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Autore: Paperback White    27/04/2015    4 recensioni
"Is there anybody going to listen to my story
All about the girl who came to stay?
She's the kind of girl you want so much it make you sorry
Still you don't regret a single day
Ah girl, girl"
Chi era questa misteriosa ragazza cantata da John, su un testo scritto insieme a Paul? E se fosse stata una presenza importante nella loro vita?
Questa è la storia del più grande gruppo rock degli anni sessanta, osservata attraverso gli occhi di una ragazza ai più sconosciuta, e di cui la cronaca non lascia alcun ricordo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Lennon, Nuovo personaggio, Paul McCartney, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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10. THE CAVERN CLUB
(Please mister postman)

 
Oh yes, wait just a minute mister postman
Wait, wait mister postman
(Mister postman look and see) oh yeah
(If there's a letter in your bag for me) Please, please mister postman
(I've been waiting a long long time)oh, yeah
(Since I heard from that gal of mine)
 
There must be some mail today
From my girlfriend so far away
Please mister postman look and see
If there's a letter, a letter for me
 
I've been standing here waiting mister postman
So patiently for just a card
Or just a letter
Saying she's returning home to me
Please Mister Postman
 
 
Paul era entrato nel nostro gruppo, e non senza faticare. Il suo ruolo e il suo "prestigio" se lo era guadagnato con quella performance alla St. Peter, dove ci aveva lasciati tutti a bocca aperta. John soprattutto, che non era tipo da lasciarsi impressionare, aveva colto qualcosa di speciale in lui. Paul gli serviva per la band e così lo aveva arruolato nei Quarry Men.
Per quanto mi riguardava ero molto felice della presenza di Paul, ma la mia contentezza non superava quella di Vicky. Mi disse che si era presa una bella cotta, scoccata sin dal primo momento in cui l’aveva visto, incapace di resistere al suo fascino. Me lo aveva confessato quella sera stessa, tra una risatina e un sospiro estasiato, mentre parlava della bellezza e dei modi tanto garbati di quel ragazzo.

-Mi aiuterai a conquistarlo?- mi chiese, con un tono di speranza nella voce.
Rimasi un secondo in silenzio, non sapendo bene cosa risponderle.
-Ma io non sono così esperta da saper conquistare un ragazzo...- mi giustificai.
-Si che lo sei, dopotutto hai conquistato Ben!- poi mi prese sotto braccio, lanciandomi uno sguardo di supplica -Ti prego, mi piace un sacco!-
Io la fissai, stentando a riconoscere la mia amica, di solito una persona seria e composta, in quella ragazzina innamorata.
-Ma non lo conosci nemmeno- le risposi, cercando di farla ragionare.
In realtà Paul aveva colpito anche me, nonostante non volessi ammetterlo. Io però ero la ragazza di Ben, e un ragazzo incontrato ad una festa non avrebbe potuto allontanarli da lui. Così continuai ad indossare quella maschera ipocrita, tentando di comportarmi da buona amica nei confronti di Vicky. Cosa che non mi era molto semplice, visto che dentro di me si dibattevano due sentimenti: l’invidia di non essere libera e poter tentare di avvicinarmi a lui, e il senso di colpa che sentivo nei confronti della mia amica e del mio ragazzo, non rivelando loro la verità. Non conoscevo Paul, ma da quegli sguardi disperati che ci aveva lanciato durante il pomeriggio avevo capito che non aveva gradito la presenza asfissiante di Vicky, e io non sapevo come farle notare quel particolare.
-Ma siamo così simili, l'ho capito appena abbiamo avuto modo di parlare- mi rispose lei.
"Ma sei hai parlato solo tu!" pensai, senza rivelarle quella mia impressione.
Lei si staccò dal mio braccio e mi guardò un momento, leggermente indispettita.
-Che c'è, non vuoi aiutarmi? Piace anche a te?-
Mi sforzai a simulare l’espressione più sorpresa che potesse uscirmi, dopo aver udito quella domanda. Avevo sperato di evitarla, ma a quanto pare non potevo. Ora non solo dovevo omettere quelle mie sensazioni, ma ero costretta a mentire spudoratamente alla mia amica. E fu davvero una delle sensazioni fu brutte che provai.
-No ma che dici! Ti ricordo che io sto con Ben- mi affrettai a risponderle.
-Ah meglio, devo aver capito male! Ok allora mi aiuterai, ed insieme a te conquisterò il suo cuore-

Ormai era partita verso il suo mondo incantato e niente sembrava fermarla. Io mi arresi e non le dissi più nulla, totalmente scombussolata da quel suo repentino cambio di comportamento. Cercai di essere paziente e di assecondarla fino a quando potevo, sperando che questa sua nuova passione si affievolisse. Mi sentivo davvero in colpa con lei, ogni qualvolta che mi parlava di Paul o quando i suoi occhi catturavano l’immagine del ragazzo dei suoi sogni. Una vera amica avrebbe ammesso tutta la verità e le avrebbe fatto notare dove sbagliava, aiutandola a conquistare il ragazzo che le piaceva. Ma non ci riuscivo, ero troppo presa dal nascondere quella piccola infatuazione che provavo per Paul, sforzandomi di pensare solo al mio ragazzo. Fu un mese molto teso per me e non so come riuscii a cavarmela senza far insospettire nessuno dei ragazzi. Ma non sfuggii all’occhio vigile di John, che si divertiva a stuzzicarmi, unico ad aver notato quel mio comportamento. Io cercavo di atteggiarmi nel modo più normale possibile, volendo conoscere Paul solo come amico, nonostante John e Vicky sembrassero fare a gara per tenerci separati. La prima impressione che avevo avuto su di lui ebbe un leggero mutamento: era un ragazzo ambizioso e sicuro di sé, ma non come aveva voluto farci credere, usando quel modo di fare per non sfigurare davanti ad un gruppo di ragazzi più grandi di lui. In seguito si rivelò molto simpatico, gentile ed educato, grande conoscitore di musica grazie al padre (1) che lo aveva ben istruito su quel mondo, e fu questa sua caratteristica che incuriosì sia me che John. Per la prima volta vidi il mio amico provare interesse per qualcun'altro che non fosse sé stesso: qualcuno che non era come lui, nonostante il comune piano d'interessi, che aveva un modo di fare diverso e affrontava con maggiore consapevolezza il campo musicale. Fu l'inizio di quella grande amicizia che legò Paul a John e che nel tempo si solidificò sempre di più, creando quel rapporto così forte tra i due. Un legame che John vantava con pochissime persone, che si potevano contare sulle dita di una mano. Forse nemmeno lo si dovrebbe paragonare a quello che aveva con altre persone: tra John e Paul vi era qualcosa di davvero unico. Era come se entrambi avessero trovato la loro metà, completandosi a vicenda.

Paul e John erano davvero destinati ad incontrarsi.

Ma non fu solo l'amicizia tra John e Paul a cominciare; anche io iniziai a legare con lui. Oltre all’indiscutibile fascino, Paul aveva un modo di fare molto affabile, attento e gentile, e mi piaceva la sua compagnia. Conosceva molte cose e mi trovavo molto bene a parlare con lui. Superato l’imbarazzo iniziale scoprii che era un gran chiacchierone, che amava parlare quanto ascoltare, facendosi conoscere e intuendo come era fatta l’altra persona. Cominciai a costruire le basi per un solido rapporto di amicizia, trovando in lui una persona con cui mi sentivo a mio agio, fidato, sincero e leale. Era esattamente lo stesso identico motivo per cui mi ero affezionata così tanto a John, anche se quei due non potevano essere più diversi. Uno era dispettoso e sarcastico, mentre l’altro era gentile e delicato: due modi differenti che portavano allo stesso identico risultato.

Con il tempo, Paul divenne una persona veramente importante per me.

Purtroppo la nostra conoscenza, seppur intensa, durò quasi un mese. I primi di agosto Paul doveva partire per il campo estivo (2), e dopo averlo praticamente frequentato quasi ogni giorno capii che quel ragazzino dagli splendidi occhi scuri mi sarebbe mancato molto.
Ricordo ancora il momento in cui lo salutai, il giorno prima della partenza. Ci trovavamo a Penny Lane seduti su un muretto a chiacchierare, mentre aspettavamo che John portasse le birre per tutti, "prese in prestito" da casa della madre. Avevamo appuntamento in quel punto, più isolato rispetto ai negozi, per non farci vedere. John, Pete ed Eric erano passati a prendere le scorte, mentre io e Paul ci eravamo ritrovati entrambi nel luogo dell’incontro, in leggero anticipo rispetto all’orario.

-Insomma domani te ne vai in vacanza eh? Immagino quanto sarai contento- gli dissi, nascondendo una certa amarezza nelle mie parole. Era da qualche giorno che pensavo alla sua partenza con  dispiacere. Non avrei voluto dirgli nulla ma come al solito non riuscii a trattenere quei miei pensieri, volendo capire il suo stato d’animo. Vedere anche solo un piccolissimo segno della sua tristezza a quella partenza mi avrebbe riempito il cuore di gioia.
-Già- mi rispose, continuando a guardare davanti a sé -E per il mio ritorno tu sarai già tornata a casa-
-Si- abbassai gli occhi, osservando un punto indefinito a terra. Non volevo guardarlo perché temevo che i miei occhi avrebbero potuto mostrargli quanto mi amareggiasse quella separazione. Provavo una sorta di vergogna per quel mio sentimento, non essendo sicura che potesse provarlo anche lui.
Paul fece un profondo sospiro, che sembrò quasi far accasciare su sé stesso tutto il suo corpo. Fissò per qualche momento i suoi piedi, come a voler studiare nei minimi dettagli le sue scarpe di pelle scure. Muoveva la scarpa di modo che la luce del sole creasse diversi riflessi sulla tomaia, riuscendo a rapire il mio sguardo con quel gesto, svagando la mente da qualsiasi brutto pensiero.
Poi come se si fosse deciso a parlare si voltò verso di me. Io d’istinto spostai il mio sguardo su di lui, pronta ad ascoltare quello che aveva da dirmi.
-Se avessi saputo che questa estate avrei incontrato tutti voi avrei fatto annullare la vacanza a mio padre- mi rivelò, con il tono più serio che potesse assumere.
-E avresti anche potuto partecipare al tuo primo concerto. Mi sarebbe piaciuto vedere insieme i nuovi Quarry Men- gli sorrisi forzatamente, mentre pronunciavo quelle parole.
-Anche a me sarebbe tanto piaciuto- disse -Stavo pensavo che abbiamo passato pochi momenti insieme... noi due intendo. Mi spiace che ci dobbiamo separare proprio ora che stavamo iniziavamo a diventare amici-
Lo fissai un momento, contemplando quanto mi era stato detto. Alla contentezza nel sentire quella sua dichiarazione si mischiò un sentimento di sorpresa. Nonostante l’avessi tanto sperato non pensavo lo avrebbe ammesso così apertamente: non ero abituata a chi rivelava direttamente i propri sentimenti, visto che tra me e John era una gara continua a chi si nascondeva di più. Paul doveva aver fatto uno sforzo enorme a rivelarmi quelle cose, e fu anche per questo che le apprezzai ancora di più. Si era fidato di me, dicendo qualcosa che lo avrebbe potuto rendere più debole, ma lui non sembrava vederla in quel modo: dal suo punto di vista, rivelare quel pensiero era un simbolo di forza.
-Tanto torno il prossimo anno, ed assisterò tutte le vostre esibizioni estive. Ti prometto che vedrò di non mancare a nessuna! E poi potremmo anche sentirci... ogni tanto- presa dall’entusiasmo anche io espressi tutto quello che pensavo. Volevo comunicare a Paul la stessa fiducia che lui aveva dato a me, rivelandogli tutto. Ma forse, notai di aver corso troppo con l’ultima frase. Mi morsi il labbro, temendo di aver esagerato.
Lui mi guardò con leggero stupore -Dici via lettera?-
-Se tu vuoi...- continuai, non potendo più tirarmi indietro. Mi diedi della stupida per aver osato troppo con quella mia frase. Cosa mi era preso in quel momento?
-Hai carta e penna?- mi chiese.
Io frugai nella borsa e gli porsi subito quel che trovai. Lo vidi appoggiare il block notes su una gamba e scrivere rapidamente sul fogliettino bianco. Mi diede nuovamente il mio blocchetto, accompagnando quel gesto con un bel sorriso soddisfatto. Aveva scritto il suo indirizzo in una bella grafia chiara, grande quasi da occupare tutta la pagina.
-Ora sarai costretta a scrivermi, signorina Auster Martini!- mi fece lui, ironico.
-Attenda con pazienza una mia lettera, signor McCartney!-
-Lo farò- mi sorrise complice.
Io lo guardai imbarazzata ma felice: non solo avevo avuto la conferma dei pensieri di Paul, ma ora avevo un modo per restare in contatto con lui, come facevo già con John e Vicky.
-Capisco che è la stagione degli amori, ma vi pregherei di non accoppiarvi in un luogo pubblico!-
La voce arrogante di John ci fece letteralmente saltare. Io mi affrettai a riporre il blocchettino nella borsa, per fare in modo che non facesse domande indiscrete. Lui si sedette tra me e Paul, facendosi largo nel poco spazio che vi era tra noi due. Eric e Pete appoggiarono la busta con le birre accanto a noi, facendoci poi un cenno di saluto.
-Non ci dormi la notte per inventare queste battute?- fu Paul ad anticipare una mia risposta.
-La notte ho da fare ben altro, ragazzino- ammiccò John, cercando di far intendere chissà che cosa.
-Pff si, le mirabolanti avventure di John e del suo orsacchiotto!- risi io.
-C'è posto anche per te nel mio confortevole "giaciglio dell'amore", tesoro- tubò lui.
-Per carità, no grazie!- la mia faccia schifata fece ridere tutti i ragazzi, persino John, a cui era rivolto il mio disgusto.
Così quella serata finì tra battute sconce di Pete, imitazioni di John e le nostre giovani risate. Salutai con affetto Paul, pensando a quell'indirizzo custodito dentro la mia borsa, che non potè non farmi sorridere mentre mi rigiravo tra le lenzuola, con quella sensazione che scacciava via qualsiasi dispiacere per la sua partenza.
Io avrei comunque continuato a sentire Paul, anche quando decine di kilometri ci avrebbero tenuti separati.
 
***
 
Quel mercoledì sera un leggero venticello rinfrescava la calda cittadina, dandoci un po’ di pace dal sole afoso di quei giorni estivi. Era il 7 agosto e in compagnia di Nigel, Ivan e della sua ragazza Stephanie, ci dirigemmo al locale dove si sarebbero esibiti i nostri amici. Era un posto che aveva aperto a inizio anno, a Matthew Street, ma nessuno di noi lo aveva mai visitato prima. Si trovava all'interno di un palazzo a sette piani dal mattonato di un rosso meno fresco di quello delle porte d'ingresso, ridipinte a nuovo per l'apertura. L'ingresso era collocato angolarmente, con un arco cieco a punta, al cui interno erano illuminati al neon i caratteri che formavano il nome del locale: The Cavern club (3).
Il Cavern (4) ci appariva come un locale diverso dal solito, senza grandi vetrate, scuro, chiuso e sprofondato sotto terra. Si scendeva per arrivare ad uno scantinato voltato a botte, non sufficientemente alto per far arieggiare l’ambiente, diviso da due file di archi in tre scompartimenti diversi. Il pavimento era rosso, mentre tutto il resto in mattonato, dalle mura al soffitto. Su una grande parete si stagliava un piccolo palco, con per sfondo un muro dipinto in quadrati dai colori sgargianti, ulteriormente arricchiti di scritte. Quel locale puzzava di muffa e di sudore, di fumo e di chiuso e con tutti quei ragazzi stipati al suo interno, con quegli odori così forti e con la luce rossastra dei faretti dava una sensazione di profonda claustrofobia. Per nostra fortuna nessuno di noi ne soffriva, e potemmo tentare di abituarci a quel luogo. Dopotutto eravamo là per sostenere i nostri amici e potevamo sopportare un po’ di folla. In quel caso poi, quell'ingaggio era stato un puro colpo di fortuna: Nigel lavorava come apprendista al Lee Park, il golf club in cui giocava il padre di Alan Sytner, il proprietario del locale. Grazie a quella conoscenza il mio amico gli aveva procurato quella interessante serata al locale, un vero colpaccio per quella giovane band (5).
Gli strumenti erano già collocati sul palco e noi ci sistemammo subito dopo le prime file, per assistere allo spettacolo da una buona visuale. Mi guardai intorno, scorgendo le parti che componevano quel locale, rimanendone profondamente colpita. Non so se fosse per l'ambiente, per le risate e le chiacchiere allegre intorno a noi, ma quel posto non era affatto male.

-Quanto manca all'esibizione?- chiesi a Nigel, parlando direttamente nel suo orecchio per farmi sentire tra il frastuono prodotto da quel mare di gente.
-Meno di dieci minuti- disse lui, guardando il suo orologio.
-Abbiamo fatto in tempo allora!- risposi, sospirando sollevata.
-Meno male- disse lui -Visto l'orario, anche Vicky sarebbe potuta venire-
-Si, in effetti è vero...- non potei non dargli ragione.
Quando avevamo proposto la serata alla mia amica lei aveva adotto la scusa che era stanca dalle lezioni di danza, e che i suoi genitori non erano troppo d'accordo sul fatto che uscisse di sera. Ma sapevo una cosa con certezza assoluta: se si fosse esibito Paul avrebbe fatto carte false per esserci. Mi dispiaceva notare il suo poco interesse per i nostri amici, ma non potevo fare molto.  Cercai di non pensare più a lei e mi concentrai sullo spettacolo. Pochi minuti dopo, le sagome dei miei amici avevano fatto la loro comparsa sul palco, accompagnati da un incoraggiante applauso del pubblico e dalle grida di entusiasmo del mio gruppetto.
-Buonasera a tutti! Io sono John Lennon e questi sono i Quarry Men! Grazie del caloroso benvenuto, farò in modo di far ricevere il pagamento a tutti, non vi preoccupate di venirmi a bussare in camerino!- alcuni risero a quella battuta -A meno che non siate delle belle fanciulle, in quel caso la porta è sempre aperta per voi- John ammiccò al pubblico e potei sentire qualche sospiro da parte di alcune ragazze, che avevano apprezzato quella proposta.
-Non vi faccio perdere altro tempo, spero che il nostro spettacolo vi piaccia!-

E dopo quelle parole, iniziarono ad esibirsi. I ragazzi erano ancora più carichi ed entusiasti rispetto allo spettacolo che si era svolto al St. Peter, probabilmente perchè quel posto gli piaceva. Oppure perché l’alcool che avevano in corpo li rendeva frenetici e allegri, permettendogli di dare un’immagine più spumeggiante di quella che avevano dato quel giorno di luglio. Comunque notai che si sentivano davvero a loro agio, molto di più rispetto a prima, e ne fui davvero contenta.
Il repertorio che dovettero fare era principalmente jazz o skiffle: Nigel ci aveva avvertiti che il locale era nato per quel tipo di musica e le band dovevano adattarsi a quella regola. Potevano variare anche con lo skiffle, visto che il genere era ben visto dagli ascoltatori del jazz, senza suonare pezzi di altri generi musicali. Il rock’n’roll era abolito: il proprietario si era raccomandato più volte su questo punto, sperando di essere stato chiaro. Ma John non era tipo da fare troppe etichette e amava spaziare tra lo skiffle, il rock e il country: solo che, in quel caso, avrebbe dovuto domare quello spirito trasformista che lo portava a cambiare idea e brani all'ultimo momento, seguendo il suo istinto. Così passarono i primi due brani, tra cui una versione jazzegiante di Come go with me che fu ampiamente gradita dal pubblico. John era gasatissimo, potevo vederlo dal modo in cui suonava e cantava con ardore, lanciando sguardi entusiasti a tutti. Preso dall'entusiasmo e dall'euforia, decise di fregarsene della scaletta approvata da Sytner, e propose due nuove canzoni, bisbigliandole ai suoi compagni che sembravano incerti su quell'idea improvvisa. Ma John non sentiva ragioni e quindi seguirono il loro leader nei due brani successivi: Hound Dog e Blue Suede Shoes, nelle versioni di Elvis. Poteva resistere al gusto di imitare il Re? Certo che no.

-Cavolo, così faranno arrabbiare il signor Sytner!- disse Nigel, preoccupato. Ma era l’unico che sembrava gli importasse di non far arrabiare il gestore. John continuava a cantare a squarciagola, mentre sfiorava le corde della sua chitarra, nel pieno dell'entusiasmo.
Come aveva previsto Nigel, quella esibizione di John non fu gradita dal proprietario, che al termine di Blue Suede Shoes salì con prepotenza sul palco.
-Facciamo un applauso ai Quarry Men, che ci hanno deliziati con la loro esibizione- cinguettava il signor Sytner, mentre alcuni suoi assistenti parlavano con i ragazzi, probabilmente invitandoli a scendere dal palco. Non ascoltai il resto del discorso dell'uomo che presentava la prossima band: tutta la mia attenzione era concentrata sui Quarry Men, che scendevano dal palco lievemente delusi, seguiti da un John che conteneva a fatica la sua rabbia.
Come ci disse all'uscita dal locale, quella loro improvvisazione non era piaciuta affatto al signor Sytner, che già gli aveva intimato alla prima canzone un "piantatela con questo maledetto rock", più mimato che realmente detto. Al secondo brano non aveva resistito, sbottando di rabbia e cacciandoli via dal palco. John aveva avuto un acceso dibattito una volta che aveva potuto fronteggiarlo, e il padrone non aveva gradito quelle sue lamentele, invitandoli brutalmente a lasciare il suo locale (6). Nessuno ovviamente se la sentì di dargli la colpa: non volevano rischiare di urtare John, visto quanto era arrabbiato per quello che era successo. Affrontarlo quando era di buon umore non era una cosa semplice, figuriamoci ora che era su tutte le furie! Inoltre chi poteva immaginare che non avrebbe gradito a tal punto da farli finire anticipatamente? Nessuno, nemmeno John, che era livido di rabbia contro "quel cojone senza il minimo gusto”.
Mi voltai un momento, prima di allontanarmi da quel luogo con i ragazzi, alla ricerca di un pub dove sfogare quella piccola delusione.
"Peccato, quel locale mi piaceva molto" pensai per un momento, prima di lasciarmi definitivamente il Cavern alle spalle.
 
***
 
Tornata a Londra, scrissi subito una lettera a Paul, nell'attesa di ricevere quella di John. Quell'anno il mio postino fece veramente gli straordinari: ogni qual volta che suonava ero sempre io a rispondergli, sperando che arrivasse una cartolina da uno dei miei due amici. Ormai ci conoscevamo da anni e sapeva tutto sulla mia corrispondenza, e fu subito curioso di sapere chi fosse il nuovo destinatario di quel secondo fitto scambio di lettere. Gli rivelai di Paul e anche dei Quarry Men, vedendolo sorridere sotto i suoi baffi neri mentre ascoltava i miei racconti. Ogni qual volta che mi consegnava lettere e pacchi, si divertiva a farmi qualche indovinello, per vedere se capivo chi fosse il mittente della lettera ancor prima di averla tra le mani. Io lo salutavo con un sorriso, fino alla "prossima lettera di John o Paul".

Nel frattempo, anche se con minore frequenza, continuava la mia corrispondenza con Vicky, con intere lettere piene di elogi verso il bel Paul, in cui chiedeva di continuo il mio supporto per aiutarla con lui. Non le confessai mai di aver iniziato uno scambio di posta con il diretto interessato dei suoi sospiri amorosi, temendo che potesse ingelosirsi o peggio, che mi costringesse a scrivere qualcosa per aiutarla con lui. Fu proprio da quel periodo che i miei contatti e il mio legame verso di lei si indebolirono al punto da venir meno, senza che nessuna delle due facesse qualcosa per impedirlo. Io ero troppo presa da Ben, Claire e Josh, John e Paul, e sicuramente le dedicai poche attenzioni. Dal canto suo, forse non sentendosi capita, iniziò a rispondere alle mie lettere con meno regolarità, fino a che quella corrispondenza non sparì definitivamente. Forse aveva rafforzato i rapporti con le sue compagne di scuole, sentendo che ormai non vi era più la stessa complicità di prima. Oppure aveva compreso che Paul non era interessato a lei e aveva di conseguenza smesso di sentirmi, magari arrabbiata dal mio comportamento. Non seppi mai quale fosse il motivo, non avendo il coraggio di chiedergli nulla, accorgendomi troppo tardi che ormai eravamo diventate due estranee. Certo, ormai non eravamo più unite come prima, eravamo molto diverse e andavamo difficilmente d’accordo, ma far freddare in questo modo qualsiasi contatto con lei mi lasciò comunque molto male. Sapevo di aver sbagliato comportamento, di non essere stata una buona amica fino in fondo e sperai che per lo meno questa esperienza mi fosse utile in futuro, evitando di ripetere nuovamente gli stessi errori.

Come dicevo, a sostituire la corrispondenza di Vicky ci fu quella di Paul. Mostrai a Claire l’unica foto che avevamo fatto tutti insieme, facendogli vedere come era fatto quel mio nuovo amico. Vidi il suo sguardo accendersi quando individuò la fisionomia di Paul, e subito ammise che era davvero un bel ragazzo, scherzando sul fatto che “avrebbe potuto dimenticare Tom, per uno così”. Sapevo che la mia amica era molto fedele al suo ragazzo, ma gli occhi così grandi ed espressivi e le labbra delicate di Paul riuscivano a far sciogliere la più innamorata delle fidanzate. Ed per contro, avevano il potere di far ingelosire il meno possessivo dei ragazzi. Categoria in cui non era incluso Ben, che aveva già dimostrato una certa gelosia verso di John. Ed ora avevo conosciuto un nuovo ragazzo con cui osavo persino scrivere lunghe lettere! Quando gli confessai questa mia nuova amicizia e il nostro scambio di posta andò su tutte le furie.

Eravamo seduti al solito posto, sulla panchina del Greenwich Park. Stizzito, era scattato in piedi, dimenandosi come un matto e quasi urlandomi contro.
-Prima ci stava solo quel viscido di Lennon, e ora questo tizio... questo McCarthy (7) a rompere le scatole!-
-Si chiama McCartney, Paul McCartney! E non facciamo nulla di male, è solo un amico!- gli risposi, guardandolo stranita. Odiavo le sfuriate in pubblico e volevo che si calmasse.
-Un amico che conosci da quanto? Due mesi? Tre mesi? e con cui ti mandi una considerevole quantità di posta!-
-Ma che cavolo dici! E poi scusa anche tu hai le tue amicizie, sia maschili che femminili. Ed io non ti ho mai detto nulla-
Mi alzai in piedi e lo fronteggiai. Quel suo atteggiamento così possessivo cominciava a stancarmi. A parte Josh, appena notava che qualsiasi ragazzo osava anche solo parlarmi andava su tutte le furie. E ultimamente la situazione stava decisamente peggiorando.
-Perché sai che non ti tradirei mai- mi rispose.
-Perché, io si?- lo fissai negli occhi, sperando di scorgervi una risposta negativa alla mia domanda. Non poteva dubitare di me che gli ero così fedele, che facevo sempre di tutto per farlo sentire amato, per fargli capire la grande importanza che aveva nella mia vita. Perchè si, io amavo Ben. Un'amore infantile, di quelli che si possono provare a sedici anni, ma era comunque un sentimento forte.
-Non è di te che non mi fido, ma degli altri- tentò con questa risposta, forse sperando che potesse giustificarlo.
-E pensi che mi farei manipolare da chiunque?-  non volevo lasciarmi incantare dalle sue parole. Strinsi con forza i pugni mentre vedevo l'espressione del suo volto che mutava, addolcendosi. Intuì di aver esagerato forse e notai come cambiasse improvvisamente, mostrandomi tutto il suo imbarazzo. Si grattò la testa con fare distratto e iniziò a guardarsi intorno, incapace di sostenere il mio sguardo.
-Non ho detto questo... Ma tu sei così carina che ho paura. Si, ammetto che ho paura che arrivi qualcuno migliore di me e che possa portarti via- disse infine, ad occhi bassi. Non voleva ammettere quella sua paura, non ce la faceva a dimostrarsi debole ai miei occhi. Ma io l’avevo intuita da tempo e avevo cercato di fare di tutto per rassicurarlo. Allungai una mano e gli sfiorai il braccio, invitandolo con un gesto gentile a guardarmi in faccia.
-Non devi temere nulla perché nessuno potrà mai separarci, mi hai capito?- gli dissi quelle parole quasi in un sussurro, come se fosse una confidenza.
Lui mi fece segno di si con la testa e mi strinse a sé, bisbigliandomi le sue scuse. Quel lato di Ben, così debole e indifeso, riusciva a vincere tutte le mie barriere e mi faceva passare qualsiasi rabbia o delusione. Ero stanca di quel comportamento ma non potevo fare a meno di consolarlo, appena lo vedevo in quello stato. Così non aggiunsi altro e gli trasmisi attraverso il mio corpo tutta la sicurezza di cui aveva bisogno.

Il peggio sembrava essere passato e quell'argomento divenne meno spinoso, nonostante evitassi accuratamente di parlarne, temendo ulteriori sfuriate da parte sua. Pensavo che non dicendo più nulla avrei potuto appianare la situazione, senza che ci fossero nuovi litigi. Un'idea sciocca e totalmente errata, ma dettata dalla mia inesperienza nelle relazioni di coppia, dandomi l’effimera illusione che fosse la soluzione migliore da adottare.Trascorsi quei mesi invernali con maggiore serenità rispetto all'inizio burrascoso, tra Ben e i miei amici di Londra, e le moltissime lettere dei miei musicisti preferiti. Leggerle era un modo divertente di ricevere varie notizie su quello che accadeva intorno a loro, e mi piaceva confrontare i loro due punti di vista così diversi, creando nella mia mente un racconto più completo, ma in alcuni casi confusionario.
Via lettera avevo conosciuto altre caratteristiche della vita di Paul: i suoi genitori si erano sposati tardi e lui e suo fratello Mike (8) erano nati quando ormai avevano già compiuto quarant'anni (9). Il padre gli aveva trasmesso la passione per la musica, alimentata dalla presenza del bel pianoforte collocato in salone, dove era solito esercitarsi. A causa del lavoro della madre (che faceva l'ostetrica), si erano trasferiti spesso, fino ad arrivare a Forthlin Road. Avevano trascorso un anno sereno, prima che la morte della signora McCartney (10) stravolgesse le loro vite. Paul mi aveva già accennato della perdita della madre, durante un pomeriggio in cui anche io gli avevo confidato la morte di mio padre. I suoi splendidi occhi si riempirono di una tristezza mal celata, derivata da quella ferita che era ancora troppo fresca per non lasciare alcun segno evidente in lui. Mary era una figura importante nella vita della sua famiglia, nucleo centrale da cui tutti dipendevano, persino Jim, suo marito. Per questo la perdita dell’amata moglie lo aveva ridotto ad uno straccio, tanto che Paul dovette sostenerlo, senza potersi permettere di piangere, reggendo su di sé tutto il dolore del padre e del fratello. Fu un esperienza che, paradossalmente, responsabilizzò il mio amico: insieme ad entrambi ricostruì i pezzi della loro famiglia, cercando di mantenere la loro casa al meglio per non gravare troppo sull'aiuto di due amorevoli zie, sempre pronte a venire in loro soccorso (11).

E quale fu il lenitivo alle sofferenze di Paul? La musica. Quello strumento contro il dolore che faceva da filtro ai sentimenti di quel ragazzo, arginando le forti emozioni che provava, e permettendo che fuoriuscissero piano piano. Era il solo mezzo per liberare con cautela quel groviglio di tristezza e devastazione, usando le note suonate sul piano o sulle corde della chitarra, oppure le poche parole scritte e sussurrate in una canzone. Fu proprio durante quel periodo che elaborò il suo primo pezzo, I lost my little girl (12), dedicata alla sua Mary. Per me era la prima volta che conoscevo qualcuno che non solo suonava, ma che era in grado di scrivere una canzoncina, seppur molto semplice. Ma di canzoni ne aveva altre in mente: erano solo parole scarabocchiate o melodie che aveva in testa, ma nonostante questo sembravano condizionarlo, come se la sua vita fosse fatta da suoni e vocaboli, in un flusso senza fine.
Una volta stavamo parlando di questa cosa e gli chiesi -E ti resta spazio per qualcos'altro?-
E lui mi sorrise teneramente, rispondendo -La musica è l'unica cosa che abbia un senso... se la suoni a tutto volume tiene a bada i demoni (13)-
E il demone più grande era quello che gli aveva portato via la mamma.
Scoprii un altro pezzetino di quel libro che era Paul McCartney, un ragazzo tanto cortese e sorridente che teneva confinato il suo dolore per farlo sfuggire agli occhi del mondo. E da quel punto di vista era così simile a John, nonostante il loro vissuto fosse così diverso. Fu anche per questa assonanza con il mio migliore amico che mi sentii libera di aprirmi con Paul e sfogai con lui tante piccole cose che tenevo nascoste. Da quelle più banali a quelle più importanti. Mi unì moltissimo a lui in un periodo relativamente breve, tanto che già dopo i primi due mesi di corrispondenza iniziai a mandare i miei racconti, che fino a quel periodo condividevo solo con John e Ben. Paul era un lettore curioso e attento, che mi riempiva di domande e mi dava sempre il suo spassionato parere, gratificando quel bisogno che avevo di ricevere commenti, critiche e pareri sul mio lavoro.
Se quello fu un periodo di conoscenza nella mia relazione con Paul, per quanto riguardava John le nostre lettere avevano il sapore della quotidianeità, di un codice e un linguaggio che rendeva molto semplice esprimere esattamente quello che volevamo dire in poche parole. Tra le novità di quell’anno ce ne fu una piuttosto inaspettata: Mimi gli aveva regalato per il suo compleanno una nuova chitarra, una Hofner Club 40 modello acustico (14). Sicuramente lo aveva fatto perché era stata portata all’esasperazione dalle continue richieste di John, e forse sperando che potesse motivarlo a rendere al massimo nella nuova scuola. Per quanto riguardava quella parte della sua vita, non ne sapevo moltissimo. John mi accennava appena quello che succedeva all’interno delle pareti dell’accademia, tra cavalletti e banchi di scuola. Sapevo solo che il nuovo l'ambiente gli piaceva e che si trovava meglio al corso di grafica (15), tanto che aveva fatto anche delle nuove amicizie.
Ricorrente nelle lettere di entrambi erano ovviamente gli aneddoti su quello che succedeva quando si trovavano insieme. Era interessante leggere quelle impressione scritte su fogli di carta, e fu un buon modo per vedere nascere una delle più importanti amicizie della storia contemporanea. In poco tempo si unirono profondamente: si susseguivano racconti appassionati delle loro uscite, caratterizzate soprattutto dalle esercitazioni che facevano insieme, suonando dentro il bagno di casa di Julia (16), oppure marinando la scuola, rifugiandosi a turno tra le loro case. Purtroppo erano rare le occasioni in cui Mimi usciva, e quindi approfittando dell'assenza del signor McCartney per via del lavoro, utilizzando Forthlin Road (17) come loro base operativa. Fu là che Paul insegnò a John a suonare i veri accordi della chitarra, anche se per lui non dovette essere semplice, visto che Paul era mancino e suonava al contrario. Ma oltre a suonare, Paul passò a John quella sua abitudine di scrivere delle canzoni originali.

La scorsa settimana, sono andato da Paul per farmi insegnare qualche accordo nuovo. Eravamo nel salone, a fumare té Typhoo dalla pipa del padre atteggiandoci a uomini vissuti (18), quando mi chiese "hai mai scritto canzoni?" e io gli risposi "io veramente scrivo. Non canzoni... più poesie o storie diciamo”. Lui mi fa "aggiungi la musica e sono canzoni" (19).
E così ci siamo messi a scrivere qualcosa insieme, dibattendo a lungo su quale dei nostri due nomi dovesse comparire per primo. Alla fine l'ho spuntata io: dopotutto, Lennon/McCartney suona decisamente bene non credi? Per il tuo ritorno avremo pronte più di cento canzoni, e tu sarai gentilmente invitata ad ascoltarle tutte quante.

Provavano quasi tutti i giorni, anche se non avevano concerti in programma (20), per il gusto di scrivere, suonare e stare insieme. Questo allontanò John dal solito gruppo: lo capii dalla poca frequenza con cui mi parlava di loro, ormai scomparsi dalle sue lettere. Aveva trovato un amico e un compagno in Paul, qualcuno che sentiva che poteva veramente capirlo.
Questa amicizia non piacque molto ai loro genitori. Mimi, nonostante i modi cortesi del ragazzo, non lo vedeva di buon'occhio e continuava a chiamarlo "l'amichetto di John" (21), con un tono ironicamente dispregiativo. Il signor McCartney era più duro nel giudizio: detestava John, come lo avevano detestato i genitori dei suoi vecchi amici, vedendo in quel ragazzo solo un teppista, un buono a nulla che influenzava negativamente il figlio. E questa idea la esprimeva a voce alta, ripetendola a Paul che non lo voleva ascoltare, oppure mostrandolo apertamente a John, con gesti che dovevano dare la dimensione della sua disapprovazione (22). Ma figurarsi se a John importava di quello che pensava! Anzi, il poterlo stuzzicare era un passatempo che lo divertiva, ed ogni volta che lo incontrava coglieva l'occasione per dargli fastidio. Paul non era molto contento del comportamento di John ma in fondo, non gli si poteva dare torto. Se vieni criticato o affronti il tuo nemico oppure fuggi via. E quello era il modo in cui John rispondeva al fuoco di Jim McCartney: l'essere sempre più una presenza fastidiosa nella sua vita, frequentando assiduamente il suo povero ragazzo, troppo buono per allontanare quel tipo.
Credo che oggi, milioni e milioni di fans ringrazino la voglia di ribellarsi di John e Paul, che infischiandosene di tutti continuavano a frequentarsi regolarmente.
 
NOTE
(1)= James "Jim" McCartney (7 Luglio 1902) era il padre di Paul, commerciante di cotone, che negli anni venti aveva avuto una band: la Jim Mac's Jazz Band, scioltasi nel 1927, ma continuava comunque a suonare per diletto.

(2)= Paul era solito partire insieme al fratello per il campo estivo e fu per questo motivo che si perse la prima esibizione dei Quarry Men al Cavern.

(3)= Quella fu la prima serata di John al Cavern club con i Quarry Men, a cui poi ne sarebbero seguite molte altre negli anni successivi, in compagnia di Paul e George prima dell'arrivo di Ringo nella band.

(4)= Il Cavern Club è un locale che si trova al 10 di Mathew Street, in origine un magazzino ortofrutticolo interrato facente parte di un edificio usato durante la guerra come rifugio antiaereo, era una cantina umida in cui non esisteva alcun sistema di aerazione, perciò il calore corporeo si condensava sul soffitto trasformandosi in acqua, e grondava lungo i muri sul pavimento spandendo tanfo di muffa e contribuendo a rendere l’ambiente soffocante e claustrofobico. Il Cavern era nato come un club in cui si suonava solo musica jazz. Alan Sytner aveva rilevato il magazzino trasformandolo in un ambiente che si ispirava a un locale di Parigi, Le Caveau Français Jazz Club, inaugurandolo il 16 gennaio 1957. Due anni dopo il club sarà acquistato da Ray McFall, ma gli spettacoli continuavano a essere riservati ai puristi del jazz.

(5)= Non so se la notizia sia vera oppure no, ho trovato solo una fonte che citava questo racconto, mi è piaciuto come aneddoto e ho voluto inserirlo.

(6)= Fu proprio quel che successe nel loro primo ingaggio al Cavern. Ma i Quarry Man non furono gli unici: anche i Rory Storm and the Hurricanes (la band in cui suonava Ringo) erano stati allontanati dal locale per essere usciti dal genere skiffle (allora considerato facente parte del jazz) e aver suonato un brano rock, Whole Lotta Shakin’ Goin’ On. Ma dopo due anni gli appassionati di jazz erano drasticamente diminuiti di numero a favore di quelli del rock’n’roll, perciò McFall aveva deciso di riservare una sola serata al pubblico del jazz e di riconvertire il Cavern in un locale di rock, ospitando gruppi del luogo tra i cui i Silver Beetles e i Rory Storm and the Hurricanes.

(7)= Nomigliolo storpiato di Paul, ripreso dal film "In his life: John Lennon story".

(8)= Peter Michael "Mike" McCartney (7 gennaio 1944), conosciuto con il nome d'arte di Mike McGear, è un artista e fotografo britannico, fratello minore di Paul.

(9)= I suoi genitori si sposarono nel 1941 (Jim aveva 39 anni, e Mary ne aveva 32).

(10)= Mary Patricia Mohin McCartney (29 settembre 1909), morì il 31 ottobre del 1956 dopo una mastectomia eseguita per arrestare un tumore al seno. Si era ammalata durante l'estate del 1955, quando si erano trasferiti a Forthlin Road. In realtà Jim non diede subito la notizia ai suoi figli, cercando di trovare il modo più dolce e meno traumatico di comunicargli la malattia della madre.

(11)= La morte della madre mandò in pezzi il padre. Paul stava male vedendolo piangere per la prima volta in vita sua. Lui creò una gabbia attorno a sé, per esser forte e non dover mai crollare come era successo a Jim. Ad aiutarli nelle faccende di casa vi erano Zia Milly e zia Jinny che venivano ogni martedì. Paul cercava di mantenere in ordine la casa e continuare a coltivare la passione per la musica.

(12)= Micheal racconta che poco dopo la morte della madre che Paul ha iniziato ad ossessionarsi a suonare la chitarra, forse usandola per compensare la sua mancanza. Scrisse la sua prima canzone a quel tempo, I lost my little girl, che fece sentire a John in uno dei loro primi incontri. Venne composta nel 1956 all'età di 14 anni, sulla sua chitarra Zenith; era un motivetto sdolcinato su 3 accordi (sol, sol7 e do).

(13)= Scambio di battute tra Jude e Jojo, ripreso dal film Across the Universe (2007).

(14)= Nel 1957 Mimi varcò l’uscio del negozio Frank Hessy, a seguito delle insistenze del nipote perché gli acquistasse una chitarra: la donna sborsò 17 sterline per una Höfner Club 40 modello acustico (ho trovato scarse informazioni su questa chitarra e su come fosse fatta, di quale colore, ecc. per cui non ho scritto altro).
Frank Hesselberg aveva aperto a metà degli anni trenta un negozio che vendeva strumenti musicali nella zona di Whitechapel. L’esercizio commerciale si trovava al numero 62 di Stanley Street. Il negozio si chiamava “Frank Hessy” ed era assurto a popolarità negli anni cinquanta, periodo nel quale molti giovani musicisti di Liverpool facevano capo a Frank Hessy per acquistare i loro strumenti musicali, favoriti anche dal fatto che il titolare concedeva il pagamento rateale degli articoli acquistati. Oltre a John, gli altri futuri Beatle comprarono degli strumenti in quel negozio furono: George Harrison (Futurama elettrica), Stu Sutcliffe (il basso Höfner President) e Ringo Starr (anticipò 46 sterline per una batteria Ajax).

(15)= Dopo il primo trimestre, John passò dal corso di lettering a quello di grafica, anche se i professori gli avevano sconsigliato questo cambiamento.

(16)= Lennon e McCartney avrebbero suonato nel bagno della casa di Julia dove l'acustica "suonava come uno studio di registrazione".

(17)=  Al numero 20 di Forthlin Road alloggiavano i McCartney, l’approdo definitivo della famiglia dopo anni di traslochi. Si trasferirono nel 1955 e per anni Jim visse in quella casa, fino al 1964, quando Paul gli comprò una nuova casa a Rembrandt, nello Heswall, e così l’abitazione di Forthlin Road fu data in affitto e una trentina d’anni dopo venne messa in vendita.

(18)= Paul e John marinavano la scuola e si mettevano a suonare la chitarra, andando da Paul visto che il padre era fuori al lavoro. Scrivevano le canzoni insieme, su un quaderno, e Paul le intitolava "Un'altra canzone originale di Lennon/McCartney". Scrivevo solo le parole e le indicazioni agli accordi, dovevamo ricordare le melodie. Fecero Love me do e I saw her standing there e gettarono le basi di una collaborazione. Uno di loro se ne usciva con un'idea, e poi se ne discuteva. Stavano migliorando insieme e gradualmente le canzoni migliorarono e le maggior parte di quelle che chiamavano "le prime cento" (che probabilmente erano le prime cinque) furono scritte nella a Forthlin Road. Era soliti fumare del té Typhoo sulla pipa (che non aveva un buon sapore) per sentirsi grandi, e poi cercavano di far sparire l'odore e di andarsene prima che tornasse il padre.

(19)= Scambio di battute tra Paul e John del film Nowhere boy.

(20)= Tra Ottobre e Dicembre i Quarry Men si esibirono in tre occasioni diverse, ma l’unica data che merita di essere citata è il 18 ottobre, al New Clubmoor Hall (conservative club) di Liverpool: è durante questa serata che Paul si esibì con i Quarry Men per la prima volta.

(21)= Mimi si era opposta all'idea di John di formare una band e disapprovava McCartney perché era di "classe operaia", ed era solito chiamarlo anche "piccolo amico di John".

(22)= Jim riteneva che Lennon lo avrebbe "messo nei pasticci", e in futuro disse più volte al figlio che avrebbero dovuto liberarsi di lui se volevano sfondare nel mondo della musica.

ANGOLO DELL'AUTRICE: So che vi ho fatto attendere, ma ecco qui il nuovo cap. E' maggiormente concentrato su di Paul ovviamente, visto che è il loro rapporto a doversi sviluppare <3 Ho voluto anche dare spazio a Vicky e alla loro amicizia: la mia zietta mi ha fatto notare che la trattavo malissimo, e in effetti è vero. Ma vi giuro, la cosa non era voluta: Vicky è solo un personaggio che ho voluto creare per mostrare come in alcuni casi, dopo tanti anni insieme le strade si dividono, e purtroppo le amicizie si possono perdere. Probabilmente ho reso odiosa e immatura Freddie, me ne rendo conto, ma ho cercato di immaginarmi due ragazzine di 16 anni, e questo è quello che ne è uscito fuori (poi ovvio, ci sono ragazzi più maturi a 16 anni!). Spero non odierete troppo nè me nè la mia piccolina <3
Comunque, spero che la mia presentazione del carattere di Paul vi piaccia: io vi giuro, lo adoro <3 Mi piace vedere le differenze con John, e credo che potrà legarsi molto bene alla protagonista!
Ovviamente "please mister postman" è stata scelta come sottotitolo per il continuo scambio di lettere tra Freddie e i suoi amici di Liverpool.
Ringrazio come sempre la zietta Anya, che è sempre mitica ed è grazie a lei se posso perfezionare e scrivere qualcosa di decente. Ti offrirò da bere al Cavern (<3). Continuo ringraziando Cagiu_Dida e VintagePennyLane che sono le mie due nuove recensitrici (si dirà così? boh!) e che mi rendono felicissima, non sapete quanto mi fa piacere ragazze <3 E Jude che mi rimane fedele dal primo cap, sorbendosi tutti i miei sbalzi d'umore. Grazie, grazie e grazie ancora di cuore a tutte <3
Ok, nonostante abbia un'esame a breve posso promettervi almeno per il prossimo cap la pubblicazione in tempi brevi: lunedi 4 maggio (oddio è già arrivato maggio! E' il mio mese preferito <3).
A presto, baci
White.
  
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