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Autore: AnyaTheThief    27/04/2015    3 recensioni
Viktoria è una ragazza giovane e bella. Abita a Vienna ed ogni giorno deve avere a che fare con gli orrori della guerra. Cos'ha a che fare tutto questo con i Moschettieri? Beh, vi dico solo che capisco che è una storia particolare e che non possa piacere a tutti, ma vi consiglio di concederle qualche capitolo prima di cassarmela! Spero che poi la troverete avvincente.
Attenzione agli spoiler, la fiction si colloca dopo l'episodio 8 della seconda stagione.
Genere: Avventura, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Aramis, Queen Anne
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quel sogno fu diverso da tutti gli altri.

Viktoria si sentì parte di esso, era come se stesse osservando tutto ciò che accadeva dall'alto, un'invisibile farfalla che si spostava assieme alla precedente ospite della sua anima ed al suo amante. Ma allo stesso tempo riusciva a sentire le sensazioni che Anne provava, come quel moto di gioia infinita nel guardare il suo bimbo muovere i primi passi. Il piccolo era ormai cresciuto abbastanza da potersi reggere sulle gambette grassocce, seppur a fatica, ed ostentare qualche movimento in sua direzione. Si vide sorridere, prendendolo tra le braccia nel momento in cui inciampò e poi sollevarlo in aria ridendo.

“Bravo, amore mio!”

Anche il bimbo ridacchiò gorgogliando.

Aramis si sedette accanto a loro, con i capelli ancora bagnati e la camicia aperta. Con un bacio le sfiorò le labbra e poi posò le proprie sulla sua mano, nel consueto vizio che non era riuscito a perdere.

“Potrei essere quasi geloso.” commentò malizioso, fingendo gelosia nei confronti dei gesti affettuosi che la ragazza rivolgeva al bambino.

“Aspetta il tuo turno.” lo riprese giocosamente lei, stampandogli un bacio di ricambio e spostando poi di nuovo l'attenzione su Philippe, al quale solleticò la pancia. Aramis ghignò nuovamente sotto ai baffi e prima di alzarsi in piedi, pizzicò la guancia del bimbo.

“Solo perché sei tu.” gli disse seriamente. Il piccolo lo guardò come se stesse capendo, ma dopo averlo guardato allontanarsi tornò a sghignazzare divertito dalle facce buffe che Anne gli stava facendo.

“Ho trovato un altro buon cliente oggi. Dovremmo festeggiare.” annunciò l'ex Moschettiere, allacciandosi la camicia allo specchio. “Aveva due gran belle pistole che voleva modificare.”

Anne non dette peso alle sue ultime parole, era rimasta ai festeggiamenti, quelli la interessavano decisamente di più.

“E' fantastico, tesoro.” cinguettò allegramente.

“Mi chiedo dove le abbia prese. Non sembrava un sol--”

Un rombo interruppe il loro dialogo. La porta si era spalancata all'improvviso, sbattendo contro al muro così forte da far sfuggire alla ragazza un urlo.

Sette guardie armate entrarono quasi marciando in casa loro ed il passato le tornò alla mente come una secchiata d'acqua gelida. Rabbrividì e strinse istintivamente il suo bambino a sé. Un uomo lesse delle parole da un foglio che suonavano piuttosto ufficiali, ma né Anne né Viktoria riuscivano a seguirle. Tradimento, rapimento del Delfino, diserzione, evasione... Condanna a morte.

“No!” sentì Aramis urlare. Delle spade vennero estratte, ma lui era disarmato e lei non voleva guardare. “Non so di cosa stiate parlando. Io ho disertato, ma mia moglie non è la Regina!”

Sapevano entrambi che era un tentativo disperato, ma Anne capì che stava cercando di prendere tempo inutilmente. Avrebbe ritardato soltanto di qualche minuto l'inevitabile morte.

“Marie... Si chiama Marie. Mio figlio si chiama Philippe.” lo udì ripetere la stessa storia che avevano raccontato a tutti nel villaggio, quel posto così sperduto tra i Pirenei e così lontano da Parigi nel quale si erano sentiti da subito al sicuro...

“E io sono Aramis, disertore. L'unico colpevole.”

Anne non osava voltarsi. Avrebbe voluto dargli un'ultima occhiata, ma era terrorizzata. Nonostante non avesse mai visto quegli uomini, avrebbero potuto riconoscerla: c'erano così tante falle nel piano di Aramis che si chiese se davvero pensava che avrebbe funzionato.

“Bella favola.” commentò uno di loro. “Sono loro, giusto?”

Dalla porta un ottavo uomo si fece largo tra i soldati.

“Tu...!” esclamò Aramis tra il sorpreso e l'infuriato.

Anne sentì i passi avvicinarsi e strinse il bambino ancora di più al suo petto. Philippe urlava così tanto che era diventato tutto rosso. La Regina vide l'uomo sorriderle e si sentì in qualche modo violata; avrebbe voluto pregarlo, scongiurarlo, ma in cuor suo si era rassegnata alla fine. Avevano combattuto fino a quel momento, erano scappati, si erano nascosti e avevano trovato finalmente la felicità. Era durata molto poco, ma sapeva che non era colpa di nessuno se non di quell'uomo che li aveva denunciati. In quell'istante Anne notò le pistole attaccate alla sua cinta e realizzò che doveva trattarsi di quel nuovo cliente di cui Aramis le stava parlando poco prima.

“Sono loro.” decretò, dopo averle dato una lunga occhiata.

“Prendeteli.” ordinò un'altra guardia, impassibile.

Le immagini si fecero più sfocate, le voci più ovattate; nonostante stesse vivendo la scena da due punti di vista differenti ma collegati, Viktoria faceva molta fatica a capire cosa stesse succedendo.

Philippe piangeva, urlava e lo stesso faceva lei. Aramis scalciava, urlava il suo nome e quello del bambino, cercava di raggiungerla, ma lei non riusciva a divincolarsi dalla presa.

Poi Anne perse i sensi.

Viktoria, invece, avrebbe voluto svegliarsi, ma non ci riuscì.

Voleva tornare al sicuro, da Ben, sapere che loro due stavano bene, sentirsi dire che si sarebbero sposati presto. Ma per quanto ci provò, non riuscì a svegliarsi.

Se ne stava lì, invisibile ed impotente, a guardare i soldati che mettevano fuori gioco la sua gemella colpendola alla testa. Aramis lottò fino alla fine, urlava a squarciagola il nome di Anne, ma lei non poteva sentirlo. Una delle guardie prese il bambino, ma l'ex Moschettiere non poté fare nulla a riguardo, perché non appena se ne rese conto, colpirono anche lui.

Viktoria cercava di urlare ad Anne di svegliarsi, di reagire, di riprendersi suo figlio, ma non riusciva a farsi sentire. La sua voce risuonava disperata soltanto nella sua testa.

Le guardie portarono fuori i due, trascinandoli a peso morto e li caricarono su un carro. L'uomo che li aveva denunciati ricevette una lauta ricompensa e se ne andò soddisfatto.

E lei rimase lì, sull'uscio della casa deserta a guardare il carretto allontanarsi. Tutta la gente del villaggio era fuori a guardare, ma nessuno intervenne. Omertosi ed impauriti, quando le guardie sparirono dalla loro vista, tornarono tutti a fare ciò che stavano facendo, lasciandola lì, impotente.

Si guardò indietro e vide il fuoco ancora acceso, la culla immobile, lo specchio nel quale si stava guardando Aramis che ora non rifletteva altro che una stanza svuotata della vita che ospitava.

Anche lei si sentiva intontita, forse per la botta in testa, forse perché era successo tutto talmente in fretta che non sapeva cosa il destino stesse cercando di dirle, ma presto le fu chiaro.

La stanza si trasformò rapidamente in un altro scenario, e Viktoria tornò ad essere Anne.

Vedeva di nuovo tutto dai suoi occhi, ma continuava a sperare di svegliarsi e tornare ad essere Viktoria, perché non le piaceva affatto ciò che stava succedendo.

Camminava accompagnata da due guardie. Le voci ancora non riusciva a distinguerle bene, ma sentiva urla di disapprovazione, parole che la facevano vergognare ed arrossire.

Indossava di nuovo quella tunica bianca che le avevano messo in prigione: sapeva bene cosa stesse succedendo. I soldati non la tenevano perché non avrebbe potuto scappare da nessuna parte. Se lo avesse fatto, la morte sarebbe sopraggiunta molto più lentamente.

Sentì freddo al collo, e quando sollevò le mani per controllare, si accorse che queste erano legate e che la sua chioma bionda era sparita. Al suo posto, un caschetto ridicolo la fece sentire ancor più umiliata, anche se quella sarebbe dovuta essere l'ultima cosa a preoccuparla.

Subito, infatti, passò in secondo piano. Sentì la folla esplodere in urla più agguerrite, un boato di malcontento si sollevò verso il palco rialzato che intravedeva davanti a sé.

Fece per correre in quella direzione, ma una delle due guardie la fermò, trattenendola per una spalla.

“Non ve lo consiglio.” scosse la testa. Ma Anne capì che nonostante tutto quel soldato le portava ancora rispetto e lo stava dicendo soltanto per proteggerla.

“Voglio vedere.” disse caparbia, a testa alta.

I due uomini si scambiarono uno sguardo, poi la scortarono fino ai gradini che la separavano dalla morte. Lì, accanto ad un uomo con una maschera nera, vide Aramis.

Anche l'uomo biondo, quello che l'aveva fatta arrestare la prima volta, era lì. Osservava compiaciuto mentre altri quattro Moschettieri in fila porgevano l'ultimo saluto al suo amato. Accanto a loro vide anche Constance, ed il cuore le si strinse. Anne si guardò attorno, ma non riuscì a trovare il Re: avrebbe voluto chiedergli clemenza, in nome di tutti gli anni che avevano trascorso assieme, anni in qualche modo felici, nonostante i paletti imposti dalla società e dalla tradizione. Qualcosa la riportò indietro con la mente a quando erano più giovani e quel periodo in cui era riuscito ad amarlo. Era sicura che lui provasse ancora lo stesso nei suoi confronti, e si chiese come si potesse mandare a morte una persona che si ama.

“Aramis...” mormorò con un fil di voce. Il Moschettiere non poteva sentirla. Lo vide abbracciare i suoi compagni ed il suo capitano. Il più giovane di loro sembrava inconsolabile. Constance si stringeva al suo braccio, nascondendo il viso tra le pieghe della sua uniforme.

Quando Aramis arrivò a salutarlo, gli mise in mano qualcosa, un ciondolo che sia Anne che Viktoria conoscevano bene e verso il quale il biondo lanciò uno sguardo di fuoco.

Viktoria avrebbe voluto lanciargli un sorriso compiaciuto: sapeva bene che non sarebbe mai riuscito a mettere le mani su quel crocefisso perché, dopo tutti quegli anni, era arrivato nelle mani di sua nonna in ogni caso. Un'altra cosa le fu chiara: il giovane che sua nonna sognava probabilmente era quel Moschettiere. Questo significava che sua nonna... Doveva essere quella dama da compagnia che le era stata vicina fino alla fine. Constance. Adesso tutto era chiaro. Anche sua nonna e suo nonno si erano conosciuti in un'altra vita. Ma né Anne né Viktoria riuscivano a concentrarsi troppo su una sola cosa in quel momento. Era tutto troppo confuso, le urla, i pianti, l'assenza del Re.

Aramis si voltò verso di lei soltanto per un breve istante ed improvvisamente tutto sparì. Fu come se solo loro due importassero al mondo e la Regina smise di piangere. Annuì, come se le avesse appena mandato un messaggio telepatico, perché sapeva cosa avrebbe voluto dirle. Poi, quando distolse di nuovo lo sguardo da lei, la realtà la investì in pieno.

Con la folla in delirio, il ragazzo si inginocchio a testa bassa. L'attesa durò il tempo di fargli mormorare un'ultima preghiera.

Le sue labbra fecero appena in tempo a dire “Amen”.

E poi toccò a lei.  










Dedico questo capitolo alla mia cara amica che chiamerò per comodità Brioche <3 Grazie di supportarmi sempre e di leggere così velocemente e lasciarmi commenti tanto teneri!! La morte di Anne è tutta per te, che la odi profondamente XD 
Ne approfitto per ringraziare anche AramisSmile, altra commentatrice assidua! Grazie tesoro per avermi seguita fino alla fine! Ma restate con me, che manca ancora un capitolo! A presto :)

  
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