sarebbero accadute cose brutte. Inizialmente ho provato a mentirle, dicendole che lo avevo lasciato, ma non era vero. Quando qualche giorno fa, Fede mi ha accompagnata a casa, ha scoperto che le avevo detto una bugia, e si è arrabbiata come una bestia. Poi ieri…” si asciugò le lacrime, scoppiando poi in un pianto isterico gettandosi tra le braccia di suo padre “…ieri quando mi ha detto che saresti arrivato tu, ero così felice che sono corsa per le scale urlando ‘Devo subito dirlo a Federico!’. Penso che il suo sguardo non sia mai stato così minaccioso, aveva due occhi di fuoco. Mi ha rincorsa su per le scale, prendendomi per una gamba e facendomi rotolare fino a terra. Allora ho pensato che la cosa migliore sia di doverlo lasciare davvero, non volevo che gli facesse del male… in questo modo è al sicuro. Federico è la cosa più bella che mi sia capitata, anzi dovrei dire era. Lo amo, ma la miglior cosa è restare separati, non voglio esporlo a rischi”. Le lacrime ormai scendevano come fiumi, e il cuore le faceva male. Alvaro le prese il viso fra le mani e con i pollici le asciugò le lacrime “Tesoro, ascoltami. Ora tu chiami Federico e lo inviti a cena”. Ludmilla chiuse gli occhi e scosse velocemente la testa. “No. Tua moglie non vuole neanche sentir pronunciare quel nome, pensa se lo vedesse”. “Non mi interessa nulla di tua madre”. “TUA MOGLIE” . “Chiamalo”. Alvaro tolse le mani dal viso di sua figlia incoraggiandola con lo sguardo. “No. E’ una delle persone più preziose e importanti della mia vita… non voglio fargli del male”. “E non gliene farai, te lo prometto. Parlerò io con tua madre, cioè… mia moglie… e proverò a convincerla”. “Non ci riuscirai”. “Intanto tu chiamalo”. Ludmilla fece un respiro profondo tirando fuori dalla tasca il cellulare, componendo il numero di Federico e premendo poi l’icona verde. Uno. Due. Tre. Quattro squilli, e il suo cuore che accelerava sempre di più, le gambe che tremavano “Pronto?”. La voce di Federico rimbombò nelle orecchie e nel cuore di Ludmilla. La bionda restò per qualche secondo in silenzio, poi parlò. “Federico…” sussurrò con il cuore a mille e la voce che tremava “…ti disturbo?”. “Tu non mi disturbi mai”. “Ascolta, ti andrebbe di venire a cena… qui, da me? E’ arrivato mio padre, e… v-vorrebbe c-c-onoscerti”. Dall’altro capo del telefono si avvertì una piccola risata, “Certo. Mi farebbe molto piacere”. “D’accordo, a tra poco”. “Certo”. La bionda chiuse la chiamata e rinfilò il cellulare nella tasca, spostando lo sguardo su suo padre, gli occhi lucidi. “Non voglio che gli accada nulla di male” disse quasi piangendo, di nuovo. Alvaro sorrise ed aprì le braccia davanti a sé per accogliere sue figlia, la quale ci si gettò senza pensarci due volte. La strinse forte e le accarezzò il capo, per poi baciarle la fronte “Sta tranquilla, Tesoro… ti prometto che non gli accadrà nulla”. Ludmilla gli sorrise per poi sedersi sul divano, e vedere sua madre scendere dalle scale. “Che succede qui?” chiese Priscilla tranquilla. “Federico verrà a cena” rispose Alvaro anticipando la figlia che, colta alla sprovvista, sgranò gli occhi e si voltò di scatto verso il padre. Gli occhi di Priscilla si stavano infuocando, e la bocca si aprì per gridare: “CHE!”. Ludmilla si spaventò così tanto che fece un salto sul divano, abbassò la testa come per scusarsi di qualcosa. In realtà era sua madre a doversi scusare sia con lei, sia con Federico. Era impossibile separarli. “Qualche problema?” domandò l’uomo confuso, incrociando le braccia al petto. “QUEL RAGAZZO DEVE RESTARE FUORI DA QUESTA CASA!”. “E per quale ragione? Non posso conoscere il ragazzo di mia figlia?”. A quelle parole Ludmilla ebbe un brivido che le percorse tutta la schiena, mentre un piccolo e leggero sorriso si fece strada sulle sue labbra. “Ex ragazzo. Presumo che ti abbia già raccontato tutto” ribatté Priscilla anche lei con le braccia incrociate ed un sorriso trionfante. Ecco… il piccolo e leggero sorriso sulle labbra di Ludmilla… era scomparso. “Oh, sì. Sì, certo che mi ha raccontato… mi ha detto che non hai mai accettato la loro relazione, che fai finta di essere la ‘brava mammina’ ma che invece sei un diavolo. Mi ha raccontato che l’hai minacciata, e che l’hai buttata giù dalle scale”. “Quante frottole”. L’espressione di Ludmilla si trasformò da triste ad arrabbiata nera. Cos’aveva detto? Quelle erano tutte frottole? Si alzò di scatto dal divano, lo sguardo di fuoco. “Cosa? Cos’hai detto? Tutte frottole? Tutte frottole! E QUESTI LIVIDI! COME LI SPIEGHI!”. Alzò la manica della maglietta a maniche lunghe: attorno all’avambraccio un paio di lividi belli accentuati e accanto al gomito uno più piccolo. “E questi?”. Alzò anche l’altra manica, altri quatto lividi le cospargevano il braccio. “Vuoi che continui? Ne sono piena”. “Io non ti ho fatto assolutamente nulla, Ludmilla. Sei tu che sei caduta dalle scale?”. “Raccontala come vuoi, vedremo a chi darà ragione il giudice” intervenne Alvaro circondando la vita di sua figlia ed attirandola a sé. “Vedremo” disse infine passandogli accanto ed andando in cucina per preparare la cena. La ragazza si voltò verso suo padre, cercando speraza… e la trovò. Non appena incontrò il sorriso dell’uomo si rilassò. Ma come faceva a farla sentire così tranquilla? Qualche minuto dopo il campanello di casa Ferro suonò, Ludmilla ed Alvaro si guardarono, lui sorrideva, lei era preoccupata. Si alzò dal divano raggiungendo a grandi falcate la porta, e non appena la aprì la porta il sorriso di Federico la rallegrò immediatamente. Sorrise debolmente, per poi lasciarsi stringere fra le sue braccia e lasciarlo entrare. La bionda chiuse la porta, mentre il ragazzo raggiunse il divano per presentarsi all’uomo. “Finalmente ho il piacere di conoscerti, Federico!” esclamò entusiasta Alvaro. “Oh, il piacere è tutto mio. Dopo tanto tempo era ora di conoscerla”. “No, no, no. Dammi del ‘tu’”. L’italiano rise ed annuì, mentre Ludmilla si sedé ancora sul divano. I due la imitarono ed in quel momento Priscilla tornò in salotto con uno strofinaccio con il quale si puliva le mani “Ciao, Federico!” salutò la donna “Buonasera, Priscilla. Grazie per l’invito”. “Veramente è stata un’idea di mio marito, hanno escogitato tutto alle mie spalle” disse seguendo poi con una piccola risata, mentre Ludmilla ed Alvaro di guardarono. “Bhè, grazie comunque” ripeté il ragazzo battendo le mani “Di nulla. Andate a lavarvi le mani che è pronto”. Federico e Ludmilla corsero al piano di sopra senza spicciare parola, solo qualche sguardo provocante. Prima di scendere per la cena, Federico la prese per un braccio e la trascinò in camera sua. “Aspetta… che fai? Sei impazzito!”. Chiuse la porta e ci si parò davanti “Non posso continuare così”. “Federico… lo sai come stanno le cose” rispose la bionda seria, gli occhi lucidi “E allora per quale motivo mi avresti invitato a cena?” domandò accigliato “Lo ha voluto mio padre”. “Ah, quindi se non te lo avesse detto lui non mi avresti voluto?”. Qualche secondo di silenzio, solo due cuori che battevano veloci… l’uno per l’altro. “No, non credo” mentì. Federico buttò fuori l’aria dai polmoni e le si avvicinò di più, restando a pochi passi di distanza. “Non ci credo”. “Pensala come vuoi”. “E’ tua madre che non mi vuole… non tu”. Ci fu una breve pausa, nel quale accaddero tre cose: Ludmilla guardò in alto per evitare di piangere, Federico la prese per la vita attirandola a sé… e poi la baciò. Fu un bacio al quale Ludmilla rispose subito, circondando il collo di Federico con le sue braccia, e tirandogli leggermente i capelli, mentre lui faceva scorrere le sue mani dai fianchi, al viso, al seno e poi di nuovo ai fianchi della bionda. Si staccarono solo un attimo per riprendere fiato, poi entrambi si fiondarono nuovamente sulle labbra dell’altro come se tramite esse potessero trarre ossigeno. “Dimmi che non mi ami più. Dimmelo e scomparirò per sempre dalla tua vita”. “Lo sai che non posso farlo”. “E allora perché non mi vuoi accanto a te”. “Te l’ho detto. Mia madre può essere molto pericolosa…” rispose allontanandosi di poco e tirando su le maniche della maglietta e vide l’espressione stupita del ragazzo “…e non voglio che ti faccia del male”. “Te li ha-a fatti lei?” domandò più preoccupato che stupito. La bionda annuì abbassando le maniche. L’espressione sul viso di Federico era tra l’arrabbiato e il preoccupato. “Ascolta…” disse riprendendola per i fianchi, facendo scontrare i loro petti “…te l’ho detto e te lo ripeto. Non mi interessa”. “Ma…”. “No, niente ma. Niente e nessuno mi allontanerà da te”. “Sei la persona più importante della mia vita, non posso pensare che ti sia fatto del male”. Federico sorrise dolcemente e prese il viso della bionda fra le sue mani “E nessuno me ne farà. Promesso”. La ragazza ricambiò il sorriso, lasciando poi un ultimo bacio a fior di labbra, sulla bocca del suo ragazzo.
 
 
 “E ricordatevi di fare i vocalizzi. Per il rientro dalle vacanze vorrei che componeste dei brani a coppie, scegliete voi con chi… va bene? E’ tutto. Buone vacanze, e buon Natale!”. “Buon Natale, Pablo” rispose la classe. Giovedì 18 Dicembre. Durante la terza ora Pablo aveva sostituito Gregorio, che era andato a trovare Angie in ospedale. Violetta e Leon si alzarono dal loro banco, per poi raggiungere i loro amici fuori nel corridoio. “Ancora non ti ho chiesto com’è andata la serata con Diego”. “Oh, alla grande! Ci siamo divertiti molto” rispose Leon riposando i libri dentro lo zaino “Anche se avrei preferito essere con te” si bloccò guardandola negli occhi tristi “Come stai?”. “Bene. Questa mattina la mamma stava meglio, la frequenza dei battiti del polso è tornata normale e il dottore dice addirittura che potrebbe risvegliarsi…” rispose lei con il viso pieno di lacrime, facendo un risolino. Leon alzò la testa di scatto e sgranò gli occhi “…anche se io non ci credo. I medici di Madrid sono molto più bravi di questi, e non penso che possa esserci un miglioramento”. Il ragazzo le prese le mani e le strinse forte nelle sue “Perché no? Tutto è possibile”. Violetta scosse la testa e la abbassò “Me lo sento, sta per accadere” rispose scoppiando poi in lacrime. Il ragazzo la circondò con le sue braccia possenti baciandole il capo. Non le disse nulla, non sapeva cosa dire. Anche lui se lo sentiva… Maria stava per morire. Lo sapeva, stava per lasciarli per sempre. “Tranquilla, ti starò vicino”. “Lo so”. Lui le prese il viso fra le mani e le sorrise baciandola. Erano così morbide le labbra di Violetta, così soffici che sarebbe potuto restarci attaccato per sempre. Ogni suo bacio, era come aprire per la prima volta le porte del paradiso. “Andiamo” disse Leon sorridendole ancora e prendendola per mano, raggiungendo i loro amici accanto alle macchinette. “E cosa vorresti insinuare? Che non so comporre una canzone?” esclamò Francesca fulminando con lo sguardo il suo ragazzo “No, Amore… dico solo che potremmo dividerci i compiti. Io scrivo il testo, e tu la base”. “E questo perché? Perché non sono capace a scrivere un testo, vero!”. “Allora io faccio la base e tu il testo?”. “Oh, bene! A quanto pare non so neanche comporre una base!”. Tutto il gruppo scoppiò a ridere, compresi Leon e Violetta che erano appena arrivati e che avevano sentito solo una parte del discorso, o meglio, della litigata di Francesca e Diego. “Fran, non ti sta criticando, sta solo dividendo i compiti” spiegò Camilla ancora che rideva “Ti ci metti anche tu!”. La rossa alzò le mani ancora con un sorriso sulle labbra. “Lasciamo stare” disse Diego, essendo stato contagiato dalle risa degli amici. L’italiana si voltò di scatto verso il suo ragazzo e lo polverizzò con lo sguardo “NON LASCIAMO STARE PER NIENTE!”. Partì un’altra risata, e così continuò per qualche manciata di minuti. “Vilu… come sta tua madre?” chiese improvvisamente Francesca facendo diventar serio tutto il gruppo, che si voltò verso Violetta. “Sai… Diego mi ha detto che…” si interruppe ricevendo una gomitata dallo spagnolo, che ha sua volta aveva ricevuto un’occhiataccia da Leon. “Oh, certo. Bhè… è stabile. Questa mattina stava meglio, e il dottore dice che potrebbe migliorare… ma io non ci credo”. “Però potrebbe esserci questa possibilità” intervenne schietta Ludmilla preoccupata come gli altri. Violetta alzò le spalle “Non so”. “Qualunque cosa accada sappi che io ci sono, Vilu…” disse Camilla poggiandole una mano sulla spalla “…tutti noi ci siamo” si corresse guardando il gruppo. La ragazza sorrise, gli occhi lucidi. A tutti sarebbe mancata Maria, ma se c’era anche una piccola possibilità che si risvegliasse, bhè… avrebbero sperato fino alla fine. “Grazie, ragazzi”. “Lo sai che le vogliamo molto bene” disse Federico sorridendo “Già. E’ stata una seconda madre per tutti noi” aggiunse Brodway. “Sì, me lo ricordo bene” rispose la Castillo con le lacrime che le rigavano il viso. “Vi ricordate tutti quei pomeriggi in piscina?” esclamò Francesca anche lei con gli occhi lucidi, sorridendo al gruppo “Come dimenticarli, Fran!”. “Le torte che ci preparava!” disse Andres “Mamma mia! Quelle erano il top!”, Federico era sempre il solito. “Ma vi ricordate quando abbiamo fatto quel piccolo concerto a casa di Vilu? Mi ricordo perfettamente che Maria, alla fine ci aveva premiato tutti con delle piccole medagliette” ricordò Ludmilla. “Io quella ce l’ho ancora!” rispose Camilla alzando la mano. Tutti avevano le lacrime agli occhi, chi per la gioia nel ricordare quei tempi, chi per la gioia e il dolore per stare per perdere Maria, e chi, come Violetta, per la felicità nell’avere amici come quelli che aveva.
La campanella dell’ultima ora suonò, i ragazzi erano più stanchi del solito. A sostituire Angie all’ultima ora c’era Beto… DUE ORE DI LATINO! E chi le sopportava! Fortunatamente il giorno dopo sarebbe stato l’ultimo prima delle vacanze di Natale… e sarebbe stato anche il compleanno di Leon. Violetta aveva chiesto alle ragazze se nel pomeriggio la potessero accompagnare in centro per prendergli un bel regalo, e loro ovviamente avevano accettato. Ludmilla non si sarebbe mai fatta scappare un’occasione per fare shopping, e poi sarebbe stato un momento perfetto per passare un pomeriggio tra amiche. Avevano invitato anche Bel… e Gery. Isabel aveva accettato molto volentieri, ma Gery aveva altro da fare. “Allora alle 4.30 passi da me, eh Fran” disse Violetta puntandole un dito contro per ricordarglielo, prima di salire in macchina “Sì, Vilu! Me lo ricordo! Vengo alle 4.30 e poi passiamo a prendere le altre!”. “D’accordo, a più tardi”. Si salutarono, ed ognuno partì. Leon –come sempre- accompagnò Violetta, era il momento ideale per raccontarle del bacio di Gery. Doveva farlo, sentiva un peso sullo stomaco. E poi se lo avrebbe scoperto da sola sarebbe stata ancora più delusa. “Certo che due ore di latino ti stracciano!” esclamò lei, facendolo scoppiare a ridere. “Già”. “Lo sai che ti sei dimenticato lo spazzolino, l’altra sera?”. “Ecco perché non lo trovavo più!”. “E non ti sei fatto nessuna domanda che lo avresti potuto lasciare da me?” domandò Violetta stupita, alzando le sopracciglia. Leon fece finta di pensarci un po’, poi storse la bocca e rispose di no. La ragazza scosse la testa e sorrise guardando la strada davanti a loro. “Io ho già qualche idea per la canzone di Pablo, se ti va sabato pomeriggio possiamo iniziare a fare il compito”. “E chi te l’ha detto che voglio farlo con te?” chiese sorridente spostando lo sguardo dalla sua ragazza alla strada. Violetta alzò un sopracciglio e incrociò le braccia al petto, accavallando le gambe “E con chi scusa? Con ‘Gery’?” chiese facendo il segno delle virgolette. Leon scoppiò in una fragorosa risata contagiando anche la sua ragazza “Bhè, in realtà non canta mica male”. La mora lo fulminò con lo sguardo “Scherzo, scherzo”. “Bravo, Bimbo”. “Ehi! Solo io ti posso chiamare Bimba!”. Violetta alzò le mani in segno di scuse “Senti… ti devo dire una cosa”. La ragazza notò lo sguardo e il tono serio di Leon e si preoccupò “Qualche problema?”. “No, però lasciami finire” fece un respiro profondo e ricominciò “Quando sono tornato a casa, ieri pomeriggio, ho trovato Gery. Le ho chiesto cosa voleva e mi ha detto che voleva scusarsi sia con me che con te”. Si interruppe voltandosi verso la ragazza, un’espressione neutra “L’ho ringraziata, e poi abbiamo iniziato a parlare di varie cose… e alla fine…”. “…ti ha baciato” lo bloccò lei, finendo la frase al suo posto. Nel frattempo erano arrivati a casa Castillo e Leon aveva spento il motore “Come lo sai?”. “Me lo ha detto oggi quando tu e Federico eravate andati in aula magna”. “So che sei arrabbiata”. “Invece no”. Il messicano si accigliò “Per quale motivo?”. “Non l’hai baciata tu, non ne hai colpa. O sbaglio?”. Leon sorrise, quanto la amava? Come faceva a fidarsi così di lui? Certo, non c’era mica da dubitare, però… Le si avvicino prendendole il viso tra le mani, e dolcemente la baciò lasciandole un piccolo morsetto sul labbro inferiore. Violetta rispose al sorriso ed aprì la portiera dell’auto, seguita dal messicano. “Ma la prossima volta vorrei che fosti tu a dirmelo”. “Ma non ci sarà una prossima volta”. “Giusto”. Violetta infilò la mano dentro la tasca dei jeans ed estrasse la chiave di casa, la inserì nella serratura ed aprì la porta. Non appena guardò dritto davanti a sé, il mondo le crollò addosso, il sorriso scomparve, le gambe iniziarono a tremare e il cuore ad accelerare. German, Roberto, Alejandro, Olga e Clara erano seduti sui due divani bianchi in pelle, tutti con le lacrime che scorrevano sul viso. Non c’era molto da chiedere, era tutto chiaro. Era accaduto, quella mattina… proprio come aveva detto Violetta. Maria era morta.
 
 
ANGOLO AUTRICE:
Buonsalve! Lo so, lo so. Vi avevo promesso che il capitolo sarebbe arrivato presto, ma anche io ho avuto i miei imprevisti… ed ora sono davvero di corsa, quindi non potrò riassumere il capitolo. Vi dico solo una cosa: ve lo avevo detto che il 13 porta male. Non ve la prendete, ma l’ho dovuto far accadere. So che il capitolo riceverà molte recensioni negative, a causa di questa perdita… ma le accetterò. Ora scappo! Recensite, mi raccomando. Bacioni e alla prossima!
  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Violetta / Vai alla pagina dell'autore: Alice_Leonetta