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Autore: Vavi_14    24/04/2015    3 recensioni
A pochi mesi dalla morte dei loro genitori, Itachi e Sasuke si ritrovano improvvisamente soli, obbligati a coniugare gli studi con la gestione di un'Azienda prestigiosa che il maggiore ha ereditato in quanto primogenito della famiglia Uchiha. In questa situazione già ostile accadrà un fatto imprevisto che sconvolgerà per sempre le vite dei due fratelli. Starà a loro decidere se arrendersi alla crudeltà del fato, oppure continuare a lottare assieme per riemergere dal baratro che minaccia di inghiottirli per sempre.
***
Ho deciso di provare a pubblicare una long alla quale sono molto affezionata, perciò spero tanto di riuscire a far appassionare anche voi.
La storia contiene più di un nuovo personaggio e l'OOC è solo per sicurezza, io ho fatto del mio meglio! :)
[Prologo modificato]
Buona lettura!
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Itachi, Nuovo Personaggio, Sasuke Uchiha, Shisui Uchiha, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Capitolo 25
“L'ultimo giorno”








Questa volta non poteva. Non avrebbe mai potuto nasconderglielo. Stava male all'idea di farla soffrire ma sapeva di fare la cosa giusta.
Lei aveva gli occhi pieni di apprensione. Si sforzava per gridare alle lacrime di non cadere, si sforzava per non crollare davanti a lui. Nelle sue parole sentì il gusto amaro della sconfitta.

“Questo è l'unico modo, vero?”

Guardava oltre la porta a vetri del soggiorno e gli dava le spalle.
Aveva deciso di andare a casa sua e raccontarle tutto. Questa volta avrebbe voluto che fosse lei a saperlo per prima. Glielo doveva.
Annuì per rispondere alla sua domanda quando lei si girò a guardarlo.
“Mi dispiace per tutto, Mitsuki.”
Lei si avvicinò, un passo dopo l'altro, lentamente, come se annullare la distanza fra di loro avrebbe significato l'abbattimento di ogni barriera, il libero fluire dei sentimenti.
Non appena gli fu vicino lo abbracciò forte cingendogli la vita con le braccia. Itachi lasciò andare il capo sulla sua spalla, e con esso anche tutta la sofferenza, tutto il dolore sopportato fino a quel momento. Lei gli sembrò l'unica sua certezza, l'unico appiglio sicuro al quale aggrapparsi prima di lanciarsi nel vuoto. Strinse la presa intrecciandole una mano nei capelli ed inspirando a pieni polmoni il profumo delicato della sua pelle. Lei fece salire entrambi le mani lungo i fianchi di lui, fino a sfiorargli le guance. Avvicinò le labbra alle sue e lo baciò come mai aveva fatto prima, senza dargli respiro, lasciando che le sue lacrime si mischiassero alla saliva come se in quel modo potesse suggellarle per sempre. Lo sentì ricambiare quella foga nel farla sua mentre gli accarezzava la schiena con movimenti decisi dal basso verso l'alto. Più si baciavano e più cresceva in lui la consapevolezza di quanto ardentemente la desiderava e di come avesse cercato di negarlo a se stesso per tutto quel tempo. Ma entrambi sapevano che non era quello il momento, non era così che avrebbero voluto che accadesse, non con la mente occupata da pensieri spiacevoli.
Si allontanarono dolcemente rimanendo vicini, i loro nasi si sfioravano per comunicare un desiderio ancora acceso ma che, in quel momento, non poteva essere alimentato.
Itachi aveva lo stomaco in subbuglio e la sua testa cominciava a lamentarsi per tutte quelle emozioni, belle o spiacevoli, accumulate in così poco tempo. La prese per mano e la condusse fino al divano letto del salone. Si stesero l'uno accanto all'altro senza dire una parola e dopo poco si addormentarono, abbracciati ancora una volta, ancora insieme per un ultimo saluto.

 

****



“Avanti, cerca di pensare ad altro” borbottò Shisui, esasperato dagli scatti nervosi di suo cugino. Lui, a differenza di Itachi, nutriva ancora un po' di fiducia nelle autorità e pensava, segretamente, che recarsi in quel posto da soli sarebbe equivalso ad un suicidio.
“Adesso sappiamo dov'è, potremmo far in modo che...”
Lo vide scuotere la testa. “Non possiamo fare più niente, Shisui. Non voglio più coinvolgere la Polizia, altrimenti questa storia non avrà fine. Andremo da soli e una volta lì decideremo il da farsi.”
Shisui lasciò andare la testa sulle braccia e fece un lungo sospiro di rassegnazione.
“E va bene, faremo come dici tu.”
Questa volta aveva preso una decisione e non avrebbe cambiato idea per nessun motivo.
Aveva paura, paura di non sapere cosa avrebbe trovato lì dentro, paura di mandare tutto all'aria per aver cercato di fare l'eroe. Ma una parte di lui sembrava sussurrargli che era nel giusto e che non avrebbe dovuto lasciarsi frenare dall'incertezza di cosa lo aspettava.

La sera prima aveva ricevuto una telefonata dal Liceo di Sasuke. Subito dopo il rapimento Itachi si era recato a scuola ed aveva raccontato ai professori, in accordo con Naruto e Sakura, che suo fratello aveva passato i test per frequentare una prestigiosa scuola d'inglese a Nord del Giappone. Disse che il corso sarebbe durato un mese e che, stando al ridotto numero di assenze che aveva fatto durante l'anno, non ci sarebbero dovuti essere problemi per il suo rendimento. Tutti i professori si erano mostrati entusiasti e favorevoli alla notizia, rassicurandolo sul fatto che Sasuke era sempre stato un allievo modello e fare quell'esperienza l'avrebbe senz'altro arricchito ulteriormente. Solo un professore non aveva proferito parola. Solo uno era rimasto a guardarlo in modo scettico, mentre lo ascoltava raccontare i dettagli del corso.
Ed era stato proprio lui, Kakashi Hatake, a chiamare quella sera e a confessargli, con non poco astio, che gli amici di Sasuke erano davvero pessimi a raccontare bugie e che solo un branco di idioti come i suoi colleghi avrebbe potuto abboccare ad una simile idiozia. Così Itachi fu costretto a raccontare tutto dal principio e a promettere anche a lui, come aveva fatto con Sakura e Naruto, che l'avrebbe tenuto aggiornato sulla situazione.
Naruto chiamava tutti i sabati, Sakura tutte le domeniche. Kakashi, invece, non disse affatto il giorno in cui avrebbe telefonato. Probabilmente lo avrebbe fatto quando più gli aggradava. Anche tutti i giorni, ora che sapeva la verità.

“Cosa vuoi fare stasera, cugino?”
La domanda di Shisui cozzò con l'atteggiamento preoccupato di Itachi.
“In che senso?” chiese lui, inarcando le sopracciglia.
Shisui si alzò dal tavolo e sul suo volto cominciò a delinearsi un leggero sorriso, stanco ma sincero.
“Beh, non vorrai passare la tua ultima sera da uomo libero a girovagare per casa?”
Itachi gli fece capire che non era proprio aria di mettersi in testa strane idee. Per quella sera aveva già programmato una notte insonne, carica di brutti pensieri e mille possibili congetture su come avrebbe avuto luogo quel dannato accordo.

Aveva tirato avanti cercando di convincersi che suo fratello stesse bene e che quell'esperienza non lo avrebbe segnato per il resto dei suoi giorni. Ogni mattina si alzava con un peso sullo stomaco, un senso di colpa dal quale non sarebbe mai riuscito a liberarsi, neanche nell'ipotesi remota che quella brutta faccenda fosse finita bene.

Ormai aveva smesso di pensare al futuro dell'Azienda; non gli importava più se avrebbe dovuto condividerla con uno sconosciuto, o se avrebbe dovuto rinunciare alla gestione per cederla a lui. Voleva solo rivedere suo fratello, accertarsi che non fosse ferito e risanare quel terribile vuoto che sentiva da quando lui non c'era più.

Pensò a Mitsuki, alla loro relazione, a quanti passi avanti erano riusciti a fare negli ultimi tempi e di come, per assurdo, era stata proprio quella situazione ad avvicinarli. E poi guardò Shisui, seduto sul divano con la testa ciondolante a guardare un noioso reality dove cantanti a dir poco sconosciuti si scontravano in una sfida all'ultimo sangue per guadagnarsi la fiducia di una casa discografica.
A lui, in quel momento, andò tutta la sua gratitudine. Perché senza di lui non sarebbe stato in grado di reggere un secondo di più. Perché non l'aveva lasciato solo un momento, non gli aveva neanche dato il tempo di buttarsi giù o anche solo di pensare di farlo. Ed era sempre lui con la sua enorme stazza, con il suo amore smisurato per le donne ma, soprattutto, con  la sua devozione alla famiglia, che l'aveva reso un uomo, che lo aveva aiutato a crescere rivestendo contemporaneamente il ruolo di cugino, padre, fratello maggiore e, più di tutti, amico.

“Itachi, per favore, smettila di guardarmi a quel modo. Mi stai mettendo a disagio.” borbottò Shisui, puntandogli contro il telecomando della tv. Poi vide le labbra del cugino incurvarsi leggermente a formare un sorriso e a quel punto si decise a spegnere la televisione per capire cosa stesse succedendo.
“Insomma, si può sapere che hai? Non è che ti sei fatto una canna mentre io mi sorbivo i pop - coglioni che si azzannavano a vicenda?”
Itachi si limitò a scuotere la testa. “Non è niente Shisui. Volevo solo...ringraziarti.”
La teoria della canna cominciava a farsi sempre più nitida nella testa del suo interlocutore.
“D'accordo Itachi, forse sei solo stanco” concluse, alzandosi per accompagnarlo al piano di sopra nel timore che crollasse giù per le scale.
Itachi si divincolò dalla mano del cugino che gli stringeva la spalla e lo invitò a tornare sul divano.
“Cos'è che stavi guardando?” chiese, afferrando il telecomando.
Shisui, sempre più perplesso, prese posto accanto a lui. “Mah, una roba da far venire il voltastomaco. Cerca un film horror. Ma di quelli pesanti, che non ti fanno dormire.”
Itachi cominciò a fare zapping. “Tanto non credo che chiuderò occhio stanotte.”
Shisui sospirò, con gli occhi fissi sullo schermo a Led che lampeggiava davanti a loro.
“Già, neanch'io.”

  
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