Ok... si è capito che non vado molto d'accordo con la concezione di postare velocemente... perdonatemi! :( Spero che il capitolo vi piaccia comunque. Lasciate tante recensioni, mi raccomando! Ci rivedremo presto (spero) col prossimo capitolo! Bacissimi!
***
Ginny si accasciò alla parete del
piccolo stanzino, il viso tra le mani. Desiderava disperatamente nascondere a sé
stessa quelle lacrime senza senso. Non si preoccupò di trovarsi in un negozio
affollato e tantomeno del fatto che decine di ragazze si stessero domandando
come mai quel camerino non si liberava. Se pensava che attimo prima c’era Harry
a stringerla forte tra le sue braccia, il dolore si faceva troppo forte de
sopportare. Ma era la rabbia che le pulsava dappertutto. L’unico pensiero
razionale era che avrebbe voluto strangolarlo, ma non riusciva nemmeno ad
alzarsi. Improvvisamente si ricordò di Dean; lui non le avrebbe mai fatto una
cosa del genere…
Ancora una volta si infuriò con sé
stessa per essere stata così meschina con un ragazzo che avrebbe dato tutto pur
di renderla felice. Si sentiva sporca e arrabbiata, lontana mille miglia dalla
Ginny che conosceva: lei non si sarebbe mai ridotta a piangere in un camerino,
meno che mai per uno stupido, insignificante ragazzo.
Il ricordo del bacio di Harry le
bruciò in gola e in qualche modo le diede la forza di rialzarsi. Si tolse
rapidamente il bel vestito che aveva addosso, si rivestì, e un attimo dopo uscì
dallo stanzino con una teatrale indifferenza nei confronti di un gruppetto di
petulanti Serpeverde che la fissavano di sottecchi, maligne. Abbandonò il
vestito su uno scaffale qualunque e uscì in fretta dal negozio, sbattendosi la
porta alle spalle.
La temperatura era scesa parecchio
e l’aria congelata le pizzicava fastidiosamente il viso. Fu grata che le
carrozze non distassero molto da lì e saltò su quella che era già stata occupata
da Lavanda Brown e Calì Patil. In quel momento era quasi felice di averle
incontrate; il loro fitto chiacchiericcio e la loro spensieratezza trascinarono
via almeno in parte quei suoi cattivi pensieri.
-
Ginny!
Cosa ti è successo? – esclamò subito Calì. Ah, già. Doveva avere un aspetto
orribile.
-
Non
preoccuparti, sto bene. – disse solo.
-
Sul
serio? Senza offesa, ma non hai una bella cera…
Ginny non rispose. Si limitò a
un’alzata di spalle e le due amiche tornarono a bisbigliare fra loro.
Era già buio quando la carrozza
accostò al limitare del parco. Ginny scese per ultima e, nonostante il freddo
pungente, camminò piano per attraversare il giardino fino alla Sala Grande. Non
voleva vedere Harry o Dean, ma il suo stomaco protestò e alla fine si diresse
stancamente al suo solito posto al tavolo dei Grifondoro.
Si guardò intorno circospetta,
decisa ad evitarli entrambi. Poco dopo si accorse stupita che Harry non c’era.
Un moto di rabbia e frustrazione si impadronì di lei; infondo una parte remota
del suo cuore aveva sperato di vederlo.
Nello stesso istante in cui quelle
considerazioni sconvolgevano i suoi pensieri due braccia le cinsero la vita e la
strinsero delicatamente, facendo rabbrividire ogni sua terminazione nervosa.
Un attimo dopo Dean, raggiante, la
voltava verso di sé dandole un innocuo bacio sulla fronte.
-
Amore,
finalmente! – amore… - Non ti vedo da
un paio d’ore e già mi manchi!
-
Oh.
Ciao, Dean.
Il sorriso scomparve dalle labbra
di lui.
-
Qualcosa
non va? Sei stanca? – disse allarmato.
-
E’ tutto
a posto, devo essere solo un po’ stanca, si – le sue parole suonavano false
anche a sé stessa. Dato che Dean non rispondeva, continuò:
-
Sai, ho
provato un mucchio di vestiti per il ballo di Natale, e quando sono uscita dal
negozio devo aver preso freddo… - e ho baciato Harry Potter nel camerino,
contento? Questo però non lo disse.
-
E non ne
hai trovato neanche uno? – si, e me l’ha
allacciato Harry. E’ stato molto
gentile da parte sua.
-
No. Non
ho saputo scegliere, magari la prossima volta mi consiglierai tu, che ne dici? –
Ipocrita.
-
Dici
davvero? Oh, Gin… - la sollevò dolcemente da terra. – Adesso è meglio che mangi
qualcosa e vai a dormire, prima che ti venga un raffreddore.
Ginny annuì, odiandosi
profondamente per la gentilezza del tutto immeritata che quel ragazzo le
riservava. Mangiò in fretta delle uova strapazzate e del purè, evitando
accuratamente lo sguardo dispiaciuto di Hermione. Probabilmente si sentiva in
colpa per averla lasciata sola, ma di certo non sapeva il resto. E Ginny non
aveva intenzione di condividere quella follia con nessuno, non
adesso.
Appena finito salutò Dean con un
bacio sulla guancia e si diresse in fretta verso
Per la seconda volta in due giorni
non potè fare a meno di essere arrabbiata con Harry. Tutto la infastidiva di
quel suo sfuggirle ogni volta; si rese conto di non aver ancora riflettuto sul
perché l’avesse baciata.
Non aveva senso.
Varcò il buco nel ritratto. Fu
tentata di restarsene al calduccio accanto al camino in Sala Comune, ma il
bisogno di schiaffeggiare Harry Potter era di gran lunga più influente. Si
diresse verso la sua camera da Prefetto; se Harry non ci fosse stato, avrebbe
aspettato fuori fino al suo ritorno.
Non appena le nocche toccarono
debolmente il legno massiccio della porta, un odioso rossore le inondò le
guance, ma non ci badò. Voleva andare fino in fondo, voleva delle spiegazioni. O
forse voleva solo sfogarsi, prenderlo a pugni e…
-
Ginny? –
Harry, inaspettatamente, era lì, in pantaloncini del pigiama e maglietta bianca,
un sopracciglio alzato che gli conferiva un’aria divertita e angosciata allo
stesso tempo. Lo sguardo di Ginny andò a finire sui muscoli ben scolpiti del suo
braccio; si sorprese a pensare a quanto ogni dettaglio di lui la attraesse come
una forza magnetica, e questo la irritò ancora di più.
-
Mi fai
entrare o c’è bisogno di un biglietto? – disse,
sarcastica.
-
Entra
pure.
Era stata altre volte in quella
camera, ma mai tutto quel rosso e oro dei fieri stendardi di Grifondoro che
ricoprivano allegramente le pareti l’avevano infastidita così tanto. Le davano
alla testa, come ogni cosa lì dentro, d’altronde. Tutto odorava di
Harry.
-
Ginny,
io…
-
Fa
parlare me, signor bambino sopravvissuto. – disse, fissandolo dritto negli
occhi. Sospirò.
-
Senti,
credo proprio che tu mi debba delle spiegazioni. Prima hai Schiantato Dean, non
mi hai rivolto la parola per giorni e poi, improvvisamente, hai deciso di
incasinarmi la vita entrando nel mio camerino e baciandomi. Vedi, io vorrei solo
che… che la smettessi di evitarmi, vorrei che tra noi ci fosse un rapporto
civile e…
-
Evitarti? – Harry rise amaramente.
- Magari potessi riuscirci.
Ginny smise di respirare. – C-come
scusa? Tu…
-
Ginny…
cavolo, mi sembra evidente. Vuoi proprio sapere perché mi sono comportato in
quel modo con Dean?
Tacque un secondo, lo sguardo
straripante di pensieri.
-
Perché
ero geloso. Mi dava sui nervi che stesse con te. Lo sono ancora, in effetti. Sto
provando a non farci caso. Ma se tu piombi in camera mia, o se ti incontro in un
negozio con un vestito slacciato addosso, non credo di poter riuscire a
ignorarti ancora per molto. Per questo ti ho baciata. Sono stato un idiota, non
avrei dovuto. Noi due non possiamo stare insieme, io ho mille nemici che mi
vogliono morto là fuori, capisci?
-
E se non
mi importasse? – lo interruppe, acida. – E’ troppo tardi,
Harry.
-
Non… non
sei arrabbiata con me?
-
Lo sono
eccome, ma non cambiare discorso.
-
Noi due
non abbiamo niente da dirci. Non dovresti stare qui, Ginny. Io non ho niente da
offrirti, a parte il pericolo. Tu hai già un ragazzo, e lui ti ama. Non merita
questo.
-
Ma senti
da che pulpito viene la predica!
-
Hai… hai
la possibilità di scegliere, Ginny. Hai decine di ragazzi hai tuoi piedi.
-
Non mi
interessa.
-
Io… io
ti interesso?
Ginny rise, amara. Gli si avvicinò
fino a quando non si trovò a un passo dal suo viso.
-
Secondo
te?
Posò le labbra sulle sue,
arrabbiata, risoluta, sicura che non si sarebbe sottratto a quella dolce
tortura. Lo baciò con trasporto, spingendolo con forza contro l’armadio. Harry
rispose al bacio, attraendola a sé e affondando le mani nei suoi lunghi
capelli…
Ginny giocherellò con i bottoni
della sua camicia, tormentando ogni asola prima di sfilargliela del tutto. Fece
per togliersi la maglietta, ma Harry la bloccò, stringendole il braccio con
forza.
-
Smettila,
Ginny.
Lo fissò di rimando,
offesa.
-
Non sono
abituata a essere rifiutata. A che serve che mi fermi? – disse, sprezzante e
maliziosa. Si liberò dalla stretta e in un attimo la maglietta fu a terra
accanto alla camicia di Harry. Attenta a non incrociare il suo sguardo riprese a
baciarlo con veemenza, accarezzandogli il torace. Si soffermò a stuzzicargli il
collo per poi tormentargli il lobo dell’orecchio.
Dopo quella che parve un’eternità,
Harry la scostò da sé, mutilato dalla sofferenza provocata dalla rottura di quel
contatto.
-
Non è
giusto. – disse. – Hai idea di come potrebbe sentirsi
Dean?
-
Non c’è
bisogno che tu me lo faccia notare. Ma non voglio fingere di non essere attratta
da te, anche se non te lo meriti.
Si rivestì, rossa in viso, e fece
per andarsene.
-
Aspetta.
La abbracciò, bloccandola contro la
porta.
-
Scusa, è
più forte di me…
Catturò le sue labbra in un bacio
che le tolse il fiato. Le sue mani scivolarono inesorabili sotto la maglietta, e
lei lo lasciò fare.
-
Lo…lo
vuoi fare? – sussurrò Ginny, arrossendo violentemente.
Harry si fermò, prendendo le
distanze.
-
Non sai
quanto.
Un’ondata di eccitazione, stupore,
adrenalina la inondò. Riuscì a non muoversi da dove si trovava; non voleva
essere lei a doversi fermare.
-
Ma non
puoi.
-
Già.
-
Bè, non
c’è che dire, sei insopportabile. – Trasse un sospiro. – Harry, io ti
piaccio?
-
Troppo.
– rispose, senza esitazione.
-
Bene. –
disse compiaciuta. – Sono disposta a lasciare Dean, anzi, credo che lo farò di
sicuro.
-
Ginny…
-
Non
cercare di fermarmi, l’avrei fatto comunque. E poi te l’ho detto, è tardi per
tornare indietro.
-
Ti
metterei in pericolo, lo sai.
-
Non
pretendo di stare con te. – lo guardò dritto negli occhi, decisa. – Ma non ho
intenzione di starti lontana.
-
Cos’è,
una minaccia?
-
Pensala
come ti pare.
-
Posso
anche… tirarmi indietro, vero?
-
Non ti
facevo così codardo, Harry Potter. Te l’ho detto, fai come vuoi. Ma l’unico che
ci perde, a non stare con me, sei tu.
-
Sei
molto arrabbiata, eh?
-
Più che
altro direi aggressiva.
-
Uhm,
direi che mi piace.
-
Io direi
che a me piace questo casino. E’… eccitante. Ciao, Harry.
Uscì, sbattendosi la porta alle
spalle, senza dire un’altra parola. Già, era un bel casino. Ma almeno aveva
scoperto un paio di cose interessanti…