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Autore: ErinJS    24/04/2015    7 recensioni
Dopo l'addio ad Elsa, Anna e Kristoff, a Storybrooke tutto sembra essere tornato alla normalità. La quiete, però, non può durare per sempre e l’improvviso arrivo di una giovane ragazza di circa 17 anni porta con sè un'ondata di misteri e problemi. Nessuno sa da dove venga o chi sia, o perché quegli occhi verdi sembrino tanto familiari; quello che però è chiaro alla Salvatrice è che nasconde qualcosa e prima o poi riuscirà a scoprirlo. Ma se non fosse tanto importante il luogo da cui proviene la giovane, ma il…quando?!
Una nuova minaccia aleggia nella vita dei nostri eroi e questa volta il domani sembra proprio dietro l’angolo.
La ff presenta degli spoiler sulla quinta stagione.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Una fata.
Quella donna, quell’essere spregevole e dallo sguardo folle, era una fata. Com’era possibile? Come poteva, anche solo lontanamente, essere riuscita a rientrare in quella speciale e splendida categoria? Certo, di esempi in grado di dimostrare quanto una persona riuscisse a cambiare nel corso del tempo ve ne erano a milioni,; del resto bastava ripensare alla differenza estetica che distingueva il Signor Gold di Storybrooke dal Signore Oscuro della Foresta incantata, un volto in grado di esternare al massimo tutta la crudeltà che l’uomo, o la bestia, era riuscito a compiere nel corso del tempo; ma con quella donna, sembrava diverso. Quegli occhi non davano l’impressione di essere il frutto di un’intossicazione da magia nera, come invece poteva riguardare Tremotino; no quella donna sembrava l’incarnazione del male, nata per essere cattiva e crudele, al di là delle brutte esperienze che potevano averla colpita nel corso della sua vita.
Con quello sguardo lineare e perfetto, sarebbe facilmente riuscita a passare per una delle tante sorelle di Turchina; bella, incantevole, dai capelli un tempo folti e lucenti; ma quel suo sguardo gelido, di un colore così insolito e agghiacciante, non lascia molto spazio alla fantasia. Eppure, se si ripensavano alle parole di Trilli quando Peter Pan aveva scambiato il suo corpo con quello di Henry, risultava chiaro che Morgana non mentiva; era davvero esistita una fata lasciatasi soggiogare dalla magia nera, divenendo così un prodotto di sé stessa così oscuro e malvagio da venire esiliata dalla stessa Turchina che, con chissà quale incantesimo, era riuscita a privarla della sua bacchetta; incantesimo che, però, non sembrava aver sortito l’effetto sperato.
La bacchetta in questione, infatti, se Emma non ricordava male, ora sarebbe dovuta trovarsi proprio nelle mani delle fate, al sicuro nella chiesa della cittadina. Già…ma allora per quale motivo quella specie di ramo annerito, nelle mani della strega di fronte a lei, pareva così simile alla bacchetta nera che, in più di un’occasione avevano usato per togliersi dai guai? Che dipendesse dal fatto che, risucchiate dal castello, le fate non rappresentassero più un impedimento per Morgana? Possibile che quella strega fosse riuscita a liberarsi dal suo esilio, puntando, come prima tappa, al recupero della sua fedele bacchetta?
L’unica domanda, rimasta ancora senza risposta, riguardava il collegamento tra la fata e la giovane Eva, fortunatamente al sicuro all’interno della caffetteria.
“Vorrei tanto rimanere qui e divertirmi insieme a voi…davvero…” esclamò fredda Morgana, scandendo bene l’ultima parola e continuando a giocherellare con sua bacchetta nera, facendola oscillare tra le dita, come fosse un semplice giocattolo tra le sue mani, apparentemente innocuo, ma invaso da una magia talmente oscura da essere avvertibile dal più umano dei presenti “…ma ho bisogno della bambina che tenete lì dentro…”
“Non credo sia possibile!” esclamò fiero il Principe, al fianco della figlia, puntando la spada in direzione di quella figura ammantata di nero.
“Oh… …ecco il Principe dal cuore nobile…che mi sfida con la lama lucente della sua spada” disse la donna, storcendo la bocca come se qualcosa di estremamente amaro avesse incontrato le sue papille gustative, dandole un’insopportabile sensazione sgradevole.
Con un gesto delle dita della mano sinistra, e per nulla intimorita dalla distanza che li separava, la strega sembrò prendere possesso della trachea di David che, nel giro di pochi istanti, chiuse ogni via d’accesso delle vie respiratorie di cui l’uomo era provvisto. In pochi istanti, scioccato dall’improvvisa sensazione di soffocamento, David si ritrovò inginocchiato a terra, con entrambe le mani strette attorno alla sua gola, in un inutile tentativo di sovrastare quell’improvvisa forza invisibile.
“Papà!”
“David!”
Il coro di voci di sua moglie e sua figlia invasero i timpani  di David, il quale non riuscì a far loro alcun cenno di intesa, completamente sbigottito dalla velocità con cui Morgana stava mettendo fine alla sua vita.
Biancaneve, spaventata come lo era stata solamente dopo aver distrutto il cuore dell’uomo a terra, non perse tempo ad affidare il piccolo Neal alle cure di Henry per poi raggiungere, pallida, il marito agonizzante; il volto, sempre così solare e carico di amore, ora appariva unicamente attraversato dalla paura e dallo sforzo di vincere quella battaglia ad armi impari.
Con tutta la concentrazione di cui era capace in quel momento, Emma cercò di aiutare il genitore, affidandosi principalmente al potere della sua magia, chiudendo gli occhi e puntando entrambe le mani in direzione del genitore. Tutto stava nel trovare la giusta concentrazione, nell’individuare l’esatta frequenza che avrebbe collegato la sua magia al corpo di David, creando in questo modo una barriera abbastanza potente da tenere lontano quella maledetta strega dalla pazzia precoce. Purtroppo, però, l’unica frequenza che la Salvatrice sembrò individuare fu quella in grado di aumentare la potenza magica di Morgana, la quale si divertì ad aumentare la stretta alla gola del Principe, i cui occhi celesti ora apparivano lucidi ed arrossati come non mai. Scoraggiata, la giovane Swan abbassò le mani sui fianchi, ritrovandosi a scambiare una veloce occhiata con la madre; Regina era senza magia, lei non sapeva usare la sua, cos’altro avrebbero potuto fare?
A nulla valsero i tentativi dell’uomo di battere i pungi a terra e di inalare, con disperazione, una piccola dose di aria nei polmoni, resi anch’essi serrati e invalicabili da un semplice gesto da parte della donna dai capelli corvini. La pelle del volto, prima bianca e quasi marmorea, cominciò a divenire bluastra, avvolgendo nella loro tintura anche le labbra piene con cui il Principe, poco prima, aveva rivolto semplici parole astiose nei confronti della strega.
David Nolan, il coraggioso Principe Azzurro delle fiabe, stava per morire asfissiato, davanti agli occhi delle persone che più lo amavano; possibile che, dopo tutto quello che aveva superato, dopo essere riuscito a salvarsi persino dal Rubus Noctis dell’Isola Che Non C’è, ora si trovasse lì, ucciso da un semplice gesto delle dita di una strega.
“Basta…fermati…ti prego…” urlò a pieni polmoni Biancaneve, i cui profondi occhi verdi avevano iniziato a velarsi di calde lacrime, cariche di paura e dolore.
Visibilmente divertita da quella scena straziante, Morgana si limitò a sorridere soddisfatta, allentando la presa alla gola dell’uomo dai capelli biondi, eseguendo per l’ennesima volta un semplice e, apparentemente innocuo, gesto delle dita. Il potere di quella donna sembrava andare ben al di là del semplice collegamento con la bacchetta che teneva in pugno e, se fino ad un momento prima, la Salvatrice aveva pensato di potersi sbarazzare di lei distruggendo quel legnetto scuro, ora non ne era più così sicura.
Grato di poter respirare di nuovo, David iniziò ad inspirare in maniera agitata e incontrollata, riuscendo solo a stringere lievemente la mano della sua amata moglie che, con un sospiro di sollievo, si piegò su di lui, lasciandosi andare ad un sospiro di sollievo.
Appoggiando una mano sul corpo scosso dalla tosse del padre, Emma spostò lo sguardo verso Morgana, sperando con tutto il cuore che il rancore che stava provando in quel momento riuscisse a scalfirla in qualche modo.
Con uno scatto veloce e sicuro, Emma si rimise in piedi, mostrandosi in tutta la sua autorevolezza. Lo sguardo, la postura, la chiusura delle mani, tutto ciò che riguardava la donna, dai lunghi capelli biondi, sembrava urlare un'unica parola: forza.
“Ohhh Salvatrice…che sguardo carico di odio e risentimento!” esclamò Morgana stringendo le mani al petto, come attraversata da un improvviso compiacimento materna “…lo sguardo tipico di chi vuole difendere ciò che ama, dico bene? E pensare che te l’ho già visto quello sguardo…anzi, oserei dire…di averlo visto ancora più ostile di così!...Dopotutto…mai toccare i cuccioli della mamma...”aggiunse porgendo alla bionda un sorriso malsano e del tutto fuori luogo “...combattere per la propria prole, difenderla sempre e comunque…anche a costo della vita. E così che funziona da queste parti….e così che si comportano gli eroi…dico bene Emma Swan?!” chiese, senza attendere una reale risposta, in quello che pareva essere un piccolo monologo, carico di frasi prive di alcun senso alle orecchie della maggior parte dei presenti “....Che cosa disgustosa…”
Senza alcun motivo spiegabile, lo sguardo di Morgana divenne improvvisamente tetro e nocivo, come il veleno che sicuramente le scorreva nelle vene al posto del sangue. Quell’ultima parola, pronunciata con lo stesso suono sibilante con cui si era presentata a Storybrooke quella sera, sembrava impregnato della stessa follia che, Emma, sapeva di aver colto al primo sguardo.
Ciò che colpì oltremodo la Salvatrice non fu l’aver sentito Morgana paragonata ad un animale in difesa dei suoi figli, no….fu, piuttosto, il senso sottointeso delle sue parole: la fata Oscura la conosceva, sapeva chi era e quale fosse il suo ruolo in quella città; aveva già avuto a che fare con quella strega, ma quando? Avrebbe sicuramente ricordato uno scontro con lei, soprattutto se di mezzo c’era stata la vita di Henry; e, sopra ad ogni cosa, avrebbe ricordato di aver incontrato Morgana in persona, la stessa che, nei modi più disparati, era sempre stata presente nelle loro vite, anche solo sotto forma di racconto, costantemente attraversato da un oscuro alone di mistero. Possibile che qualcun altro avesse giocato con la sua memoria? Che fosse questa la spiegazione del costante senso di deja-voo che provava ogniqualvolta Eva fosse nei dintorni?
Cercando di non osservare con troppo insistenza le fiamme che ingoiavano l’intera città, distruggendo ogni cosa incontrassero, Emma strinse le labbra con forza, cercando in tutti i modi di tenere i nervi saldi.
“Io però non ti conosco affatto…”
“Tzè…Conoscermi” sbottò quasi divertita la strega “…nessuno mi conosce Emma…nemmeno la ragazzina che tra poco uscirà da quella porta di sua spontanea volontà!” rispose, stringendo la bacchetta con fare impaziente.
“Io non cre…”
“io sì invece…” l’anticipò Morgana, non dando alla Salvatrice nemmeno il tempo di concludere la frase.
Con una rapidità talmente impressionante da non dare il tempo, né ad Emma né ai suoi genitori, di comprendere realmente cosa stava accadendo, Morgana, con un semplice gesto della bacchetta, riuscì a spedire i tre eroi all’interno della caffetteria, dando per l’ennesima volta dimostrazione del suo immenso potere.
Una volta scaraventati i tre corpi all’interno del locale, la porta di quest’ultimo venne rinchiusa con forza, rimanendo, dopo il forte impatto, priva della storica scritta open-closed.
Sollevandosi da terra, per l’ennesima volta quella sera, Emma non riuscì a fare a meno di posare lo sguardo sul volto esile della ragazza rimasta addossata alla parete che, fino a solo qualche minuto prima, aveva segnato la fine del suo arretrare da Regina. Non vide uno sguardo spaventato, né adirato, ma solo quello tipico di chi aveva ceduto alla rassegnazione, consapevole di dover rinunciare a qualcosa che, fino ad allora, aveva stretto con tanta insistenza.
“La Fata Nera…ma non era stata esiliata da Turchina?!” chiese la vedova Lucas con sguardo serio, impugnando con più forza la sua fidata balestra, rimasta fino ad allora nascosta chissà dove.
“Già…” espresse a voce flebile Biancaneve, ancora stretta tra le braccia forti del marito.
“Si tratta della stessa fata oscura che ti ha dato la polvere che trasforma in insetto???” chiese a bruciapelo Emma.
“Sì…ma io non l’ho mai vista…” rispose la madre, deglutendo a fatica “…non…non di persona. Chi mi aveva procurato la polvere, aveva detto che la Fata Oscura…era morta!”
“Bè direi che è viva e vegeta!” tagliò corto Emma, pentendosi fin da subito per il tono duro che aveva usato.
L’ultima cosa che avrebbe voluto fare in quel momento era proprio scaricare addosso agli altri la sua tensione, in particolar modo su sua madre che, proprio qualche istante prima, aveva rischiato di perdere il suo vero amore senza riuscire a far nulla per aiutarlo. Quella situazione, però, sembrava peggiorare a vista d’occhio; iniziata con l’arrivo di una ladra di magia, ora si ritrovavano ad avere a che fare con Morgana la Fata, la stessa strega di cui aveva letto e visto una miriade di rivisitazioni. Ovviamente, non c’era da stupirsi che la parte più vera delle leggende sentite confermasse il lato oscuro della strega; dopotutto, che divertimento ci sarebbe stato se si fosse trattato di un’eccentrica maga dagli abiti bizzarri? Per quale maledetto motivo non poteva essere la versione di Morgana dolce e comprensiva che aspirava unicamente alla pace del mondo?
Preoccupata dall’improvviso silenzio abbassatosi nella sala, Emma si avvicinò ad Eva, la quale, stretta in quel suo lungo cappotto scuro, non smetteva di guardare la porta d’ingresso davanti a sè, persa in pensieri così chiari da essere quasi visibili ad occhio nudo. Stava tramando qualcosa, Emma lo sentiva con ogni fibra del suo essere; quello sguardo perso, leggermente corrucciato e ristretto, lontano miglia e miglia da quella piccola caffetteria, sembrava rendere quelle iridi più profonde e dure di quanto in realtà non fossero. Eva stava lavorando da sola, guidata unicamente dal suo cuore e dal suo temperamento imprevedibile, come aveva visto fare a qualcun altro in più di un’occasione.
“Ehi…”la richiamò la giovane Swan, avvicinandosi a lei fino a fermarsi ad un solo passo da quel corpo esile ma tonico “…non sei da sola ok? Quella pazza non si avvicinerà a te…ma è importante che tu non esca, per nessun motivo...chiaro?”
“Infatti ha detto che mi farà uscire….” esclamò Eva con rassegnazione, ritrovandosi a fissare per l’ennesima volta lo sguardo sicuro della Salvatrice “…e se dice che uscirò…vuol dire che sa come farlo…”
“Non se ci siamo qui noi”
“Non basterà…” continuò la ragazza, seria e senza alcun spiraglio di speranza in quel tono di voce decisamente troppo maturo per una ragazza della sua età.
“Sai, qualcuno una volta mi ha detto di provare una cosa…” le disse Emma, ritrovandosi quasi a sorridere, a dispetto degli eventi che, prepotenti, continuavano a colpire in maniera negativa ogni abitante di quella città.
“Ah sì…e sarebbe?”
“…Fiducia!” esclamò con convinzione Emma, accompagnando con un sorriso di sfida quella semplice parola, carica di un significato che solamente lei, in quella stanza piena di gente, avrebbe colto del tutto.
“Ehi…sorella….” proruppe improvvisamente Leroy seduto accanto alla finestra su cui era appesa la scritta SANDWICHT del locale.
Al suono di quella voce, Emma ed Eva si ritrovarono a spostare, in perfetta sincronia, il volto in direzione del nano, attirando su di loro lo sguardo espressivo di Biancaneve; quest’ultima, in maniera del tutto inconscia ed involontaria, si ritrovò prendere in considerazione una possibilità a dir poco assurda. Quello sguardo, quel modo di alzare il mento e assottigliare le labbra, quella fierezza impossibile da non notare, sembrava così, così…
“Cosa c’è Leroy?” chiese Emma, con voce stanca.
“…ho paura di aver appena trovato il tuo ragazzo!”
 
 
***
 
 
Foresta Incantata…molti anni prima
 
“Calmatevi….vi prego….calmatevi sorelle!”
La voce sicura e autorevole di Turchina echeggiò tra le solide querce che, protettive, accoglievano il gran numero di fate presenti in quel consiglio, richiamato per un’occasione a dir poco urgente.
Ali e vesti di tutti i tipi, riempivano l’esteso spiazzo verde e fiorito su cui si erano riunite, donando a quel luogo incantato un’atmosfera così magica da essere degna del miglior libro di fiabe. Persino il loro vociare, mai così allarmato e chiassoso come lo era in quel momento, riusciva ad incrinare l’intero clima offerto da quel luogo.
“Comprendo la vostra agitazione…ci siamo riunite in consiglio proprio per discutere di questo…e trovare una soluzione al problema che ci affligge!”
Con il suo abito dalla tinta azzurra, adornato con diversi boccioli di rosa e, forse anche per questo, inconfondibile per qualsiasi abitante della Foresta Incantata, la fata madrina si rivolse a tutte le presenti, dando, ad ognuna di loro, la possibilità di osservare il suo volto sicuro dall’alto della pietra su cui era posata.
Come accadeva ogni qual volta venisse indetto un consiglio, le fate si raccolsero in quel preciso tratto del bosco, inaccessibile a chiunque non rientrasse nella loro categoria; grazie alla protezione offerta dalle Querce Silenziose, le fate avevano assunto, in totale tranquillità, grandezza umana, apparendo ancora più belle e magiche di quanto già non fossero.
“Sono due Turchina…proprio come era stato annunciato dalla profezia…” proruppe una delle presenti, esprimendo a parole ciò che ogni fata aveva nella mente e nel cuore da quella mattina.
“lo so bene Flora...” le rispose seria Turchina, posando solo per un attimo lo sguardo castano sulla figura formosa della fatina che aveva appena parlato.
“Perciò cosa dovremmo fare?...ucciderle?” urlò una voce indistinta, impossibile da identificare in quella folla di fate affiancate le une alle altre.
“Assolutamente no!” sbottò sconvolta la fata dai toni azzurri, il cui sguardo sbarrato non esprimeva minimamente la sorpresa nell’aver udito una simile proposta “…noi siamo fate, fate buone e non uccideremo nessuno… MAI!”
“Neanche quando una previsione ci informa che la fata in questione sarà la causa della nostra fine?” chiese una fata di nome Calla, posata ad uno degli alberi dal tronco antico “…della fine di tutti…Turchina!”
“No Calla…nemmeno in questo caso….”sottolineò Turchina, ferma nella sua decisione “…questa nascita non deve oscurare le nostre speranze. La profezia parlava della venuta di due fate, è vero….Due fate nate sotto un fiore dai petali neri…”
“E le bambine sono nate proprio dentro ad un fiore marcio…nero e oscuro come non ne avevo mai visti!” l’interruppe nuovamente Floria, con sguardo sbarrato e spaventato.
“….ma…” continuò Turchina, seccata da quell’ennesima interruzione “…la profezia dice anche che una soltanto di loro si sarebbe lasciata soggiogare dalla magia più nera…Perciò è chiaro che una di loro è buona….una di loro può essere salvata, DEVE essere salvata!” enfatizzò a gran voce “E ditemi sorelle…chi ci dà il diritto di scegliere quale sacrificare? Chi ci dà il potere di uccidere a priori un essere dal cuore puro…in grado di portarci gioia e speranza…solo per darci la possibilità di fare sonni tranquilli!”
Un silenzio carico di significato scese tra tutte le presenti, visibilmente combattute da quelle parole giuste e impossibili da contestare, ma allo stesso tempo preoccupate da ciò che avrebbe comportato la loro scelta, fosse essa guidata dalla paura o dalla bontà d’animo.
“ma se lasciamo entrambe in vita…sarà come segnare la fine del nostro mondo!” esclamò una fata dalla pelle scura, con volto triste e affranto.
“È anche vero che uccidere non rientra tra i nostri compiti…non possiamo sacrificare una fata per ucciderne un’altra. Noi non siamo state create per commettere simili azioni…!”
“Già...ma non siamo nate nemmeno per rimanere inermi a guardare il mondo cadere nelle mani della magia oscura!” sbottò nuovamente Calla, la fata dai cortissimi capelli, biondi e splendenti come la luce, che presto trovò l’appoggio di altre sorelle accanto a lei.
“Vorrà dire che bloccheremo i poteri magici di entrambe fino al compimento del loro diciottesimo anno di età” esclamò Turchina, lasciando un defluire, dal suo tono di voce, la collera e la delusione di fronte a quel comportamento così duro e sospettoso da parte delle sue amate sorelle “…In quel momento, la malvagità della fata oscura sarà già visibile…e sarò io stessa ad imporle l’esilio da queste terre, dando così, alla sorella rimasta, l’opportunità di diventare una fata a tutti gli effetti, con una sua bacchetta…e la sua magia!”
“E nel caso non bastasse?” incalzò la fata bionda, incrociando seria le braccia al petto.
“In quel caso ci affideremo alla seconda parte della profezia di cui tanto vi fate portavoce...”le rispose seccata la fata, dando l’impressione di riuscire a posare lo sguardo su ogni presente di quel consiglio “…aspetteremo che la magia bianca del frutto del Vero Amore ci salvi dalla Fata Oscura…com’è stato scritto!”.
Detto ciò, impedendo a chiunque di contestare la sua scelta, la Fata Madrina spiccò il volo, riassumendo le sue naturali sembianze ridotte e lasciando tutte le fate presenti in bali della decisione ormai presa.
Non giudicava quel loro modo di reagire, o meglio non riusciva a farne loro una colpa, non del tutto almeno; ma non avrebbe mai permesso che due creature innocenti incontrassero la morte senza aver avuto la minima occasione di redimersi. Turchina conosceva bene il potere di una profezia e il modo in con cui molte di loro avevano finito col trovare conferma negli eventi futuri alla loro proclamazione; era pur vero, però, che non tutte le premonizioni si basavano su fatti certi, e non tutte le premonizioni dicevano il vero; al contrario, molte si ritrovavano a mutare nel corso degli anni, modificate dal comportamento e dalle scelte attuate di chi ne faceva parte.
In quel caso, la rabbia e la paura della fate stava unicamente portando la profezia ad una perfetta realizzazione; chi dava loro la sicurezza che non fosse proprio l’uccisione delle bambine a portare l’oscurità sul mondo delle fate? Chi diceva loro che non fosse proprio la scelta sbagliata di perdere la speranza a far divenire ognuna di loro oscura, portando così dolore e sofferenza all’intera Foresta Incantata? Chi diceva loro che la profezia non fosse stata fatta proprio da un essere oscuro con l’unico obbiettivo di distruggere le fate e la loro preziosa magia bianca?!
No, non lo avrebbe mai permesso. Quelle due bambine sarebbero rimaste state sotto la sua protezione e, nel momento in cui una di loro avesse dato segno di instabilità, se ne sarebbe occupata personalmente.
Con una velocità che solo delle ali magiche potevano influire, Turchina raggiunse la culla dei boccioli, uno dei luoghi più protetti e ben celati nel mondo delle fiabe; l’esteso spazio si trovava in alto, in mezzo alle nuvole, a poca distanza dai fiori in cui lei e le altre fate riposavano o si riunivano. La culla dei boccioli era un luogo sacro per ogni fata; il luogo dove ognuna di loro aveva visto la luce per la prima volta; il luogo dove le fate nascevano, sbocciando dai piccoli boccioli in cui erano cullate.
Lì, in disparte rispetto agli altri, vi era un piccolo fiore nero, da poco sbocciato, su cui erano avvolte due creature dal volto così candido e dolce da togliere il fiato; nonostante fossero nate sotto gli stessi petali, le piccole avevano dei tratti distintivi molto visibili: una aveva capelli castani, intensi e scuri come le querce che, poco prima, avevano assistito al consiglio delle fate, con occhi dello stesso colore nocciola; l’altra, più alta rispetto alla sorella, aveva splendidi e brillanti capelli neri, con occhi tanto azzurri da sembrare pieni dell’acqua dell’oceano.
Due splendidi esemplari di fate, così bisognose di cure e affetto da alimentare ancor di più lo scetticismo di Turchina di fronte a quella sciocca profezia, il cui scopo sembrava essere unicamente quello di spaventare le fate più ingenue.
In un gesto carico di amore, Turchina sfiorò la testa di entrambe, sorridendo a quelle che, al di là di ogni sua più fervida immaginazione, avrebbe scritto il futuro dell’interno mondo delle favole.
Avrebbero portato amore? Gioia? Sofferenza?
“Ehi…” sussurrò la fata, avvicinando il volto ai petali su cui le creature erano stese sul dorso “…Nimue…e Corvina! Farete grandi cose…ne sono certa!”
 
 
 
 
Storybrooke…giorni nostri
 
Le fiamme, alimentate dal forte vento proveniente dal mare, parevano prendere forza ad ogni secondo, rendendo le edere arrampicanti di Granny  e la cassetta della posta un triste ricordo di quello che, il giorno prima, era la parte più trafficata della città.
Al centro di quell’inferno fatto di fiamme e mostri alati, vi era Morgana, splendida e intoccabile, con la sua veste nera, così delicata da apparire quasi fuori luogo. La bacchetta nera, al sicuro tra le sue dita sottili, aveva appena svolto il suo ennesimo compito, facendo comparire al suo fianco l’inconfondibile figura del Capitano più famoso di tutta la Foresta Incantata, e non solo; l’uomo, impossibilitato a muoversi a causa della stessa forza invisibile che poco prima aveva portato al quasi soffocamento il Principe Azzurri, aveva dipinta sul volto la sua espressione più nera, quella che, solitamente, riservava all’essere che più odiava al mondo: Tremotino. A nulla valsero le strattonate o i tentativi di movimento di spalle e gambe, Uncino appariva completamente immobilizzato e in balia dei continui capricci della fata Oscura.
“Che diavolo vuoi da me…” grugnì Uncino tra i denti, lanciando alla donna accanto a se un’occhiata carica di odio e disprezzo.
“Sua altezza…dov’è finita la vostra perspicacia?!..mi deludete…” esclamò divertita la strega, mettendosi di fronte al pirata, costantemente affiancata da una delle sue fedeli creature “…o forse dovrei chiamarvi Capitano!”
Lo stava deridendo, si stava deliberatamente prendendo gioco di lui senza il minimo sforzo di nascondere la cosa; voleva innervosirlo e, purtroppo, ci stava riuscendo decisamente troppo bene.
“…ad ogni modo…siete qui come…esca…Una bellissima…esca” aggiunse Morgana, inclinando leggermente il capo, come a voler osservare con più attenzione quel volto familiare.
“Come siete giovane Killian Jones…” con estrema lentezza, la strega iniziò a sfiorare, con la sua bacchetta incurvata,  quel volto perfetto e dalla barba incolta “…così bello, così sicuro di sé…la somiglianza è incredibile”
“Sei pazza…!”
“Forse…” esclamò soddisfatta, ferendo di proposito il volto del capitano, dalla cui guancia sinistra iniziò a scendere un sottile rivolo di sangue.
Con i capelli ingarbugliati e mossi dal vento, Morgana fece qualche passo in direzione del locale, fermandosi a pochi metri dal marciapiede, anch’esso inghiottito dalla moltitudine di fiamme presenti.
Volgendo solo leggermente lo sguardo alle sue spalle, la Fata Oscura richiamò a sé la figura incisura di Ector, il quale sembrava essere magicamente comparso all’arrivo del Capitano Jones, come incuriosito da ciò che la sua padrona avrebbe fatto di lì in avanti.
“Si mia signora…” esclamò spaventato l’uomo, abbassando il capo biondo fino quasi a toccarsi le ginocchia.
“Prendi il coltello che ti ho dato poco fa…e puntalo alla gola del nostro caro…pirata!” disse Morgana, pronunciando l’ultima parola con un divertimento per nulla celato “…è ora di far uscire il piccolo topo dalla tana!”
 
***
 
“…ho paura di aver appena trovato il tuo ragazzo!”
Non appena comprese le parole del nano, la giovane Swan si precipitò alla finestra, dando conferma ad ogni singola paura che, fino a quel momento, aveva avvolto la figura del Capitano in questione.
Lui era lì, proprio in mezzo alla strada, alle spalle della strega, minacciato dalla lama di un pugnale puntata dritta alla sua gola da quell’omuncolo dagli insoliti capelli mossi.
 “Maledizione!” sbottò la Salvatrice, non controllando minimamente la sua frustrazione in un momento come quello.
Neppure Regina, la quale il più delle volte non perdeva occasione per fare qualche battuta a spese di Uncino, rimase in silenzio, limitandosi a lanciare un’occhiata seria e preoccupata in direzione della bionda.
Che Morgana fosse riuscita a prendere in ostaggio il pirata complicava decisamente le cose, rendendo del tutto irrealizzabile l’unico piano approvato da tutti, ovvero cercare di allontanarsi da lì senza incorrere in un faccia a faccia all’ultimo sangue con la donna vestita di nero, la cui magia sembrava aumentare a vista d’occhio. Ora le cose si erano fatte decisamente diverse, e il sorriso soddisfatto in quelle labbra di un pallore quasi innaturale ne erano l’ennesima conferma.
“Ok…vado fuori!” esclamò la Salvatrice fuori di sé, con il viso ancora incollato alla vetrata, leggermente appannata dall’eccessivo calore esterno.
“Emma…” la richiamò la madre.
“”No…non ora ti prego!” sbottò la figlia, lanciando alla madre uno sguardo scarico carico di ansia e paura; non avrebbe mai lasciato Killian nelle mani di quella pazza, non ora che entrambi avevano finalmente iniziato a lasciarsi andare ai loro sentimenti “Eva…rimani qui e non ti muovere per nessun motivo!” sottolineò la giovane Swan, consapevole di quanto poco potesse interessare alla ragazza la vita di un pirata.
“Emma…” la richiamò, stavolta il padre, con lo sguardo fisso verso la porta principale.
“Che c’è?!” esclamò esasperata, allargando leggermente le braccia, come a voler sottolineare la sua irritazione.
Stanca di quel continuo pronunciare il suo nome, Emma puntò lo sguardo sui genitori, ritardando per un solo attimo la sua ennesima uscita da quel locale che, solitamente, amava così tanto frequentare.
Né David, né Mary Margaret, i cui volti portavano i chiari segni della stanchezza e della preoccupazione, però parevano aver fatto caso alla ragionevole rabbia della figlia, intenti a fissare qualcosa al di là della vetrata, in una sorta di imitazione di quanto aveva fatto la stessa Emma poco prima.
“Che vi prende?!”
“È uscita!!”
“Cosa?!”
Sbigottita e senza parole, Emma seguì lo sguardo dei genitori, trovando ben presto la conferma delle loro parole.
Ad una velocità impossibile da sfruttare senza l’uso della magia, Eva aveva abbandonato la sala della caffetteria, apparendo in tutto il suo splendore a pochi passi dal marciapiede, disobbedire così a l’unico ordine che Emma le aveva imposto poco prima. Forse era solamente l’ennesima sensazione priva di senso, o meglio priva di un senso spiegabile, ma non appena il corpo del pirata era apparso in mezzo alla strada, qualcosa dentro alla giovane Salvatrice le aveva urlato di proteggere Eva e di impedirle di fare qualsiasi sciocchezza. Come spesso accadeva negli ultimi tempi, però, la testa aveva avuto la meglio sul cuore.
Allontanando dalla mente quei pensieri privi di alcuna utilità, Emma posò velocemente la mano sulla maniglia in ferro della porta, spingendola verso l’esterno, come aveva fatto tempo prima per rincorrere una Regina a dir poco scioccata dall’arrivo di Marion. Questa volta, però, le cose non andarono allo stesso modo, alimentando non poco l’esasperazione di Emma; la porta rimase immobile, ferma, come una parete dipinta da un pittore burlone, con l’intendo di trarre in inganno qualche povero malcapitato.
Nervosa, Emma iniziò a spintonare la porta, scoprendo ben presto che nemmeno le sue spalle atletiche potevano nulla contro quell’incredibile forza magica. La porta era bloccata, bloccata da un incantesimo di protezione, quasi certamente creato dalla stessa persona che ora si trovava davanti alla strega.
Buttando fuori l’aria, nella speranza di diminuire l’angoscia del momento, Emma iniziò a scrollare le mani, come faceva ogni qualvolta si preparasse ad attuare un incantesimo dalla portata complessa; un gesto probabilmente dettato dall’ansia, ma che ormai faceva del tutto parte di lei, della sua personalità e, chissà, forse addirittura del suo DNA.
Serrando fortemente gli occhi, addolciti dalle sue folte ciglia, Emma cercò di annullare l’incantesimo di protezione lanciato da Eva, ben presto preoccupata di non vedere alcun segnale di un suo ipotetico successo.
“È inutile…” esclamò Regina, interrompendo il silenzio sceso nella sala “…la ragazzina ha la mia magia…non usciremo mai da qui!”
Consapevole che le parole del sindaco erano tante amare quanto veritiere, Emma appoggiò le mani fredde sopra la vetrata della porta d’ingresso, ritrovandosi a sperare con tutta se stessa che la ragazzina sapesse cosa stava facendo.
Con lo sguardo verde colmo di preoccupazione, Emma fissò la figura slanciata di Eva, la quale si trovava lì fuori, a pochi passi dal corpo longilineo di Morgana; le spalle dritte e le mani talmente serrate, da dare quasi l’impressione che le unghie le si conficcassero nella pelle, diafana e sottile; chissà, forse l’unico modo per non perdere completamente il controllo in una situazione come quella.
Era uscita, nonostante quello che le era stato detto, nonostante fosse stata lei stessa a chiarire l’importanza di non dare a Morgana ciò che voleva, era uscita ugualmente; e per quale motivo poi? Per Uncino? Impossibile, non lo conosceva neanche e, probabilmente, l’unico dialogo avvenuto tra loro si era limitato a qualche sorriso da parte del pirata, e a facce imbronciate da parte di Eva.
Come aveva già notato da tempo, Eva non si era mai mostrata una grande sostenitrice né di lei, né di Uncino e né Regina; non aveva mai parlato con loro, non si era mai finta neanche minimamente amichevole nei loro confronti, ma solo fredda e distaccata. Sembrava interessata unicamente a se stessa e alla sua vita; forse un po’ ad Henry, ma anche quell’amicizia si era rivelata una mera copertura. Già, ma come non sottolineare quanto, gli ultimi eventi, avevano messo in discussione la sua tesi? Il modo in cui Eva si era intromessa per salvarle la vita era cosa ben nota a chiunque; persino Regina, solitamente accecata dalla sua rabbia, aveva momentaneamente deposto l’ascia di guerra, arrivando a mettere al primo posto l’eliminazione di quella strega che voleva Eva a tutti i costi.
Perché era uscita? Perché rischiare la vita per qualcuno che, fino ad un giorno prima, aveva evitato come la peste?
-Lo sai il perchè…-
Quell’improvviso pensiero prese consistenza nella sua mente, impedendole perfino di stringere le labbra, nel vano tentativo di deviare l’attenzione dai suoi pensieri; era un’idea folle e priva di alcun significato. Eva non poteva avere a che fare con nessuno di loro, era impossibile e privo di alcuna logica; era fin troppo perfino per una cittadina come Storybrooke.
Eppure…
“Si sta avvicinando a lei…” esclamò improvvisamente la voce di David, allontanando la Salvatrice da una rivelazione decisamente troppo scomoda e inverosimile.
All’esterno della caffetteria, il volto perfido di Morgana era stato attraversato da una scintilla di soddisfazione, nel momento in cui la figura della ragazza dai lunghi capelli castani aveva fatto capolinea in quella strada ormai distrutta.
“È rassicurante vedere come alcune cose non cambino mai….non trovi principessa?!” proruppe la donna, aspettando una risposta che, però, non sembrò voler arrivare. “…troppo prevedibile…” aggiunse, con tono disgustato.
“Lascialo andare!”
Con la speranza di apparire sicura e coraggiosa come i suoi genitori erano stati in varie occasioni, Eva rimase ferma nella sua posizione, limitandosi a posare solo per un attimo lo sguardo sul copro di Killian, la cui vita sembrava dipendere unicamente da Ector, intento a puntargli una lama arcuata dritta alla gola.
“Che arroganza…sai da quanto ti cerco piccolina?!” le chiese Morgana, fingendosi preoccupata, ma non riuscendo a trattenere uno dei suoi sorrisi freddi e privi di qualsiasi sentimento “…non è piacevole fare viaggi nel tempo. Dico bene pirata?” aggiunse la strega, senza mai staccare lo sguardo dalla ragazza.
Uncino, dal canto suo, rimase impassibile, apparentemente disinteressato da ogni cosa si svolgesse in quel momento, ma intento, al contrario, a comprendere quell’insolito dialogo tra la donna ed Eva.
“…sono qui no?...è me che vuoi…non lui!” disse Eva con tono reso vacillante da una disperazione quasi impossibile da controllare.
“Oh hai ragione…lui dopotutto l’ho già ucciso giusto?…e non sono di certo il tipo che ama ripetersi!” sorrise melliflua in direzione della giovane.
“Come prego…?!” chiese il diretto interessato, beccandosi l’ennesima pungolata da parte di quella lama stretta nelle mani sudaticce di Ector “…hey schiavetto…vediamo come te la cavi senza quel pugnale?” lo provocò Killian.
Ciò che ottenne il pirata, però, fu solamente una dolorosa ginocchiata allo sterno, che lo fece presto piegare in due, attraversato da un dolore talmente improvviso e profondo da lasciarlo letteralmente senza fiato; neppure il debole tossire dei polmoni gli permisero di allentare quel senso di soffocamento e sofferenza provocato dal colpo, ricevuto in maniera tanto fulminea quanto inaspettata.
“Fallo smettere!” urlò fuori di sé Eva, ritrovandosi a compiere un leggero passo in direzione dell’uomo in giacca di pelle, il quale alzò leggermente il capo, ritrovandosi a scambiare una veloce occhiata con quella strana ragazza, improvvisamente preoccupata per la sua sorte.
“Ector…per favore..” si limitò a dire la strega, con voce per nulla contrariata.
Eva strinse forte la mascella, concentrandosi con tutta se stessa per non perdere il controllo. Non glielo avrebbe lasciarglielo fare, non lo avrebbe visto morire sotto i suoi occhi, non un'altra volta.
Era lì, in una sorta di deja-voo impossibile da spiegare a chiunque non avesse vissuto, come lei, un susseguirsi di eventi, ognuno con una differente componente temporale.
Come avrebbe potuto resistere all’ennesima morte avvenuta a causa sua? Come avrebbe potuto rimanere ferma, immobile, nella speranza che le cose cambiassero, o che per lo meno iniziassero a volgere a suo favore? Se avesse visto morire un’altra sola persona a cui teneva, se avesse visto lui morire davanti a suoi occhi non facendo nulla per impedirlo, avrebbe perso il controllo della sua magia; avrebbe finito col perdersi e finire in uno di quei labirinti da cui era impossibile uscire. Lo sapeva bene, lo sapeva fin troppo bene.
Sarebbe diventata ciò che più odiava, ma di cui ultimamente non riusciva a fare a meno.
Con quei pensieri nella mente, Eva rimase ferma nella sua posizione, sfidando con lo sguardo la strega che, da anni, aveva fatto scendere le tenebre sull’intera Foresta Incantata. A dispetto di quanto avrebbe mai pensato, il respiro si era fatto lento, scadenzato, le dita avevano smesso di tremare e anche le lacrime, un tempo ribelli e impossibili da trattenere, ora eseguivano col massimo rispetto il suo ordine di rimanere al loro posto, in una sorte di prigionia autoimposta.
Da quando era diventata così fredda, così controllata? Sa quando i suoi sentimenti ed emozioni, un tempo coinvolgenti, si erano fatti latitanti e scarni?
Che fosse quello l’effetto del dolore? Che fosse quello il modo in cui una persona smetteva di essere buona ritrovandosi a compiere azioni orribili e deplorevoli?  Era così che una persona diventava…cattiva?
Una delle cose che aveva imparato negli ultimi dieci anni era che le persone non nascevano cattive; no, cattivi non lo si era mai dalla nascita ma, al contrario, lo si diventava col tempo, con le esperienze negative e con la continua dose di dolore che l’animo assorbiva ad ogni morte, ad ogni perdita, ad ogni conflitto, arrivando a corrodersi in maniera irrecuperabile.
E il suo animo a che livello era? Quanto si era oscurata la sua anima nel vedere morire sua madre, suo padre, Jake…
Era ancora recuperabile? Poteva ancora essere salvata?
“Quindi…vediamo di accelerare le cose!” continuò Morgana, avvicinandosi di un altro passo ad Eva, rimasta immobile, con le braccia stese lungo i fianchi.
 “Ehi…non restare ferma lì…vattene!!!” urlò Killian, ancora leggermente piegato, arrivando a destare la ragazza da quella sorta di torpore in cui sembrava essere caduta “…questa pazza non mi lascerà mai andare…non darle quello che vuole!” continuò il pirata, con una voce quasi simile ad un ruggito, tanto era forte e nervosa.
Eva lo guardò, con occhi leggermente lucidi e carichi di dolore.
Fu per una frazione di secondo, breve come un battito d’ali di fata, ma una strana sensazione si impossessò del cuore del giovane Jones che, senza alcun apparente motivo, si chiese se avesse già incontrato quello sguardo perso, quel viso bianco, quelle ciglia folte; forse, in qualche luogo o in qualche tempo, impossibili da identificare; forse nel viso di suo padre, incontrato in uno dei suoi numerosi viaggi della sua lunga vita.
A dispetto di ogni suo pensiero, quegli occhi verdi gli conferivano una strana sensazione, la sensazione di guardare dritto dentro la sua anima, come davanti ad uno specchio scheggiato e attraversato da tanti e piccoli riflessi, talmente luminosi da impedire una chiara visione del proprio volto; ma sebbene gli occhi non riuscissero a vedere in maniera indistinta, ci pensava la mente a completare quell’immagine distolta, facendola combaciare in maniera perfetta col suo volto e con quello di qualcun altro.
La conosceva.
Nel momento in cui Eva deviò lo sguardo da quello del pirata, Killian si ritrovò a scrollare il capo in maniera lenta, come colpito da una sorta di incantesimo quasi consapevole. 
“Oh ma lei non se ne andrà…non andrà più da nessuna parte”
Sussurrando quelle parole cariche di disprezzo, Morgana eliminò i metri che la distanziavano da Eva, avvicinando le sue labbra carnose al volto pallido della ragazza, graffiando, con l’unghia del suo indice, la sua pelle bianca e leggermente coperta di cenere. Un leggero rivolo di sangue iniziò a discendere lungo quel volto perfetto, finendo per cadere sulla falange bianca dello stesso dito che lo aveva evocato.
“Ora ti mostrerò come si fa…principessa
Lentamente, la Fata Oscura alzò il braccio verso l’alto, lasciandolo per l’ennesima volta scoperto e colpito dal calore diretto delle fiamme che, imperterrite bruciavano tutto intorno a loro. Nel momento in cui la strega arrivò a toccare con mano ciò che da anni cercava con tutta se stessa, il fuoco sembrò alimentarsi della sua oscurità, arrivando ad innalzare ancor di più la sua portata.
Tutto sembrò fermarsi, persino le bestie squamose, rimaste fino ad allora in disparte, sembravano aver smesso di emettere quei loro rantoli tanto agghiaccianti quanto innaturali.
A dispetto di poco prima, il cuore della ragazza iniziò a battere in maniera incontrollata, dandole la sensazione di scoppiarle nel petto.
Stava finendo tutto, ogni cosa stava per giungere al termine; dopo tutto quello che aveva passato, dopo tutto quello che aveva fatto per impedire a quella strega di vincere, ora era lì, a due centimetri da quelle dita sottili e arcuate, così vicine al suo cuore, del tutto impreparata a quel triste epilogo.
Morgana aveva vinto; o meglio, avrebbe vinto di lì a poco.
E pensare che le persone che aveva così tano amato, avevano sacrificato la loro vita per impedire il realizzarsi di quel preciso evento, per impedire alla strega di ottenere ciò che voleva, portando a morte certa ogni abitante della Foresta Incantata. Era stata mandata lì proprio per mantenere vivo quel debole spiraglio di speranza rimasto, per proteggere ciò che era rimato e per salvare quel suo futuro così instabile.
E invece, aveva fallito.
Chiunque avesse saputo quel piccolo particolare avrebbe sicuramente finito col considerarla una stupida, sciocca ragazzina uscita per salvare un pirata che nemmeno la conosceva e che, dal modo in cui la guardava, nemmeno le voleva bene; ma non era così, e lei, nonostante tutto, lo sapeva bene. Benché potesse essere considerata banale e piccola ed eccessivamente emotiva, lei avrebbe mantenuto per sempre la sua promessa, la promessa di sacrificare tutto, persino se stessa, pur di non vedere più morte intorno a lei, pur di riuscire a salvare chi amava, come in quel momento; e lo avrebbe fatto, ad ogni costo, anche se ciò avrebbe significato mettere in pericolo l’intero mondo.
Dopotutto, se le fosse stato chiesto di fare una scelta tra il salvare tutti i regni esistenti e la sua famiglia…avrebbe facilmente scelto la seconda, senza doverci pensare troppo; e questo bastava per depennarla totalmente dalla lista degli eroi.
Era egoista? Sì lo era, ma non se ne vergognava affatto. In fin dei conti, non aveva mai avuto il lusso di esserlo, nemmeno quand’era bambina.
Ma se quella era davvero la fine, se era davvero quella la fine di tutto, avrebbe tanto voluto vedere realizzarsi un unico desiderio, lo stesso desiderio che aveva espresso un anno fa, davanti un dolce di compleanno che aveva ben poco a che vedere con i bellissimi e deliziosi cupcakes preparati da Granny, ma che valeva più di mille di quelle squisitezza. Ricordava benissimo quel giorno, come fosse stato ieri ieri, quel compleanno trascorso in mezzo alla melma delle paludi, infreddolita e in compagnia di un Jake a dir poco in collera con lei per non averla ascoltata; che carattere impossibile aveva. Già…ma nonostante tutto si era ricordato del suo compleanno e le aveva portato qualcosa per festeggiare; ricordava ancora di aver sorriso a quel volto imbronciato, di aver chiuso gli occhi e di aver espresso un desiderio, ben consapevole di quanto fosse impossibile da realizzare. Un desiderio che, agli occhi di molti, sarebbe potuto suonare infantile, ma che per lei valeva più di tutto l’oro e la magia del mondo: poter riabbracciare i suoi genitori; potersi di nuovo lasciare andare ad uno di quei pianti immaturi ed infinitamente liberatori, stretta alle loro braccia, al sicuro e conscia che l’avrebbero amata sempre e comunque, nonostante tutte le cattive azioni commesse.
Basta paura. Basta dolore. Basta solitudine.
Quella, però, era solo l’ennesima fantasia irrealizzabile, e forse, in un momento come quello, avrebbe dovuto maledirsi per non aver lasciato a nessuno di loro, nemmeno ad Henry, un appiglio su cui partire, un indizio che li portasse al vero motivo per il quale era stata mandata a Storybrooke, in quel preciso e determinato momento storico. Non aveva fatto nulla di quello che le era stato chiesto, a parte rubare la magia a Regina.
-...la magia di Regina…- pensò tra sé e sé la giovane, ricordando solo in quel momento che, con la sua morte, la Sovrana della Foresta Incantata sarebbe rimasta priva dell’unica arma che avrebbe protetto Storybrooke nel momento del bisogno, impedendole così di fare tutto ciò di cui era destinata.
Chiudendo gli occhi, come aveva fatto quella sera di un anno prima davanti al suo desiderio, Eva lasciò andare la magia di cui sui era impossessata, vedendola defluire dal suo corpo con la stessa fluidità ed eleganza di un cumulo di vapore dall’intenso colore violaceo.
Con quel semplice gesto, la ragazza sapeva di aver messo fine ad ogni piccola speranza di veder realizzato il suo piano; aveva letteralmente dato il via al normale corso degli eventi, gli stessi eventi che l’avevano portata a vivere quel preciso momento. E pensare che era stata mandata lì per cambiare il futuro.
Se solo fosse venuto anche lui, se solo fosse riuscito ad accompagnarla, tutto sarebbe stato diverso. Lui avrebbe saputo cosa fare: come prima cosa non avrebbe reso necessario strappare il cuore dal petto di Henry, ma al contrario le avrebbe urlato contro di tutto al solo sentire una simile proposta; avrebbe conquistato la fiducia di tutti, evitando quel modo di fare scettico e prepotente che, invece, caratterizzava lei per trequarti del tempo; le avrebbe stretto la mano al primo incontro con sua madre e, cosa più importante, avrebbe tenuta viva in lei la speranza di poter ottenere ancora un lieto fine, un lieto fine per tutti.
Le cose, però non erano andate così, e nonostante continuasse a ripetersi quanto fosse sciocco perdersi tra i se e i ma, lei continuava a farlo, sotto quello sguardo freddo e quegli occhi gialli, soddisfatti e subdoli come non lo erano mai stati.
“Sai…per un attimo ho temuto che il tuo viaggio avrebbe incrinato in qualche modo i miei piani” sussurrò la strega, disinteressata da quanto fatto da Eva “…vederti entrare in quel portale, non riuscire a tirare fuori una sola parola dalla bocca del tuo paparino…ma poi mi sono ricordata di quanto tu sia stupida Eva...e priva di alcuna utilità…se non per me!”
A dispetto della lentezza esternata poco prima, con un gesto carico di impazienza e rabbia, Morgana immerse la sua mano nel petto di Eva, lasciando quest’ultima senza fiato.
Era finita. Era finita. Era…
Scioccata da quell’assenza di dolore, Eva abbassò leggermente il capo rimanendo ulteriormente sbalordita di fronte a quanto i suoi occhi videro.
La mano nivea e avvolta dal merletto nero della veste, aveva oltrepassato il corpo della ragazza, divenendo improvvisamente una forza priva di consistenza e simile ad un ologramma interrotto da una sorta di interferenza elettromagnetica.
“Tu…tu non…non sei qui…” esclamò Eva, i cui occhi verdi si erano improvvisamente fatti grandi e colmi di stupore e confusione.
“Questo mia cara…è quello che si chiama incantesimo...di illusione!” esclamò la donna con tono soddisfatto, allontanandosi di qualche passo dalla figura immobile di Eva “…non quella…cosa…fatta da te l’altra volta!” aggiunse disgustata, riferendosi al suo fiacco tentativo di depistaggio per raggiungere il portale.
Ad ogni parola pronunciata da Morgana, tutto ciò che era comparso con il suo arrivo cominciò a svanire, come se composto unicamente da fumo e cenere, innalzati in aria da un improvviso vento invisibile.
“Tutto ciò che hai visto…era illusione…e tu, stupida e insensata principessa…ci sei cascata in pieno!”
“Ma…perché?!” si ritrovò a chiedere la ragazza, con sguardo perso e fisso in un punto imprecisato.
“Ma per capire dove fossi tesoro…che altro?...Pensavi davvero che avessi iniziato a passare in rassegna tutto il passato e tutti i regni possibili con la speranza di riuscire a trovarti?...sarebbe stato impossibile e, detto tra noi, del tutto inutile. Avresti potuto essere ovunque e dovunque…nascosta chissà dove e, soprattutto, alla ricerca di chissà cosa.  Non restava che trovare qualcuno, presente dalla nascita di questa cittadina, disposto ad aiutarmi..” spiegò Morgana, volgendo un freddo sorriso in direzione dell’uomo accanto al pirata, il cui corpo pareva ancora attraversato dalla magia della Fata Nera.
“Il caro, fedele, Ector…ti ricordi di lui vero Eva?...”
Quella domanda apparentemente innocente sembrò ridestare l’odio assopito della ragazza, la cui collera pareva partire dal palmo delle sue pallide mani, improvvisamente attraversate da una scarica elettrica dal colore scuro e intenso della notte.
“oh sì che te ne ricordi” affermò compiaciuta Morgana, sorridendo ancor di più di fronte a quella reazione collerica “…ad ogni modo, una volta capito dove ti trovassi mancava solo una cosa…e per ottenerla dovevo trovare il modo di farti uscire allo scoperto. Cosa abbastanza facile da fare…”
Con una certa noncuranza, Morgana alzò l’indice della mano destra, lo stesso che aveva utilizzato poco prima per graffiare il volto di Eva, in un gesto che, apparentemente, era apparso privo di alcun significato.
“…grazie al tuo sangue principessa potrò raggiungerti ovunque tu sia…e arrivare qui indisturbata…senza tutti i vincoli che la tua magia ti ha imposto!”
“No…”
“Sì invece. Qualsiasi cosa tu sia venuta a fare nel passato Eva…smetti di farla e spendi quel poco tempo che ti resta per restare con la tua cara e misera famiglia!” esclamò la donna, soddisfatta e malvagia come mai lo era stata in quel momento ”…ora devo proprio andare mia cara. Ma non senza lasciarti un piccolo regalo…che so bene saprai apprezzare…nel modo giusto!”
Con un semplice cenno del capo e un sorriso tanto sciocco quanto subdolo e malvagio, Ector accolse con una strana allegria l’ordine di Morgana, arrivando a premere con più forza quel suo pugnale arrugginito nella gola di Killian.
“Salutami il resto della famiglia…principessa!...A presto…”
Detto ciò la l’oscura Fata Nera parve svanire come il fumo di cui, probabilmente, era composto il suo cuore, portando via con sé le fiamme e le bestie create dalla sua magia.
Non era rimasto nulla del suo passaggio: nessuna casa incendiata, nessun residuo di cenere o impronta. Tutto pareva appartenere ad un incubo ad occhi aperti, avvenuto unicamente nell’inconscio di ogni persona presente a quel disastro.
Persino la magia che fino a quel momento aveva imprigionato il corpo del giovane Jones si era improvvisamente sciolta, non prima di aver dato, al suo carceriere, la possibilità di infliggergli l’ennesimo colpo, facendolo cadere a terra, piegato dal dolore.
Spaventato e tremante come solo un ratto sarebbe potuto essere, Ector iniziò ad indietreggiare, puntando la lama del suo pugnale in direzione di quell’innocua ragazzina dal viso sottile.
Livida dalla rabbia e con la mascella contratta come non mai, la giovane Eva sembrava essersi lasciata invadere da qualcosa di molto oscuro e incontrollato, da una forza talmente dirompente da rendere quel suo sguardo verde cupo e terrificante, come non lo era mai stato. Persino i palmi della sua mano, da cui poco prima fuoriuscivano schegge di un chiaro scintillio di luce, ora si erano fatte portatrici di un’insolita luce di un colore blu, quasi tendente al nero della notte.
“I…io posso spiegarti…” esclamò Ector, indietreggiando, colmo di paura.
“Ora conterò fino a tre…!”
Pallido e spaventato, Ector cominciò a sudare in maniera incontrollata, ritrovandosi a tremare come una foglia di fronte a quello sguardo verde iniettato di sangue.
“Uno…
“A…aspetta…” balbettò Ector.
“Due” continuò imperterrita Eva, avvicinandosi ogni volta di un passo, con lo sguardo puntato direttamente in quei piccoli occhi troppo attaccati, evitando di proposito il volto di Killian che, con una certa difficoltò, aveva iniziato ad alzarsi da terra.
“Tre!”
 
***
 
“È…scomparsa…”
La voce flebile e sorpresa di Biancaneve espresse a parole ciò che, ogni persona presente nella caffetteria, aveva pensato nel momento in cui Morgana, e tutto il suo seguito, erano svaniti come neve al sole. Nulla era rimasto della sua presenza, se non la profonda paura e il terrore nei cuori di chi l’aveva visto o, anche solamente, avvertito il suo sussurro.
Non vi erano dubbi, il male si era mostrato a loro con le fattezze di una bellissima donna dagli occhi gialli, il cui cuore doveva essere più nero della legna che, fino a poco prima, aveva iniziato a bruciare intorno a loro. Morgana li voleva tutti i morti, non si era particolarmente interessata a nasconderlo, e il fatto che se ne fosse andata con tanta allegria non faceva presagire nulla di buono. Nonostante avesse mirato al cuore di Eva, alla fine non si era disturbata a prenderlo, non in quel momento per lo meno; ma allora per quale motivo inscenare tutto ciò? Perché farla uscire allo scoperto senza strapparle il cuore che tanto sembrava desiderare?
“Che sta facendo la ragazzina?!” chiese qualcuno alle spalle della Salvatrice.
Destata da quel quesito a dir poco legittimo, Emma puntò lo sguardo verso Eva, indaffarata a “dialogare” con l’uomo dai capelli chiari; gli occhi di Ector e la postura di Eva lasciavano ben poco spazio all’immaginazione, riportando vagamente alla memoria i modi poco gentili usati a suo tempo dalla Regina Cattiva.
Allarmata da quell’insolito collegamento Emma uscì di corsa dalla caffetteria, grata di non incontrare, almeno per una volta, nessun tipo di forza che le impedisse il passaggio o che la facesse volare dall’altra parte della stanza, addosso a qualche parete o pavimento poco accogliente.
Con passo spedito e facilitato dai suoi pantaloni neri, Emma raggiunse gli unici presenti nella stradina sui cui dava il ristorante di Granny, guadagnandosi un posto in prima fila di quello spettacolo fin troppo carico di emozioni e colpi di scena.
L’aria sembrava essersi fatta improvvisamente più fredda e pungente, ricordando alla Salvatrice la sensazione di congelamento che aveva provato quella sera insieme a Killian; non che vi si scostasse di molto, dopotutto, visto che, anche in quel momento, mancava all’appello il suo caldo cappotto invernale e il solo maglione non dava di certo il calore che sperava.
Possibile che anche il calore emesso dalle fiamme di Morgana fosse una mera illusione? Eppure, quand’era uscita per parlare con lei, l’aria sembrava essersi realmente surriscaldata; ne erano la prova i vetri appannati del locale e la quasi invisibile cortina di vapore che si innalzava dalle strade, facendole apparire simili alla superficie di una tazza di caffè, ancora calda, ancora fumante. Che fosse stata tutta una semplice illusione? Un’illusione visiva, uditiva…olfattiva? Eppure, persino la terribile puzza che fino a poco prima aveva invaso tutta la città, ora sembrava essere svanita, lasciando spazio al rassicurante profumo della notte ormai scesa in tutto il suo splendore.
Se Morgana era realmente riuscita a realizzare tutto ciò, allora i loro problemi andavano al di là di ogni più oscura immaginazione.
Nonostante le riflessioni non fossero delle più allegre, Emma non attese un solo istante in più per assicurarsi delle condizioni del pirata, lasciandosi andare ad un sonoro sospiro di sollievo una volta constatato fosse tutto intero, al di là di una leggera ferita vicino al pomo d’Adamo.
“Sto bene tesoro…” la rassicurò la voce calda del pirata, il cui braccio destro non perse tempo a stringerla accanto a se, dandole un delicato bacio sulla tempia, per nulla preoccupato del probabile sguardo dei genitori sicuramente puntato verso di lui.
A dispetto di quanto sarebbe accaduto tempo prima, sul volto della giovane Swan si dipinse un’espressione di pura e reale serenità; nonostante le cose non andassero bene, nonostante i problemi non la smettessero un solo attimo di presentarsi alla sua porta, prepotenti ed invadenti come non mai, lei era felice, felice di poter contare sulla presenza di quell’uomo che, per l’ennesima volta, aveva dimostrato di saper sopravvivere ad ogni minaccia.
“Aiutatemi….vi prego….”
Consapevole di non poter voltare le spalle a quell’uomo, al di là del fatto che le scelte fatte nelle ultime ore non lo classificassero come un brillante alleato, Emma si staccò dall’abbraccio di Killian, avvicinandosi, con passo lento, al sostenitore di Morgana. L’uomo, sudato come nemmeno il finto fuoco di poco prima era riuscito a fare, pareva occupato a confrontarsi con Eva, in una situazione di netto svantaggio. La ragazza, di spalle rispetto alla posizione di Emma, teneva sospeso a mezz’aria l’uomo dai capelli biondi, limitandosi a fissarlo, senza pronunciare alcuna parola.
Leggermente indebolito dal duro colpo ricevuto da Ector, Killian seguì Emma, preoccupato dalla piega presa dagli eventi. Quella ragazza che, fino dal primo incontro, gli aveva trasmesso un infinito senso di solitudine e dolore, non aveva perso un solo secondo per precipitarsi a salvarlo, mettendosi chiaramente nelle mani di una strega che voleva tutt’altro che il suo lieto fine. Ed ora, eccola lì, con lo stesso dolore dipinto sul volto, in bilico tra la scelta di fare del male a quell’uomo o abbassare il braccio e lasciarlo andare.
Il vento, improvviso ed euforico, aveva iniziato ad accarezzare i capelli delle due donne, mettendone in risalto la diversa gradazione, quasi messa in luce dall’insistente illuminare delle stelle, tornate finalmente al suo posto nel cielo, incoraggiate dall’assenza di quelle alte fiamme, oscure e colme di magia oscura.
Con movimenti lenti e ben studiati, la giovane Swan si avvicinò di qualche altro passo, riuscendo ad individuare il volto di Eva livido dalla rabbia e rancoroso come, forse, nemmeno lo sguardo di Regina era mai riuscito ad essere. Gli occhi, di un verde scuro, lasciavano chiaramente trasparire gli intenti di Eva, e le braccia, nascoste dalla tela del cappotto, si mostravano attraversate da una magia così potente da apparire fuori controllo.
Corrugando leggermente la fronte, Emma non riuscì a fare a meno di ricordare la sensazione provata nel momento in cui Ingrid aveva risvegliato i suoi poteri, portando le sue mani ad emettere la stessa corrente di magia che ora vedeva fuoriuscire dai pallidi palmi di Eva. Ricordava con estrema limpidezza la sensazione di paura e smarrimento nel sentire su di sé una simile energia, e lo sguardo in quegli occhi grandi non lasciava decisamente trasparire gli stessi sentimenti; al contrario, immerse in quelle iridi brillanti, vi era estrema sicurezza e decisione.
Eva sapeva cosa voleva fare e nulla glielo avrebbe impedito.
“A…aiuto…”
La voce dell’uomo si faceva via via sempre più tenue, soffocata da quelle sottili dita sporche di cenere che, nonostante la distanza, riuscivano a stringere il collo tarchiato di Ector senza la minima difficoltà, come se bastasse la semplice aria fresca della sera a mediare quel macabro rituale di soffocamento.
“Ti prego…io…”
Del tutto immune, o semplicemente disinteressata, da quelle continue preghiere di risparmio, Eva aumentò la presa, stringendo la mano destra a pugno, come se si trattasse di una sciocca gara a chi distruggeva più noci con la sola forza della mano.
“Eva…”
La voce di Emma sembrò destare un lieve interesse nel cuore della giovane dai capelli scuri, la quale si limitò a voltare leggermente lo sguardo, forse troppo in collera per dare tutta la sua attenzione alla donna a cui aveva salvato la vita due volte quella sera.
Continuando a rimanere rinchiusa in un silenzio tetro e invalicabile, Eva si avvicinò al corpo a mezzaria di Ector, apparendo fin troppo simile ad un felino intento a dare il colpo di grazia alla sua povera vittima designata. Con eguale celerità, e senza mai staccare lo sguardo cupo da quel volto tondo e apparentemente innocente, Eva immerse la mano nel petto di Ector; celere, sicura, molto più vicina alla perfezione rispetto alla sua prima esperienza con Henry, dove persino il suo cuore aveva rischiato di esploderle dal petto, divorato dai sensi di colpa.
Nonostante la brutalità di ciò che stava per fare, nonostante l’oscurità fosse pronta a divorarla in tutta la sua grandezza, Eva non provava il minimo rimorso, no affatto;  solo rimpianto di non aver preso a suo tempo una simile decisione.
“Ti prego Eva…fermati…” esclamò Emma, avvicinandosi di un altro passo a quel macabro duetto.
Eva rimase immobile, ferma in quella posa inumana, con in mano il cuore di una persona decisamente propensa alla malvagità, ma non ancora del tutto corrotta.
“….Non posso” esclamò Eva, dopo alcuni minuti che sembrarono interminabili, non volgendo nemmeno in quell’occasione lo sguardo verso Emma.
“Sì che puoi…Per…per quanto possa aver sbagliato…quest’uomo non merita di morire…per quanto ne sappiamo può essere stato soggiog…”
“No…” la interruppe la ragazza, fissando con profondo odio quei piccoli occhi scuri “…non avrà bisogno di venire soggiogato. Tu…tu non hai idea di che cosa farà…”
“No…non lo so è vero…nessuno lo può sapere…!”
“IO LO SO!” urlò Eva, con voce roca e incrinata dal pianto, voltandosi finalmente in direzione della Salvatrice e del pirata accanto a lei.
Colpita da quell’improvvisa emotività, Emma fece un leggero passo indietro, alzando leggermente il braccio a sua volta, come a voler proteggere entrambi da quella magia così forte e priva di alcun controllo.
“Io so esattamente cosa farà…e chi ucciderà…” continuò Eva, puntando nuovamente il suo sguardo disperato e iroso sul volto pallido di Ector “…so quanta soddisfazione proverà nel portarmi via le persone che amo…so come si comporterà se gli verrà data un’altra possibilità. Lui…ama…l’oscurità!”
“O…ok! Ma ucciderlo non ti farà sentire meglio, credimi. Ti renderà solo uguale a lui…”
“Ucciderlo mi darà la possibilità di vendicarmi!”
“Ma non ti sentirai meglio…” si intromise la voce di Killian, rimasto in disparte fino a quel momento “…la vendetta non porta a niente…fidati…! L’ho rincorsa per tanto, tanto tempo…e mi ha dato solo dolore…”
Con gli occhi sgranati e ancora adombrati da un intenso rossore, Eva sembrò vacillare, attraversata da una serie di dubbi e domande impossibili da decifrare in quella voragine di confusione e dolore.
“So cosa vuol dire perdere qualcuno per mano di una persona come lui…qualcuno a cui hai voluto bene e con cui hai passato dei momenti indimenticabili. Ma sai cosa mi ha detto mio figlio…un giorno?!” esclamò Emma, con voce sicura “…che un vero eroe…fa sempre la cosa giusta! E uccidere una persona…buona o cattiva che sia…non lo è…”
 “Io…non sono un eroe…io…sono una…cattiva…”
“…Io non vedo una cattiva…” sussurrò Emma, avvicinandosi nuovamente alla ragazza e arrivando a sfiorarle quel braccio sottile, con estrema delicatezza, una delicatezza che Emma Swan raramente riusciva a dimostrare nei confronti del prossimo “…vedo solo una ragazza che ha sofferto troppo….e che cerca un modo per far andare via tutto il dolore…”
Sempre più scossa da quelle parole, Eva spostò il suo sguardo, adombrato dalle lacrime, sulla mano di Emma, posata sopra allo stesso braccio che, insicuro, teneva il cuore di Ector.
Il fiato della giovane, prima silenzioso e controllato, ora appariva accelerato e insicuro come lo era stato poche ore prima, all’interno della cella in cui la stessa donna, che ora la consigliava, l’aveva imprigionata.
“Avrà quello che merita…credimi…” aggiunse Killian, avvicinandosi a sua volta e attirando a sua volta quegli occhi verdi su di sé.
Con sguardo sbarrato, fisso in un punto imprecisato davanti a sé, Eva smise di stringere il cuore di Ector.
Senza mai allontanare la mano da quel braccio quasi tremante, Emma si avvicinò di un altro passo alla ragazza, cercando di rassicurarla con un sorriso difficile da manifestare, soprattutto davanti a quell’uomo dallo sguardo stranamente freddo e calcolatore.
A dispetto di quanto si sarebbe immaginata, infatti, Emma notò per l’ennesima volta quella sorta di gelo negli occhi di Ector, un gelo che pareva apparire e svanire ad una velocità decisamente insolita. Ma non fu questo a destare la curiosità della Salvatrice, bensì le strane parole che, con improvvisa e ritrovata ilarità, Ector rivolse alla ragazza.
“E così mi risparmi di nuovo ragazzina…”
Ritrovandosi ad aumentare la stretta su Eva, Emma lanciò uno sguardo confuso in direzione di Uncino, altrettanto indispettito dallo strano comportamento di quell’uomo che, poco prima, aveva tentato di ucciderlo, mettendo maggiormente in risalto quanto il pirata fosse davvero cambiato in seguito al suo incontro con Emma; una volta, guidato dal suo fedele senso di vendetta e rabbia, non avrebbe provato il minimo rimorso ad uccidere chi che aveva osato minacciarlo con un pugnale, per poi colpirlo a tradimento.
L’amore lo aveva davvero cambiato, molto più di quanto la stessa Milah non fosse mai riuscita a fare.
 “Su…restituiscigli il cuore…e andiamo. David sui occuperà di lui” la incitò Emma, fissando di proposito lo sguardo sulla ragazza, la cui rabbia pareva nascosta dietro l’angolo, in attesa di uscire allo scoperto.
“ La ragazzina dice la verità…” esclamò Ector, rivolgendosi ad Emma e Uncino, ma non staccando mai lo sguardo dalla figura di Eva “…Morgana mi ha fatto un dono!”
“Un dono che, purtroppo per te, non ti risparmierà la cella!” sbottò innervosita Emma, intuendo lo strano e macabro proposito di Ector “…Eva non ascoltarlo, andiamo via!”
Riscossa da quell’improvvisa voce irritante, Eva serrò con forza la mascella, ritrovandosi a stringere nuovamente quel cuore pulsante.
“Mi ha rivelato le grandi gesta che compirò in futuro” continuò, così esaltato da non dare il minimo valore alle gocce di sudore che gli imperlavano la fronte “…inizialmente non le credevo. L’ennesima strega arrivata in città, interessata unicamente a distruggere gli eroi! Dopotutto a nessuno interessa di Ector…chi è Ector se non lo stupido amico di un topo che si è fatto uccidere per incriminare la sua ragazza lupo? Nessuno conosce Ector…la Salvatrice non sa nemmeno chi esista Ector!” sputò fuori l’uomo, improvvisamente livido dalla rabbia e dall’invidia“…ma poi lei mi ha fatto vedere chi è…e….cosa farà…insieme a me…e….ho capito….!”
“che è una pazza?!” lo derise Uncino, fattosi più vicino e pronto ad intervenire.
“Pazza? Morgana?...oh no….lei è…Grande. Potente. Geniale….ma non pazza!” spiegò colmo di estasi e amore nei confronti di quella perfida strega dai capelli neri “…e, spinta dal suo buon cuore…mi ha mostrato cosa farò…insieme a lei…”
“Non ascoltarlo Eva…vuole solo farti fare quello che quella strega gli ha chiesto…non ascoltarlo”
“per il resto della mia lunga vita...darò la caccia a questa stupida principessa…le darò il tormento….le strapperò via ciò che ha di più caro al mondo….E soffrirà…soffrirà così tanto da vedere il suo stesso cuore farsi nero come la notte. Non è forse vero…Eva?” la incalzò Ector, divertito e esaltato come di fronte ad una vincita in denaro.
Con occhi ancor più sbarrati e il volto pallido e funereo, Eva alzò lo sguardo verso il servo della strega, senza volgere la minima attenzione alla stretta di Emma.
“Tu…” ruggì Eva, stringendo a pugno la mano libera.
“E nonostante tutto…mi darai una possibilità. Anche quando il tuo ragazzo ti dirà di non farlo…che di me non c’è da fidarsi…tu cosa gli dirai?...”
Il battito cardiaco di Eva raggiunse un ritmo incontrollabile, seguito a ruota dall’aumento del flusso sanguigno, giunto fino agli zigomi sporgenti del volto della giovane
“…Ah sì…ora ricordo… -un vero eroe fa sempre la cosa giusta-?...ahahaha….dico bene….principessa?”
Con un unico gesto, carico di rabbia, di frustrazione e di dolore, Eva strinse la mano con tutta la sua forza, schiacciando quel piccolo cuore, inerme come noci sul palmo di una mano; dure, resistenti, ma impotenti di fronte a tanta collera e rancore.
Con la stessa lentezza con cui la polvere del cuore precipitò giù dalla mano della ragazza, Ector cadde a terra, ancora sorridente e soddisfatto per aver adempiuto all’ultimo ordine ricevuto dalla sua padrona. Anche se non aveva vissuto realmente ogni istante, anche se la sua mente si ostinava a ripetergli che era morto troppo in fretta, dentro di sé, sapeva bene quanto avesse fatto in tutti quegli anni per quella donna così benevola; quanto aveva collaborato insieme a lei, riuscendo a farle raggiungere l’obiettivo più grande: far perdere la speranza all’ultima principessa della Foresta Incantata.
Immobile e pallida, Eva alzò di scatto il capo, inghiottendo a fatica l’amaro del suo gesto, forse folle, forse incomprensibile.
Prima di andarsene, Morgana le aveva parlato di un regalo, un regalo pensato e rivolto unicamente a lei; e solo in quel momento, libera dall’ira e dall’odio che, fino ad allora, le avevano annebbiato il cuore, riuscì a comprendere di cosa si trattasse.
“Io non sono un eroe…io…sono una cattiva!”
 
 
 
 
Genteeeeee!!!!
Scusatemi…scusatemi davvero tanto per il ritardo!!!! Il capitolo purtroppo era pronto da due giorni…ma, causa continui impegni giornalieri, non ho mai avuto il tempo di rileggerlo…e l’ultima revisione è ormai un rito a cui non riesco a rinunciare. Purtroppo non ho avuto modo di correggerlo con l’attenzione che volevo (spero di farlo al più presto)…ma penso di aver eliminato tutte le parti scritte ad occhi chiusi schiacciando i tasti a caso XD
Per farmi perdonare vi do un piccolo anticipo: il prossimo capitolo sarà….come dire…alquanto rivelatore!!!!!...quindi, nonostante il ritardo di questo aggiornamento, non mollate la storia mi raccomando :P (ahahah mi sembra tanto uno spot pubblicitario).
Come sempre ringrazio con tutto il cuore chi commenta (siete sempre di più….e la cosa mi riempie di una soddisfazione indescrivibile ♥), chi inserisce la storia nelle varie categorie e chi legge!!!!!!
G R A Z I E       D I        C U O R E!!!!!!
Non dico altro perché è piuttosto tardi…e ho un sonno allucinante; ma ci tenevo davvero ad aggiornare la storia; essere puntuale nel pubblicare i capitoli è il minimo che posso fare per ringraziarvi del tempo che spendete per me!!!!!
Quindi….in attesa di venire investita dell’ispirazione più grande mai esistita XD (vista l’importanza del capitolo che devo scrivere!!!!!)……vi mando un grossissimo abbraccio!!!!!
Un bacione
Erin
 
 
 
 
   
 
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