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Autore: LadyRealgar    24/04/2015    7 recensioni
Chiara strinse i pugni, desiderando di essere più alta dei suoi 156 cm e di avere un qualunque oggetto da lanciare su quei mascalzoni, cancellando i sorrisi idioti dalle loro brutte facce. Sentiva la rabbia e la vergogna crescere nel cuore e salirle fino alla gola, finché non esplose in un grido: -Dove diavolo mi trovo?
-Ad Asgard!- rispose una voce maschile in lontananza, molto più calda e ferma di quelle delle due guardie, al cui suono erano balzate sull’attenti e (finalmente) si erano zittite.
Premetto che questo è il primo racconto steso di mio pugno che rendo pubblico e spero davvero che questa storia possa far vivere a chi la legge delle belle emozioni.
Attenzione: nel corso della narrazione vi saranno spoilers per coloro che non hanno visto Thor: the Dark World, dato che i fatti qui descritti sono ambientati dopo gli eventi illustrati dal film.
Vi auguro una buona lettura. Lady Realgar
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Odino, Thor, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jarosit aveva ragione: il tempo era un fattore fondamentale e loro non ne avevano da perdere, ma fu quando si ritrovò a viaggiare alla velocità della luce tra gli astri, avvolto dai caldi bagliori del Bifrost, che Loki si rese davvero conto dell'avventatezza del suo gesto. Non era da lui lanciarsi verso l'ignoto in quel modo, ignorando completamente dove stesse andando e senza aver prima pianificato nel dettaglio come agire. Un simile tuffo nel vuoto era più tipico di quello sconsiderato di Thor, a cui piaceva tanto cacciarsi nei guai; persino quando si era lasciato cadere dal Bifrost, anni prima, Loki sapeva dove sarebbe andato a finire e quali rischi avrebbe potuto incontrare. Lui non lasciava mai nulla al caso.

Questa volta, invece, complice la fretta o, forse, anche quella fastidiosa sensazione che gli si era annidata nella bocca del suo stomaco, si era lanciato senza pensarci, senza chiedere dove stesse per andare.

D'altra parte, non ce n'era il tempo.

Si ritrovò, così, immerso una poltiglia fangosa fino alla vita, viscida e fredda, coperta da una fitta coltre di nebbia densa e lattiginosa.

Qualche secondo più tardi, un sonoro splash alle sue spalle gli fece intuire che anche gli alti erano arrivati; -Dove diamine siamo finiti?- imprecò sottovoce Fandral, che era caduto malamente nella torbiera e si era ritrovato interamente coperto di fango.

-Nella regione di Eitur Myri, nello Âlfheimr- disse cupa Jarosit, mentre al suo fianco Ahzurit si copriva la bocca con la mano.

-Mi state dicendo che avete avuto Phoneus sotto al naso per tutto questo tempo?- domandò basito Thor: aveva sempre creduto che gli Elfi Chiari fossero delle invincibili macchine da guerra, letali e infallibili, dotati di sensi acutissimi che gli permettevano di individuare qualunque nemico e ora veniva a sapere che Phoneus era sempre stato nel loro regno senza che nessuno se ne accorgesse.

-Agli Elfi non è concesso stare ad Eitur Myri!- tossì rabbiosa Ahzurit, strappandosi un lembo di veste e porgendolo alla sua sovrana, che se lo legò intorno al volto per coprire il naso e la bocca; l'arciera fece poi altrettanto con un altro pezzo di abito.

-Ma certo...- sussurrò il re di Asgard, dando voce ai suoi pensieri -Quale luogo migliore per nascondersi se non proprio dove è impossibile per i nemici accedere?

-Perché non potete venire qui?- chiese Sif alle due elfe, estraendo la spada dal fodero e puntandola verso la nebbia.

-Perché per gli elfi- rispose il re ad alta voce -L'acqua di questo luogo è tossica, di conseguenza anche la nebbia che stiamo respirando ora. Li indebolisce e attenua i loro sensi. Se ne assumono grandi quantità essa può provocare persino...

-La morte- concluse funerea Jarosit -Dobbiamo sbrigarci a trovare Phoneus, se nasconde qui anche i bambini...

Non riuscì a concludere la frase, interrotta da un singhiozzo di pianto che cercò con tutte le sue forze si sopprimere: sua figlia era stata la prima a sparire, se Phoneus l'avesse trattenuta ad Eitur Myri per tutto quel tempo, forse per la piccola Orpimen non ci sarebbe stato più nulla da fare.

-Arciera- chiamò il sovrano di Asgard -Prima che tu perda i sensi, sei in grado di percepire la presenza di Chiara?

-La frequenza è debole- rispose la donna, avanzando di qualche passo nel fango -Ma sembra provenire da quella direzione.

Così Ahzurit li anticipò nella marcia esasperatamente lenta e faticosa in mezzo alla palude: il fango era denso e appiccicoso, si attaccava ai vestiti e alle armature, appesantendoli e rendendo i movimenti difficoltosi e macchinosi.

Pur non subendo l'azione venefica della nebbia, l'aria calda e umida penetrava pesante nella bocca e nei polmoni dei guerrieri asgardiani, intorpidendo le loro menti e offuscandone la vista.

Phoneus sapeva dove nascondersi, non vi era alcun dubbio a riguardo, ma Loki, dopo circa mezzora di cammino, era ancora lucido, al contrario della maggior parte dei suoi compagni; lui, in fondo, era uno Jotun, il che lo rendeva particolarmente tenace e coriaceo.

Ahzurit, invece, sembrava subire l'effetto della nebbia più di chiunque altro; era determinata e impavida e una grande forza d'animo pulsava dentro di lei, ma le ginocchia le tremavano visibilmente e ogni passo era più corto e lento del precedente.

Fandral, prontamente, le si affiancò e la sorresse un momento prima che cadesse nel fango completamente priva di forze: -Te la senti di continuare?- le chiese preoccupato.

-Sono il primo arciere di Jarosit la Fiera- rispose quella, sforzandosi di proseguire con le proprie forze -Devo avanzare con la mia regina!

Spronata dalle sue stesse parole, Ahzurit si lanciò in avanti, decisa a non arrendersi, ma le gambe non ressero il suo peso e cadde nel fango.

-Mi dispiace- singhiozzò affranta l'arciera alla propria regina -Mi dispiace, Maestà, di non essere abbastanza forte da servirvi degnamente.

-Mia cara- le disse la donna con dolcezza, mentre l'aiutava ad alzarsi -Non vi è nessuno in tutta Âlfheimr che abbia dimostrato il tuo coraggio e la tua determinazione, non vergognarti di una debolezza che non ti appartiene.

-Volstagg!- tuonò il sovrano, interrompendo quello che per lui era null'altro che un fastidioso e patetico teatrino -Prendi in spalla l'arciera e proseguiamo. Questa maledetta palude non può durare per sempre!

Il corpulento guerriero fulvo, con una delicatezza inaspettata per la sua stazza, obbedì all'ordine, caricando l'esile corpo della fanciulla âlfheimreniana sulle proprie spalle, e il gruppo proseguì l'avanzata, finché, finalmente, non sentirono il terreno sotto i piedi salire, dapprima leggermente e in maniera appena percettibile, poi sempre più nitidamente, ritrovandosi a scalare un vero e proprio altopiano.

Mentre camminava, la fronte del Dio del Tuono era imperlata di sudore e la benda sul braccio, volutamente nascosto sotto al mantello, era impregnata di sangue; il principe si affrettò a detergersi la fronte con il dorso della mano non appena vide il padre avvicinarsi a lui.

-Mi hai disobbedito- esordì il re di Asgard -Non ti sei fatto visitare da nessun Guaritore, non è vero?

-È così, Padre- rispose il principe.

-Non ti ho forse insegnato l’obbedienza e la prudenza?

-Non ho dimenticato i vostri insegnamenti- disse Thor, cercando di reprimere l’affanno del suo respiro -Ma per questa volta ho preferito lasciarli da parte.

-Solo questa volta?- i due uomini ridacchiarono: conoscevano benissimo entrambi la naturale propensione del principe a ignorare gli ordini, anche quelli dettati dal buon senso.

-Posso farcela- riprese Thor -È solo un graffio.

-Cerca di non strafare: siamo venuti per salvare Chiara, non mettermi nella condizione di dover salvare anche te.

Man mano che ascendevano lungo il versante dell'altura, la nebbia intorno a loro si faceva sempre più rada e l'aria più pulita e fresca.

Fu un sollievo per tutti, in particolare per Jarosit, la cui fronte era imperlata di grosse gocce di sudore freddo e le squame del viso si erano fatte di un pallido verde oliva. Nemmeno la regina degli Elfi Chiari poteva tollerare una passeggiata ad Eitur Myri.

La pendenza tornò a diminuire e in breve la compagnia si ritrovò sulla cima dell'altopiano, dove, immersi nella leggera foschia, si ergevano i ruderi di un'antica costruzione di pietra, il cui stile architettonico elaborato, per quello che si riusciva a percepire da quei resti, permetteva di attribuirne la paternità agli elfi.

-Come fa ad esserci traccia di una civiltà elfica se qui per voi anche la nebbia è veleno?- chiese Sif, esaminando le decorazioni cosmatesche su quelle vecchie pietre macchiate di muschio.

-I paesaggi cambiano con il tempo- rispose la regina degli Elfi Chiari, mentre accarezzava malinconica la fredda superficie lapidea di un arco spezzato a metà -I fiumi si prosciugano, i monti si consumano e il terreno diventa sterile; tutto con il trascorrere delle ere conosce il mutamento, ma qui non fu il susseguirsi inesorabile degli attimi a cambiare un ridente e fertile territorio in questa palude venefica e desolata. Fu il veleno di Jordmungand1, prima che venisse catturato e recluso nelle profondità del mare, a infettare la terra. Avvenne quando i Nove Regni erano poco più che neonati tra le fronde di Yggdrasil e quella creatura immonda era stata appena generata, ma già bramava spandere il proprio veleno sulle terre rigogliose. Il suo strisciare lo condusse ad Âlfheimr, dove trovò la prima grande città che gli Elfi Chiari ebbero mai costruito e l’attaccò; come sapete, venne sconfitto a fatica e catturato, ma quello schifoso serpente fece in tempo a spruzzare le sue bave disgustose nel fiume, trasformandolo in … beh, questo- disse la donna, allargando le braccia verso la palude -Da allora noi elfi non abitiamo più questa zona, proprio per via dell’acutezza dei nostri sensi: sono passati milioni di anni da quando Jordmungand trascinò il suo ventre viscido sui prati di Eitur Myri, ma ancora la traccia del suo veleno per noi è letale.

-Gran bel posto per nascondersi- commentò Fandral, colpendo con il piede un frammento di colonna -Ma qui ci sono solo ruderi: dove potrebbe tenere Phoneus tutta la gente che ha avvelenato?

-Potrebbero essere ovunque...- rispose pensierosa la regina di Âlfheimr -Eitur Myri è una regione piuttosto vasta...

-A voi non sembra strano- la interruppe Hogun, intento a scrutare il paesaggio su cui stava tornando a salire la nebbia -Che da quando siamo arrivati non abbiamo ancora incontrato anima viva? È come se stessero aspettando il momento giusto per tenderci un'...

-IMBOSCATA!- urlò Vostagg, evitando per un pelo una freccia, che si conficcò a gran velocità nel terreno accanto ai suoi piedi.

In un battito di ciglia l'altopiano iniziò a brulicare di guerrieri di tutte le razze, che apparivano dalla nebbia come cupi fantasmi, muovendosi pesantemente e imbracciando lame dai bagliori minacciosi alla flebile luce del sole di Eitur Myri.

Prontamente i Guerrieri si misero in posizione da combattimento, formando un cerchio intorno ad Ahzurit, ancora indebolita e priva di sensi, Jarosit sfoderò la sua fedele scimitarra e Sif le si affiancò.

-Thor- ordinò il sovrano al principe -Fa' roteare il tuo martello e rimanda questa disgustosa nebbia giù dall'altopiano!

Il Dio del Tuono eseguì l'ordine e un forte vento si abbatté sugli assalitori, rallentandone l'avanzata e deviandone le frecce; approfittando del vantaggio, le due donne partirono alla carica e, con elegante e feroce maestria, iniziarono a fendere colpi precisi sulle nuche degli avversari, che, uno dopo l'altro, iniziarono a cadere privi di sensi.

In risposta, un'orda di nani, completamente ricoperti di ferro dalla testa ai piedi, corse all'assalto brandendo grosse spade a due mani e asce bipenni, scuotendo la terra come un terremoto tanto era il loro peso.

Le loro armature erano così spesse e robuste che nemmeno i colpi poderosi della mazza di Volstagg sembravano riuscire minimamente a scalfirle, sicché le uniche armi che i guerrieri asgardiani avevano a loro disposizione erano la velocità e l'agilità nell'evitare i loro colpi, ma Volstagg, che tra tutti era il più grosso e lento, se la vide brutta quando un soldato nanico si avventò su di lui.

Per fortuna del guerriero fulvo, Ahzurit, grazie al cambio d'aria dato del movimento di Mjolnir, aveva cominciato a riprendersi ed era riuscita a scoccare una freccia nell'unica feritoia dell'armatura del nano, appena un attimo prima che quello vibrasse il colpo.

La battaglia infuriava sull'altopiano, mettendo a dura prova la compagnia, ma la mente del Dio degli Inganni era altrove: sebbene il suo corpo danzasse sul suolo umido, evitando il ferro delle lami nemiche e sferrando colpi perfettamente calibrati con Gungnir, la sua mente e la sua attenzione erano tutte concentrate nella ricerca dell'umana.

Cercava tra i ruderi un segno di lei, del suo passaggio, come un lupo annusa nel terreno le tracce del piccolo coniglio in fuga, ma nulla lì attorno sembrava aver mai conosciuto la presenza di Chiara; poi nella nebbia, veloce come un lampo, vide il volto di Phoneus sorridergli e svanire dietro i resti di un torrione di vedetta.

Era una sfida? Un'ulteriore trappola? O forse solo il frutto della sua immaginazione?

Colpì al capo un Vanir, lasciandolo tramortito al suolo, e accorse in direzione del torrione; dove aveva visto Phoneus svanire, tra le pietre dell'edificio, vi era un'apertura nel terreno, che conduceva con scale di granito verso il cuore dell'altura.

Lanciò una veloce occhiata ai suoi compagni e capì: Phoneus voleva che scendesse là sotto da solo e l'imboscata era stata tesa solo per tenere impegnati gli altri guerrieri.

Quello era un vero e proprio invito e di certo Loki non avrebbe fatto aspettare Phoneus, dato che si dimostrava così desideroso di accogliere la sua lancia nel petto.

Strinse Gungnir nella mano e scese, cauto e in allerta, gli stretti gradini di pietra, addentrandosi lentamente nell'oscurità del tunnel sotterraneo.

Quando intorno a sé vide solo il buio e i rumori della battaglia giunsero attenuati alle sue orecchie, Loki fece comparire dal palmo della mano una fiamma verde, che con la sua luce rivelò al dio l'ambiente circostante: il lungo tunnel, dapprima stretto e angusto, si apriva ampio di fornite a lui, rivelando un'anticamera, le cui pareti erano tappezzate da strani globi ingrigiti e polverosi.

Ad uno sguardo più attento, quei globi si rivelarono essere teschi, centinaia di crani perfettamente ordinati e accumulati sulle pareti fino a toccare il soffitto; la luce della fiamma creava macabri giochi di ombre sulla superficie delle ossa, mostrando al dio che ognuno di quei teschi presentava una grossa frattura sulla parete frontale.

"Giustiziati" pensò Loki mentre attraversava l'anticamera: per gli elfi, aveva letto una volta, l'anima risiedeva nella testa, perciò colpire al capo un âlfheimreniano equivaleva a sottrargliela nella maniera più diretta e brutale; tutti i teschi presenti nella stanza presentavano la stessa ferita, il che faceva supporre che fosse stata inflitta in maniera metodica. Quella in cui il dio stava camminando non poteva essere altro che una tomba di condannati a morte, un luogo in cui Phoneus poteva sentirsi del tutto a proprio agio.

In fondo all'anticamera, un architrave segnava il passaggio ad un nuovo corridoio e lì trovò una bambina elfica ad attenderlo; era minuta e vestita di un pregiato abito di seta e fili d'oro, dell'identico colore dei suoi grandi occhi persi nel vuoto.

-Scommetto che tu sei Orpimen...- disse il dio alla bambina -Tua madre è di sopra che ti aspetta, dovresti raggiungerla.

-Il mio signore mi ha chiesto di accompagnarti da lui- rispose la principessina elfica con voce atona.

-Ma davvero? Allora guidami!

 

 

L’alba del sabato giunse presto a splendere sulle colline senesi, destando Chiara da un sonno agitato: le parole di quello strano vecchio incontrato al pub avevano continuato a rimbombarle nella testa per tutta la notte, provocandole incubi in cui una creatura dalla pelle blu e gli occhi rossi cercava di prenderla per mano.

Si alzò svogliatamente dal letto e, pur scoprendo dalla sveglia che era ancora molto presto, decise comunque di scendere in cucina e iniziare a preparare la colazione.

Dalla finestra della sala da pranzo giungevano i primi tiepidi raggi dell'alba e, mentre avvitava la caffettiera e metteva il pane a tostare, la ragazza sentì addirittura un tordo cantare in lode al nuovo giorno.

Prese le posate dalla cassettiera a fianco del lavello e le pose ordinatamente sul tavolo, ma, quando si avvicinò alla vetrinetta per prendere le tazze e vide il proprio riflesso, percepì di nuovo quella triste sensazione di incompletezza in quell'immagine sfocata e sbiadita.

Vedeva il suo volto, ma era come se non fosse abbastanza, come se fosse solo la metà di qualcosa che non riusciva a comprendere. Cos'altro avrebbe dovuto mostrarle quel vetro smerigliato?

Un sottile puzzo di bruciato le fece capire di essersi persa nel proprio riflesso per troppo tempo e accorse al tostapane nel tentativo di salvare le povere fette di pane dal rogo, ma inutilmente: quello che estrasse dalla macchina non fu altro che due pezzi di carbone fumanti.

-Maledizione- imprecò sottovoce, buttando i pezzi di pane bruciati e sostituendoli con due nuovi.

-Buongiorno anche a te, mia cara!- ridacchiò suo nonno dietro di lei, mentre si accomodava al tavolo.

-Ciao nonno!- lo salutò raggiante Chiara, porgendogli una tazza di caffellatte e stampandogli un sonoro e affettuoso bacio sulla guancia fresca di rasatura.

Il profumo familiare del suo dopobarba dissipò in Chiara ogni tristezza e, allegra come al solito, la ragazza iniziò a imburrare il pane, questa volta opportunamente estratto dal tostapane e perfettamente dorato, e a chiacchierare, mentre l'anziano uomo beveva la sua bevanda calda.

-Ti è mai capitato di non sentirti a tuo agio in un posto? Voglio dire, tu sai che è dove vorresti trovati, ma è come se ci fosse qualcosa di sbagliato... come se in realtà non dovessi affatto essere lì, ma da tutt'altra parte...- chiese ad un tratto la ragazza, dando finalmente voce alle preoccupazioni che l'avevano assillata nella notte.

-Mia cara- rispose l'uomo, poggiando la tazza sul piattino -Non dovresti fare così tardi la sera: ti mette in testa idee strane. Dove altro dovresti essere? Sei a casa tua, con i tuoi parenti! Non è quello che volevi?

-Quello che volevo?- domandò confusa la ragazza, ma l'uomo non sentì la sua domanda, perché proprio in quel momento la cucina si riempì degli altri membri della famiglia, che iniziarono a parlare e ad armeggiare con tazze e bicchieri, facendo un chiasso assordante.

Infastidita da quel rumore, Chiara si affrettò a finire la colazione e, dopo aver salutato la sua famiglia, corse di nuovo nella sua stanza a prepararsi: il sole mattutino prometteva una splendida giornata e lei di certo non sarebbe rimasta in casa a fare la muffa.

Era il tempo ideale per andare a fare un giro in centro!

Di lì a pochi minuti la ragazza si ritrovò nella propria automobile, fischiettando sulle note di una famosa canzone che la radio stava passando; il segnale era tornato perfettamente funzionante e a quell'ora le strade erano quasi del tutto sgombre dal traffico, perciò la ragazza raggiunse il centro con calma e parcheggiò l'auto senza alcuna difficoltà.

Finalmente qualcosa stava andando per il verso giusto!

Era tutto così tranquillo quella mattina e, mentre passeggiava per le strette strade medievali del centro storico, Chiara si soffermò ad ammirare quel pezzetto di storia preservato quasi perfettamente intatto dal trascorrere inesorabile e crudele del tempo; quelle pietre avevano visto il succedersi delle generazioni e lo svolgersi degli eventi, rimanendo sempre al loro posto, pronte a raccontare la loro storia a chiunque avesse avuto voglia di ascoltarla.

Accarezzò delicatamente una di quelle rocce e pensò che proprio in quel punto, qualche secolo prima, un'altra persona vi aveva probabilmente appoggiato la mano; chissà che cosa aveva fatto nella sua vita quell'uomo o quella donna con cui ora Chiara stava condividendo la sensazione fredda e dura della roccia sotto ai polpastrelli?

Immersa in quei pensieri, la ragazza continuò a camminare finché non raggiunse Piazza del Campo e poté ammirare il cielo limpido sulla Torre del Mangia. Nell'aria vi era un invitante odore di caffè e così, attratta da quel profumino delizioso, acquistò al primo bar una tazza di cappuccino fumante d'asporto e si mise a sorseggiarlo placidamente accanto alla Fonte Gaia, dilettandosi ad osservare lo zampillare e lo scintillare dell'acqua nella sua culla di marmo.

Dopo gli ultimi eventi della serata, un momento di placida tranquillità come quello era l'ideale, ma aveva esultato troppo presto perché ad un tratto, alle sue spalle, sentì una voce familiare dire: -Mi dispiace di averti spaventata, ma purtroppo la situazione in cui ci troviamo è spaventosa e l'unica che può fare qualcosa sei tu.

Chiara si voltò in un sobbalzo e di fronte a lei trovò, come temeva, proprio lo stesso uomo della sera precedente, calmo e distinto nel suo completo grigio perla e il bastone da passeggio stretto nella mano; ebbe un brivido di paura: perché continuava a tormentarla?

-Che cosa vuoi da me?- chiese esasperata, cercando di imporsi la calma -Lasciami stare o chiamo la polizia!

-Chiara, ascoltami- insistette l'uomo, avvicinandosi di un passo -Devi darmi ascolto! Sei la sola che può salvare i Nove Regni! Devi riuscire ad opporti a Phoneus!

-Smettila! Smettila!- urlò la ragazza -Lasciami in pace, maledetto pazzo!

-Devi ribellarti- proseguì calmo l'uomo, mantenendo la sua nobile freddezza nonostante la reazione di Chiara -Loki non può vincere da solo Phoneus, se non ti sveglierai lui perirà.

 

Note:

1Serpente marino, figlio di Loki e della gigantessa Angrboða (ovviamente, ai fini della trama, non viene presentato come prole del Dio degli Inganni) fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Mi%C3%B0gar%C3%B0sormr

Angolo dell’autrice: salve a tutte e ben trovate! ^-^ permettetemi di ringraziare affettuosamente la nuova lettrice che ha aggiunto la storia tra le preferite :D

Dunque, eccoci qui alla fine del capitolo 26, vi è piaciuto? Spero tanto di sì! ^-^ Phoneus non è certo uno stupido e si è cercato proprio un bel posto per rintanarsi, che ne dite?

Ora il suo intento è quello di affrontare Loki faccia a faccia, se la caverà il nostro bel tenebroso contro quel mostro?

E che accadrà a Chiara? Riuscirà a svegliarsi?

Spero di avervi messo addosso un po’ di curiosità e che vorrete condividere con me la vostra opinione su questo capitolo :)

Giunge tosto il tempo di parlar di date: se ne avessi modo, non farei altro che scrivere, ma, ahimè, si avvicinano le settimane nere degli esami e devo impormi di dedicarmi unicamente allo studio, perciò ho stilato un piccolo programma per le prossime settimane riguardo alla pubblicazione dei prossimi capitoli.

Capitolo 27: 1.05.15  Capitolo 28: 8.05.15  (Settimane d’esami) Capitolo 29: 30.05.15 Capitolo 30: 6.06.15

Lo so, tra il capitolo 28 e il 29 passeranno ben tre settimane e, credetemi, mi dispiace un sacco, ma purtroppo non posso fare diversamente. Cercherò di attenermi il più possibile a queste date, ma se ci saranno cambi di programma ve lo farò sapere.

Spero che, al momento della pubblicazione del capitolo 29, riterrete l’attesa ripagata.

Grazie per la comprensione :) vi mando un abbraccio!

Alla prossima!

Lady Realgar

Ps. Un particolare ringraziamento va a Ragdoll_Cat per aver candidato la storia tra le scelte! Grazie davvero con tutto il cuore per questa fantastica sorpresa! ^-^

   
 
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