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Autore: _joy    26/04/2015    8 recensioni
«Dai: esprimi un desiderio!»
Io mi mordo un labbro, poi scuoto il capo.
«Ma non bisogna esprimerlo mentre la vedi cadere?»
«Come fai a sapere quando cadrà una stella? No, dai, adesso!»
«E tu?» gli chiedo «Non hai un desiderio da esprimere?»
 
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il vero viaggio non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi
M. Proust




La mattina dopo, sul set, sia io che Ben abbiamo delle occhiaie scure e ben visibili.
 
Non so lui, ma io non sono quasi riuscita a chiudere occhio.
E lo so, sono una cretina, ma…
Ammetto che un po’ ci speravo.
Lui è così… spontaneo. Divertente. Premuroso. Affascinante.
Pensavo che… Bè, pensavo di piacergli anche io, almeno un po’.
Evidentemente non è così, per cui è inutile arrovellarsi sull’impossibile.
Questa esperienza è stata un regalo imprevisto… forse chiedevo troppo.
Forse dovrei farmi bastare quello che ho: è comunque molto.
Non avrei mai, mai pensato che potesse capitarmi una cosa del genere… Perché desiderare anche qualcosa che non posso avere e che, per di più, potrebbe rovinarmi tutto il bello avuto finora?
 

Forte di queste considerazioni, oggi mi sono presentata sul set con un sorriso.
Ben sembrava teso: quando sono arrivata mi ha scrutata circospetto, io l’ho salutato normalmente ed è finita lì.

In programma ci sono ora una serie di riprese molto fisiche, che inscenano le battaglie.
Saranno poi completate nelle case di produzione degli effetti cinematografici, perché prevendono confronti con mostri di varie dimensioni e potenza.
E anche se non si vedono ancora i mostri, noi attori dobbiamo recitare la nostra parte e, per farlo, abbiamo degli aiuti.
E per fortuna, perché solo cercare di essere credibile mentre fissi il vuoto dove in CGI costruiranno qualche spaventosa creatura è abbastanza complicato.
Per dirne una, non hai nemmeno il senso delle proporzioni. Ok, la creatura è grossa… Ma grossa quanto? Alta quanto? Come un secondo piano di una casa? Come la Tour Eiffel?
Insomma, stai lì, con il naso per aria, sentendoti una vera idiota*.
 
Dicevamo… aiuti. Sì.
Primi fra tutti le controfigure.
Mi hanno scioccata: non hanno nulla in comune con me, Ben o Jeff, a parte la corporatura e il colore dei capelli.
Lo stuntman che sostituirà Ben deve avere una decina d’anni più di lui; di schiena potrebbero passare per gemelli, ma quando l’ho visto in faccia mi è preso un colpo.
Lo stavo fissando, affascinata, finché lui non se ne è accorto e si è messo a ridere.
«Non preoccuparti» mi ha detto «Non mi inquadreranno mai il viso!»
 E, in effetti, le controfigure servono per le scene più rischiose e per quelle dove servono requisiti atletici notevoli.
Ci chiedono se e quanto vogliamo farci aiutare da loro: io accetto immediatamente tutta la copertura possibile e anche Jeff delega molto, sostenendo di non avere più l’età, ma Ben chiede di fare il più possibile da solo.
Lui e Sergei parlottano a lungo, quindi il regista annuisce.
«Proviamo» gli dice «Se non ce la fai dillo senza problemi, ok?»
Ben annuisce, poi mi lancia l’ennesima occhiata.
Io faccio finta di nulla e prendo posto sulla mia sedia.
 
*
 
La giornata trascorre osservando Ben e Jeff che rotolano a terra e quindi giù da una collina, fino a finire in una macchia di vegetazione.
Ben ha già preso un paio di botte consistenti, che mi hanno fatta sussultare di nascosto, terrorizzata, ma non vuole farsi da parte.
«Ce la faccio!» continua a ripetere.
Soffoco l’impulso di andare a prenderlo a calci e bevo la quindicesima tazza di thè della giornata.
Jeff viene presto a sedersi accanto a me: giustamente ha una controfigura e la sfrutta… Mica come quel pezzo di cretino laggiù, che sta cercando di farmi venire un colpo!
«Ehi» mi saluta Bridges «Giornata noiosa?»
«Affatto!» ribatto, convinta «Molto meglio stare seduta qui che rotolarmi per terra con voi»
Lui ride, divertito, poi si mette ad osservare Ben, che sta ripetendo la scena in cui viene sbalzato da un carro.
Lo vediamo fare un volo e piombare su un materasso.
Sembra comunque un colpo mica da ridere…
Mi mordo le labbra ma inalbero un’aria indifferente (che spero sia anche convincente).
«Chissà perché lo fa» dice Bridges, dopo un po’ «Potrebbe lasciar lavorare la sua controfigura»
«Oh, lui ci tiene tantissimo» rispondo, senza pensare «Si è preparato molto per questo film, per recitare con te capisci…»
«Hum?» fa Jeff, osservando Ben rialzarsi per l’ennesima volta.
Se continua così si rompe qualcosa, me lo sento.
«Insomma…» aggiungo «Tu sei un po’ un eroe, per lui… Non dovresti trattarlo come se fosse uno scarafaggio brutto e fastidioso, sai?»
 
Ops.
Forse questa potevo evitarmela.
 
Jeff si volta a fissarmi.
«Ma io non lo faccio!» dice.
Io sospiro.
«Certo che lo fai… e lo sai benissimo. Perché lo tieni a distanza?»
Lui sembra rifletterci su.
«Ma, sai…» dice alla fine «A volte la devozione dei giovani è quasi pesante… E dei legami troppo stretti distraggono, sul lavoro…»
«E poi ti diverti, eh?» lo punzecchio io.
Lui scoppia a ridere.
«Sei proprio una piccola strega, Miki» dice, prendendo da bere.
 
*
 
Qualche giorno dopo una nuova sedia fa la sua comparsa**.
 
È una di quelle sedie da attori: Jeff – sorpresa, sorpresa!  ̶  l’ha comprata per Ben.
Lui sembra senza parole.
È così felice e grato che mi si stringe il cuore.
Jeff sembra volersi redimere: no so bene cosa si dicano, ma il loro rapporto inizia ad evolvere e ben presto diventa normale vederli cantare insieme sul set, oppure suonare la chitarra.
Jeff ha preso a chiamarlo Jamin e Ben ne sembra felicissimo***.
E io sono felice per lui, anche se so che non dovrebbe importarmi.
 
Il nostro rapporto è congelato: ci parliamo se siamo in mezzo agli altri e basta.
A onor del vero, lui ha tentato in un paio di occasioni di propormi di vederci ma io ho fermamente declinato.
E ora Ben è felice con il suo nuovo amico… E a me va bene così.
«A chi vuoi darla a bere?» mi ha chiesto ieri Luna, arrabbiata.
«A nessuno» ho risposto io, altrettanto nervosa «A me va bene così per davvero»
 
Ma la sera dopo, quando trovo Ben sulla porta del mio bungalow, non riesco a reprimere un’inopportuna stretta al cuore.
 
*
 
«Io così esco di testa» mi informa lui, prima che io possa anche solo aprire bocca.
 
Ci fissiamo, in silenzio, poi io scuoto il capo.
«Cosa vuoi che ti dica?» chiedo.
Lui sospira.
«Posso entrare?» domanda «Ho bisogno di parlarti»
Non dovrei, lo so bene.
Ma non ce la faccio a chiudergli la porta in faccia.
E poi io non sono forse quella che è padrona della situazione?
Appunto.
 
È solo che  ̶  non so come né per quale motivo – la sua presenza mi agita.
Sono nervosa, irascibile, polemica e, peggio, sono furiosa perché al solo vederlo mi scoppia il cuore.
 
È meglio se mi do una calmata.
Cos’ho, quindici anni?
Ed è colpa sua, che mi guarda con quegli occhioni scuri!
 
Questo è il motivo per il quale sbotto con troppa acredine in un:
«Beh, cosa c’è?»
Ben sembra preso in contropiede e io mi mordo la lingua.
Potrei anche evitare di sembrare una zitella inacidita, no?
«Scusa» borbotto «È che sono stanca oggi e questo mi rende di malumore»
Lui fa un sorriso tirato.
«Un modo garbato per suggerirmi di andare dritto al punto e non portarti via tempo?»
Pur non volendo, rispondo al sorriso.
«A tua discrezione»
Lui fa un altro sorriso, poi, esitante, dice:
«È che… mi manchi. E questa situazione mi pesa molto»
Non so cosa rispondere, lo ammetto.
Resto in silenzio e lui prosegue, con una certa fatica:
«Mi manca non parlare con te e non passare del tempo insieme. Tu… Mi fai stare bene»
Ci fissiamo a lungo, quindi lui mormora:
«Dimmi qualcosa, dai, ti prego…»
Io sospiro.
«Ben… per me è lo stesso» ammetto «Ma io lo sapevo già. Lo sapevo l’altra sera, quando sono venuta da te, e sapevo che è una cosa che non sarebbe cambiata»
«È solo che…» lui fa un sorriso impacciato «Che questi giorni senza di te sono stati inspiegabilmente pesanti»
Annuisco.
Per me è lo stesso, ovviamente.
E aggiungiamoci la consapevolezza affatto bella di essere stata rifiutata, per cui…
 
In compenso, Ben sembra davvero in difficoltà ed è per questo che mi viene spontaneo dirgli:
«Ben… Non pensavo, sai, di vederti così impacciato in una questione sentimentale»
Lui fa un sorriso di scuse e si passa una mano tra i capelli.
«Te l’ho detto… è tantissimo che non ho una relazione»
«Ma è come nuotare» obietto io «O come andare in bicicletta: non te lo dimentichi più, quando hai imparato»
«Allora io non ho mai imparato bene come si fa, credo»
Tentenno.
Sono curiosa, è ovvio.
Ma non voglio dargli la soddisfazione di domandare nulla, per cui scrollo le spalle con aria indifferente.
«Non esistono scuole per imparare»
Lui fa un gesto di impotenza con le mani.
«Lo so, ma… Non posso farci niente»
«Ben» sospiro «È come se tu dicessi che vuoi imparare a nuotare senza però entrare in acqua e bagnarti. È impossibile. Se tieni lontane le donne che possono attrarti cosa pretendi? Che un fulmine ti colpisca all’improvviso?»
Lui arriccia il naso, quindi fa un sorriso imbarazzato.
«Sono un idiota?»
«Sì» annuisco immediatamente.
Fa un passo verso di me, esitante.
«E… pensi ci siano speranze che tu mi aiuti a rimediare?»
 
 

*Ho messo in bocca a Micol un concetto espresso da Ben in una delle interviste promozionali per Seventh Son.
**Vero: Ben ha ancora quella sedia, nel suo giardino. Superfluo dire che ci tiene parecchio!
***Vero anche questo

 

***

Buonasera, diletti lettori!
Vista la difficoltà della scorsa settimana con gli aggiornamenti, per evitare ogni rischio posto oggi il nuovo capitolo.
Ho aggiornato (in ritardo) anche Ragione e sentimento, che potete leggere qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3105195
Questa sarà invece la settimana del secondo capitolo de L'Erede di Narnia (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3092907&i=1).
Vi auguro un buon inizio settimana!
Buona lettura,
Joy

   
 
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