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Autore: _unintended    21/04/2015    2 recensioni
I My Chemical Romance, due anni dopo la fine. Nessuno avrebbe mai pensato che si sarebbero ritrovati, in un assurdo scherzo del destino, nel posto più impensabile al mondo.
Separati. Soli. Alla ricerca di una via d'uscita nel caos più totale.
Un labirinto impossibile, un gioco mortale, in una corsa contro il tempo, contro il mondo intero e contro le loro stesse scelte passate.
E no, non è proprio la situazione giusta per pensare a vecchi amori e rancori, ma c'è Gerard e c'è Frank... e sappiamo tutti come va sempre a finire.
Genere: Sentimentale, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CHAPTER TWO
 
 
MIKEY
 
Guardo allibito le pareti che si muovono, chiudendosi sempre di più attorno a me.
Oh, ti prego. Questo è il colmo.
Sento il panico afferrarmi per la gola e stringere forte, e allora con un’improvvisa lucidità capisco che probabilmente sto per morire qui. Sto per morire senza aver prima salutato la mia famiglia, senza aver prima dato un ultimo bacio a Kristin, senza averla sposata e aver vissuto la vita che ho sempre desiderato.
Oppure è un incubo, e io mi risveglierò urlando e Kristin mi accarezzerà i capelli e mi rassicurerà e mi trascinerà di nuovo sdraiato, e faremo l’amore fino allo sfinimento.
Le pareti sono hanno già dimezzato il perimetro della stanza. Hanno aumentato la loro velocità, e ora procedono più in fretta, decise a stritolarmi.
Ma che finale di merda.
Mi guardo intorno freneticamente. Non c’è niente, niente di niente, che possa aiutarmi ad uscire di qui. Nessuna uscita, nessuno spiraglio, nessun….
Mi blocco di colpo. Guardo in su, aguzzando la vista. È come se… come se ci fosse una sorta di grata sul soffitto.
Una grata.
Non c’era prima, ne sono sicuro. È piccola e quadrata, ma comunque questo significa che ho una seppur misera possibilità di scappare.
Mi chiedo perché.
Forse, chiunque sia stato a fare tutto questo, vuole anche che ne esca. A pensarci bene, non avrebbe senso farmi crepare in un modo così assurdo.
Perciò mi ha lasciato una via d’uscita, seppur piccola e quasi inaccessibile. Spero solo di essere ancora abbastanza magro da poter passarci attraverso.
Sento una parete premere contro la mia schiena, spingendomi in avanti. Mi rimangono massimo due metri quadrati di spazio. Non ho tempo, non ho più tempo, devo pensare assolutamente ad un modo per arrampicarmi fin lassù ma come come come
Do di nuovo un’occhiata alla scritta sul pavimento, ormai quasi semicoperta dall’avanzare dei muri.
Keep running.
Ma certo.
Faccio due passi indietro. Prendo la rincorsa.
Ti prego.
Mi lancio correndo, per quel poco che mi consente lo spazio esiguo, verso la parete di fronte a me, quella che si sta muovendo, sollevando i piedi e premendoli contro il muro, dandomi la spinta e allungando le braccia in su.
Chiudo gli occhi e prego e spero e penso a Kristin e al fatto che potrei morire se questa cosa non funziona, il tutto in una frazione di secondo.
E una frazione di secondo dopo, sento i polpastrelli sfiorare un’insenatura.
Oh, dio grazie.
Era ovvio. Doveva esserci per forza almeno un mezzo centimetro di spazio vuoto tra il punto in cui soffitto e parete si toccano, altrimenti sarebbe impossibile che questa si muova.
Mi aggrappo con tutte le mie forze, facendo leva sulle braccia. Mi tiro su digrignando i denti e trattenendo il respiro, e cerco di resistere, aspettando che la parete sia abbastanza vicina alla grata per allungare una mano e raggiungerla. Sento la superficie del soffitto stridere sulle mie dita ma resisto resisto resisto ignorando il dolore, ignorando la pelle che si scortica e aspettando che finalmente….
Allungo un braccio, raggiungendo l’apertura. Levo la grata, lasciandola cadere a terra sotto di me e sposto la mano alla cieca cercando un appiglio all’interno. Dopo aver trovato una superficie a cui aggrapparmi, prendo un profondo respiro e stacco anche la mano sinistra, raggiungendo subito la destra e rimanendo appeso così, cercando di tirarmi su ed entrare nell’apertura.
Una manciata di secondi, e le pareti si chiuderanno, schiacciando il mio corpo penzolante.
Chiudo gli occhi.
Un ultimo sforzo.
Sento le braccia protestare di dolore ma riesco a trascinarmi dentro, riesco a sollevare le gambe e ad entrare completamente, mettendomi seduto.
Un attimo dopo sento le due pareti congiungersi con un tonfo, sigillando di conseguenza anche l’ingresso della grata.
Sono salvo.
Il sollievo è così forte che soltanto adesso mi ricordo di aver trattenuto il respiro per tutto il tempo. Prendo due profonde boccate d’aria e mi alzo, cercando di capire dove sono finito.
-Mikey!
Mi immobilizzo.
So a chi appartiene questa voce, e so che ora tutto ha senso.
 
 
 
RAY
 
 
Se avessi passato un altro secondo cercando di entrare in questa dannata botola, probabilmente sarei morto spiaccicato. Per fortuna, ho scoperto di non essere poi così fuori allenamento come pensavo, e anche se far passare il mio corpo attraverso l’apertura è stata un’impresa alquanto ardua, ci sono riuscito.
Ed è allora che sento qualcosa.
Qualcuno.
Aggrotto la fronte, scioccato. A qualche metro da me c’è un’altra grata sul pavimento, e una figura lunga e magra che si contorce, cercando di uscirne.
La guardo bene.
Oh.
-Mikey! – urlo, e lui solleva subito la testa, mettendosi finalmente a sedere e guardando verso di me.
-R-r-Ray?
Chiudo gli occhi, sentendo le vertigini assalirmi.
Tanto, troppo. E troppo in fretta.
Tutto questo non ha senso, non ha un fottuto senso.
Apro gli occhi e me lo ritrovo nel mio campo visivo, proprio lui, proprio Mikey, mentre mi guarda dall’alto e mi porge una mano per aiutarmi ad alzarmi. –Stai bene?
 Io la accetto e mi tiro su, massaggiandomi una spalla. –Più o meno.
Mi guardo intorno. Siamo in un’altra stanza in cemento grigio, questa volta rettangolare, e questa volta con una grossa porta in ferro battuto sulla parete di fronte. Niente scritte sul pavimento, niente muri che si muovono.
Siamo davvero sani e salvi.
Poi guardo Mikey.
Lo guardo. Lui mi guarda.
Non vedevo Mikey Way da secoli, direi. Non lo vedevo da quel giorno, quell’ultimo giorno in cui….
No.
In fondo, guardandolo meglio, è cambiato eccome. È diventato più forte, più robusto, e ha uno sguardo più determinato. Prima era sempre stato come un fratello minore per me, come se sentissi costantemente il bisogno di proteggerlo, e su questo ricordo ancora come ce la combattevamo io e Gerard.
Adesso… adesso no, non sento il bisogno di proteggerlo. Adesso lo ammiro, lo ammiro per tutto ciò che ha fatto per rialzarsi e lo ammiro per essere riuscito a ricavare comunque qualcosa di buono dal suo periodo buio, e lo vede anche lui nei miei occhi, perché mi sorride e poi apre le braccia, e allora mi chiedo come mai ho esitato per tutto questo tempo.
Come mai non mi sono precipitato ad abbracciarlo nello stesso istante in cui mi sono rialzato.
Lo stringo forte, aggrappandomi alle sue spalle e dandogli pacche sulla schiena. –Amico mio- mormoro, non riuscendo ancora a crederci.
Perché.
Perché anche lui qui.
Ma diobono, siete proprio degli stronzi, chiunque voi siate.
Ci stacchiamo di colpo, come se ci avesse fulminato lo stesso pensiero.
-Se ci siamo noi due…- inizia Mikey, fissandomi e aggrottando la fronte.
Annuisco, mentre pian piano inizio a capire.
-Ci sono anche Gerard e Frank.
 
 
FRANK
 
Sto per morire, ah ok.
La consapevolezza di ciò mi colpisce duramente, facendomi quasi barcollare, e continuo a fissare queste due pareti che si muovono sempre più velocemente, incalzanti, reclamando me.
Me.
Perché me?
Non riesco ancora a crederci, non riesco a capire, o forse sono semplicemente troppo stupido. Perché io, cosa ho fatto di male? Non ho nemici. Non ho fatto nessun torto, a nessuno.
O forse.
Forse.
Dio, ma è ovvio.
Sì che ho nemici.
E sì che ho fatto dei torti a qualcuno.
Ho fatto lo stesso torto a così tante persone in tutto il mondo, che improvvisamente mi sento scoppiare. Ma certo, certo.
No, basta. Basta basta basta. Ogni volta che mi ritrovo a pensarci, finisce sempre male. Finisce sempre in un litigio con Jamia, finisce sempre con me che rispondo in malo modo alle mie figlie, finisce sempre con un cellulare tra le mie mani, e un numero che non ho mai il coraggio di chiamare.
Ora devo soltanto uscire di qui, o almeno provarci.
Vedo una grata sul soffitto.
-Ah, ora appaiono anche grate a random, bello – borbotto tra me e me. So già che non riuscirò a raggiungerla, e non soltanto perché ho dei complessi di inferiorità riguardanti la mia altezza, ma perché semplicemente sono davvero troppo basso per farlo, ed è un dato di fatto.
Se anche ci fosse un modo per arrampicarmi lungo il muro….
Potrei farcela?
Oh, non lo so, ma devo provarci. Devo provarci assolutamente. In fondo, la scritta sul pavimento è chiara.
Keep running.
Continua a correre, e non fermarti mai, non voltarti mai indietro, non soffermarti a riflettere, corri e basta, corri e non pensare a nulla, corri e fregatene di tutto. Corri.
Ed è tutto ciò che ho sempre fatto in questi due anni.
Faccio qualche passo indietro, fino a sbattere con la schiena contro la parete che continua a muoversi sempre più in fretta.
Tre.
Due.
Uno.
Corro.
Quando arrivo all’altra parete, riesco a darmi una spinta abbastanza forte con i piedi, e ad allungarmi abbastanza per afferrare convulsamente il margine del muro. Ma non è abbastanza, e la mia presa non è abbastanza forte.
Non ce la faccio.                                                                                                                
Crollo di nuovo a terra, rotolando rovinosamente. Quando mi rialzo, il perimetro della stanza si è nettamente rimpicciolito.
Non ho più tempo.
Ci riprovo ancora, e questa volta riesco a rimanere aggrappato abbastanza a lungo da allungare un braccio per levare la grata dall’apertura. Con essa però, ricado a terra anche io. La stanza si è ridotta a circa un metro quadrato di spazio.
Impreco a bassa voce, e mi rialzo per riprovarci di nuovo.
Ce la posso fare.
Questa terza e ultima volta, mi allungo più che posso per cercare di afferrare l’orlo dell’apertura, ma proprio quando sto per slanciarmi in avanti, sento un dolore atroce alle dita, probabilmente causato dallo sfregare costante contro il soffitto, e inconsciamente mollo la presa.
Perfetto.
Morirò.
Accade tutto in un istante, e proprio quando penso che anche l’altra mano, quella aggrappata all’apertura, stia per cedere, sento qualcosa stringersi attorno al mio polso.
Una mano.
Che mi tira su.
-Beh, non ti ricordavo così pesante.
 
 
 
GERARD
 
Non so cosa sarebbe successo se mi fossi attardato un attimo di più.
Sicuramente ora non sarei a terra con Frank sopra di me che mi fissa sbalordito, perché sì, era abbastanza pesante e sì, per tirarlo su sono caduto all’indietro crollando sul pavimento.
E sì, nonostante la situazione critica e tutto il resto, questa posizione è parecchio ambigua e parecchio imbarazzante.
Soprattutto con Frank Iero, che non vedevo da due anni.
Frank.
Iero.
Dopo i primi attimi di smarrimento, lui si tira su quasi immediatamente. Si rimette in piedi e si spolvera i pantaloni del pigiama, poi torna a guardarmi come se fossi un fantasma.
Faccio un piccolo gesto di saluto con la mano. –Ehilà.
-Ehilà.
Non so come interpretare la sua espressione, non so come interpretare questa situazione e non so assolutamente cosa fare.
Per la prima volta da tempo, sono nel panico più totale. Non so come agire, non so cosa dire, voglio solo fissarlo e osservarlo e memorizzare ogni particolare, cambiato e non.
Voglio dire, è Frank. È qui con me, proprio quando credevo di essere completamente solo.
Quando, poco fa, sono riuscito a scappare da quella stanza infernale e mi sono ritrovato qui, ho visto subito l’altra grata. E non appena l’ho vista, ho intuito. E quando mi sono sporto per guardare e ho notato una mano tatuata che conoscevo bene cercare qualche appiglio alla cieca, ho sentito qualcosa.
Qualcosa, nel petto, che mi si scioglieva. Qualcosa che non provavo da secoli, qualcosa che mi ha sempre fatto sentire bene, e che ho tenuto nascosto per tanto, tanto tempo.
E ora lui è qui, davanti a me, e quella sensazione continua a perseguitarmi, sempre più intensa.
Frank si sta guardando intorno. Dopo essersi accertato di non trovarsi più in pericolo, ritorna a fissarmi e mi fa un cenno col capo. –Grazie.
Grazie.
Grazie?
Dio, Frank, sono io. Frank, guardami. Sono io, sono Gerard. Non… non lo senti?
O forse sono io il pazzo. Forse sono io la persona assurda qui, che in una situazione del genere pretende di poter dedicarsi liberamente a questi stupidi convenevoli.
Frank deglutisce. Lo vedo: è a disagio anche lui. Si sporge appena verso di me, aprendo un po’ le braccia. Mi sorride piano, ed io lo abbraccio, ma è un abbraccio vuoto, e ci stacchiamo quasi subito.
-Stai bene?- gli chiedo poi, spezzando il silenzio imbarazzato.
-Sì. Un altro istante di più e sarei morto, grazie.
-Già. Di niente.
-Ma… è successo lo stesso con te? Voglio dire, anche tu…?
-Le pareti che si muovono? Sì, anche a me. E anche io ho dovuto passare attraverso quella botola- dico indicando l’apertura nel pavimento a pochi passi da noi.
-Gerard.
Lo guardo, aspettando che dica qualcosa. Mi aspetto che mi dica finalmente un “è bello rivederti” o “come te la passi” o “sono felice di essere qui con te” e anche se so di essere stupido e infantile, lo spero intensamente.
Eppure, lui non dice nulla di tutto questo. –Dove diavolo siamo? Chi ci ha fatto questo, cosa vogliono da noi? E perché noi?
Sospiro, massaggiandomi le tempie. –Non lo so, ok? Non lo so. – Indico la porta in ferro di fronte a noi. -Non ci resta che scoprirlo.
La porta si apre facilmente, cigolando piano sui cardini. Al di là di essa, un’altra stanza completamente vuota.
-Ma che cazzo- commenta Frank, mettendo piede al suo interno. Io lo seguo, e soltanto quando siamo dentro capisco l’unica cosa diversa in questa stanza.
Ci sono due porte. Una, la nostra, quella dalla quale siamo appena entrati, e l’altra, sulla parete di fronte.
E si sta aprendo proprio in questo momento.
Sento il cuore farmi un balzo nel petto.
-Un’altra…
-Non ci posso credere, dio che incubo…
E poi ci vedono.
Li vediamo.
Ray.
E Mikey.
Ed è a quel punto che il soffitto si spacca in due.
 
 
 
 
SALVEeEeEeEe
Volevo tipo avvisarvi di una cosa alquanto stupida but fondamentale. Nel primo capitolo ho fatto tipo un errore “di calcolo” bc vi ho fatto capire che tutte e 4 le pareti si muovevano. In realtà, se ci pensate bene, questa cosa è tipo scientificamente impossibile, perché dovrebbero o rimpicciolirsi come per magia o boh, cioè.
Quindi, ho tipo modificato, e le pareti a muoversi adesso ne sono soltanto 2, cosa ancora inverosimile but più realistica lol
E niente, sono una persona stupida e non ho pensato a questa cosa vbb
Detto questo vi saluto e alla prossima : )
Buona lettura
M.
   
 
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