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Autore: xX__Eli_Sev__Xx    20/04/2015    1 recensioni
Incredibile quanto la guerra e la perdita possano sconvolgere la vita delle persone.
Ellie Nightshade e Henry Faircross lo sanno bene.
Nella prima guerra contro Valentine entrambi hanno perso tutto: la propria famiglia, la propria casa, le proprie certezze...
Quando Magnus Bane li porta via da Idris diretto all'Istituto di New York, sono ben consci che l'unica cosa su cui potranno fare affidamento sono loro stessi.
Per questo decidono di diventare Parabatai.
Perché avere un Parabatai vuol dire proteggersi a vicenda, amarsi incondizionatamente, essere amici, fratelli ed essere pronti a sacrificare tutto per la felicità dell'altro: essere una famiglia.
Quando la guerra mortale minaccerà di distruggere ogni cosa ancora una volta, i Cacciatori dell'Istituto di New York si ritroveranno a combattere non solo contro i Demoni evocati da Valentine e Sebastian - intenzionati a creare una nuova stirpe di Shadowhunters - ma anche contro quelli che si annidano nelle loro anime e dovranno essere pronti a perdere tutto pur di proteggere coloro che amano.
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Love Turns to Ashes

XVII
Dimenticare

 
 Dopo aver camminato per più di un’ora, arriviamo al limitare della foresta.
 Le luci della città sono pallide all’orizzonte.
 Sento il mio cuore accelerare.
 Stiamo per arrivare ad Alicante. La casa dei Nephilim. La mia casa.
 Magnus ci dice di seguire il sentiero, che è l’unico modo per arrivare in città.
 - Tu non vieni? -  chiedo voltandomi verso di lui, anche se faccio fatica a mettere a fuoco la sua figura.
 Lui scuote il capo e i suoi occhi da gatto brillano nell’oscurità della notte  - Devo prima fare una cosa. -  afferma. Annuisco e lui mi scocca un bacio sulla guancia.  - Ci vediamo. -
 - Fai attenzione. -  mi raccomando e lui mi sorride  - Grazie. -  aggiungo.
 Lui solleva una mano e sparisce nell’oscurità della notte.
 - Bene. -  esordisce Henry facendoci trasalire.  - Andiamo? -
 Io e Tom annuiamo e riprendiamo il cammino.
 
 - Per l’Angelo! -  esclama Henry  - Ma quanto ci vuole? -  chiede  - Non ricordavo che il tragitto fosse così lungo. -  siamo distrutti, camminare così a lungo è faticoso, soprattutto di notte, dato che non vediamo nulla di ciò che ci circonda.
 Tom scuote il capo  - Avrebbe potuto farci comparire un po’ più vicini. -  si lamenta ansimando.
 - Ehi. -  li rimprovero entrambi  - Ha fatto il possibile. -  spiego  - È già tanto che abbia deciso di aiutare dei Nephilim. -  Magnus non prova simpatia per noi Cacciatori. Mi vuole bene, certo, e anche ad Alec, ma per il resto… non siamo tra le creature che più adora a questo mondo.
 Henry sospira.  - Lo ha fatto per te. -  fa notare  - Se glielo avesse chiesto qualcun altro, non avrebbe sicuramente accettato. -
 Sorrido e arrossisco, certa che nell’oscurità della notte non potranno vedermi.  - A parte Alec. -  aggiungo, per lui farebbe qualsiasi cosa.
 - Già. -  concorda Tom  - Sono una bella coppia. -  aggiunge qualche secondo dopo.
 Stringo più forte la sua mano, sapendo che tutti devono ancora abituarsi all’idea di una relazione tra i due. Ma hanno fatto un grande sforzo, a parte lo shock iniziale. Non accade tutti i giorni che un Cacciatore e un Nascosto escano insieme, non è una cosa brutta, anzi, ma i Cacciatori vecchio stampo non la vedono di buon occhio.
 La strada sterrata si interrompe per lasciare il posto ad un ciottolato. Ci fermiamo per un momento perché ci sembra impossibile di essere quasi arrivati.
 Acceleriamo il passo e quando le prime case cominciano a comparire sospiriamo di sollievo. Siamo arrivati. Non ci posso credere.
 Il buio ha accolto ogni cosa, e a parte la luna e le stelle non c’è nient’altro a illuminarci la strada. Ormai saranno le dieci o le undici passate.
 Siamo tutti stanchi e abbiamo bisogno di riposare e quando finalmente i nostri piedi incontrano il terreno regolare e piastrellato della piazza, non possiamo che sospirare di felicità.
 Due schiere di case si stagliano alla nostra sinistra e alla nostra destra. Le torce di Stregaluce illuminano debolmente la strada, rendendo più facile avanzare senza farsi del male inciampando.
 Stringo ancora la mano di Tom, che sembra incantato come noi da questo spettacolare paesaggio.
 - È proprio come me la ricordavo. -  mi lascio sfuggire.
 - Già. È solo più buio. -  fa notare Henry e io non posso fare a meno di sorridere.  - Allora… dove passeremo la notte? -  chiede Henry.
 - Non lo so. -  affermo  - Dove sono Alec, Izzy e Jace? -  non ci avevo pensato prima di partire. Non sappiamo dove sono e chi li ha ospitati, altrimenti avremmo potuto raggiungerli.
 Lui scrolla le spalle.  - Non ne ho idea. -  afferma  - Domani dovremo cercarli. -
 - Non c’è qualcuno che conoscete che possa ospitarci? -  interviene Tom.
 Io e Henry riflettiamo, ma è parecchio tempo che non veniamo ad Alicante. Non conosciamo nessuno e nemmeno sappiamo se qualche conoscente dei nostri genitori sarebbe disposto ad ospitarci anche solo per una notte.
 - Che facciamo? -  chiede Henry alla fine.
 Increspo le labbra come se potesse aiutarmi a riflettere meglio. Casa mia non si può usare: è semidistrutta ed è troppo lontana da qui.
 Poi ho un lampo.
 - E se andassimo a casa tua, Henry? -  propongo.
 Lui aggrotta le sopracciglia ed esita.
 So che risveglierà brutti ricordi, ma non abbiamo dove andare. È un’emergenza. A meno che preferisca dormire per strada.
 - Non è lontana da qui e ha varie stanze. -  faccio notare.
 - Va bene. -  conclude  - Seguitemi. -
 
 La porta della casa di Henry si apre con uno scatto.
 Incredibile, c’era ancora la chiave di scorta sotto lo zerbino.
 L’ingresso non è molto ampio, davanti a noi c’è la rampa di scale che conduce al piano superiore, alla nostra sinistra il salotto e a destra la piccola cucina.
 - Prego. -  Henry ci fa cenno di entrare e io varco la soglia seguita da Tom.
 - Bella casa. -  si congratula il mio ragazzo guardandosi intorno.
 Il mio parabatai ringrazia con un cenno del capo e dice che ci mostrerà le camere in cui potremo riposare.
 Saliamo le scale e raggiungiamo il piano superiore.
 Le camere sono disposte le une accanto alle altre, tranne il bagno che è in fondo al corridoio.  Le pareti sono sobrie, dipinte di bianco anche se ormai il colore è stato sostituito dalla muffa e dai segni che l’umidità ha lasciato nel corso degli anni.
 Ricordo ogni particolare di questo posto. Quand’ero bambina passavo più tempo qui che a casa mia. Henry era il mio migliore amico, prima di essere il mio parabatai e i suoi genitori erano anche i miei in fin dei conti.
 - Io prendo la stanza dei miei. -  annuncia Henry  - Il letto è molto scomodo. -  
 Annuisco. Mi ricordo che non ci si poteva saltare sopra per quanto era duro.
 - Tom, puoi usare la mia stanza. -  dice e poi indica la porta  - Seconda porta. -  
 Tom annuisce  - Grazie, Henry. -
 Il mio amico si volta verso di me e indica l’ultima porta.  - Ellie, puoi usare la stanza di Abbie. -  conclude.
 Annuisco e lo ringrazio.
 Dopo essere andata in bagno a cambiarmi entro nella stanza della sorella di Henry e mi sdraio sul letto.
 Mi ricordo bene Abbie. È morta con i suoi genitori nel corso della prima guerra contro Valentine. Un demone li massacrò in una notte d’inverno. Non so se lo avesse mandato Valentine, o se fosse arrivato da solo, ma le difese di Alicante erano cadute ed è riuscito a raggiungere la città.
 Fu proprio Abbie a nascondere Henry prima che il demone lo trovasse e uccidesse anche lui.
Lo ricordo perché la notte seguente fu la volta dei miei genitori e io, pur non avendo una sorella, riuscii a nascondermi. Sentii le urla, i colpi dei fendenti, gli artigli e i sibili del demone… udii ogni cosa. Ma non feci nulla. Era impaurita e troppo piccola per fronteggiare un demone. Quando uscii dal mio nascondiglio vide i cadaveri dei miei genitori e rimasi loro accanto fino a che Magnus non venne a portarmi via. È l’ultima immagine che ho della mia famiglia e…
 Basta, devo smettere di pensarci.
 Adesso devo riposare.
 
 Mi sveglio un’ora prima dell’alba. I raggi del sole che penetrano dagli spiragli della finestra chiusa mi accarezzano il viso e io socchiudo gli occhi per abituarmi alla luce.
 Sbadiglio, mi stropiccio gli occhi e decido di alzarmi.
 Rimango per un momento seduta sul bordo del letto ad osservare la porta, poi mi alzo, mi sistemo i capelli con la mano e dopo essermi guardata allo specchio e aver visto che sono presentabile, mi avvio verso le scale.
 Le scendo lentamente ed entro un cucina.
 Henry è già seduto al tavolo; è pallido e sembra perso nei suoi pensieri. Immobile come una statua greca. Non osso fare ameno di notare che ha anche le fattezze di una statua: zigomi perfetti, pelle pallida, occhi penetranti e magnetici, capelli lisci e soffici…
 Mi avvicino e gli poggio una mano sulla spalla. - Henry? - lo chiamo.
 Lui si desta e voltandosi mi sorride.  - Ciao. -
 - Stai bene? -  domando dolcemente, mi sembra diverso.
 Lui annuisce, ma io non sono molto sicura che mi abbia detto la verità.
 - Sicuro? -  chiedo ancora chinandomi per osservarlo meglio.
 Annuisce ancora.  - Sì, stai tranquilla, Lea. -  mi rassicura sfoggiando uno dei sui migliori sorrisi.
 Sorrido a mia volta al pensiero che con quel sorriso convincerebbe chiunque. È sempre stato persuasivo e bellissimo. Di una bellezza spigolosa, ma non fastidiosa, di cui non ci si stanca. A tratti delicata, ma anche piena di vitalità.
 I suoi occhi sembrano illuminarsi e sento che anche le mie labbra si sono increspate a formare un sorriso.
 Decido di credergli. Decido di credere, almeno per ora e fino a prova contraria, che va tutto bene. Gli accarezzo una guancia con la mano e mi metto a cavalcioni sulle sue ginocchia in modo che i nostri occhi siano alla stessa altezza. Il nero della sue iridi e il grigio-azzurro delle mie quasi si fondono e i nostri sguardi si incatenano. Sento le sue mani percorrermi i fianchi e una scossa elettrica attraversarmi la colonna vertebrale.
 Gli circondo il volto con le mani e lo sento sospirare.
 - Ti avevo promesso che ci saremo tornati. -  mi sussurra.
 Io sospiro.  - Speravo che non fosse per una guerra. -
 Lui sorride.  - Tutte le guerre finiscono, prima o poi. -
 Annuisco. Forse ha ragione.  Spero solo che questa guerra non finisca con la morte di coloro a cui voglio bene. Non lo sopporterei. Ho già troppi brutti ricordi legati a questo posto.
 - Quando sarà finita andremo a fare una bella passeggiata nella foresta di Brocelind e a raccogliere i fiori come quando eravamo bambini. -  mi promette.
 Rido.  - Te lo ricordi. -  faccio notare.
 - Mi ricordo che mi facevi una coroncina di fiori praticamente ogni giorno. -
 Ridiamo insieme.
 - Be’, ti stavano bene. -  affermo  - Non dicevi di voler essere il re della foresta? -  mi ricordo che me lo ripeteva in continuazione.
 - Già. -  conferma  - E volevo che tu fossi la mia regina. -  aggiunge in un sussurro.
 Mi sfiora la guancia con i polpastrelli e io sento il sangue affluire al viso. Il cuore mi pulsa violentemente nel petto premendo contro la cassa toracica e l’eco del battito rimbomba nelle mie orecchie.
 Henry poggia la sua fronte alla mia e tenendomi stretta per i fianchi avvicina i nostri corpi.
 Per un momento mi manca il respiro.
 Perché ho l’impressione che tutto questo sia sbagliato?
 Non sta succedendo nulla in fondo.
 Henry è sempre stato un fratello per me.
 Eppure, non so perché, ho l’impressione che qualcosa sia cambiato, che il suo rapporto con me sia diverso. Sarà per gli screzi che abbiamo avuto ultimamente, ma sento che c’è qualcosa di insolito.
 - Henry… -  sussurro senza fiato e con il cuore in gola. Non so cosa sta succedendo, ma di una cosa sono certa: dobbiamo fermarci.
 Devo allontanarmi da lui.
 - Ellie, devo dirti… -  comincia.
 Sto per interromperlo dicendogli di non dire nulla, ma qualcun altro lo fa al posto mio.
 - Buongiorno. -  ci saluta Tom entrando in cucina.
 Io e Henry ci scostiamo immediatamente, ma io rimango seduta sulle sue ginocchia.
 - Ciao, Tom. -  lo saluto con un gran sorriso e pregando che il rossore sulle mie guance sia scomparso.
 Poi mi alzo e lo raggiungo per scoccargli un bacio sulle labbra, che lui ricambia accarezzandole con le sue e poggiandomi una mano sulla schiena.
 Henry si schiarisce la voce dietro di noi e io e Tom ci voltiamo per osservarlo.  - Andiamo a cercare i Lightwood? -
 Annuisco.  - Buona idea. -  affermo e dopo aver chiuso a chiave la porta ci avviamo verso la piazza.
 
 Dopo aver vagato per ore in cerca della casa dove alloggiano i nostri amici, decidiamo di chiedere ad un passante. Sulla piazza, vicino alla via che porta al sentiero per raggiungere la foresta, vedo due persone. Sono un uomo e una donna. Lui non indossa abiti da Cacciatore o tipici di questo posto, ma lei sembra di Alicante, perciò mi avvicino.
 - Mi scusi! -  dico e quando lui si volta, dato che era di spalle, mi blocco  - Luke? -  esclamo.
 È il capo del clan dei Lupi Mannari di New York o i miei occhi mi stanno ingannando?
 - Ellie? -  esclama a sua volta, stupito di vedermi lì  - Cosa fai qui? Non eri rimasta all’Istituto? -
 - Sì, ma ho saputo che Clary era venuta qui insieme a te e io, Henry e Tom vi abbiamo seguiti. -  spiego.
 - Ma… come avete fatto? -  domanda perplesso.
 - Magnus ci ha trasportati con un portale nella foresta di Brocelind. -  spiego.
 Lui annuisce.
 - Abbiamo passato la notte nella vecchia casa di Henry. -  aggiungo.
 Lui si volta verso la donna e le indica me e i miei amici, che intanto si sono avvicinati.  - Ragazzi, lei è Amatis, mia sorella. -  dice  - Amatis, loro sono Ellie Nightshade, Henry Faircross e Tom Greenstorm, alcuni dei Cacciatori dell’Istituto di New York. -
 La donna annuisce.  - Piacere di conoscervi. -
 Sorrido.  - Piacere nostro, Amatis. -  poi noto che sugli avambracci ha i marchi. Com’è possibile che sia una Cacciatrice se Luke è un Nascosto? Allontano quel pensiero, abbiamo altre priorità.
 Mi volto verso di lui  - Luke, dov’è Clary? -  chiedo.
 Lui indica la strada.  - Stava andando da Jace e dai Lightwood. -
 Quindi sa dove sono. Fantastico.  - Sai dove stanno? -
 Lui annuisce  - Dai Penhallow. -  risponde.
 - Grazie. -  dico e gli rivolgo un sorriso  - Rimarrai qui a Alicante? -
 Annuisce ancora.  - Sì. Non posso lasciare Clary da sola. -
 - Allora credo che ci vedremo spesso. -  affermo, poi mi rivolgo alla sorella  - Piacere di averti conosciuta, Amatis. -  lei sorride  - A presto. -
 Mi volto verso Henry e Tom e ci avviamo verso la casa dei Penhallow.
 
 - I Penhallow abitano qui ad Alicante? -  domanda Tom mentre saliamo le scale della piccola villa dipinta di azzurro e suoniamo alla porta.
 - Sì. -  risponde Henry  - Anche se vengono spesso all’Istituto. -
 La porta si apre con uno scatto e ci troviamo davanti a Isabelle.
 - Ragazzi? -  esclama stupita.
 - Ciao, Izzy. -  la salutiamo in coro.
 - Ma non dovevate rimanere a New York? -  chiede.
 Dato che nessuno sembra voler dare spiegazioni, lo faccio io  - Dato che abbiamo saputo che Clary è venuta qui, l’abbiamo seguita. Vogliamo renderci utili. -
 Lei annuisce e sospira  - Già. Vedere Clary è stata una sorpresa. -
 - Ehm -  sento dire da Henry alle mie spalle  - Pensi di farci entrare o ci dobbiamo accampare sulla soglia? -
 - Venite. -  ci invita e si scosta per permetterci di entrare nel piccolo atrio.
 Come la casa di Henry, anche questa non è molto ampia, ma i muri dipinti di verde acqua e i mobili di legno chiaro la rendono accogliente e piacevole.
 Raggiungiamo il salotto dove, sul divano stanno seduti Alec e un altro ragazzo dai capelli neri.
 - Alec. -  lo chiama la sorella  - Guarda chi c’è. -
 Lui si volta e sul suo viso si dipinge un sorriso.  - Ellie! -  esclama.
 - Ciao, Alec. -  lo saluto e quando mi viene incontro lo abbraccio forte cingendogli le spalle.
 - Sono felice di rivederti. -  mi sussurra all’orecchio.
 Io sorrido e quando ci separiamo si rivolge a Henry e Tom.  - Come va, ragazzi? -
 Loro sorridono e rispondono  - Bene. -
 - Ragazzi, questo è Sebastian Verlac, il cugino di Aline. -  dice Isabelle indicando l’altro ragazzo, che intanto si è alzato e si è avvicinato.
 - È un piacere conoscervi. -  dice stringendo la mano a tutti.
 Dopo esserci presentati, ci sediamo sui divani appena in tempo per veder entrare Aline.
 Quando ci vede sorride.  - Ciao! -  ci saluta  - Cosa ci fate qui? -
 Io mi alzo in piedi e la abbraccio forte.  - Siamo venuti a dare manforte, no? -  
 Lei ricambia la stretta e poi stringe la mano a Henry e lo stesso fa con Tom, che si presenta.
 - È tutto a posto? -  chiede Sebastian.
 - Sì. -  risponde lei, poi abbassa lo sguardo.  - Allora, che ne dite di un tè? -
 
 Mentre stiamo gustando il nostro tè, sentiamo qualcuno correre giù per le scale.
 Quando mi volto vedo che è Clary che dopo averci rivolto uno sguardo fugace esce di corsa sbattendo la porta.
 Mi volto verso i miei amici, perplessa.
 - Oh, cavolo. -  si lascia sfuggire Aline  - Spero non sia per quello che ha visto. -
 Aggrottiamo le sopracciglia uno per uno.
 - Cosa avrebbe visto? -  chiede Isabelle.
 - Be’, credo me e Jace mentre ci baciavamo. -  risponde l’altra.
 Sgrano gli occhi. Cavolo. Jace l’ha dimenticata in fretta.
 - Forse qualcuno dovrebbe andare a parlarci. -  propone Alec  - Isabelle. -  aggiunge indicandole la porta.
 Lei ride.  - Certo. -  afferma  - Come se fossimo così amiche da scambiarci delle confidenze. -
 - Andiamo, Iz. -  insiste - Potrebbe fare qualche sciocchezza e poi ci troveremo a dover rimediare. -
 - Non se ne parla. -
 Dato che Tom e Sebastian sono immersi in una conversazione sulle armi da usare in battaglia, mi alzo.  - Vado io. -  neanche io sono sua amica, ma credo che sia d’obbligo almeno chiederle come sta e se ha bisogno di qualcosa.
 - Grazie al cielo. -  sussurra Isabelle e io la fulmino con lo sguardo prima di uscire.
 
 Quando apro la porta vedo che Clary sta camminando velocemente verso la piazza, probabilmente diretta verso la casa di Amatis.
 - Clary! -  la chiamo sollevando una mano.
 Lei si volta e si asciuga le lacrime.  - Ellie? Cosa ci fai qui? -  chiede.
 - Potrei farti la stessa domanda. -  dico raggiungendola e accennando un sorriso.
 - Dovevo vedere una persona. -  spiega.
 - Jace? -  chiedo. Se era dai Penhallow, era sicuramente per lui.
 Scuote il capo.  - A lui volevo solo farlo sapere, ma ha… -  abbassa lo sguardo e vedo che altre lacrime le rigano il volto.
 - Lo sai com’è fatto. -  le dico. Sono certa che l’ha trattata come uno zerbino, com’è solito fare con tutti.
 Lei annuisce e poi si asciuga nuovamente le lacrime.  - Già, avrei dovuto saperlo. Non so nemmeno perché ho provato a parlarci. -  conclude.
 Mi volto per osservare alcune persone che attraversano la piazza e le propongo di sederci su un muretto per parlare un po’, così che si calmi.
 Una volta sedute, riprendo.  - Posso chiederti, se non sono indiscreta, chi dovevi incontrare? -
 Lei solleva lo sguardo.  - Uno stregone. Ragnor Fell. -  replica.
 Annuisco. Sapevo che stava qui a Idris, anche se non si sa esattamente dove.  - L’hai trovato? -  nessuno sa dove risieda, credo che non voglia essere disturbato.
 Scuote il capo.  - No. Non so nemmeno da dove cominciare a cercarlo. -
 - Hai provato a chiedere ad Amatis? O ai Penhallow? -
 - No. -  risponde  - In ogni caso, spero di trovarlo. Lui sa come svegliare mia madre. -
 Sollevo lo sguardo di scatto.  - Davvero? -  esclamo.  - Ma è fantastico, Clary! -
 - Spero solo che voglia aiutarmi. -  confessa.
 - Ti aiuterà. -  la rassicuro poggiandole una mano sulla spalla.
 Mi sorride e poi solleva lo sguardo  - Adesso devo tornare da Amatis. -  afferma saltando giù dal muretto  - Sarà preoccupata. -
 Sorrido a mia volta.  - Ci vediamo. -
 Prima che possa allontanarmi, la sua voce mi costringe a voltarmi nuovamente.
 - Ellie? -  mi chiama  - Grazie. -
 Sorrido e sollevo una mano.
 
 Vedo Tom seduto sui gradini di casa Penhallow, intento ad osservare il paesaggio. Il suo volto è rilassato e sembra felice. Vedo i suoi occhi brillare sotto la luce del sole.
 Sorrido e mi avvicino.  - Ciao. -  saluto e lui solleva lo sguardo verso di me.
 - Ehi. -  mi dice facendomi spazio.
 Mi siedo accanto a lui e osservo la strada.
 - Com’è andata con Clary? -  mi domanda.
 Faccio spallucce.  - Ovviamente Jace l’ha trattata male, ma credo che ci sia abituata. -  spiego  - Le passerà. -
 Lui annuisce.  - Certo, dev’essere brutto. -  mi dice.
 Mi volto verso di lui.  - Il fatto che Jace sia così maleducato? -  chiedo  - Sì. -  ho sempre odiato la sua sfacciataggine.
 Tom sorride.  - No. Il fatto che si amino nonostante il loro amore sia proibito. -  chiarisce.
 Sospiro.  - Sì, dev’essere tremendo. -  non so se riuscirei a resistere come fanno loro.
 Aggrotta le sopracciglia.  - Credo che non si supererà mai davvero una cosa del genere. -
 - Be’, Jace stava baciando Aline quando Clary è arrivata. Credo che l’abbia presa piuttosto bene. -  concludo.
 Tom ride.  - Così sembra. Anche se credo che stia solo tentando di dimenticarla. -  spiega  - Anche se si trova un ‘passatempo’ non è detto che si sia dimenticato della persona che ama. -
 - Io non credo che potrei trovarmi un passatempo, se amassi ancora una persona. -  faccio notare.
 - C’è chi lo fa per non soffrire. -  aggiunge.
 Annuisco. Forse ha ragione. Probabilmente per Jace è tutto più semplice così.
 
ANGOLO DEL MOSTRICIATTOLO CHE SCRIVE
Ciao a tutti! Rieccomi con il 17esimo capitolo.
Finalmente siamo a Idris! *.* E la guerra si avvicina! ^.^”
Comunque, spero che il capitolo vi piaccia.
Fatemi sapere.
A Lunedì,
Eli ^_^
   
 
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