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Autore: JackiLoveCatoniss4ever    22/04/2015    5 recensioni
Tutti noi conosciamo Max, il ragazzino del Distretto 4, soprattutto per la scena in cui si vede la sua morte. Non sappiamo nulla di lui o della sua vita, né di come si è sentito quando è stato estratto. Chi avrà lasciato a casa? Da quali persone a lui care si è dovuto separare per sempre? E soprattutto, cosa c'è tra lui ed il tributo femminile del suo stesso distretto, Marina? Amicizia? Affetto? Amore? E, se è così, come si sentirà sapendo che solo uno di loro potrà fare ritorno al 4? Questa è la sua storia, prima e dopo la mietitura degli Hunger Games.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cato, Finnick Odair, Mags, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Never Die'
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Mi chiamo Max Eisenstein, ho dodici anni, abito al Distretto 4 e la mia vita è appena iniziata. E non importa se questo è il giorno della mietitura, non provo paura, solo felicità. Non vedo l’ora di rivedere Marina: oramai sono un eroe, ai suoi occhi. Mi presento in salotto con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. La sorpresa sui volti dei miei genitori è indescrivibile. Si guardano negli occhi, poi mi rivolgono qualche domanda. – Tesoro, stai bene? – chiede mia madre, preoccupata. – Certo, mamma. Perché me lo chiedi? Non vedi come sorrido? – le rispondo. – Figliolo, oggi è il giorno della mietitura, e tu non sembri minimamente spaventato! – ribatte mio padre. – Papà, fino ad ora la fortuna ci ha assistito. Cosa ti fa credere che, proprio oggi, debba cambiare tutto? E poi, c’è solo un biglietto col mio nome, nella boccia della mietitura: le probabilità che l’accompagnatrice peschi proprio quello sono talmente remote che preferisco non prendermi nemmeno il disturbo di pensarci – ed accentuo il mio sorriso. Loro alzano le spalle e tornano ad essere quelli di sempre: l’allegria è contagiosa ed ereditaria, in casa mia. Sulla tavola, vedo che la maggior parte dei piatti è occupata da dolci, quasi a volerne fare un’occasione speciale: liquore di arancia al latte, torta di mele, frittelle di castagne e torta di pere e formaggio. Niente male, come colazione. Mi viene subito in mente un’idea: prendo un fiasco di liquore, due fette dalle due torte diverse ed una frittella, avvolgo questi ultimi tre in tovaglioli di carta e li infilo in una cartella, assieme alla fiaschetta. – Che fai, Max? – chiede mio padre, incuriosito. – Preparo una sorpresa per tre persone –rispondo, sapendo che, in questo preciso istante, i miei occhi stanno scintillando dalla gioia. Finisco di mangiare, li saluto e mi fiondo in Accademia. Oggi c’è un gran fermento, e nessuno bada molto a me. Cerco il ragazzino con cui mi sono azzuffato ieri. Non appena mi vede, si mette sulla difensiva, pronto a prendermi a pugni di nuovo. Ma io apro la cartella, tiro fuori il liquore e glielo offro. – Buona fortuna per oggi! – gli auguro, e mi allontano alla ricerca di Jonathan, lasciando quel ragazzino a rimirare il mio dono, con un’espressione sconcertata in viso. Vedo il mio miglior amico alla sua postazione preferita, il lancio dei coltelli, ovviamente; sono le armi più facili da maneggiare, o almeno così sembra. – Ehi! Qual buon vento? – dice, quando mi piazzo davanti a lui. Prendo la frittella e gliela offro. – Buona fortuna per la mietitura! – esclamo. Mi guarda. – Scommetto che lì dentro hai un altro paio di dolci, e che ne darai uno ad una persona molto speciale – mi canzona. – Sai, diventeresti ricco se lavorassi come indovino – rido, prima di salutarlo e di andare a cercare Marina. Si sta allenando con la garrota. – Marina! – grido, cercando di attirare la sua attenzione. Si volta. – Ehi! – mi sorride. – Come va? – Divento un po’ impacciato, come sempre quando mi trovo davanti a lei. – B-bene. – Ricordo il motivo per cui sono lì, e mi faccio coraggio. – Ho due fette di torta, ne vuoi una? – domando, tutto d’un fiato. Mi guarda, sorpresa. Poi annuisce. – Okay. – Quasi non riesco a crederci. – Quale vuoi, quella di mele o di pere e formaggio? – Ci riflette un attimo. – Penso che prenderò la seconda. – Gliela offro e mi siedo accanto a lei, gustandomi la prima. Dopodiché, ci salutiamo ed andiamo ad allenarci, anche se vorrei restarle sempre incollato. Torno da Jonathan e facciamo qualche lancio fino a mezzogiorno, quando dobbiamo tornare a casa. Non appena entro, il profumo di dolci mi pervade, inebriandomi. Sul divano c’è un completo grigio che dovrò indossare in piazza, alle due. In tavola ci sono: pandolce capitolino, carteddate, torta di nocciole con crema zabaione, cono di struffoli, tronchetto della mietitura, semifreddo al torrone e amarene ed albero delle feste. Mangiamo tutto, poi ci vestiamo e partiamo per andare in piazza. Mi viene in mente una cosa che mi preoccupa molto: Marina ha cinque tessere. So che sono poche, ma una volta hanno pescato una ragazzina che ne aveva solo tre, quindi non si sa mai. Arrivati davanti al Palazzo di Giustizia, ci separiamo: io vado a registrarmi, loro si uniscono ai genitori attorno la parte recintata. Pochi minuti dopo, vedo Jonathan in un gruppo di dodicenni con cui abbiamo ottimi rapporti, e mi avvicino a loro. Parliamo del più e del meno, senza far cenno a quello che succederà a breve. I Pacificatori ci dicono di metterci in fila. Esce Cate Carrington, l’accompagnatrice, che si produce nel suo numero consueto. Poi arriva il momento in cui la tensione si fa altissima. Si avvicina alla boccia delle femmine, e ne estrae un bigliettino. Si avvicina al microfono e: – Marina Schulse!
Ciao! Eccoci al quarto capitolo: la mietitura. Qui si entra nella storia vera e propria. Nel prossimo, ovviamente, sapete già cosa succederà, e ci sarà una frase collegata ad un’altra di questo capitolo. Sono quasi identiche, quindi le riconoscerete subito. Dopo avervi avvertito, vi chiedo di recensire, solo se volete, ovviamente, e ringrazio chi lo ha già fatto. Siete liberissimi di mettere la storia tra le seguite, ricordate e preferite, anche se so che non lo farete perché, nei vostri panni, avrei fatto lo stesso. Non è niente di che, non mi merito il titolo di autrice preferita di nessuno.
   
 
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