Jarosit
aveva ragione: il
tempo era un fattore fondamentale e loro non ne avevano da perdere, ma
fu
quando si ritrovò a viaggiare alla velocità della
luce tra gli astri, avvolto
dai caldi bagliori del Bifrost, che Loki si rese davvero conto
dell'avventatezza del suo gesto. Non era da lui lanciarsi verso
l'ignoto in
quel modo, ignorando completamente dove stesse andando e senza aver
prima
pianificato nel dettaglio come agire. Un simile tuffo nel vuoto era
più tipico
di quello sconsiderato di Thor, a cui piaceva tanto cacciarsi nei guai;
persino
quando si era lasciato cadere dal Bifrost, anni prima, Loki sapeva dove
sarebbe
andato a finire e quali rischi avrebbe potuto incontrare. Lui non
lasciava mai
nulla al caso.
Questa
volta, invece,
complice la fretta o, forse, anche quella fastidiosa sensazione che gli
si era
annidata nella bocca del suo stomaco, si era lanciato senza pensarci,
senza
chiedere dove stesse per andare.
D'altra
parte, non ce
n'era il tempo.
Si
ritrovò, così, immerso
una poltiglia fangosa fino alla vita, viscida e fredda, coperta da una
fitta
coltre di nebbia densa e lattiginosa.
Qualche
secondo più
tardi, un sonoro splash
alle
sue spalle gli fece intuire che anche gli alti
erano arrivati; -Dove diamine siamo finiti?- imprecò
sottovoce Fandral, che era
caduto malamente nella torbiera e si era ritrovato interamente coperto
di
fango.
-Nella
regione di Eitur Myri, nello Âlfheimr-
disse cupa Jarosit, mentre al suo fianco Ahzurit si copriva la bocca
con la
mano.
-Mi
state dicendo che avete avuto Phoneus sotto al naso per tutto questo
tempo?-
domandò basito Thor: aveva sempre creduto che gli Elfi
Chiari fossero delle
invincibili macchine da guerra, letali e infallibili, dotati di sensi
acutissimi che
gli permettevano di
individuare qualunque nemico e ora veniva a sapere che Phoneus era
sempre stato
nel loro regno senza che nessuno se ne accorgesse.
-Agli
Elfi non è concesso stare ad Eitur Myri!-
tossì rabbiosa Ahzurit, strappandosi un lembo di veste e
porgendolo alla sua
sovrana, che se lo legò intorno al volto per coprire il naso
e la bocca; l'arciera
fece poi altrettanto con un altro pezzo di abito.
-Ma
certo...- sussurrò il re di Asgard, dando voce
ai suoi pensieri -Quale luogo migliore per nascondersi se non proprio
dove è
impossibile per i nemici accedere?
-Perché
non potete venire qui?- chiese Sif alle due
elfe, estraendo la spada dal fodero e puntandola verso la nebbia.
-Perché
per gli elfi- rispose il re ad alta voce
-L'acqua di questo luogo è tossica, di conseguenza anche la
nebbia che stiamo
respirando ora. Li indebolisce e attenua i loro sensi. Se ne assumono
grandi
quantità essa può provocare persino...
-La
morte- concluse funerea Jarosit -Dobbiamo
sbrigarci a trovare Phoneus, se nasconde qui anche i bambini...
Non
riuscì a concludere la frase, interrotta da un
singhiozzo di pianto che cercò con tutte le sue forze si
sopprimere: sua figlia
era stata la prima a sparire, se Phoneus l'avesse trattenuta ad Eitur
Myri per
tutto quel tempo, forse per la piccola Orpimen non ci sarebbe stato
più nulla
da fare.
-Arciera-
chiamò il sovrano di Asgard -Prima che tu
perda i sensi, sei in grado di percepire la presenza di Chiara?
-La
frequenza è debole- rispose la donna, avanzando
di qualche passo nel fango -Ma sembra provenire da quella direzione.
Così
Ahzurit li anticipò nella marcia
esasperatamente lenta e faticosa in mezzo alla palude: il fango era
denso e
appiccicoso, si attaccava ai vestiti e alle armature, appesantendoli e
rendendo
i movimenti difficoltosi e macchinosi.
Pur
non subendo l'azione venefica della nebbia,
l'aria calda e umida penetrava pesante nella bocca e nei polmoni dei
guerrieri
asgardiani, intorpidendo le loro menti e offuscandone la vista.
Phoneus
sapeva dove nascondersi, non vi era alcun
dubbio a riguardo, ma Loki, dopo circa mezzora di cammino, era ancora
lucido,
al contrario della maggior parte dei suoi compagni; lui, in fondo, era
uno
Jotun, il che lo rendeva particolarmente tenace e coriaceo.
Ahzurit,
invece, sembrava subire l'effetto della
nebbia più di chiunque altro; era determinata e impavida e
una grande forza
d'animo pulsava dentro di lei, ma le ginocchia le tremavano
visibilmente e ogni
passo era più corto e lento del precedente.
Fandral,
prontamente, le si affiancò e la sorresse
un momento prima che cadesse nel fango completamente priva di forze:
-Te la
senti di continuare?- le chiese preoccupato.
-Sono
il primo arciere di Jarosit la Fiera- rispose
quella, sforzandosi di proseguire con le proprie forze -Devo avanzare
con la
mia regina!
Spronata
dalle sue stesse parole, Ahzurit si lanciò
in avanti, decisa a non arrendersi, ma le gambe non ressero il suo peso
e cadde
nel fango.
-Mi
dispiace- singhiozzò affranta l'arciera alla
propria regina -Mi dispiace, Maestà, di non essere
abbastanza forte da servirvi
degnamente.
-Mia
cara- le disse la donna con dolcezza, mentre
l'aiutava ad alzarsi -Non vi è nessuno in tutta Âlfheimr
che
abbia dimostrato il tuo coraggio e la tua determinazione, non
vergognarti di
una debolezza che non ti appartiene.
-Volstagg!-
tuonò il sovrano, interrompendo quello che per lui era
null'altro che un
fastidioso e patetico teatrino -Prendi in spalla l'arciera e
proseguiamo.
Questa maledetta palude non può durare per sempre!
Il
corpulento guerriero fulvo, con una delicatezza inaspettata per la sua
stazza,
obbedì all'ordine, caricando l'esile corpo della fanciulla
âlfheimreniana sulle
proprie spalle, e il gruppo proseguì l'avanzata,
finché, finalmente, non
sentirono il terreno sotto i piedi salire, dapprima leggermente e in
maniera
appena percettibile, poi sempre più nitidamente,
ritrovandosi a scalare un vero
e proprio altopiano.
Mentre
camminava, la fronte del Dio del Tuono era imperlata di sudore e la
benda sul
braccio, volutamente nascosto sotto al mantello, era impregnata di
sangue; il
principe si affrettò a detergersi la fronte con il dorso
della mano non appena
vide il padre avvicinarsi a lui.
-Mi
hai disobbedito- esordì il re di Asgard -Non ti sei fatto
visitare da nessun
Guaritore, non è vero?
-È
così, Padre- rispose il principe.
-Non
ti ho forse insegnato l’obbedienza e la prudenza?
-Non
ho dimenticato i vostri insegnamenti- disse Thor, cercando di reprimere
l’affanno del suo respiro -Ma per questa volta ho preferito
lasciarli da parte.
-Solo
questa volta?- i due uomini ridacchiarono: conoscevano benissimo
entrambi la
naturale propensione del principe a ignorare gli ordini, anche quelli
dettati
dal buon senso.
-Posso
farcela- riprese Thor -È solo un graffio.
-Cerca
di non strafare: siamo venuti per salvare Chiara, non mettermi nella
condizione
di dover salvare anche te.
Man
mano che ascendevano lungo il versante
dell'altura, la nebbia intorno a loro si faceva sempre più
rada e l'aria più
pulita e fresca.
Fu
un sollievo per tutti, in particolare per
Jarosit, la cui fronte era imperlata di grosse gocce di sudore freddo e
le
squame del viso si erano fatte di un pallido verde oliva. Nemmeno la
regina
degli Elfi Chiari poteva tollerare una passeggiata ad Eitur Myri.
La
pendenza tornò a diminuire e in breve la
compagnia si ritrovò sulla cima dell'altopiano, dove,
immersi nella leggera
foschia, si ergevano i ruderi di un'antica costruzione di pietra, il
cui stile
architettonico elaborato, per quello che si riusciva a percepire da
quei resti,
permetteva di attribuirne la paternità agli elfi.
-Come
fa ad esserci traccia di una civiltà elfica se
qui per voi anche la nebbia è veleno?- chiese Sif,
esaminando le decorazioni
cosmatesche su quelle vecchie pietre macchiate di muschio.
-I
paesaggi cambiano con il tempo- rispose la regina
degli Elfi Chiari, mentre accarezzava malinconica la fredda superficie
lapidea
di un arco spezzato a metà -I fiumi si prosciugano, i monti
si consumano e il
terreno diventa sterile; tutto con il trascorrere delle ere conosce il
mutamento, ma qui non fu il susseguirsi inesorabile degli attimi a
cambiare un
ridente e fertile territorio in questa palude venefica e desolata. Fu
il veleno
di Jordmungand1, prima che venisse catturato e
recluso nelle
profondità del mare, a infettare la terra. Avvenne quando i
Nove Regni erano
poco più che neonati tra le fronde di Yggdrasil e quella
creatura immonda era
stata appena generata, ma già bramava spandere il proprio
veleno sulle terre rigogliose.
Il suo strisciare lo condusse ad Âlfheimr,
dove trovò la
prima grande città che gli Elfi Chiari ebbero mai costruito
e l’attaccò; come sapete,
venne sconfitto a fatica e catturato, ma quello schifoso serpente fece
in tempo
a spruzzare le sue bave disgustose nel fiume, trasformandolo in
… beh, questo-
disse la donna, allargando le braccia verso la palude -Da allora noi
elfi non
abitiamo più questa zona, proprio per via
dell’acutezza dei nostri sensi: sono
passati milioni di anni da quando Jordmungand trascinò il
suo ventre viscido
sui prati di Eitur Myri, ma ancora la traccia del suo veleno per noi
è letale.
-Gran
bel posto per nascondersi- commentò Fandral, colpendo con il
piede un frammento
di colonna -Ma qui ci sono solo ruderi: dove potrebbe tenere Phoneus
tutta la
gente che ha avvelenato?
-Potrebbero
essere ovunque...- rispose pensierosa la regina di Âlfheimr
-Eitur Myri è una
regione piuttosto vasta...
-A
voi non sembra strano- la interruppe Hogun, intento a scrutare il
paesaggio su
cui stava tornando a salire la nebbia -Che da quando siamo arrivati non
abbiamo
ancora incontrato anima viva? È come se stessero aspettando
il momento giusto
per tenderci un'...
-IMBOSCATA!-
urlò Vostagg, evitando per un pelo una freccia, che si
conficcò a gran velocità
nel terreno accanto ai suoi piedi.
In
un battito di ciglia l'altopiano iniziò a brulicare di
guerrieri di tutte le
razze, che apparivano dalla nebbia come cupi fantasmi, muovendosi
pesantemente
e imbracciando lame dai bagliori minacciosi alla flebile luce del sole
di Eitur
Myri.
Prontamente
i Guerrieri si misero in posizione da combattimento, formando un
cerchio
intorno ad Ahzurit, ancora indebolita e priva di sensi, Jarosit
sfoderò la sua
fedele scimitarra e Sif le si affiancò.
-Thor-
ordinò il sovrano al principe -Fa' roteare il tuo martello e
rimanda questa
disgustosa nebbia giù dall'altopiano!
Il
Dio del Tuono eseguì l'ordine e un forte vento si
abbatté sugli assalitori,
rallentandone l'avanzata e deviandone le frecce; approfittando del
vantaggio,
le due donne partirono alla carica e, con elegante e feroce maestria,
iniziarono a fendere colpi precisi sulle nuche degli avversari, che,
uno dopo
l'altro, iniziarono a cadere privi di sensi.
In
risposta, un'orda di nani, completamente ricoperti di ferro dalla testa
ai
piedi, corse all'assalto brandendo grosse spade a due mani e asce
bipenni,
scuotendo la terra come un terremoto tanto era il loro peso.
Le
loro armature erano così spesse e robuste che nemmeno i
colpi poderosi della
mazza di Volstagg sembravano riuscire minimamente a scalfirle,
sicché le uniche
armi che i guerrieri asgardiani avevano a loro disposizione erano la
velocità e
l'agilità nell'evitare i loro colpi, ma Volstagg, che tra
tutti era il più
grosso e lento, se la vide brutta quando un soldato nanico si
avventò su di lui.
Per
fortuna del guerriero fulvo, Ahzurit, grazie al cambio d'aria dato del
movimento di Mjolnir, aveva cominciato a riprendersi ed era riuscita a
scoccare
una freccia nell'unica feritoia dell'armatura del nano, appena un
attimo prima
che quello vibrasse il colpo.
La
battaglia infuriava sull'altopiano, mettendo a dura prova la compagnia,
ma la
mente del Dio degli Inganni era altrove: sebbene il suo corpo danzasse
sul
suolo umido, evitando il ferro delle lami nemiche e sferrando colpi
perfettamente calibrati con Gungnir, la sua mente e la sua attenzione
erano
tutte concentrate nella ricerca dell'umana.
Cercava
tra i ruderi un segno di lei, del suo passaggio, come un lupo annusa
nel
terreno le tracce del piccolo coniglio in fuga, ma nulla lì
attorno sembrava
aver mai conosciuto la presenza di Chiara; poi nella nebbia, veloce
come un
lampo, vide il volto di Phoneus sorridergli e svanire dietro i resti di
un
torrione di vedetta.
Era
una sfida? Un'ulteriore trappola? O forse solo il frutto della sua
immaginazione?
Colpì
al capo un Vanir, lasciandolo tramortito al suolo, e accorse in
direzione del
torrione; dove aveva visto Phoneus svanire, tra le pietre
dell'edificio, vi era
un'apertura nel terreno, che conduceva con scale di granito verso il
cuore
dell'altura.
Lanciò
una veloce occhiata ai suoi compagni e capì: Phoneus voleva
che scendesse là
sotto da solo e l'imboscata era stata tesa solo per tenere impegnati
gli altri
guerrieri.
Quello
era un vero e proprio invito e di certo Loki non avrebbe fatto
aspettare
Phoneus, dato che si dimostrava così desideroso di
accogliere la sua lancia nel
petto.
Strinse
Gungnir nella mano e scese, cauto e in allerta, gli stretti gradini di
pietra,
addentrandosi lentamente nell'oscurità del tunnel
sotterraneo.
Quando
intorno a sé vide solo il buio e i rumori della battaglia
giunsero attenuati
alle sue orecchie, Loki fece comparire dal palmo della mano una fiamma
verde,
che con la sua luce rivelò al dio l'ambiente circostante: il
lungo tunnel,
dapprima stretto e angusto, si apriva ampio di fornite a lui, rivelando
un'anticamera, le cui pareti erano tappezzate da strani globi ingrigiti
e
polverosi.
Ad
uno sguardo più attento, quei globi si rivelarono essere
teschi, centinaia di
crani perfettamente ordinati e accumulati sulle pareti fino a toccare
il
soffitto; la luce della fiamma creava macabri giochi di ombre sulla
superficie
delle ossa, mostrando al dio che ognuno di quei teschi presentava una
grossa
frattura sulla parete frontale.
"Giustiziati"
pensò Loki mentre attraversava l'anticamera: per gli elfi,
aveva letto una
volta, l'anima risiedeva nella testa, perciò colpire al capo
un âlfheimreniano
equivaleva a sottrargliela nella maniera più diretta e
brutale; tutti i teschi
presenti nella stanza presentavano la stessa ferita, il che faceva
supporre che
fosse stata inflitta in maniera metodica. Quella in cui il dio stava
camminando
non poteva essere altro che una tomba di condannati a morte, un luogo
in cui
Phoneus poteva sentirsi del tutto a proprio agio.
In
fondo all'anticamera, un architrave segnava il passaggio ad un nuovo
corridoio
e lì trovò una bambina elfica ad attenderlo; era
minuta e vestita di un
pregiato abito di seta e fili d'oro, dell'identico colore dei suoi
grandi occhi
persi nel vuoto.
-Scommetto
che tu sei Orpimen...- disse il dio alla bambina -Tua madre
è di sopra che ti
aspetta, dovresti raggiungerla.
-Il
mio signore mi ha chiesto di accompagnarti da lui- rispose la
principessina
elfica con voce atona.
-Ma
davvero? Allora
guidami!
L’alba
del sabato giunse presto a
splendere sulle colline senesi, destando Chiara da un sonno agitato: le
parole
di quello strano vecchio incontrato al pub avevano continuato a
rimbombarle
nella testa per tutta la notte, provocandole incubi in cui una creatura
dalla
pelle blu e gli occhi rossi cercava di prenderla per mano.
Si
alzò svogliatamente dal letto e,
pur scoprendo dalla sveglia che era ancora molto presto, decise
comunque di
scendere in cucina e iniziare a preparare la colazione.
Dalla
finestra della sala da pranzo
giungevano i primi tiepidi raggi dell'alba e, mentre avvitava la
caffettiera e
metteva il pane a tostare, la ragazza sentì addirittura un
tordo cantare in
lode al nuovo giorno.
Prese
le posate dalla cassettiera a
fianco del lavello e le pose ordinatamente sul tavolo, ma, quando si
avvicinò
alla vetrinetta per prendere le tazze e vide il proprio riflesso,
percepì di
nuovo quella triste sensazione di incompletezza in quell'immagine
sfocata e
sbiadita.
Vedeva
il suo volto, ma era come se
non fosse abbastanza, come se fosse solo la metà di qualcosa
che non riusciva a
comprendere. Cos'altro avrebbe dovuto mostrarle quel vetro smerigliato?
Un
sottile puzzo di bruciato le
fece capire di essersi persa nel proprio riflesso per troppo tempo e
accorse al
tostapane nel tentativo di salvare le povere fette di pane dal rogo, ma
inutilmente: quello che estrasse dalla macchina non fu altro che due
pezzi di
carbone fumanti.
-Maledizione-
imprecò sottovoce,
buttando i pezzi di pane bruciati e sostituendoli con due nuovi.
-Buongiorno
anche a te, mia cara!-
ridacchiò suo nonno dietro di lei, mentre si accomodava al
tavolo.
-Ciao
nonno!- lo salutò raggiante
Chiara, porgendogli una tazza di caffellatte e stampandogli un sonoro e
affettuoso bacio sulla guancia fresca di rasatura.
Il
profumo familiare del suo
dopobarba dissipò in Chiara ogni tristezza e, allegra come
al solito, la
ragazza iniziò a imburrare il pane, questa volta
opportunamente estratto dal
tostapane e perfettamente dorato, e a chiacchierare, mentre l'anziano
uomo
beveva la sua bevanda calda.
-Ti
è mai capitato di non sentirti
a tuo agio in un posto? Voglio dire, tu sai che è dove
vorresti trovati, ma è
come se ci fosse qualcosa di sbagliato... come se in realtà
non dovessi affatto
essere lì, ma da tutt'altra parte...- chiese ad un tratto la
ragazza, dando
finalmente voce alle preoccupazioni che l'avevano assillata nella notte.
-Mia
cara- rispose l'uomo,
poggiando la tazza sul piattino -Non dovresti fare così
tardi la sera: ti mette
in testa idee strane. Dove altro dovresti essere? Sei a casa tua, con i
tuoi
parenti! Non è quello che volevi?
-Quello
che volevo?- domandò
confusa la ragazza, ma l'uomo non sentì la sua domanda,
perché proprio in quel
momento la cucina si riempì degli altri membri della
famiglia, che iniziarono a
parlare e ad armeggiare con tazze e bicchieri, facendo un chiasso
assordante.
Infastidita
da quel rumore, Chiara
si affrettò a finire la colazione e, dopo aver salutato la
sua famiglia, corse
di nuovo nella sua stanza a prepararsi: il sole mattutino prometteva
una
splendida giornata e lei di certo non sarebbe rimasta in casa a fare la
muffa.
Era
il tempo ideale per andare a
fare un giro in centro!
Di
lì a pochi minuti la ragazza si
ritrovò nella propria automobile, fischiettando sulle note
di una famosa
canzone che la radio stava passando; il segnale era tornato
perfettamente
funzionante e a quell'ora le strade erano quasi del tutto sgombre dal
traffico,
perciò la ragazza raggiunse il centro con calma e
parcheggiò l'auto senza
alcuna difficoltà.
Finalmente
qualcosa stava andando
per il verso giusto!
Era
tutto così tranquillo quella
mattina e, mentre passeggiava per le strette strade medievali del
centro
storico, Chiara si soffermò ad ammirare quel pezzetto di
storia preservato
quasi perfettamente intatto dal trascorrere inesorabile e crudele del
tempo;
quelle pietre avevano visto il succedersi delle generazioni e lo
svolgersi
degli eventi, rimanendo sempre al loro posto, pronte a raccontare la
loro
storia a chiunque avesse avuto voglia di ascoltarla.
Accarezzò
delicatamente una di
quelle rocce e pensò che proprio in quel punto, qualche
secolo prima, un'altra
persona vi aveva probabilmente appoggiato la mano; chissà
che cosa aveva fatto
nella sua vita quell'uomo o quella donna con cui ora Chiara stava
condividendo
la sensazione fredda e dura della roccia sotto ai polpastrelli?
Immersa
in quei pensieri, la
ragazza continuò a camminare finché non raggiunse
Piazza del Campo e poté
ammirare il cielo limpido sulla Torre del Mangia. Nell'aria vi era un
invitante
odore di caffè e così, attratta da quel profumino
delizioso, acquistò al primo
bar una tazza di cappuccino fumante d'asporto e si mise a sorseggiarlo
placidamente accanto alla Fonte Gaia, dilettandosi ad osservare lo
zampillare e
lo scintillare dell'acqua nella sua culla di marmo.
Dopo
gli ultimi eventi della
serata, un momento di placida tranquillità come quello era
l'ideale, ma aveva
esultato troppo presto perché ad un tratto, alle sue spalle,
sentì una voce
familiare dire: -Mi dispiace di averti spaventata, ma purtroppo la
situazione
in cui ci troviamo è spaventosa e l'unica che può
fare qualcosa sei tu.
Chiara
si voltò in un sobbalzo e di
fronte a lei trovò, come temeva, proprio lo stesso uomo
della sera precedente,
calmo e distinto nel suo completo grigio perla e il bastone da
passeggio
stretto nella mano; ebbe un brivido di paura: perché
continuava a tormentarla?
-Che
cosa vuoi da me?- chiese
esasperata, cercando di imporsi la calma -Lasciami stare o chiamo la
polizia!
-Chiara,
ascoltami- insistette
l'uomo, avvicinandosi di un passo -Devi darmi ascolto! Sei la sola che
può
salvare i Nove Regni! Devi riuscire ad opporti a Phoneus!
-Smettila!
Smettila!- urlò la
ragazza -Lasciami in pace, maledetto pazzo!
-Devi
ribellarti- proseguì calmo
l'uomo, mantenendo la sua nobile freddezza nonostante la reazione di
Chiara
-Loki non può vincere da solo Phoneus, se non ti sveglierai
lui perirà.
Note:
1Serpente
marino, figlio di Loki e della gigantessa Angrboða
(ovviamente,
ai fini della trama, non viene presentato come prole del Dio degli
Inganni)
fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Mi%C3%B0gar%C3%B0sormr
Angolo
dell’autrice:
salve a tutte e ben trovate! ^-^ permettetemi di ringraziare
affettuosamente la
nuova lettrice che ha aggiunto la storia tra le preferite :D
Dunque,
eccoci qui alla fine del capitolo 26, vi è piaciuto? Spero
tanto di sì! ^-^ Phoneus
non è certo uno stupido e si è cercato proprio un
bel posto per rintanarsi, che
ne dite?
Ora
il suo intento è quello di affrontare Loki faccia a faccia,
se la caverà il
nostro bel tenebroso contro quel mostro?
E
che accadrà a Chiara? Riuscirà a svegliarsi?
Spero
di avervi messo addosso un po’ di curiosità e che
vorrete condividere con me la
vostra opinione su questo capitolo :)
Giunge
tosto il tempo di parlar di date: se ne avessi modo, non farei altro
che
scrivere, ma, ahimè, si avvicinano le settimane nere degli
esami e devo impormi
di dedicarmi unicamente allo studio, perciò ho stilato un
piccolo programma per
le prossime settimane riguardo alla pubblicazione dei prossimi capitoli.
Capitolo
27:
1.05.15 Capitolo
28: 8.05.15 (Settimane
d’esami) Capitolo 29:
30.05.15 Capitolo 30: 6.06.15
Lo
so, tra il capitolo 28 e il 29 passeranno
ben tre settimane e, credetemi, mi dispiace un sacco, ma purtroppo non
posso fare
diversamente. Cercherò di attenermi il più
possibile a queste date, ma se ci saranno
cambi di programma ve lo farò sapere.
Spero
che, al momento della pubblicazione
del capitolo 29, riterrete l’attesa ripagata.
Grazie
per la comprensione :)
vi mando un abbraccio!
Alla
prossima!
Lady
Realgar
Ps. Un particolare ringraziamento va a Ragdoll_Cat per aver candidato la storia tra le scelte! Grazie davvero con tutto il cuore per questa fantastica sorpresa! ^-^