TOGLIAMOCI
I VESTITI, MA TENIAMOCI LE MASCHERE
When it
all falls, when it all falls down
I’ll be
your fire when the lights go out
When
there’s no one, no one else around
We’ll be
two souls in a ghost town
Madonna
– Ghost town
Le tende chiare
sventolavano
pigramente, scosse da un leggero vento primaverile. I raggi del sole ne
illuminavano la trama sottile, penetravano il filato elegante e
ricadevano sul
parquet in lunghe scie dorate. L’aria di maggio, che invadeva
la stanza attraverso
la finestra aperta, profumava di alberi in fiore e pane caldo. La
strada era
deserta, neanche il traffico lontano disturbava la quiete di quel
pomeriggio.
Solo
i respiri di Matt ed Allison, rilassati e regolari, spezzavano il
silenzio in
una carezza che si confondeva con la brezza fresca. La pace che i due
amici cercavano,
però, non poteva saziarsi di primavera. Loro non avevano
bisogno di gioire, ma
di dimenticare.
Stesi sul letto di Matt, in quella stanza che da studio del padre di
Eric era diventata la sua camera, guardavano il soffitto bianco con
aria
assorta. Le loro braccia si sfioravano appena, il calore si irradiava
dalla
loro pelle a quella dell’altro, come a dire: ehi, non sei
solo. Il braccio
destro di Allison e quello sinistro di Matt, invece, penzolavano sul
bordo del
materasso spoglio con una bottiglia di birra stretta tra le dita. Le
coperte
erano ammassate sul fondo del letto in un mucchio morbido e informe;
“sistemarle è inutile”, diceva Matt,
“tanto tra qualche ora torneranno come
prima”.
Si
erano appartati lì almeno un’ora prima per
sfuggire alla coppietta dell’anno:
Zac e Hilary. Occupavano ogni giorno il salone con le loro smancerie e
i loro
sorrisi innamorati, invadendo lo spazio di chi non apprezzava quel
clima di
cuori e unicorni. Non avevano ancora detto una parola: si limitavano a
condividere il proprio silenzio e attendere che la birra facesse
perdere loro
la concezione del tempo.
L’immobilità venne rotta da Matt, che
alzò il braccio per portare la
bottiglia alla bocca. Allison lo osservò con la coda
dell’occhio, scrutando il
suo profilo familiare e confortante. I capelli mossi schiacciati sul
cuscino,
la fronte liscia, i penetranti occhi celesti leggermente socchiusi, il
naso
morbido, le labbra arrossate premute sul vetro verdognolo. E poi il
pomo
d’Adamo appena accennato che si abbassava mentre beveva, il
torso coperto da
una delle sue T-shirt sgualcite, i pantaloni neri e i piedi nudi.
Quando la sua
figura sobbalzò, lei rialzò lo sguardo per
scoprire una pioggia di gocce cadutegli
sulla maglietta. Soffocò una risata, mentre
l’amico si asciugava la bocca col
dorso della mano.
<< Fanculo >>,
ridacchiò piano, strattonando il tessuto bianco per
ispezionare il danno.
Porse la bottiglia
alla ragazza e si sollevò per liberarsi di
quell’indumento macchiato, che gettò
sul pavimento. In quella posizione ricurva, il suo ventre si
piegò in
un’accennata morbidezza che Allison non potè fare
a meno di notare con
divertimento. Quando ricadde sul materasso, punzecchiò il
suo addome ormai
nuovamente piatto.
<< Qualcuno ha smesso
di andare in palestra >>, lo derise.
<< Non è vero >>, si difese lui,
ritraendosi dalle sue dita
fredde. Riprese la bottiglia e ne bevve un altro sorso.
<< Forse ci vai solo per rimorchiare
>>.
Matt,
offeso nella virilità che si ostinava ad enfatizzare, le
afferrò la mano e la
portò sul suo stomaco.
<< Ho
degli addominali di ferro >>.
<< Certo, come vuoi >>, rise lei.
Sospirarono
insieme, stanchi nell’inattività e vagamente su di
giri. Dopo qualche minuto,
Matt ruppe nuovamente il silenzio.
<< Come
stai? >>, mormorò, schiacciando la guancia
morbida sul cuscino per
guardarla.
Il suo respiro accarezzò lo zigomo di
Allison, con quell’aroma rassicurante di tabacco che era
abituata ad
incontrare.
<< Sto
bene >>.
Quella breve e meccanica menzogna cominciava quasi a parerle
verità. Lui
la osservò ancora per alcuni secondi, poi si
voltò nuovamente.
<< Stai uno schifo, altroché
>>.
Presero
un altro sorso di birra. Allison non ebbe la forza di ribattere.
<< Te lo si legge
in faccia >>, continuò. << Sei
più brutta del solito >>.
Lei gli
lanciò un’occhiataccia, le labbra schiuse in un
divertito stupore. Matt adorava
prenderla in giro, così come faceva con tutti, ma non era in
grado di sostenere
i suoi scherzi. Era così candido ed altruista,
così buono nel suo animo ferito,
che si sarebbe sentito infinitamente colpevole se non avesse chiesto
subito
perdono. Infatti, le sorrise e portò un braccio sotto al suo
collo per
avvicinarla a sé. Spinse la testa dell’amica
contro il suo viso e le baciò la
tempia, chiedendole scusa a modo suo.
Così, ricominciarono a fissare quel soffitto
pallido, come se su di esso
avessero potuto trovare le risposte alle loro domande. Allison riposava
sulla
spalla di quel ragazzo che mai avrebbe immaginato di poter amare. Un
leggero
sorriso illuminò le sue labbra, quando ripensò a
come quella loro strana
amicizia era nata: colui che le aveva puntato una pistola alla testa,
pronto a
liberarsi di lei senza alcun rimorso, era diventato la sua unica ancora
in
quella vita di tempesta. Coprì quel sorriso con la
bottiglia, per lasciar
scorrere il liquido fresco e amarognolo nella gola secca.
<< Non
è andata bene con i miei genitori >>.
Allison
smise di respirare, credendo quasi di essersi solo immaginata quel
mormorio
confuso. Matt era tornato dall’Irlanda due settimane prima e
ancora non aveva
accennato a quella sua visita che l’aveva reso tanto nervoso
nei mesi
precedenti. I suoi amici sapevano che qualunque tentativo di forzarlo a
parlare
l’avrebbe chiuso ancor di più in sé
stesso, quindi l’avevano lasciato rincasare
in silenzio e avevano finto che lui non se ne fosse mai andato. Anche
in quel
momento di apparente verità, lei era certa che non avrebbe
ricevuto altro che
frammenti di ciò che in realtà Matt avrebbe
tenuto dentro di sé per sempre.
Perciò attese, in un silenzio che non aveva alcuna pretesa
né aspettativa.
<< Hanno
detto che sarei potuto restare per qualche giorno, ma poi avrei dovuto
trovare
un’altra sistemazione >>, borbottò.
<< Mi hanno rinfacciato di averli
dimenticati e di essere un figlio ingrato. Penso che mio padre sospetti
ciò che
faccio. Mi ha detto di tornarmene qui, dove non avrei messo in pericolo
la sua famiglia
>>.
Allison sbatté più
volte le palpebre, trattenendo l’emozione che quelle parole
strascicate avevano
provocato in lei. Come sapeva, non ebbe neanche il tempo di reagire
perché Matt
rindossò la veste che si era cucito addosso per molti anni.
<< Mia
sorella era felicissima, comunque >>, esclamò.
<< Ma non mi ha voluto
presentare alle sue amiche, perché dice che hanno tutte una
cotta per il
ragazzo delle foto che in camera >>.
I capelli
biondi dell’amica vennero scossi dalla sua risata sincera.
<< Che
sarei io >>, chiarì, un sorriso sulle labbra
umide.
Entrambi finirono la birra fino all’ultimo goccio, poi
lasciarono le
bottiglie vuote a terra. Era lì, la sensazione che avevano
cercato: quella pace
astratta, che avvolgeva le loro menti confuse dall’alcool e
rendeva pesanti le
loro membra. Erano completamente immersi nel torpore
dell’inconsapevolezza, del
vuoto emozionale, della dimenticanza. Stretti l’uno nella
compagnia dell’altro,
potevano fingere che nient’altro esistesse al di fuori di
quella stanza.
Potevano godere dei loro minuti di gloria, dell’amicizia che
li univa nel più
intimo dei sentimenti: il dolore. E c’erano riusciti.
Allison si voltò lentamente sul fianco
sinistro, raccogliendo le gambe
intorpidite contro quelle dell’amico e posando la guancia
sinistra sulla sua
spalla calda e nuda. Inspirò l’odore confortante
delle coperte di Matt e del
suo corpo accanto al suo, intaccato dal leggero aroma della birra che
seguiva
il suo respiro. Si concentrò solo sulla sua presenza
immobile, lì accanto a
lei, dove era sempre stato, e osservò la pelle del suo petto
scoperto. Il
riflesso del sole riluceva sui tatuaggi scuri che lo coprivano, e che
lei
percorse con la punta dell’indice destro. Matt chiuse gli
occhi e sospirò, per
poi mangiucchiare le sue parole assonnate.
<< Non riesco a credere che Justin mi abbia
abbandonato in un
momento simile >>.
Allison deglutì a
vuoto. Non lo nominavano spesso, anzi, non lo facevano mai. Ci era
voluto un
po’ di tempo perché lei imparasse ad entrare in
quella casa senza sentire la
sua presenza aleggiarle sulla pelle. Si sentiva ormai parte di quella
famiglia
improvvisata e stare lì le dava sicurezza. Era legata anche
più del lecito a
quella semplice casa, come se la sua esistenza le confermasse che non
si era
sognata tutto, come se in realtà il vago ricordo di Justin
potesse dopotutto
darle il conforto che cercava. Se inconsciamente cercava ancora una
cura in
lui, nella vita preferiva però fingere che lui non avesse
mai incrociato la sua
strada.
Matt si
voltò verso di lei, fino a sfiorarle il naso con le labbra.
<< Scusa >>, mugolò, le palpebre
ancora abbassate.
Lei
scosse appena la testa, stringendosi ancora di più al suo
fianco.
Fu un movimento innocente e casuale, con la lentezza della marea quieta
e la leggerezza di un battito d’ali. Mentre entrambi
respiravano l’odore
familiare dell’altro, resi inconsapevoli e pigri
dall’alcool, i loro volti si
avvicinavano. Poco alla volta, come spinti dal contatto consolante
della loro
pelle e da nessuna intenzione conscia. Mentre il viso di Matt si
abbassava e
quello di Allison si alzava, le loro labbra si sfiorarono piano. Un
contatto
umido e privo di malizia, lo schiudersi delle une sulle altre, colmo di
un
affetto che li legava come fratelli. Il timido contatto
terminò in un istante.
Tennero gli occhi chiusi, coi loro respiri ancora intrecciati e i ricci
di Matt
che solleticavano la fronte di lei.
A
riconferma di quella profonda comprensione reciproca che li univa,
reagirono
allo stesso modo: dopo qualche attimo di pigra presa di coscienza di
ciò che
era accaduto, scoppiarono a ridere. Le loro risate sommesse si unirono,
diventarono più intense, esplosero come una consapevole
derisione
dell’assurdità di ciò che avevano
appena condiviso.
<< Ti è piaciuto? >>,
latrò Matt, sghignazzando a pochi
centimetri dalle labbra dell’amica.
<< Cristo, che
schifo >>, rise, << Baci come un tredicenne
>>.
<< Tu baci come una
tredicenne >>, grugnì con più
veemenza.
Lei
scosse la testa.
<< Come un
chierichetto >>, sghignazzò. <<
Anzi, come un mocio per il
pavimento >>.
<< Posso fare di meglio se- >>.
<< E’ così
che fai innamorare di te le tue conquiste? >>, lo
interruppe, col fiato
corto.
Matt
la osservò con le sopracciglia aggrottate, lo sguardo offeso
di chi era troppo
orgoglioso e troppo confuso dall’alcool per condividere le
sue risate.
Nel più breve degli istanti, le sue labbra
premettero nuovamente su
quelle di lei, con la foga del suo dimostrarle ciò che non
aveva potuto.
Afferrò la sua nuca con la mano e non la lasciò
scappare, anche se lei non ne
aveva alcuna intenzione. Nei mesi precedenti non era ricaduta nelle sue
vecchie
abitudini: il contatto della sua pelle con quella di qualcun altro era
un
dolore bruciante, una ferita che si riapriva. Non poteva evitare di
desiderare
l’unico e il solo che non l’aveva fatta sentire
sporca con le sue mani calde
sul suo corpo. Aveva a quel punto dimenticato quanto
quell’intimità rude la
facesse sentire più viva, meno sola.
E mentre il tocco di Matt si faceva più delicato e la sua
lingua
sconosciuta varcava le sue labbra, l’adrenalina la fece
respirare nuovamente.
Quando lui si separò da lei, col respiro spezzato e
l’espressione ancora
imbronciata, non potè fare a meno di volerne di
più.
<< No, così >>,
sussurrò maliziosamente, in risposta alla
domanda retorica che Allison si era anche dimenticata di aver posto.
I
loro occhi si incontrarono, lucidi di eccitazione e confusione. Le loro
labbra
ancora si sfioravano, arrossate e gonfie, fino a respirare
affannosamente l’uno
contro l’altro. Non si mossero perché, ancora una
volta, gli stessi pensieri
vagavano nelle loro menti. Era calmante e liberatorio, riversare la
propria
foga su qualcun altro. Se poi l’altro era qualcuno che
condivideva lo stesso
dolore, e soprattutto era qualcuno che li avrebbe fatti sentire veramente meno soli, allora quella
sembrava la soluzione giusta alla loro agonia. Non avrebbero mai
provato i
brividi dell’amore, l’uno tra le braccia
dell’altra. Tuttavia, si sarebbero
completati a vicenda come meglio potevano, avrebbero riversato in quel
gesto la
rabbia verso colui che li aveva feriti così profondamente,
avrebbero finalmente
trovato qualcuno che li capisse fino in fondo. Sembrava quasi
vendicativamente
giusto, che le due persone che più avevano amato Justin
fossero anche coloro
che lo odiavano con più rancore.
Mentre il loro sguardo leggeva in
quello dell’altro la stessa confusione, la loro presa si
strinse. Si baciarono
con rabbia, con rimorso, come se la violenza dei loro gesti potesse
fargli
dimenticare ciò che stavano facendo. Allison si
aggrappò alla schiena nuda di
Matt e vi affondò piano le unghie, desiderando di poter
approfondire ancora
quella commistione di emozioni. Le loro labbra impararono a
riconoscersi, a
darsi conforto. Esploravano la bocca dell’altro e assumevano
sempre più
confidenza con quel respiro che già li aveva rassicurati in
precedenza.
Era bizzarro toccare in quel modo il corpo di Matt, desiderare la sua
carne calda, gemere contro di lui fino a coprire il rumore dei propri
pensieri;
tuttavia, Allison imparò che poteva volerlo anche con
quell’intensità, con
quell’errore. Matt strinse tra le dita i capelli chiari che
tante volte aveva
accarezzato per consolarla, sfiorò quel seno che prima non
avrebbe neanche
osato guardare. E volle il possesso di quel corpo, di
quell’anima che doveva
proteggere, in qualunque modo fosse necessario. La loro connessione
divenne
piacevole e familiare, il contatto dei loro corpi nudi
riscaldò il gelo che li
consumava.
In
quel pomeriggio silenzioso e assolato, su quel letto sfatto coperto dai
loro
vestiti, scoprirono un’unione che non avrebbe potuto fare
altro che rinforzare
ancor di più il loro legame. E quella fu la prima di tante
altre occasioni in
cui tentarono inutilmente di completarsi, di chiudere quella ferita che
non
avrebbero rimarginato.
---
Ma quanto siete fortunate! Ce l'avevo
pronto da un pò e pensavo di pubblicarlo più
avanti, ma non ho resistito. E poi mi sembrate piuttosto restie alla
coppia Allison - Matt (non che sia una vera coppia) quindi
chissà che questo missing moment non vi faccia cambiare
idea.
Dunque, come avrete capito, questo è il primo contatto
"intimo" tra loro due. Come si capisce, la loro amicizia si
è stretta nei mesi in cui Justin è sparito (lui
se n'è andato a dicembre, qui siamo a maggio); sono
diventati quasi fratelli. Allison non si è ancora irrigidita
nella freddezza di Outlines, è nel mezzo, con un
piede nel passato e uno nel futuro che ancora non ha accettato. Matt
è andato in Irlanda ma non è andata bene, Justin
(sottolineo che tra loro due c'è sempre stata un'amicizia
speciale rispetto a quella con gli altri ragazzi, è stato
più volte chiaro in Just Breathe) ha abbandonato anche lui.
Perciò, insieme, cercano la cura a ciò che
provano. Un pò di consolazione, un pò di
vendetta. Ho deciso di pubblicare per mostrarvi come il loro legame non
sia superficiale, come finora si è visto in Outlines. Avrete
modo di vedere che non stanno solo sc.... beh avete capito.
Ci tengo a questo breve missing moment, ci ho lavorato su per dare
esattamente l'atmosfera che volevo trasmettervi, perciò mi
farebbe davvero piacere se mi diceste cosa ne pensate. E ringrazio per
il banner parolecomemarchi,
che è stata disponibile e bravissima! Ci vediamo al prossimo
capitolo di Outlines, un bacio