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Autore: Baileys    22/04/2015    2 recensioni
Cinque anni sono troppi?
Questa era la domanda che la piccola Zoe si poneva, ogni volta che Harry sorrideva. Secondo il riccio sì, erano troppi. Cinque anni erano il muro che li divideva. Magari un giorno anche Zoe se ne sarebbe convinta.
Eppure, forse non subito, Harry sarebbe tornato sui suoi passi. Forse non subito, ma a Zoe sarebbe passata.
Forse non subito, ma i ruoli si sarebbero invertiti, Harry avrebbe fatto il bambino e Zoe l’adulta.
Forse non subito, ma Harry avrebbe conosciuto la vera Zoe, avrebbe guardato oltre la sua età e apprezzato tutte le sue piccole cose.
Ma tante cose cambiano in tre anni.
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Ti ho guardato a lungo l'altra sera. Forse i nostri cuori sono davvero così simili, conservano il dolore all'interno. Ti ho guardato a lungo e ho comparato la tua calma apparente alla mia apparente spensieratezza e adesso so che siamo come natura e artificio. C'è una metropolitana che ti passa attraverso, ed un fiume in piena che mi scorre dentro.
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«ci sono diciassette cose che puoi fare, prima di baciarmi, ed io partirò fra due mesi esatti»
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Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=lBBoujxpbXE
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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(Parte prima)
XIV: Adesso. 
     La fredda pioggia di quel ventitré gennaio aveva privato Zoe dall’occasione di uscire il pomeriggio. Non le piaceva affatto trascorrere tutto, ma proprio tutto, il giorno in casa. Aveva bisogno di prendere aria, come se in quella casa non ne transitasse abbastanza. Tuttavia la prospettiva di uscire era vana, la pioggia sembrava non cessare. La mora era seduta a tavolo, aspettando le prelibatezze che sua madre Julia stava cucinando. Non era proprio la sua vocazione, cucinare, tuttavia se la cavava, e qualcosa di buono di tanto in tanto da quella cucina sfornava.
Ed ecco che il buon piatto di minestrone appariva davanti al suo volto stanco, mentre la madre serviva le porzioni. «Dennis! A tavola!» lo Julia, con voce flebile. Zoe iniziò a mangiare con gusto, mentre Julia si sedeva di fronte a lei.
«Vai a chiamare tuo fratello» le disse la madre, sempre con quel tono flebile.
«DENNIS! » urlò invece Zoe, così forte che Julia dovette massaggiarsi l’orecchio.
«Lo sapevo fare anche io così! » la rimproverò la donna.
«E allora perché non l’hai fatto? » chiese Zoe, incurante, continuando a mangiare.
In quell’istante Dennis scese velocemente le scale, con un’espressione adirata e poco amichevole, alla ‘dammi da mangiare e poi stammi lontano’.
«Cos’è questo schifo? » chiese Dennis, guardando il piatto di minestrone sul tavolo.
«è minestrone» rispose gentilmente Julia.
«Non la mangio questa roba» si lamentò lui, allontanando il piatto da sé.
«Andiamo Dennis, ti farà un po’ di caldo» provò a convincerlo sua madre.
«Un po’ di caldo? – sbottò il rosso – sai cosa fa caldo? I riscaldamenti! Non questa merda»
«Sai bene che non possiamo accendere i riscaldamenti, Dennis, adesso siediti e mangia»
Era sempre la solita storia in casa, da quando quel giorno di novembre gli avevano levato il gas dalla casa. E ancora non lo avevano ripristinato, a distanza di mesi.
Era difficile resistere in quel freddo inverno, era difficile non scoppiare a piangere da un momento all’altro, difficile non parlare a nessuno dei suoi problemi e del perché in casa loro bisognava sempre tenere il giubbotto. Ma Zoe non aveva mai ceduto, non era mai scoppiata a piangere, nessuno sapeva il suo segreto.
«E quando li riavremo? » urlò Dennis, non riuscendo a stare zitto.
«Non adesso Dennis, non abbiamo i soldi, neanche per mangiare, te ne rendi conto? »
«E quando troverai un lavoro tu? »
«Non è così semplice trovare un lavoro alla mia età, non capisci? »
Zoe lasciò il piatto a metà, per poi alzarsi dal tavolo, indossare il giubbotto pesante e la sciarpa e uscire di casa.
La pioggia era cessata da circa venti minuti, Zoe accarezzò Brandy energicamente prima di uscire e raggiungere il lago, immersa fra i pensieri.
A volte le sarebbe piaciuto essere qualcun altro, magari con una famiglia diversa.
Poi però ripensava a sua madre e a tutti i sacrifici che faceva per lei, e a suo fratello che per quanto fosse noioso e rompipalle, era sempre suo fratello.
«Zoe! » la salutarono in coro, erano tutti i suoi compagni di scuola delle elementari e medie, tutti vicini di casa. Li vedeva di rado, da quando aveva cambiato compagnia, e non erano mai stati davvero amici. La giusta definizione era ‘persone che mi fanno ridere’, poiché effettivamente, quei ragazzi erano esilaranti.
Fuori di testa, pazzi.
Sapevano come divertirsi.
«Come mai da queste parti? » chiese uno di loro.
«Facevo un giro» dileguò la domanda lei.
«Vuoi un tiro? » chiese un altro, mostrandole una canna già girata.
Zoe guardò l’oggetto per svariati secondi. Poteva essere un metodo per scappare dai suoi problemi, poteva dimenticarli, poteva metterli da parte.
Ma per quanto?
Solo per qualche ora. Non ne valeva la pena, no.
I suoi problemi non sarebbero sfumati via, doveva affrontarli in un altro modo, diverso dall’utilizzo di sostanze illegali. «Oh no,  ho smesso» disse infine, per poi sorridere agli amici.
Pochi minuti dopo, gli altri erano tutti strafatti che ridevano e urlavano spensierati, per poi gettarsi sul ghiaccio del lago, e pattinare con le scarpe. «Vieni Zoe, avanti! » urlavano i ragazzi, chiamando anche l’unica ragazza del gruppo, che rise e si buttò anche lei nella mischia.
Questo le faceva dimenticare tutto, ridere, scherzare, fare pazzie.
«Sta piovendo di nuovo» si lamentò uno.
«Non è pioggia, è neve! » esclamò Zoe, piroettando sul ghiaccio, per poi scivolare e cadere, e ridere ancora. I ragazzi ridevano felici, spensierati, mentre fra lividi e cadute dimenticavano i loro problemi.
 
«La sapevi questa? » chiese Rob alla mora, mentre si avvicinavano ad un camion.
«Cosa? » chiese lei, curiosa. Rob si appese alla maniglia, e con un po’ di forza questa si aprì.
Zoe, Rob e gli altri due ragazzi entrarono nel camion, carichi di adrenalina.
Zoe si sedette nei posti dietro, al fianco un altro ragazzo, davanti Rob e un altro ragazzo ancora, che si stavano girando beatamente una paglia.
«Ma è sicuro? » chiese Zoe, ridendo.
«Diciamo di si» rispose uno, per poi accendere la paglia e iniziare a fumare.
Zoe rise, guardando fuori dal finestrino, le natura vivente, la neve che cadeva fuori, mentre loro si riscaldavano in un sedile scomodo di un camion quasi abbandonato.
«Da quanto hai smesso? » chiese Rod, mentre si faceva passare la paglia dall’amico.
«Sette mesi» rispose lei, contando con le dita della mano i mesi da quando conosceva Harry.
«Wow» commentò l’altro, per poi farsi passare la paglia a sua volta.
«Come hai fatto? » chiese quello davanti.
«Basta trovare la persona per cui – Zoe si interruppe, poteva dirlo veramente? Non poteva spiegarlo ad altre parole – ne vale la pena»
«Ne vale la pena? » chiese Rod.
«Sì, insomma, una persona che ti faccia capire perché è sbagliato, e non ti costringa a smettere» rispose lei, cercando di ricordare quella sera.
 
«Smettila di bere e fumare così tanto, che poi continui a sentirti male! » la rimproverava ancora una volta Harry. 
«Ho capito, basta» ripeteva Zoe con la testa fra le mani.
«Ma cosa posso pretendere da una bimbetta? » disse, con tono di scherno lui.
«Smettila di chiamarmi così! »
 
«E tu l’hai trovata? » chiese Rod.
Zoe si riscosse dai suoi pensieri «Credevo di sì» rispose, stranita.
«è il tuo ragazzo? »
Zoe scosse energicamente la testa «Mai stati insieme»
«Come mai credevo? » chiese un altro.
«Non lo vedo da mesi, è andato a lavorare a Londra – iniziò – e credo non ne valesse poi così tanto la pena di scomodarsi per lui»
Ci fu silenzio fra di loro, mentre i ragazzi spegnevano la paglia e iniziavano a sputare nello stesso camion. Zoe continuava a pensare a ciò che aveva fatto: aveva smesso di fare una cosa che adorava per un ragazzo. Lei che aveva sempre detto ‘non smetterò per nessuno’, aveva ceduto.
Aveva ceduto per uno qualunque. Aveva ceduto perché non voleva che lui la considerasse una bimbetta. Perché lei non voleva esserlo. Non voleva essere una bimbetta. Non voleva essere la sua bimbetta.
«E ti manca? » chiese Rod, infine.
Zoe trattenne il respiro, pronta a rispondere ciò che rispondeva a qualsiasi domanda di quel tipo: non sono innamorata.
Sarà stato il passivo assimilato, ma quella volta la risposta fu diversa:
«A volte tanto che fa quasi male»
Non avrebbe mai creduto di poter dire una cosa del genere, per di più a loro: i suoi compagni di classe delle elementari, non amici. Semplici persone che erano in grado di farla ridere.
«Cazzo» biascicò uno, mettendo la sicura al camion «a terra, tutti! »
Zoe si nascose nel buio della notte, mentre le luci di un’auto di pattuglia illuminavano a intermittenza. Furono attimi di terrore, per i poveri ragazzi. Attimi che passarono solo dopo diversi minuti, quando ebbero il coraggio di rialzarsi a controllare: l’auto era andata via. Tirarono un sospiro di sollievo, era fatta.

 
~×~×~
 
Zoe tornò a casa all’una del mattino, dopo una serata assieme ai ragazzi. Aveva liquidato la madre con un 'avevo bisogno di aria' ed era salita in mansarda, in camera sua.
Era nel letto, a guardare il soffitto. Si sentiva come se stessero smantellando tutti i suoi sogni, glieli stessero portando via, prima che si addormentasse. Era una di quelle notti bizzarre, in cui ti sorprendi a curiosare i cassetti della tua vita, spolverarli. Zoe non amava pensare troppo ai problemi. Preferiva evaderli, subirli passivamente. Non definirli tali così che non la potessero disturbare. Ma arriva per tutti il momento di buttarli fuori, e se non era quello, quando sarebbe stato?
Prese il telefono e chiamò la prima persona che le venne in mente.
Ci vollero diversi squilli, prima che l’interlocutore rispondesse, con voce assonnata.
Zoe si limitò a urlare contro il cuscino e piangere, e dire fra le lacrime «se questa è la mia vita, adesso, non la voglio, Cherry Bomb, non la voglio»
 
FINE PRIMA PARTE
 
.::
Seraa
Aggiorno ora perché ero particolarmente depressa
E m’è presa di scrivere
Così, per divertimento.
Parlando del capitolo:
Zoe non sopporta proprio i litigi in casa e se ne va a fare un giro
Si diverte un po’
Poi arriva a trattare un argomento delicato: Harry
E finalmente ammette che gli manca
Tanto che a volte fa quasi male.
Non sforziamoci troppo!
Alla fine del capitolo, Zoe ha una crisi
Ci tengo a dire che non vuole suicidarsi ne nulla hahahah
Semplicemente – mi riconosco molto in lei in questo –
ha un atteggiamento passivo-aggressivo.
Diciamo che lei è calma, spensierata, non le piace farsi compatire
E né accetta che il dolore la turbi particolarmente
Ma arriva il momento che tutto ciò che ha passivamente assorbito
Scoppia, tutto in una volta sola.
I suoi alti e bassi sono elevati, questo implica che quando tocca il fondo
Lo tocca per davvero
Tanto da chiamare Cherry, con cui se ricordate aveva litigato.
Ed ecco, lo so che è un modo triste finire la prima parte di questa storia così
Ma era previsto solo il fatto che Zoe ammettesse che Harry gli manca.
Ci tengo anche a dire che il fatto di non chiamare i ragazzi per nome
è voluto non dalla mia scarsa fantasia nei nomi
 ma da una scelta personale, in quanto persone non importanti
l’unico che verrà nominato anche nella seconda parte è Rod
(Motivo per cui gli è stato dato un nome)
E boh, spero vi sia piaciuto
E spero recensiate, con tutto il cuore
Ciao dolcine:3
  
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