Film > Thor
Segui la storia  |       
Autore: _Aly95    22/04/2015    1 recensioni
(REVISIONE in corso capitoli)
-------------
"Durante quel racconto aveva ricordato ciò che il corpo non aveva mai dimenticato: la sua pelle, le sue mani fredde, che si infilavano sotto la propria carne, quel suo sangue di ghiaccio, da predatore paziente e calcolatore, implacabile. E quel suo senso di superiorità e di potere che sprigionava con ogni parte del suo essere, la sua natura possessiva e misteriosa: sbagliato, forse morboso, ma era ugualmente eccitante. [...] Era rabbrividita, con un certo timore: un essere del genere, avrebbe mai trovato la pace, in particolare nella sua folle vendetta..?
Si stava sciogliendo. Sciogliendo tra la neve."
[Pre-Thor] / [Post-Avengers] - [Thor: The Dark World] - [Post- Thor: The Dark World]
Il destino mescola le carte e noi giochiamo _ Arthur Schopenhauer
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
‹‹Cosa significa..?›› proruppe Volstagg abbandonando la coscia di pollo nel piatto per poi riprenderla subito in mano. ‹‹Cosa ci fa lei qui?››
Sif fu la prima a estrarre la spada, seguita a ruota da Hogun, che teso si portava sull’attenti. Fandral invece piegò il capo con un sorriso lungo.
Il Dio del Tuono portò un braccio davanti alla dea dalla chioma rossiccia, un gesto spontaneo per coprirla da eventuali assalti. ‹‹Aspettate, miei valenti guerrieri ed amici››. Respirò con calma. ‹‹Conosciamo il luogo in cui si mostrerà. Lo coglieremo di sorpresa››
Non c’era bisogno di nominarlo; lo capì dalle loro espressioni indurite e attente.
La dea dagli occhi blu quasi soffiò in direzione dell’altra donna. ‹‹Colei che porti con te è per caso tornata per visitare le prigioni?››
Lorelei sorrise, portandosi i capelli dietro le spalle. Ma sembrò risparmiarsi commenti.
‹‹Rinfodera la tua lama fatale, cara lady Sif›› la invitò Thor, con gentilezza ferma; ma la dea non si lasciò persuadere. Non si fidava della strega dalla notevole nomea: e ne aveva ben donde.
Fandral le si avvicinò baciandole il dorso della mano con complimenti poco appropriati per la situazione, al che la guerriera sfiorò un ringhio, una smorfia di disgusto sul bel viso. Thor la osservò a lungo, fino a quando ella non sciolse il suo astio cieco, senza però abbandonare la distaccata diffidenza, il fine sguardo felino rivolto alla donna che lo affiancava, che continuava a diffondere tensione nell’aria con i suoi modi esasperanti: tocco di capelli, di guancia, di labbra, tutto ciò che avrebbe potuto attrarre le attenzioni di un uomo.
Abbassò la guardia, ritirando il forte braccio, sicuro che nessuno avrebbe osato sfiorarla.
‹‹Che cosa vuole, questa volta?›› domandò legittimamente il Leone di Asgard* ricominciando a masticare la carne e staccando grandi morsi, incurante di sporcarsi l’elegante casacca rosso bordò.
Bella domanda, amico mio. Questa volta non abbiamo il benché minimo indizio, a parte un sigillo dalla dubbia utilità.
‹‹Le sue intenzioni ci rimangono ancora oscure››. Li guardò con determinazione. ‹‹Ma Odino non è ancora stato trovato, e abbiamo bisogno che Loki sveli le sue sorti, al più presto››.
A volte si chiedeva se avesse avuto il fegato o, semmai, il cuore di ucciderlo. Era suo padre, dopotutto, o lo era stato quantomeno, una famiglia, le sue vere origini non contavano.
Non sarebbero mai contate, ne era certo; sarebbe sempre stato un figlio.
Suo fratello.
Avevano passato insieme l’esistenza: come avrebbe potuto una simile scoperta recidere l’affetto che li legava?
Credi che mi provochi ribrezzo la verità sulle tue discendenze?
Tu non sei un mostro, Loki.
O almeno, non lo sei per quanto concerne le tue origini..
Incollò gli zaffiri sull’elmo d’argento che tante battaglie aveva affrontato.
Un elmo che aveva assistito silente ad un fratello poco sveglio e assente nei momenti di sofferenza, una sofferenza taciuta nel simbolico silenzio di un ragazzino che chiedeva solamente di avere una possibilità.
Una possibilità di riscuotere l’orgoglio dagli occhi di un padre sempre troppo impegnato, sempre troppo duro, sempre troppo freddo. Una possibilità di leggere nei suoi zaffiri e negli specchi del mondo un benché minimo segno di fierezza nei propri confronti.
Un ragazzetto dalla carnagione pallida, due occhi verdi, lisci e appuntiti capelli corvini che lo guardava con un vago rossore disperso sulle guance; aveva i pugni chiusi e l’espressione di chi vorrebbe esplodere dalla rabbia, mentre lui si massaggiava le spalle acerbe dell’uomo che sarebbe diventato di lì a pochi anni, senza la decenza di alzare lo sguardo e parlargli in viso.
“Ha ragione Madre: sei troppo gracile per combattere all’arena. Sif che è una femmina è più forte e veloce di te. Se soltanto ti impegnassi di più, forse..”
Thor espirò, acuendo lo sguardo sull’elmo, cercando di dimenticare l’immagine che aveva davanti agli occhi.
Era stato cattivo, a volte crudele, lo ammetteva; ma non lo aveva mai fatto col desiderio consapevole e volontario di ferirlo: era un bambino prima, un adolescente poi, che aveva i propri pensieri e le proprie magagne, le glorie, la voracità affamata, il brivido che cominciavano a istigargli le ancelle ridenti per il castello o ai bordi del campo; che gli innescava Sif in particolare, con le sue movenze, le sue forme, il suo profumo.
Da uomo, non credeva che Loki soffrisse ancora per quello che era oramai un passato secolare, un presente di invidia nascosta, anzi; probabilmente, nemmeno gli era passato mai per l’anticamera del cervello di avergli fatto del male.
Fino a quando..
Beh, fino a quando non aveva inviato il Distruttore su Midgard. **
Strinse i pugni, fulminando la stanza, ricordi truci e dolorosi.
Però non era giusto.
Non era stato un mero fallimento di fratello, Loki non poteva ricordare solo gli episodi negativi.
Io ricordo ogni volta in cui sono corso a proteggerti dalle angherie, senza il desiderio di voler conoscere il vero colpevole, o delle volte in cui passavamo le notti insieme perché avevi paura dei mostri delle storie che ci raccontava Madre.
Loki si rifiutava di riconoscere quei momenti di luce, di affetto; sembrava averli completamente dimenticati. Forse erano pochi, forse il dolore e la sofferenza erano stati più profondi.
Tuttavia non poteva vivere accusando il mondo, comportandosi come la vittima del destino, la persona più sfortunata dell’universo: c’erano degli spiragli di luce, nella sua vita, e se non voleva raccoglierli, se non voleva guardarli, era colpa sua.
Non poteva sfogare il suo rancore su chi non aveva colpe, non poteva comportarsi in maniera così infantile e vittimistica.
Più volte aveva invano domandato perdono; bensì il Dio dell’Inganno aveva calpestato il suo affetto come fa uno stivale con unaformica.
Affondò le dita tra i propri capelli biondi, spostando una piccola treccina dietro la spalla, intanto cercava di riconcentrarsi sul presente.
‹‹Il maestro non te l’ha detto..?›› era stato di nuovo Volstagg ad avanzare la domanda, questa volta verso la strega. Lorelei alzò un sopracciglio, continuando a rimanere in silenzio.
‹‹Ti hanno tagliato la lingua?›› ironizzò la guerriera dai lunghi capelli corvini raccolti in una folta coda alta.
Intervenne. ‹‹Le ho ordinato di tacere all’interno del palazzo; parlerà soltanto quando lo permetterò››. Una piccola e banale accortezza, ma sicuramente efficace per evitare eventuali incidenti di percorso.
‹‹Verrà con noi?››
Si voltò verso Hogun. ‹‹Sì. Ho accordato di non avanzare arresti o catture nei suoi confronti››. Come dicevano su Midgard: tenersi stretti gli amici, ma ancor di più i nemici.
Scese un silenzio carico di riflessione.
Thor aspettò, cercando di mostrarsi paziente: sapeva che i suoi amici più fidati non lo avrebbero abbandonato, sapeva che lo avrebbero seguito in capo al mondo, se necessario. Li guardò negli occhi, uno per uno, scorrendo sulle loro facce familiari e care; aveva trascorso con loro quasi tutta la sua lunga vita millenaria, condividendo sogni, lotte, fango, sudore e sangue, birra e risate; si fidava più dell’ardore e dell’amicizia che li legava, che di se stesso. Incrinò appena la sua espressione decisa. Credevo di conoscere anche Loki, e invece..
Fandral si alzò di nuovo dalla sedia, sistemandosi il ciuffo con un deciso tocco della mano destra. ‹‹Cosa stiamo aspettando?››. A ruota si alzarono tutti gli altri. Anche lady Sif.
Le sorrise, grato, la dea rispose con una complicità riflessa nelle labbra stirate. Ancora rivedeva ogni motivo della sua vecchia passione, se ragioni per l’amore occorrono.
‹‹Dove ci conduce questo ennesimo intrigo?›› si stiracchiò il guerriero dalla folta barba rossa, riccia e ben ordinata in tantissime trecce, appoggiando l’osso perfettamente pulito nel piatto.
‹‹Svartalfheim››. Tutti si dettero un’occhiata meravigliata, se non disorientata, mentre lo spadaccino si interrogava ad alta voce:“Crede che ci sia ancora un trono da conquistare su quella terra morta?”.
Non aveva tutti i torti: se il dio voleva un trono, quello di Svartalfheim, una terra caduta, un popolo annientato, non rappresentava un’offerta allettante.
No, doveva esserci altro.
‹‹Un motivo in più per non abbassare la guardia›› decretò asciutto. Guardò poi attentamente i quattro amici, con un’espressione grave e seria, solenne. ‹‹Ho una grandissima e onerosa richiesta verso alcuni di voi››. Mise la mano sulle spalle di Hogun e di Fandral. ‹‹Ho bisogno che restiate qui, a palazzo. Non vorrei che qualcuno si approfittasse di una difesa sguarnita... o che sia Loki stesso, a farlo, in seguito ad un diversivo di false informazioni››
‹‹Sarebbe da lui›› commentò con lapida accortezza Hogun, mentre lo spadaccino dava un poco abbattuto un bacio d’addio sulla mano della strega, suscitando nuovamente il fastidio dell’altra donna. Annuì, congedandosi dai due guerrieri, ai quali aveva appena affidato il comando del regno in vista della sua assenza.
Il Dio del Tuono si avviò subito sulla strada per il Bifröst seguito dagli altri tre dèi. Incrociò più volte lo sguardo con quello deciso e fiero di lady Sif, ritrovandosi a scambiare piccoli cenni d’intesa, sorrisi complici. Secoli persi nel tempo si era distinta come la più bella e feroce guerriera di tutto il regno. Lo era ancora, se non più temibile e splendida.
Lorelei intanto si trovava dietro di loro, marcata stretta da Volstagg; stranamente, non sembrava ricercare il centro dell’attenzione che tanto bramava, era insolitamente calma e tranquilla, il che la rendeva un soggetto pericoloso al di là della sua ammaliante e incantevole bellezza.
Stava sicuramente architettando qualcosa – esattamente come faceva Loki, quando se ne stava muto per troppo tempo. D’altronde, era stato proprio lui il suo principale maestro: un motivo in più per tenerla costantemente, in maniera febbrile e attenta, sotto controllo.
La cupola dorata del Bifröst si ergeva magnifica sull’oceano dai riflessi di cristallo, la punta verticale che indicava il cielo iridescente di Asgard. Il sommo guardiano si trovava sull’uscio dell’entrata, pronto a riceverli, la spada a riposo, le mani sull’elsa, gli occhi di miele persi nella volta dell’infinito universo.
Heimdall piegò il capo dinnanzi alla sua figura, dinanzi a lui, Thor, sovrano reggente.
Temporaneo, cercò di convincersi. Le Norne sapevano quanto adesso gli costasse ciò che aveva sempre desiderato.
‹‹Svartalfheim›› ricapitolò uscendo dai propri distanti pensieri.
Al solito, si posizionarono, l’uno alla stessa distanza dell’altro, la spada del guardiano levata, pronta per attivare il portale; la breve attesa che anticipava ogni viaggio.
La voce potente riverberò all’interno della cupola, confondendosi con l’incastro della lama nel tronco d’oro.
‹‹Basterà chiamare››
Fu un attimo, al solito.
La luce accecò i loro occhi, le membra provarono per l’ennesima volta la sensazione di partire e volare lontano, di scindersi e ricomporsi, sovrapporsi e smaterializzarsi.
E poi vennero la tipica nausea, il giramento di testa, lo smarrimento dovuto all’assenza momentanea e improvvisa di un terreno sui cui appoggiare i piedi.
Non ci si abituava mai.
La fulgore si spense in un attimo, lasciando immersi i suoi zaffiri nell’oscurità di una terra buia e grigia, spenta di vita e colori, spogliata di qualsiasi dignità.
La stessa landa desolata in cui aveva compianto il falso trapasso di suo fratello.
Ancora uno squarcio al petto gli ricordava il dolore straziante che aveva provato per la seconda morte, peggiore: non era riuscito a salvarlo, di nuovo, ma quella volta gli era ceduto tra le braccia, un perdono spento sulle labbra, la pelle a mano a mano più nera e cadaverica.
Non hai un briciolo di vergogna, fratello, per avermi dato una pena così terribile?
‹‹E' questa la fine che ha fatto la nave di Malekith?››
Un labirinto semovente al soffiare del nulla. Non c’era un alito di vento, su quella terra, e quando si percepiva il movimento dell’aria, si doveva star sicuri che si trattava di due cose: o un essere vivente che cammina straziato sui ciottoli di un terreno divenuto infertile o l’arrivo di un tifone.
Perché Svartalfheim, in seguito alle guerre, era divenuta  terra morta.
Inspirò lentamente, spaziando lo sguardo: erano terribili le condizioni in cui riversava il pianeta; non che avesse mai conosciuto una realtà diversa. Quando Thor era nato, esso già si decomponeva.
Non sapeva perché, eppure aveva avuto da sempre l’impressione che si stesse mangiando, distruggendo se medesimo, come volesse guadagnare un ultimo barlume di gloria e onore nel suicidio, dopo che gli era stata portata via la vita.
Si addentrarono tra i detriti, le macerie immobili e all’apparenza centenarie, se non millenarie, di una nave caduta appena pochi mesi prima. Il terreno di ciottoli e polvere non cambiava mai colore, sempre scuro e tetro, tantoché, se non fosse stato per il mezzo dislocato, sarebbe stato facile perdersi.
Dove sei, fratello?
Un posto, forse, indice e rappresentante dello stato della sua anima.
‹‹Dividiamoci›› suggerì incontrando lo sguardo d’intesa di Sif e Volstagg. ‹‹Non sappiamo che cosa stia cercando o facendo, ma non possiamo perdere troppo tempo››
Si voltò prima in un verso, poi nell’altro, spostando il mantello rosso porpora, morbido, con un braccio.
Il sangue gli si gelò nelle vene.
Lorelei era scomparsa.
‹‹Dannazione..›› imprecò a denti stretti, contornato dalle maledizioni degli altri due guerrieri. ‹‹Dove è sparita..?››
Si guardarono intorno, notando solo i detriti neri della nave, tanto immensi quanto minuscoli.
Che le è preso..? Perché se n’è andata?
Cercò di far riacquistare la calma a lady Sif, che sembrava frustrata per essersi fatta sfuggire Lorelei da sotto il naso, in maniera così sciocca.
‹‹No, Thor. Io vado a cercarla››. Provò a farla ragionare, tuttavia invano, quando la dea si metteva in testa una cosa, era impossibile dissuaderla. ‹‹L’ho già affrontata una volta, so di cosa è capace››. Sorrise ‹‹Qui non ci sono uomini alle spalle dei quali ripararsi››
Si morse le labbra. Continuava ad avere la sensazione di uno strano dejà vu da quando erano arrivati; accordò comunque la sua decisione, sapendo che non sarebbe riuscito a fermarla in ogni caso, e la donna scomparve dietro un nero pannello.
‹‹Volstagg..›› sospirò, massaggiandosi il polso della mano che recava Mjölnir. ‹‹Restiamo uniti, e orecchie aperte. Se Sif avesse bisogno di aiuto..›› fu interrotto dall’amico che si premeva l’indice sulla bocca, intimandogli di fare silenzio.
‹‹Thor, c’è qualcosa di sinistro›› sussurrò il Leone di Asgard guardandosi attorno. ‹‹Lo sento nella pancia..››
Sorrise alle parole del guerriero, per poi tornare immediatamente serio. Allora non era il solo.
Non dirmi che..
 
 
                                                                                     ***
 
 
Svartalfheim.
Terra oscura e lugubre, terra di morte e distruzione. La tomba perfetta per il Dio dell’Inganno e del Caos: no?
Si fece spazio tra i detriti dell’enorme scheletro della nave dei Dökkálfar, che ne aveva seppellito il re come un monumento dal macabro sarcasmo. Seguito in fervido silenzio dal maestro, proseguiva per una strada che aveva imparato piuttosto recentemente – ancora ricordava in maniera distinta la ferita che si era provocato sotto il collo, il giorno addietro, cercando sotto quei rottami neri e di polvere – che lo avrebbe condotto verso gli ultimi residui della fonte di energia della gigantesca nave, la cui potenza necessitava per squarciare il velo dimensionale che lo divideva dalla pericolosa e incombente minaccia. Da lui.
Da Thanos.
Freddò i brividi meccanici che gli correvano sotto la carne divina al più vago eco del sofferente terrore gettatogli addosso, con le peggiori torture fisiche e psicologiche mai attuate dai viventi.
Debole. Piegato. Innocuo. Marionetta della più temibile delle creature.
Era stato raccolto come un rifiuto che galleggia nella melma della sporcizia, e poi pestato, più e più volte, fino a farlo sprofondare nel punto più basso e misero del suo essere, gli occhi e le labbra colmi di umiliazione, sapore di fremente sconfitta.
E di vendetta verso coloro che tanto profondamente nell’oscurità l’avevano annegato.
Dolore. Nero. Dolore. Rosso.
Lacrime di vergogna dinanzi alla nudità delle sue emozioni.
“Lui ti conosce. Ti conosce come mai nessuno potrà mai. Non riuscirai a nasconderti dalla sua mano”
Nessuno poteva comprendere. Nessuno poteva immaginare l’orribile e opprimente sensazione che il suo aguzzino gli soffiava sulle spalle facendolo tremare dentro.
Nessuno poteva realizzare il dolore il e terrore da lui provati.
“Credi di conoscere il dolore..?”
Scosse leggermente la testa, facendo slittare gli smeraldi freddi verso la propria sinistra.
Senza quella piaga che gli rubava il sonno, sarebbe tornato a mostrarsi alla luce del sole, pronto a rivendicare in ultimo ciò che gli apparteneva.
E lo avrebbe afferrato.
Affondò lo sguardo tra le macerie, giungendo finalmente, davanti a loro una lunga colonna scheletrica, all’interno della quale, contenuto in un materiale molto resistente, scorreva il midollo di energia che sosteneva l’enorme mezzo, mischiato all’Aether***, rifugiatosi in quel tubo nel tentativo di sopravvivere dopo la morte del vecchio proprietario.
Rivolse stancamente la mano al maestro, che gli allungò l’ampolla col famigerato fluido argenteo; lo osservò contro la fioca luce spenta, morta, polverosa, che strisciava il cielo di quella landa desolata, quasi non avesse nemmeno il coraggio o la buona educazione di sfiorarlo.
E' tempo.
Tempo per la liberazione.
Tempo per la vendetta.
Tempo per la rivincita.
Tempo per la felicità.
Finalmente il suo tempo.
Aprì il contenitore di vetro, imbrattandosi le mani col luccichio di cristallo grigio e bianco, disegnò attentamente, con la prontezza e la pazienza di un cacciatore, la trappola, la tagliola che si sarebbe chiusa attorno alla gamba, attorno alle abilità di un nemico tanto sicuro di sé.
Non sbavò il contorno di alcuna runa, né quando chiuse il cerchio argenteo credette per un secondo di aver compiuto errori o imprecisioni.
Il seiðr fluiva in lui più naturalmente che in qualsiasi altro essere. A mano a mano che incrementava i propri poteri, si accorgeva di come la barriera che divideva esso dalla sua anima e dal suo corpo si assottigliasse, rendendoli una cosa sola ed unica.
Gettò uno sguardo in tralice sul suo meticoloso lavoro, sicuro e soddisfatto.
La voce del maestro rovinò quel momento di supremo assaggio.
‹‹Per squarciare il velo bisogna che un’altra ingente fonte di energia collida con quella qui presente›› accennò con i suoi occhi vispi in direzione della colonna di metallo, le braccia incrociate che creavano parecchie pieghe nella sua elegante tunica chiara. Faceva un gran bel contrasto con il terreno bigio del pianeta.
‹‹Lo so›› si limitò a rispondere, pulendo i palmi gli uni contro gli altri, lentamente, con un sorriso eloquente stampato sul volto affilato.
L’energia che sosteneva la nave madre si era indebolita in seguito alla disfatta, ma il materiale energetico fluido che si stava nutrendo di essa rendeva l’intero sistema altamente potente, quasi pronto a collassare. “Quasi” perché aveva raggiunto un livello di stabilità incredibile, che solo qualcosa di parecchio rilevante avrebbe potuto sbilanciare.
Tra poco avrò tutto quello che mi occorre.
‹‹Sarà molto delusa quando scoprirà che sei venuto meno al patto››
E dunque? Non sarebbe cambiato niente. Niente.
Aveva provato a combattere le sue paure, aveva provato ad accollarsi le colpe, aveva provato a metterla sulla riga dell’ultimatum.
Ma sembrava non aver fatto alcun passo al di là si se stessa.
Io ce l’ho messa tutta, Anirei.
La scossa dei suoi muscoli gli fece alzare, quasi selvaggio, il labbro superiore, una smorfia lieve, che nessuno sarebbe mai riuscito a notare. La nascose comunque con un sorriso ben piazzato.
‹‹Oh, certo, sempre se verrà a saperlo..››. Finì di pulirsi le mani, con calma, senza guardarlo.
Dopotutto, anche il maestro che Anirei tanto ammirava aveva i suoi oscuri segreti, che presumeva non si fosse sognato nemmeno di rivelarle; o, chissà, magari non si era nemmeno reso conto degli occhi brillanti carichi di adorazione verso la sua persona. Peggio per lui.
Grattò il rimanente fluido che aveva sul dorso della mano sinistra, si passò la lingua sulle labbra, concentrato. ‹‹C’è stata una fuga di notizie, sai..?›› quasi si graffiò la pelle ‹‹Ma non preoccuparti, so anche che non sei stato tu a passare le informazioni che mi riguardano››
Sospirò teatralmente, lascivo. Era stata Bessyn, la pedina più malleabile e prevedibile, il Dio dell’Inganno l’aveva giocata esattamente sulla casella che aveva già programmato per lei.
Se avesse dovuto scommettere, avrebbe anche immaginato le parole di scambio tra le due donne dalla chioma rossa, le finte parole di convincimento di Lorelei: “Voglio vendicare mio fratello, portando via la persona a lui più cara. La ucciderò io, ma in cambio devi rivelarmi il luogo e il momento in cui abbasserà maggiormente la sua guardia su di lei”.
Piano rozzo e grezzo, ma funzionale e pratico; se soltanto Loki non avesse chiuso temporaneamente ogni portale che conduceva ad Alfheim.
Bessyn, Bessyn, Bessyn.. sei caduta esattamente nella mia trappola.
Sbadigliò, eccitato e pronto; presto anche le altre pedine avrebbero preso il proprio posto, lo stesso che lui aveva anticipatamente designato per loro.
Erano tutti sempre così prevedibili. Talvolta era quasi noiosa la facilità con cui le persone amavano essere raggirate. Era convinto, Loki, che in realtà a tutti piacesse vivere nell’illusione e nella menzogna che copre le menti, che ci fa vivere in un mondo immaginario idilliaco, spesso parecchio divergente dalla realtà, una difesa contro la cruda realtà della vita, piena di sofferenza e morte, caos: lo stesso Thor, ad esempio, che si vantava del suo protettorato su Midgard, non aveva mosso un dito per impedire agli umani di uccidersi tra loro come cellule impazzite. Asgard, muoveva guerra ad ogni minimo accenno di ribellione, abbandonando le sue morbide e false vesti di tolleranza e pace, e scoprendo le sue vere, guerrafondaie, assolutistiche, forme.
Se il dio avesse avuto la possibilità di governare, avrebbe eliminato gli elementi più deboli e corrotti, per portare una pace e una ricchezza senza tempo, piena di leggi e giustizia, un ordine puro e inviolabile. Una nuova epoca d’oro per i veri Dèi, che non avrebbero più piegato il capo dinanzi al trono di un Dio che aveva preso possesso delle loro vite senza che potessero avere voce in capitolo; era anche per questo, che considerava Odino un debole.
Nessuno avrebbe potuto governare meglio di Loki da Asgard, Dio dell’Inganno e del Caos. Ne era sicuro.
Abbastanza.
“Ti ritieni superiore a loro, fratello? Ti sfugge il vero senso della parola “governare”.. è per questo che non sarai mai re”****
Riordinò i capelli mossi sulle spalle, dando una spolverata ai pantaloni scuri.
‹‹Immagino quindi che tu conosca anche gli eventuali piani nel remoto caso in cui tu non tenga fede anche al nostro, di patto›› gracchiò l’uomo dalla barbetta ispida guardandolo fiso e pensoso.
‹‹Può darsi›› commentò vago. ‹‹Come suppongo che tu conosca le mie vere intenzioni›› gli lanciò un’occhiata dura e sprezzante; decisa e perforante. Alzò un sopracciglio, un angolo della bocca ‹‹Non la lascerò certo andare con gente come voi… ma questo presumo tu lo sapessi già››
‹‹Hai chiuso i portali›› ovviò.
Già. Due piccioni con una fava.
Il maestro irrigidì la muscolatura, ma l’espressione inizialmente contrariata si distese in una tranquillità quasi sovrannaturale. ‹‹Hai intenzione di uccidermi? Non gradirà affatto..››
Loki avrebbe voluto davvero incenerirlo con gli occhi. Lui e la sua filosofia, le sue macchinose psicologie: tutto il suo aspetto, tutto lui, non riusciva a sopportarlo.
Come aveva fatto a lavorarsela così bene, la sua Anirei? Era un uomo a dir poco insopportabile!
‹‹Credi che tirarla in mezzo possa proteggerti da me?››. Chiuse gli occhi a fessura, sibilò ‹‹Dalla serpe argentea che tutti temono per la sua inumana spietatezza?››
Un fischio, un rombo.
Alterazione magnetica della zona, un lampo che si spandeva nel cielo, intenso ma breve.
Sorrise beffardo, alzando un angolo della bocca, guardando il cielo buio. ‹‹Ecco che sono arrivati gli ospiti d’onore. Possiamo dare inizio alla festa››.
L’inizio di una grande impresa.
Accovacciatosi, protesa una mano verso il terreno, accese le rune col proprio seiðr, facendo brillare ciascuna di una tenue luce azzurro-violacea. Il sigillo era pronto, ora bisognava solo creare un disequilibrio della natura spazio-temporale del pianeta. 
Si alzò; volse i palmi verso il cielo prima di mimare un gesto diretto verso l’alto, verso il cielo perennemente al tramonto, sempre più fioco, esattamente come il pianeta cui apparteneva.
La terra cominciò a tremare sotto i loro piedi, il pianeta sembrò prendere vita, scosso nelle sue stesse fondamenta. Un terremoto generato da un’orribile creatura, e non dalla natura oramai immobile e morta di un mondo sconfitto e condannato alla lenta distruzione del tempo che al contrario sembra non esistere dove tutto è fisso, bloccato, fermo.
Il tremore si fece progressivamente più intenso.
‹‹Mi sento profondamente misericordioso, oggi.. vattene, e riferisci che non si può ingannare il Dio dell’Inganno: non lo si può allontanare da ciò che brama››
Un terribile sibilo si confuse nell’aria ora ammantata di soffocante polvere, ora cieca come il cielo al più basso dei suoi tramonti.
 
 
 
Si immerse nel labirinto di macerie, mentre l’urlo della bestia lo avvisava dell’avvistamento delle prede nemiche.
Rumore di passi sulla terra nuda, circospetti e quasi silenziosi, ma mai come quelli del Dio dell’Inganno che tesse nell’ombra silenziosa.
Sapeva che lo stava cercando, la rabbia negli occhi blu, la gelosia nel tremore delle mani. La spada vibrava di frenesia.
Mi stai cercando, cara lady Sif. Vuoi il conto, non è così?
Il conto per averla allontanata dal cuore dell’amato; per averla umiliata nell’oro perso dei suoi boccoli biondi, ciocche tagliate malamente, scomposte e disordinate sul pavimento intarsiato. Un urlo di orrore all’alba di un tempo ormai lontano.
Un ringhio celato in una bocca dai denti serrati dinanzi alla cruda reazione: sì, Loki ne aveva pagato in parte il prezzo, ma aveva ottenuto quel che più gli premeva.
Thor ha difeso me. E non te. Mi ha preferito a te.
La dea tagliava l’aria con lo sguardo, zampillando lentamente le pupille blu in ogni direzione, indecisa se correre dalla bestia o continuare nella meticolosa ricerca di un dio che disprezzava forse più di chiunque altro: sapeva che era vicino.
Piatto e intoccabile come un’ombra, scivolava sul terreno morto di sabbia, sotto i suoi stivali, dietro la chioma nera di imbroglio*****, sulla sua schiena. Le sfiorò un boccolo, lanciandolo come un soffio nell’aria. Schivò il suo pronto attacco.
‹‹Avanti! So che sei qui. Mostrati!›› ringhiò come una cagna pronta ad azzannare il corvo. ‹‹O preferisci destrarti nei tuoi soliti inganni, come il vile e codardo che sei?››
Non disse nulla, rotolò in silenzio vicino alla punta della sua spada, toccandola appena, l’impazienza frustante della guerriera. Quando la lama toccò il terreno, il Dio degli Inganni era già fuori portata. ‹‹D’accordo›› sorrise arrogante la donna, mostrando i denti ‹‹riuscirò a farti baciare la terra lo stesso, come ogni buona volta in cui ci siamo affrontati››. Oh, ma io ero ancora un debole ragazzino appena iniziato al seiðr. La stessa voce di due bambini spaventati dinanzi alle storie della madre, che raccontava le grandi imprese del marito, della grande battaglia in cui aveva perso l’occhio, arrivò pungente e affilata più di un ago.
Mostro. Sei un mostro.
Lady Sif si guardò intorno, la guardia tesa e attenta. ‹‹E quando sarai ai miei piedi, confesserai tutte le trame losche che stanno consumandosi alle nostre spalle››.
Rise.
Rise fuori di sé, non preoccupandosi di far rilevare la propria posizione. ‹‹Oh, la mia cara Sif, sempre vigile e sveglia, non le sfugge mai nulla!››
La donna, orecchie come antenne, gettò uno sguardo prima alla sua destra e poi alla sua sinistra. Loki le si avvicinò di soppiatto, sempre slittando inconsistente sul terreno sbiadito. Anche su di lei si disegnò un sorriso tagliente. ‹‹Non sai da quanto aspetto l’occasione per ucciderti..››. Si voltò improvvisamente all’indietro, slabbrando l’aria.
Sbagliato.. !
L’ombra prese consistenza, una mano si rese visibile nell’aria, e andò a chiudersi sul collo della donna, un calcio sul retro delle ginocchia, colluttazione cruda: la dea finì con la schiena sul terreno, impedita nei movimenti dalla mano di Loki che le stringeva i polsi stritolandoli. Il ginocchio le schiacciava l’addome, impedendole di respirare e, al contrario, facendole venire la nausea. Le altre falangi le collidevano il sottile collo.
‹‹Ah-ha. Mi deludi, mia cara Sif: non ci sei arrivata nemmeno lontanamente vicino››
‹‹Sei soltanto un viscido verme! L’appellativo di serpe  è sin troppo dignitoso per un dio senza onore e amorale come te!›› provò invano a liberarsi dal morso della sua bocca di serpente, mentre la terra vibrava di nuovo sotto i movimenti dell’enorme bestia.
Loki piegò la testa, stirando le labbra soddisfatto e gravando ancor più sul suo addome. ‹‹Cosa penserebbe il figlio di Odino vedendoti sconfitta da una.. nullità? Non credi che rimarrebbe amaramente deluso dalla tua facile disfatta..?››.
La donna ringhiò, divincolandosi come un inarrendevole  e irragionevole cane abbattuto. Lo guardò negli occhi, comunicandogli tutto il suo disprezzo.
Il disprezzo per il mostro che sono.
‹‹Io so, Dio dell’Inganno, conosco la tua debolezza. Io so››
Loki fremette le labbra, rabbrividendo di gioia come una corda elastica tesa e lasciata andare. ‹‹Oh, immagino. Tu non sei una testa dipentapalmo come il Dio del Tuono. Oh, tutti sanno che a Sif la guerriera, la lama letale, non sfugge niente››. D’altronde, c’era un motivo per cui ad Anirei aveva proibito di vedersi troppo spesso, a palazzo, fuori dalle stanze. E gli occhi della donna che giaceva inerme sotto la sua potenza, non erano gli unici. Abbassò la testa, assieme alla voce. ‹‹E per questo io la ricompenserò con una più che giusta rivelazione››
La guerriera non mosse un muscolo, guardandolo fisso negli specchi freddi. ‹‹Thor non sarà mai tuo, nemmeno quando la sua mortale soggiacerà alla sua inutile e debole natura finita.. ci sarà sempre l’amore per quel ridicolo pianeta a dividervi››. Gorgogliò, assottigliando il suo sibilo, mentre ella distoglieva lo sguardo, sofferente per la profonda verità delle sue parole ‹‹Sarebbe stato meglio per te che succedessi nella conquista di quel che ha di più caro››
Thor non ci preferirà mai completamente.. siamo più simili di quanto pensiamo.
Alzò la testa, alla folgore di fulmini, verso la battaglia che si stava consumando poco più in là.
Incurante della dea che aveva localizzato la propria spada distante di qualche metro, caduta durante la colluttazione, prese una ciocca di capelli, sollevandola noncurante. Sorrise. ‹‹Se permetti, il tuo adorato mi aspetta›› e così facendo la posò sopra il suo collo, facendone toccare le punte a terra.
Un momento, e poi il nero della chioma diventò viscido, i fili cominciarono a muoversi in maniera autonoma, innaturale. Al posto del ciuffo, una serpe che la inchiodava al terreno, soffocandola.
Sif portò le mani sul rettile, per evitare il collasso. ‹‹Che tu sia maledetto, infido scarafaggio!››
Ma erano oramai parole lontane e vaghe, perse nella lontananza che lo portava verso colui che un tempo chiamava..
Fratello.
Eccomi. Arrivo, sento che mi chiami, mi accorgo che mi cerchi, nella foga della battaglia.
Loki si mosse velocemente verso il luogo in cui si rivoltava la bestia, perlopiù immune ai fulmini e alla potenza del dio, polvere e odore di sangue che si levava dal campo di battaglia.
“Perché deve venire con noi? Non abbiamo bisogno di pesi inutili”
Non si facevano scrupoli nel mostrarsi così crudeli nei suoi confronti; e davanti a lui, ragazzino escluso per la sua diversità fisica, e la sua incapacità negli scontri armati.
Thor non c’era.
Non c’era mai quando iniziavano quei discorsi. E quando era presente, era anche peggio: non si accorgeva delle lame appuntite che uscivano loro di bocca, o spesso e volentieri dava loro ragione, scherzandoci sopra, non accorgendosi del suo dolore. Quotidianamente riceveva la sua secchiata di frecciatine, a volte contornate da un’extra di sconfitte brucianti e umilianti, che gli facevano capire di essere diverso.
Di essere un mostro prima ancora di venire a conoscenza della terribile verità.
“Sif che è una femmina ha più forza e agilità di te”
Era stato Thor a dirlo; non c’era cattiveria nel tono, solo, un’osservazione. Oggettiva.
Era la verità.
E faceva un male cane.
Nascondevano un significato anche peggiore le sue parole pronunciate con troppa leggerezza.
“Tu sei diverso”
“A volte mi vergogno di essere tuo fratello”
Fremette, il dolore ancora vivo, le ferite ancora fresche, che non sembravano rimarginarsi.
“Non hai ancora imparato a confinare nella mente questi assurdi sentimentalismi come ben congegnate illusioni, da cui tenersi alla larga, Dio dell’Inganno..?”
Si sentiva un debole. Un insipido, stupido debole: non riusciva completamente a recidere, non riusciva a dimenticare, non riusciva a resistere.
“Ti piace Loki? Puoi farlo anche tu, se vorrai”
Madre.
Lei c’era sempre. E il destino aveva deciso di portargliela via. Per sempre.
Il suo profumo dolce, i suoi sorrisi complici quando affiancava Odino, intento a fare la morale a due figli sempre troppo diversi e sempre più lontani.
C’era sempre lei, con le braccia, i baci, le carezze.
Con le favole che raccontava a due bambini la notte, storie reali sui mostri di ghiaccio che il grande figlio di Bor aveva sconfitto.
Sapevi di avere un mostro accanto, nel letto, Thor?
Sapevi, Madre, che tuo figlio poteva venire ucciso nel sonno da un mostro?
Sapevi, Odino, eppure hai voluto riempire il cuore di speranze di uno stupido piccolo mostriciattolo.
Perché avete voluto illudermi? Adesso prenderete i cocci delle vostre menzogne.
Una voce roca eppure insistente squarciava l’aria della battaglia, più forte e perentoria di ogni altro sibilo, o tonfo, grida di battaglia, fulmine.
‹‹Loki..!››
Piegò la bocca verso l’alto.
Forse meno arrogante, forse più consapevole e saggio. Eppure, sempre inconfondibile con il suo atteggiamento da eroe, e da bambino puro e ingenuo, ottimista e sempre speranzoso.
‹‹Loki! Vieni fuori e mettiamo fine a questa follia! Deve finire!››
Sorpassò l’enorme midollo energetico, appollaiandosi su una maceria poco distante, da dove poteva ammirare la bellezza dell’azzurro e il luccichio dell’oro, sporcati dai pulviscoli della morte e del sudore. Era abbastanza lontano dal campo di battaglia, ma poteva udire ogni singola parola che il Dio del Tuono pronunciava tra una schivata e l’altra.
‹‹Loki!››. Thor scostò il mantello per voltarsi dalla parte opposta, scagliò il mantello in direzione della bestia viscida. La terra tremò, mentre essa si dibatteva, colpita in pieno da Mjölnir.
‹‹Mostrati a me! So che sei qui!›› gettò una delle tante lunghe trecce bionde dietro la spalla. ‹‹Loki.. non ti ammorbidisce il richiamo di un fratello..?››
Oh, no, Thor. Non è più il momento per dirmi una cosa del genere.
E' finito il tempo in cui cercavo i tuoi occhi.
Mostrandosi a poco a poco, accompagnò la sua elegante entrata unendo le mani con scandita ripetizione.
 
 
                                                                                     ***
 
 
Sapeva che Loki l’avrebbe presa male. Sapeva che probabilmente aveva sbagliato.
Ma era tornato su improvviso e asfissiante, quel suo quid, era risalito lungo l’esofago, purtroppo le mani sulla bocca non erano riuscite a impedirne la fuga.
Perché riusciva sempre a ferire, quanto più avrebbe voluto ripararsi in un angolino ed essere lasciata in pace?
Certo, le voci de’ “Lo vendicheremo” che le assillavano la mente non le permettevano di scegliere su quale piatto saltare o quale passo affrontare.
Qualunque cosa avesse scelto, qualcuno ne sarebbe uscito ferito, e deluso.
Era sempre così, o quasi.
Era rimasta sotto le coperte, una volta sola, sperando di riuscire a calmarsi, conscia del male gettato inavvertitamente sul dio; poi, come un automa, era scesa per andare a fermarlo.
Per chiedere al Dio dell’Inganno di rinunciare a qualcosa per il puro ascolto del bene di un altro, senza interessi.
Sì, lo aveva fatto, senza pensare troppo, ascoltando il desiderio irrefrenabile di volerlo con sé.
La perplessità di Loki era durata un secondo, prima che l’espressione si camuffasse in una risata derisoria. Un secondo, eppure le era bastato. Le era bastato guardare fissi quegli stessi occhi che la maggior parte rifuggiva, che nessuno credeva valere la pena di ascoltare o comprendere.
Loki era tutto lì. Nella contraddittorietà dei suoi smeraldi pazienti ma affamati di voracità, di tutto ciò che si era visto negare, nel suo desiderio celato come un rifiuto al mondo e agli altri. La sfumatura tra una maschera e l’altra, una difesa e la successiva. Un’impercettibile smorfia, una tremante alzata di sopracciglia, il luccichio di lacrime saldamente ancorate.
Bastava guardarlo, e senza lo sprezzo che deforma la vista.
Io invece sono sempre stata presa troppo da me stessa per guardarti..
Vorrei che fosse semplice, davvero.
Sospirò.
Invece sto rendendo tutto più difficile.
‹‹Ahi..!›› gemette portandosi il dito ferito dalle pergamene fini e appuntite alla bocca, per suggerlo.
Il maestro le aveva detto di guardare lì, sotto quel cumulo di carta, odore di vecchio e datato, per trovare il modo di raggiungerli a Svartalfheim: una riga di indicazioni sottile e lunga, segnata a lato distrattamente, un modo per aggirare gli occhi attenti, soprattutto la mente, del Dio dell’Inganno.
Coperta da una moltitudine di fogli a quanto pareva.
Sfilò il foglio, indagandolo attentamente, volgendolo in tutti i lati.
Ci mise un po’ per discernere la grafia del maestro, un po’ disordinata e troppo stretta, e impiegò ancora del tempo per leggere una lingua che aveva imparato a parlare tramite un incantesimo, e che aveva esercitato nella lettura poco recentemente – doveva prendere di nuovo familiarità.
Lesse più volte, per essere sicura di quello che aveva compreso.
Erano davvero delle indicazioni: seguendole, avrebbe potuto attraversare un portale naturale che collegava il mondo su cui si trovava e quello in cui si erano diretti Loki e il maestro.
Corse subito a indossare abiti più comodi, uscendo dalla villa cercando di non destare troppa attenzione.
 








 
 
*: Così viene soprannominato Volstagg, a causa del suo insaziabile appetito e il suo ottimismo.
 
**:Nel film “Thor”, Loki invia il Distruttore sulla Terra per uccidere Thor, rivale nella lotta per il trono.


***:Già nominata in uno dei capitoli precedenti, si riferisce alla sostanza usata da Malekith nel film “Thor: The Dark World”. Poiché assieme al Tesseract è una delle  cosiddette “pietre dell’infinito”, ho pensato che entrambe abbiano la stessa potenza per generare i portali.

****:Ci sono diverse citazioni del film “The Avengers”:
  • Il capo dei Chitauri che ricorda a Loki che non potrà nascondersi da Thanos, in caso di fallimento
  • Thor che spiega a Loki le sue “pecche”
 
*****:Nel mito (e nel fumetto) Loki, geloso delle attenzioni che Sif riceve da Thor, le taglia i capelli dorati. Per rimediare, sarà costretto a procurargliene di nuovi, ma, poiché egli non ha intenzione di pagare i nani, ruba la chioma prima che essa sia pronta: non essendo stata finita,  i capelli a poco a poco scuriscono fino a diventare neri. “Imbroglio” proprio per l’episodio che vede Loki ingannare i nani.
Altre fonti indicano lo stesso Loki fautore del cambio di colore della chioma (sempre per dispetto)










**********
Eccoci qua, con un altro capitolo!:)
So che non aggiorno regolarmente, e vi chiedo di scusarmi per questo, ma tra la varietà tra un capitolo e l'altro, i vari impegni.. direi che aggiornerò all'incirca ogni dieci giorni (due giorni più o meno). *E fu così che cambiò di nuovo*
Comunque, vediamo. Allora. Thor comprende Loki, ma non può giustificare le sue scelte, ed è fermamente deciso a riportarlo ad Asgard per farsi rivelare le sorti di Odino e per fargli scontare la punizione (l'ennesima).
Loki, invece, è totalmente scisso tra la paura di essere trovato da Thanos, i sentimenti contrastanti che prova verso Thor, il dolce ricordo di Frigga che annega nell'odio che prova per tutti gli altri, la frustrazione verso Anirei che continua a sfuggirgli testarda (e a sfuggire quindi anche da se stessa, diciamolo pure), il disprezzo che prova per se stesso per essere in realtà un "mostro" (così venivano considerati i Giganti di ghiaccio ad Asgard, soprattutto dopo e durante le cruente battaglie), la voglia di vendetta e di libertà. Insomma, si vede chiaramente, meglio che negli altri capitoli, come dietro la maschera all'apparenza impassibile e crudele di Loki ci siano in realtà molti, troppi, sentimenti che reprime e ha sempre represso (tranne quando era ragazzino -si vede nel ricordo di Thor-, prima che si accorgesse che le espressioni e le menzogne fossero una buona (?) difesa contro gli altri).
Ok, non mi viene in mente di aggiungere altro, mi pare che il capitolo (più psicologico che altro) si spieghi da sé.
Grazie a tutti per aver letto fino a qui, ci vediamo nel prossimo! <3
La vostra Ali
P.s:Al solito, mi riempite il cuore di G-g-gioia!**
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: _Aly95