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Autore: Omega chan    27/04/2015    5 recensioni
(Storia a OC) (Iscrizioni aperte fino a 3.08.14) [iscrizioni chiuse, selezione in corso]
Oltre Nettuno, si pensava non ci fosse vita. Se non Plutone, che era stato declassato a pianeta nano per le sue piccole dimensioni, inferiori anche a quelle della Luna. Tutti gli scienziati erano del parere che il clima era troppo freddo per ospitare qualunque forma di vita. Tuttavia, nell’anno 3050, dopo l’esplosione di una stella, si è formata una palla di roccia incandescente molto grande.
Genere: Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ore 3:00 di notte, Pianeta Kakos
 
(Pov Ai)
Mi sveglio di soprassalto. Ansimante, tremante e completamente sudata. Spaventata dall’incubo che ho appena avuto. Mi passo una mano tra i capelli, cercando di sistemarli. Regolarizzo il mio respiro. Una volta calma, guardo l’ora. Sono solo le tre di notte. È da più di un mese che non riesco a dormire, ma credo sia normale. Infondo devo partire per una guerra. Mi giro verso Ika, sperando con tutta me stessa di non averla svegliata. Mia sorella è completamente coperta, fin sopra la testa e dorme serena. Mi metto seduta sul letto, metto le pantofole, e senza fare rumore  mi dirigo verso il piccolo balcone che abbiamo in camera. Chiudo la porta-finestra alle mie spalle, poggio i gomiti sulla ringhiera e inizio a contemplare il cielo con i miei occhi azzurri. È una notte tranquilla, non c’è nemmeno una nuvola, e le stelle brillano alte nel cielo. Non ho sonno. Anche se sono le tre. Sento che la stanchezza se n’è andata e ha lasciato posto all’ansia e alla paura. Chissà cosa ne pensano i nostri genitori. Chissà se sono tristi, sapendo che abbiamo solo poche probabilità di tornare vive?. Per me la risposta è una sola, no. A loro, non è mai importato nulla di noi, quindi perché dovrebbero essere tristi? Anzi, secondo me saranno più che contenti di non averci tra i piedi, secondo me aspettano questo momento da allora.
Avevamo solo quattro anni quando scoprimmo la telepatia, inizialmente non capivamo l’importanza di questo potere, noi riuscivamo a comunicare senza parlare, e questo ci piaceva. Iniziò tutto una notte, una notte d’agosto, come questa. Stavo dormendo tranquilla, quando improvvisamente, sentii un grido. Era la voce di mia sorella. Sollevai il busto di scatto e la fissai per un po’. Lei si rigirò per un po’nel letto, come se fosse tormentata da un incubo. Vedendo che si era calmata, richiusi gli occhi, e mi riaddormentai serena. Ma poco dopo, sentii di nuovo la voce di mia sorella, che urlava. Era un grido straziante, di quelli che esprimono terrore. Una di quelle grida che dopo che le hai sentite, non puoi fare a meno di rimanere fermo, paralizzato dalla paura di scoprire a cosa era dovuto quel grido. Sollevai il busto di scatto, urlando il nome di mia sorella. I nostri genitori e mio fratello vennero in camera nostra. Non potrò mai dimenticare gli enormi occhi arancioni di Ika che mi fissavano preoccupati. Non ci volle molto tempo, i nostri genitori capirono praticamente subito la situazione. Iniziarono a trattarci con disprezzo, ci odiavano. Elogiavano e riempivano di regali nostro fratello maggiore, mentre a noi a stento ci facevano gli auguri per il nostro compleanno. Inoltre, ci fu un episodio che ci segnò particolarmente, che ruppe definitivamente il legame con i nostri genitori e legò definitivamente me e mia sorella, ma non amiamo parlarne.
 Io ed Ika litighiamo molto raramente, quasi mai a dire il vero. Ci capiamo con uno sguardo, e se siamo assieme possiamo fare qualunque cosa. Noi siamo più che sorelle. Il nostro non è un semplice rapporto fraterno: Ika per me non è solo una sorelle, ma è la mia confidente, la mia migliore amica, con lei posso fare tutto. O almeno fino a che siamo vicine. Quando saremo lontane ci preoccuperemo e ci ritroveremo, ma questo è un problema secondario: ora siamo insieme.
È così che è andata. Fisso il cielo per un po’, per poi passarmi una mano sui capelli per dargli forma. Sono immersa nei miei pensieri, e non mi accorgo che qualcuno è venuto alle mie spalle.
 
 
(pov Ika)
Apro gli occhi di colpo. Sollevo il busto e inizio a massaggiarmi le tempie per inibire il mal di testa. Guardo il letto di Ai, che ovviamente è vuoto. Lei non riesce mai a dormire quando è nervosa. Mi tolgo le coperte di dosso, e vado da lei, toccandole una spalla. Lei sobbalza, e mi guarda sorpresa.
-Ika…mi hai spaventata…
Mi metto vicino a lei, imitando la sua posizione. Cerca di apparire rilassata, ma si vede che è tesa come una corda. Tra me e lei non ci sono mai stati segreti. Fin da piccole, riuscivamo a capirci con uno sguardo. Per noi il silenzio, valeva più di mille parole.
Mi ricordo che una notte ci fecero dormire separate. Non volevano che stessimo assieme, ci odiavano. Anche Kaji, che inizialmente stava dalla nostra parte, passò da quella degli adulti. In un certo senso sono contenta. Non m’importa di aver contro la nostra famiglia, non è una grande perdita. Mi fecero dormire dentro uno stanzino piccolo e chiuso. Fu da allora che iniziai ad avere paura del buio. È orribile non capire dove ti trovi, l’oscurità sembra volerti inghiottire. Quella notte sono riuscita a calmarmi solo grazie ad Ai, che parlava con me tramite la telepatia. Forse è stata quella notte che ci ha fatte unire di più. Purtroppo la paura del buio è rimasta, e spesso mi sento agitata durante la notte. Non ho paura del buio notturno, delle strade di notte. Affatto. Mi spaventa il buio delle stanze chiuse, dove non c’è nemmeno la luce delle stelle o della luna a darti un minimo di speranza.
La nostra famiglia era agli occhi di tutti una famiglia normalissima, ma avrebbero tutti cambiato idea se ci avessero vissuto. Quel poco di legame che c’era con i nostri genitori e nostro fratello, si è spezzato quando hanno deciso di abbandonare Ai. Aveva appena scoperto il suo secondo potere, il controllo dell’acqua, ed i nostri genitori non erano più disposti ad averla in casa. Mi ricordo che mi opposi a quell’ingiustizia e riuscii a convincere quegli esseri orribili a cambiare idea. Io ed Ai abbiamo atteso a lungo questo momento. Finalmente abbiamo un pretesto per andare via di casa e forse non tornare mai più. Non abbiamo paura di morire. Ne abbiamo passate tante, e siamo pronte a superare ogni tipo di difficoltà.
Torno a fissare il cielo, spensierata. Lancio qualche occhiata fugace ad Ai, che ogni tanto si passa una mano tra i capelli. Lo fa sempre quando è nervosa, un altro gesto che ci accomuna. Mi stacco dal balcone e respiro l’aria pulita, perdendomi nel cielo stellato. Chissà se vedrò la Stella polare anche dalla Terra, l’aria sarà la stessa che respiriamo noi? Queste sono cose che i libri omettono. Hanno paura che la Terra possa piacerci di più, e magari che noi prendiamo la decisione di restare là.
Partiremo domani, di mattina presto, ma non ho voglia di riposare. Il viaggio durerà più o meno solo tre ore grazie all’ipervelocità. Possiamo dormire durante il viaggio. Mi accarezzo i capelli castani con delicatezza e appoggio la mia testa alla spalla di Ai.
“Abbiamo superato tante cose assieme. Vissuto tante avventure. Condiviso momenti belli e brutti, e lo faremo anche questa volta. Okay?”
Per un po’ sento silenzio nella mia mente, ma poco dopo, il braccio di Ai mi circonda le spalle e mi stringe
“Okay.”

 (pov Hakaimura)
Mi rigiro il coltello tra le dita della mano destra. Sento la lama che taglia l’aria con fendenti non troppo forti. A dieci metri da me, c’è un manichino. Lui è il nemico. Lui rappresenta colui che cerca di uccidermi per vincere la guerra. Senza esitare, lancio il coltello in direzione del manichino, e lo colpisco nel punto dove ci dovrebbe essere il cuore. Guardo inespressiva il manichino e mi riprendo il coltello. Schiocco le dita, e inizio a fare disegni immaginari nell’aria. La nebbia si materializza e in poco tempo, la stanza viene divorata dal mio potere. Nel nostro pianeta, avere un potere, non è una grande cosa. Molti genitori sono terrorizzati da quali poteri potrebbero avere i loro figli, altri invece sono arrivati ad odiarli per avere questo potere. Ma i miei genitori no. Loro me lo hanno detto subito, appena ho iniziato a parlare. Mio padre mi ha addestrata da subito. Mi ha insegnato ad uccidere, a maneggiare un’arma. È stato solo grazie a lui, che ho potuto difendere Yuki, anche se questo ha portato all’uccisione di mio padre. Ma non potevo restare lì a guardarlo mentre picchiava mia sorellina.
Quando ho scoperto di avere una sorellina ero felice. Insomma, diventavo la sua guida, le avrei insegnato ad uccidere, come mio padre aveva fatto con me. Quando andammo in ospedale, felici, trovammo il medico fuori dalla stanza. Mia madre era morta dopo aver dato alla luce Yuki. Da quel momento, nostro padre cadde in una profonda depressione, e si vedeva. Tutte le sere tornava a casa ubriaco fradicio, mormorando cose incomprensibili. Avevo molta paura per mia sorella, avevo il terrore che le potesse accadere qualcosa di brutto. E purtroppo, avevo ragione. Yuki aveva appena cinque anni, e stava giocando tranquilla sul tappeto davanti al fuco. Io stavo guardando la neve che scendeva dal cielo. La porta si spalancò all’ improvviso, e nostro padre entrò in casa. Era ubriaco, come sempre. Si avvicinò a Yuki, e iniziò a picchiarla.
- È colpa tua se è morta! Solo tua!
Yuki piangeva disperata, ed io non sapevo cosa fare. Non potevo lasciare che nostro padre facesse del male alla mia sorellina. Non ci pensai nemmeno. Creai una fitta nebbia attorno a lui, e lo uccisi. So che ho sbagliato, ma dovevo farlo. Presi Yuki in braccio, e la portai nel mio rifugio nella foresta. Quella era come una casa per me. Ci andavo quando ero triste. Era piccola, ma aveva tutto quello che serviva. Ho cresciuto Yuki come una madre farebbe con il figlio, cercai ogni anno di colmare la mancanza di un padre e di una madre, ma è ovvio che non ci sono mai riuscita.
Guardo Yuki che legge serena. È incredibile che riesca a stare tranquilla anche in un momento di guerra. Ma io la conosco troppo bene. Vuole sembrare tranquilla solo per rassicurarmi. Non è lei in pericolo, sono io quella che ha sviluppato il potere, non lei. Ma questa è la vita. Insomma, ci sono anche altri abitanti, non è detto che scelgano proprio me. Tiro un fendente con la katana, e spezzo in due l’asta di legno, che tocca il suolo facendo un po’di rumore. In quello stesso istante, qualcuno bussa alla porta. Vado ad aprire, mentre mia sorella non stacca gli occhi dal libro. Prima di aprire la porta mi sistemo un po’: Mi metto in ordine i capelli neri, portandomi le ciocche blu dietro le orecchie, guardo per un po’ i miei occhi blu oceano. Il campanello suona una seconda volta, e finalmente mi decido ad aprire: Alla porta ci sono due uomini vestiti di nero, alti circa un metro e novanta.
-Lei è Hakaimura Yamiyasha?
Mi chiede il più alto dei due. Io li squadro da capo a piedi, per poi annuire a testa alta:
-Si. Sono io.
Il secondo ghigna, e mi fa cenno di seguirlo.
-Sei stata scelta per la guerra. Vieni con noi.
Annuisco, e guardo Yuki che mi fissa incredula. Mi abbraccia forte, piangendo sulla mia spalla. Ha paura che non tornerò.
-Senti, tornerò okay? Tu devi rimanere lucida.
Lei annuisce debolmente tra le lacrime, e mi osserva mentre vado via. Mentre mi allontano, resisto all’impulso di girarmi, perché se lo facessi, forse piangerei.
 
(Pov Betelgeuse)
Chiuso nella mia stanza, sul mio letto, penso alla mia vita da questo momento. Se il mio Pianeta vince, verrò portato in trionfo. Se perde, oltre a morire, non verrò mai ricordato, tranne che da quelli che mi conoscevano. Sul comodino c’è la foto di mio padre, morto in guerra. Chissà se morirò pure io come lui, da eroe.
Ricordo quel giorno, come se fosse ieri. Io stavo giocando tranquillo in cortile, mentre la mamma cucinava. Stavo giocavo in giardino e vidi un soldato che si avvicinava. Smisi di giocare, e questo mi fissò, per poi bussare alla porta. Mia madre uscì, e fece entrare il soldato. Gli spiai dalla finestra, e vidi mamma che crollava in ginocchio, piangendo. Dopo che il soldato fu andato via, mamma mi abbracciò, e mi spiegò la situazione. Mio padre era morto. Mi sentivo confuso, avrei dovuto io proteggere la mamma da quel momento. Due anni dopo, arrivò il mio potere. Ero felice, potevo proteggere meglio la mamma, ma ero anche triste, perché sarei andato in guerra. E se parti in guerra, non sai se torni vivo. La convocazione mi arrivò qualche giorno dopo. Non credo di aver mai visto mia madre in simili condizioni. Non solo ha perso il marito, ma forse, nemmeno il figlio tornerà vivo.
Scendo le scale con lo zaino sulle spalle. Mia madre, mi fissa in lacrime sull’entrata. Sta piangendo, le braccia sono distese lungo i fianchi. Quando mi avvicino, lei mi stringe a se, e mi accarezza la testa. Sento le sue mani delicate che pettinano i miei capelli biondi. Vorrei che il tempo si fermasse, vorrei rimanere sempre accanto a lei, ma è evidente che il Fato, non è d’accordo con i miei piani.
 
 
(pov Nigel)
Sta nevicando. Il mio giardino è come una grande distesa di neve. Tutto è bianco, tutto è coperto da quel fantastico colore. Tutto tranne me. Questo è una dei vantaggi del mio potere, il controllo del ghiaccio. Posso vivere in ambienti freddi senza risentirne minimamente. I miei compagni di aviazione sono tutti nelle loro camere, al caldo. Ma loro non devono partire per una guerra, loro non sono stati selezionati per andare sulla Terra, loro non stanno andando a morire. Io invece, nelle ultime ventiquattro ore, sono stato informato che devo fare tutto ciò. L’unica cosa che non mi preoccupa è la morte. La morte è una cosa inutile, non serve a nulla. Sono venuto qua solo per riflettere, tutto qui. E per ricordare i tempi passati.
Mio padre lasciò mia mamma quando io e mio fratello eravamo appena nati, non l’ho mai perdonato per questo, e non credo che lo farò mai. Il suo è stato un gesto orribile e senza cuore. Mia madre era cagionevole di salute, e lui la lasciò sola con noi e il nonno. Avevo sette anni quando venni a conoscenza di avere il controllo del ghiaccio. Mi rendeva molto felice averlo. A palle di neve ero il migliore. Questa era la ragione che mi rendeva più felice da piccolo, ma poi si è trasformata. Quando sono entrato in accademia, è diventata ragione di potere. Durante le esercitazioni, ero il migliore. Gli aerei precipitavano a causa del ghiaccio che facevo formare sulle loro ali. Avevo una resistenza eccellente. Fu mio nonno a convincere mamma a mandarmi in accademia, e gli sarò sempre grato per questo. Avrò una preparazione seria, e più possibilità di sopravvivere. Quando ho compiuto sedici anni, ho scoperto di essere omosessuale. Ho attraversato un periodo di vergogna e profonda crisi, e per un po’ non ho parlato con nessuno. Nessuno sa il mio segreto, ad eccezione di mio fratello, che ha giurato più volte di non dire nulla a nessuno. Ora come ora, non ho ancora trovato la mia anima gemella.
Mi alzo da terra e mi spolvero i pantaloni, e successivamente mi passo una mano tra i capelli neri, eliminando ogni traccia di neve. Entro nella sala comune e mi dirigo nella mia stanza. Domani sarà una giornata lunga e faticosa, e non posso permettermi di essere stanco. Prendo una foto di mia madre e di mio nonno, ed inizio ad osservarla. Mi concentro sul volto di mia madre, delicato e giovanile. Osservo lo sguardo fiero e sicuro di mio nonno. Poso la foto sul letto e punto i miei occhi smeraldo sul soffitto.
-Mamma…nonno…tornerò da vincitore. È una promessa.
 
(Pov Nana)
La tranquillità presente in questo posto, è percepibile ad occhi chiusi. Ho sempre amato i quartieri malfamati della zona. Da quando ho perso i miei genitori, sono cambiata. Odio il mio potere, odio questo mondo. Odio me stessa. Prima non ero così. È stato quel maledettissimo giorno, che mi ha fatto andare contro tutto il mondo. Se i miei genitori fossero ancora vivi…io sarei ancora quella di un tempo.
Era una giornata normale. Io ero in camera mia a disegnare. Adoravo rappresentare quei fantastici paesaggi. Diciamo che ho sempre amato dipingere. Dipingere vuole dire catturare un’immagine per registrarla per sempre. Stavo disegnando gli ultimi tratti della Venere di Botticelli. Mischiai l’azzurro con il bianco, per avere un colore più chiaro, quando sentii la porta aprirsi di colpo.
-Mamma! Papà! Fratellone!
Nessuna risposta. Mi sentivo un groppo alla gola, così decisi di scendere per andare a vedere cosa succedeva. Scesi le scale lentamente, e in quel momento, vidi degli uomini. Erano alti più o meno un metro e ottanta, robusti. Completamente vestititi di nero e con il passamontagna sul volto. Rimasi nascosta dietro ad un angolo. Sarei voluta intervenire, ma quel giorno la paura mi aveva completamente bloccata.
Iniziai cosi a programmare la mia vendetta. Come dice il proverbio: la vendetta è un piatto che va servito freddo.
Riuscii ad individuare gli assassini dei miei genitori grazie a numerose ricerche. È stato abbastanza complicato, non riuscivo a capire chi fossero i responsabili: i miei genitori erano amati e voluti bene da tutti, ma a quanto pare, mi sbagliavo. Fatto sta che sono riuscita a trovare quegli uomini, e ad ucciderli. Inizialmente il mio piano era di sparargli, ma poi, quando mi sono concentrata per sparare, gli assassini hanno preso fuoco. Rimasi prima sbalordita, ma poi gli indizi combaciavano: Ero una delle speciali.
Adesso, il mio unico obbiettivo è rendere i miei genitori e mio fratello, fieri di me. Solo questo conta.
 
Ore 15:00, pianeta Kαλά 

(pov Misaka)
Guardo fuori dalla finestra sovrappensiero. Il mio sogno si è realizzato, parteciperò alla guerra di quest’anno. Appena l’ha saputo, mia madre è scoppiata in lacrime. Ha già perso mio fratello in questa guerra, e lei vorrebbe solo che finisse quest’agonia. Io sono felice. Posso rendermi utile per il mio Pianeta, posso vendicare la morte di mio fratello e dare una felicità a mia madre. Il mio potere è tra i più rari: controllo il fuoco. Quasi nessuno lo ha, e sono l’unica del Bene ad averlo. Avevo credo sette anni quando lo scoprii, e in quel tempo ero molto stupita. Eravamo al parco, avevo sette anni e stavamo giocando a torello, e ovviamente, io ero in mezzo da circa mezz’ora. All’ora ero bassa –non che ora sia più alta, ma sono cresciuta- e non riuscivo a prendere la palla. Così, arrabbiata e stanca, pestai un piede per terra, e l’erba intorno a me prese fuoco. I miei amici mi fissarono spaventati e la palla rotolò fino ai miei piedi. La presi con calma, contenta. Avevo vinto. Ma ero anche consapevole del fatto che avevo sviluppato il mio potere, ero una dei Dodici. La mia felicità si spense quando iniziò a piovere. Non sono morta, però mi ricordo che la pioggia, l’effetto del bagnato sulla mia pelle, faceva un male assurdo.
Mi alzo dal piccolo divano che avevo posizionato davanti alla finestra della mia camera. Amo questo posto, e forse questa, sarà l’ultima volta che guardo fuori dalla finestra della camera. Da qui posso vedere il mio riflesso. I miei capelli neri sono spettinati come sempre. Sono corti, mamma più volte mi ha detto di farmeli crescere, ma la verità è che sono ancora più disordinata con i capelli lunghi. Scendo le scale, vado in soggiorno dove mi aspettano i miei genitori. Ho sempre avuto un buon rapporto con loro, in maniera particolare con mio padre. Siamo molto simili per quanto riguarda il carattere, infatti io lo considero il mio migliore amico: Stringo la mano a mio padre, poi ci abbracciamo. Stringo forte mia madre, che piange.
-Non morirò. È una promessa.
Sussurro. Esco di casa, sono pronta. Mi farò valere in questa battaglia, e porterò la gloria nel mio Pianeta.
 
(pov Hotaru)
Il Giorno è arrivato. Sono pronta. Scorro nervosamente le pagine del mio manga per cercare di alleggerire la tensione. Inutile. Non voglio fare questa guerra: È uno spreco inutile di energie e muore tantissima gente innocente. Perché non raggiungiamo un accordo con l’altro Pianeta? Perché dobbiamo risalire alle armi? Ho esposto più volte questa teoria ai miei professori, a scuola, ma non sono mai stata presa sul serio…
Alzo una mano, e copio la mia ombra. È identica a me. Stessi capelli neri, stessi occhi grandi e verdi.  È questo il mio potere: Manipolo le ombre. Ripensando al giorno in cui l’ho scoperto, mi sento un po’stupida. O meglio, è stupido il modo in cui l’ho scoperto: Volevo assolutamente comprare un manga che era appena uscito in edicola, mi ero ripromessa che sarei uscita di mattina presto, invece no. Mi sono svegliata molto tardi e rischiavo di non fare in tempo, così mi sono messa a correre. La mia corsa è durata ben poco, infatti sono caduta. Come mi sono rialzata, ho notato qualcosa di scuro attaccato –letteralmente- alla mia faccia. Credo di non essermi mai spaventata così tanto prima di allora. Ero felice però. Potevo fare degli scherzi più simpatici ai miei compagni, ma raramente mi riuscivano. Una volta avevo fatto uno scherzo bellissimo ad un mio compagno: avevo clonato la sua ombra e realizzato un suo clone, oh quanto si era spaventato, avevo riso un sacco quel giorno. Mi scappa una risata ripensando a tutte quelle situazioni, ma il mio sorriso si spegne quando vedo l’ora  sull’orologio: 15:30. È ora. Scendo le scale, nel salotto trovo i miei genitori. Mio padre seduto sul divano, con un’espressione addolcita nel volto. Il suo aspetto mi ha sempre ricordato un mafioso, ma il suo carattere è totalmente diverso: è dolce, mi presta sempre qualche soldo, fa il bancario. Tutti pensano che chi fa questo lavoro sia necessariamente serio, ma non è così. Papà è serio sul lavoro, ma a casa è diverso. Mamma è la persona più dolce del Mondo, ama le cose carine, o come le chiama lei “Kawaii”. Mi incita sempre a curarmi di più, ad essere più carina e a fare meno scherzi. Poi c’è mio fratello, fa l’università e crede di essere un teppista, ma non lo è.
È invece il primo a parlare: -Ci vediamo piccoletta.- mi dice con calma. Noto che sta facendo di tutto per non piangere, e anche io. Non ho mai amato gli addii e sono una dalle lacrime molto facili, che piange per tutto. Trattengo le lacrime, ma quando sto per uscire di casa, lascio la valigia e mi butto tra le braccia dei miei genitori, piangendo. Mi ritorna in mente il fratello gemello di mio fratello, che morì durante una di queste guerre. Non voglio fare la sua stessa fine, voglio ritornare a casa. Una tomba su cui piangere è molto, non voglio dare ai miei genitori un’altra tomba. Tornerò per loro, combatterò per loro, e se mai riuscirò a tornare viva, le cose cambieranno, perché le farò cambiare.
 
(pov Hikari)
 
Si è fatta notte. È l’ultima che passo qui.
Domani mattina verranno gli uomini del Governo e mi porteranno sulle astronavi per andare sulla Terra. Hakuryuu  vuole venire con me. Non accetta il fatto che io sia una delle Prescelte e lui no.
Non è geloso, ma ha paura per me, mi vuole proteggere. Non riusciamo a stare molto assieme per via di mio padre: Negli ultimi anni quell’uomo è diventato più protettivo del solito, e specialmente, più geloso. Geloso del mio fidanzato. Io e mio padre abbiamo avuto sempre un rapporto tipo cane e gatto, infatti litigavamo anche per le cose più improbabili e sciocche. Con i miei due fratelli minori Ami e Daiki, è molto più gentile e apprensivo, con me invece è molto pretenzioso, e non gli bastano mai i risultati che porto a casa. È l’unico che lavora nella nostra famiglia, e quindi ci mette molto impegno, perché deve mantenere ben quattro persone con un solo stipendio.
Il suo problema è che d’impegno ce ne mette troppo, dovrebbe rilassarsi un po’di più. Per un certo periodo sono arrivata ad evitarlo: non riuscivo a stare in casa quando c’era lui, era impossibile: Non potevo nemmeno abbracciare Hakuryuu davanti a lui, se no mi aspettava una bella ramanzina una volta arrivati a casa. Mia madre invece è la dolcezza fatta in persona, mi protegge sempre da papà, ed è felice che io abbia trovato la mia anima gemella. In ogni caso mi mancheranno entrambi, e la paura di tornare morta mi crea un dolore allo stomaco.
Inoltre mi ritrovo spesso a pensare al dopo: Quando la guerra sarà finita, se tornerò viva, come mi sentirò all’idea di aver ucciso delle persone? E se dovesse morire Sakura?
Sakura è la mia migliore amica, l’ho conosciuta alle medie, ed eravamo compagne di banco.
Con lei ho instaurato un legame molto forte, ed è una delle poche persone con cui riesco a parlare. In un certo senso sono felice che lei sia con me, ma anche incredibilmente preoccupata.
Per finire, mi mancheranno tantissimo quelle piccole pesti dei miei fratelli: Ami e Daiki.
Anche se spesso mi fanno impazzire, voglio vincere per loro: Nella nostra famiglia, solo io ho sviluppato i Poteri, per ora, ma essi arrivano quando meno te lo aspetti. Se dovessi tornare viva ho già in mente il mio progetto. Voglio che ci sia la Pace tra i due Mondi, voglio che i miei fratelli ricordino la Guerra come una storia a lieto fine, non come una giornata della Memoria. Ero con loro quando ho scoperto di avere i Poteri: Stavamo giocando lontano da casa, ma ad un certo punto ha iniziato a piovere. Eravamo a Marzo, quindi le temperature erano ancora instabili, infatti si sono abbassate di circa due gradi.
Ci siamo rifugiati in una piccola casetta abbandonata, non ci sembrava una buona idea correre fino a casa: se sudavamo, rischiavamo di ammalarci. Aspettammo per un po’, ma il tempo non migliorava.
Ad Ami salì la febbre –era sempre stata cagionevole di salute- e Daiki aveva molto freddo. Mi avvicinai alla finestra, concentrandomi. Desideravo che smettesse di piovere, volevo salvare i miei fratelli. Sentii un vento caldo muovermi i capelli, e il rumore delle ultime gocce che cadevano nelle pozzanghere. Sul momento ho provato tante emozioni: Felicità: potevo controllare i fenomeni atmosferici. Paura: Non gli sapevo controllare ancora bene, ma soprattutto sarei dovuta partire in guerra.
Più avanti ho scoperto di avere anche il potere dell’invisibilità.
Mi viene da ridere al solo pensiero: Ho fatto un sacco di scherzi a quella smorfiosetta di Eloise, e la sua banda non è stata risparmiata. Infondo se lo meritavano, così imparano a dire che sono secchiona!
Mi alzo e pulisco i miei vestiti dall’erba. I miei occhi ambra scrutano il cielo: Hakuryuu dice che non ha mai visto degli occhi così  penetranti, ma soprattutto dei capelli così particolari: i miei capelli sono azzurri, con due ciocche bianche ai lati. Io sinceramente non ci trovo nulla di particolare. Torno dentro casa, ci faccio un giro: Vado in tutte le stanze, guardo tutti i mobili. Passo il dorso della mano destra sui vari libri di astronomia. Mi dirigo nella stanza dei miei fratellini e gli guardo dormire: Sono abbracciati l’uno all’altra, forse per farsi forza. I miei genitori dormono da un pezzo, avvicinandomi a mamma noto che ha le guance bagnate, ha pianto. Mi corico nel mio letto con un pensiero fisso: Non importa cosa dovrò fare, non importa quanto ci impiegherò. Voglio tornare viva, per cambiare le cose, in maniera tale che nessuna famiglia debba più piangere perché i figli vanno a morire.
 
(pov Sakura)
La mia sveglia suona come tutti i giorni alle sette. In questa settimana le scuole sono chiuse per facilitare la preparazione alla guerra.
Già…la guerra mai vista cosa più inutile.
Perché continuiamo a combatterci? Perché non giungiamo ad un accordo? La Guerra è solamente uno spreco di vittime innocenti. Mentre esco di casa e chiudo la porta a chiave, penso che sarò io ad andare in guerra, assieme ad altri undici ragazzi, e alcuni potrebbero essere più piccoli di me. Ho sempre odiato la morte, come tutti immagino, ma a me ricorda tanto mia madre, che morì di malattia quando io ero piccola. Ho un bellissimo ricordo di lei, e di certo con la mamma avevo un rapporto migliore rispetto a quello con mio padre. Lei era sempre gentile e allegra, sorrideva sempre nonostante la malattia, anche nell’ultimo periodo.
Era testarda, e in questo ci somigliavamo: Gli ultimi mesi della sua vita voleva sempre andare al parco anche se era debole, poi si è indebolita talmente tanto che non riusciva nemmeno a scendere dal letto. È mora con un sorriso tra le labbra, stringendomi la mano in una odiosissima stanza d’ospedale.
Mio padre è molto severo, ma in realtà è dolce. Pretende molto da me e da mio fratello. L’ultimo membro della mia famiglia è mio fratello: Ha diciotto anni, e mi fa sempre scherzi stupidi.
Non sono contenta del mio potere: prevedo il futuro. Non sempre vedo cose belle, e quando vedo qualcosa, quel fatto accade sempre. Ricordo che vidi anche la morte di mia madre.
All’inizio non diedi grande peso alla cosa, ma quando mia madre morì davanti a me, tutte le mie certezze crollarono. Sono destinata a vedere sempre il futuro, e non poter far nulla per cambiare le cose spiacevoli.
Mi fermo per riprendere fiato. Le lunghe ciocche di capelli che mi cadono davanti agli occhi sono mossi dalla brezza marina. Accidenti a me che mi dimentico il fermaglio. Riprendo a correre, fissando con i miei occhi azzurri la strada davanti a me.
 È meglio che io torni a casa, tra poco devo partire. Mamma. Vincerò per te. Vorrei tanto avere una visione sulle sorti di questa Guerra, ma se mi concentro, l’unica cosa che sento è un forte mal di testa.

(pov Nagisa)
Ho sempre amato ascoltare la musica per addormentarmi. Di solito funziona, ma questa notte non riesco proprio a prendere sonno. Sono le 5:10 tra due ore dovrò partire per andare sulla Terra. Tanto vale che mi prepari. Scendo dal letto, e poggio gli auricolari sopra il letto. Vado in bagno, cercando di non far rumore, e mi faccio una doccia in silenzio.
Torno in camera con un asciugamano nel corpo ed uno tra i capelli. Spalanco le ante dell’armadio ed inizio a vestirmi: Pantaloni neri non troppo aderenti, e una felpa lunghissima. Metto le mie care infradito, le mie scarpe preferite e quelle che uso più spesso, infatti sono rovinate nella pianta.
Mi asciugo i capelli con l’asciugamano ed inizio a pettinarli in silenzio: I miei capelli azzurri sono strani: ai lati sembrano legati, ma non è così. Solo una cosa so di certo: sono molto disordinati. Sento la porta che si apre e parto sulla difensiva. È solo mio fratellino. Mi guarda con i suoi occhioni color cioccolato, ereditati dalla mamma. Io ho ereditato gli occhi da mio padre, che purtroppo è morto. Lui aveva gli occhi come i miei, verde scuro. Mio fratellino si avvicina e mi abbraccia, i suoi capelli azzurri scuro premuti sul mio ventre. Non riesco ad essere fredda con lui. Non in una situazione simile. Sono sempre stata una persona con una specie di doppia personalità ed ho sempre indossato una specie di maschera. Io e mio fratellino ci ritroviamo sul mio letto, abbracciati, con lui che mi stringe a sé ed io che gli accarezzo i capelli mentre gli racconto del mio potere. Mi ricordo perfettamente quel giorno. Mi ricordo la mia paura e lo stupore di mia madre quando gli rivelai cosa avevo visto:
Ero in camera mia, mi stavo preparando per andare a scuola, e mi guardai negli occhi. Il mondo iniziò a cambiare forma, ed a diventare distorto. Vidi le mura che crollavano, la stanza che si allagava. Non riuscivo a muovermi, e la cosa mi fece andare nel panico. L’illusione finì poco dopo. La seconda volta ero con mia madre: Mi stava pettinando i capelli. Per la seconda volta mi fissai negli occhi: quel che vidi era ancora più spaventoso della prima. Gli occhi color cioccolato di mamma erano diventati neri, lei stessa mi legava alla sedia e poi iniziava a buttare tantissima acqua nella stanza, fino a farmi annegare. Anche quella volta la visione durò poco.
Quando lo raccontai a mia madre, mi prese per pazza. In quel periodo –ma anche ora- non sapevo più a cosa credere. Pensavo –e penso- di vivere in un illusione.
Il sole è sorto da un po’. Mio fratellino si è addormentato in braccio a me. Lo appoggio delicatamente sul letto. A volte vorrei davvero trovarmi in un’illusione. Ho paura di morire, ma per fortuna lo nascondo abbastanza bene. Tuttavia, la guerra è la guerra. Il motto è: uccidi o sarai ucciso. La Guerra non fa eccezioni, nemmeno nelle illusioni.
 
(pov Minervae)
Questa notte ho dormito solo quattro ore. Oramai non mi stupisco più, soffro d’insonnia da sempre. Almeno questa notte volevo riuscire a dormire, ma nemmeno le tre tazze di camomilla hanno fatto il loro effetto.
Tra un’ora devo partire per la Guerra. Sinceramente non ho molta paura. Se dovessi scegliere come morire, deciderei di sicuro di sacrificarmi per qualcuno. Meglio morire in campo di battaglia, che in un letto d’ospedale. Ho sempre avuto il terrore di quei luoghi, infatti quando ci vado cerco di trattenermi il meno possibile.
Mi piace tantissimo collezionare nuove esperienze, infatti sono sempre io che faccio il primo passo in tutto, anche con le amicizie –soprattutto con quelle- .
Fin da piccola custodisco il mio segreto più grande: Riesco a capire gli animi di tutte le persone, nessuna esclusa. Una persona può fingere quanto vuole con me, ma io la capirò sempre. È successo anche con mia madre: quando mia sorellina morì all’età di un mese, cambiò completamente, era una persona assolutamente diversa. Cercava di convincermi del fatto che andasse tutto bene, ma chiaramente non era così: I suoi libri iniziarono a diventare sempre più cupi e spaventosi, e lei non sorrideva mai. Ma il mio potere non è questo, ma bensì l’omnilinguismo. Sono capace di comprendere tutte le lingue del mondo, anche le più antiche, come la scrittura Maya o il Greco.
Inoltre capisco anche il linguaggio degli animali. Si è manifestato così il mio potere per la prima volta. Ero in gita con la scuola allo zoo ed avevo solo sei anni.
Eravamo vicino alla gabbia delle tigri, quando sentii delle voci. Si lamentavano di quanto fosse dura la vita in gabbia, di quando gli mancassero le loro terre. Non compresi subito, ma quando lo capii, iniziai a dialogare “tranquillamente” con loro.
Nei primi mesi mi presero per pazza, ma dopo numerosi test, capirono che ero semplicemente una delle prescelte. Mi piace molto il mio potere: riesco a farmi capire da tutti, e poi per una come me, che ama la conoscenza, questo è il massimo. Mio padre è molto contento per me, lui è professore di filosofia in una scuola superiore di Kalos, ed è favorevole all’ampliamento della conoscenza. Secondo lui tutta la popolazione dovrebbe essere in grado di studiare e di ricevere l’istruzione, anche i più poveri.

Guardo fuori dalla finestra. Ero così immersa nei miei pensieri che non mi sono nemmeno resa conto che ha iniziato a piovere. Io amo le giornate di pioggia: si possono associare facilmente a musiche malinconiche. Infatti quando piove, io mi metto sempre le cuffie per la musica ed ascolta canzoni tristi. Poi amo anche l’odore che si crea quando la pioggia è passata, non c’è niente di meglio. Chiudo il libro e lo ripongo sulla libreria piena di libri. Un’altra cosa che amo fare è leggere, specialmente i libri gialli, che parlano di misteri irrisolti. Mi sfilo gli occhiali, e gli poggio sul comodino. Apro un pacco di lenti a contatto e me le metto. Sbatto le palpebre, ed osservo i miei occhi onice che, per fortuna, non sono arrossati. Mi pettino tranquillamente i capelli neri, e mi metto il mio solito cerchiello grigio, che ha ai lati due fiocchi color prugna. Mi sistemo la salopette e mi lego le scarpe. Sono pronta. Non ho paura di sapere in che Nazione finirò, non è quello il mio problema. Devo cercare di trovare il prima possibile i ragazzi del mio stesso Pianeta. Più siamo, più possibilità abbiamo di tornare. Se non dovessi trovarli…beh…ho un piano di riserva.

 
Angolo Autrice
Salve Gente!!
Già, io pubblico dopo tutto questo tempo, perché io può.  u.u
No, scherzo. La scuola mi ha impegnata tanto, e tra rientri, allenamenti, scout, studio e poca ispirazione, sono riuscita a pubblicare solo ora, scusatemi T.T
Cercherò di essere puntuale con il prossimo aggiornamento, ma non prometto nulla eh :”
Comunque. Questo era il primo capitolo, dove ho illustrato un po’come gli OC hanno scoperto i loro poteri, dal prossimo capitolo in poi, i pov saranno in terza persona. Vorrei dire un po’di cose e fare alcune domande a cui gradirei rispondeste, preferibilmente per MP.
Mi scuso anche per la piccola lunghezza dei pov, i prossimi saranno più lunghi, anche perché ci sarà di più da dire ;).
Vorrei chiedere a Sethmentecontorta di inviarmi di nuovo l’oc, perché il mio telefono mi ha cancellato i messaggi e il suo oc è stato perso nella mia scheda SD
-Come reagisce alla morte dei suoi cari
-Ha paura di uccidere?
-Cosa vorrebbe fare se uscirà vivo dalla Guerra

Bene, e ora come avrete capito, degli OC e dei fidanzati dovranno morire. Ne ucciderò almeno dieci. E ho già fatto le estrazioni di chi morirà per fare prima.
Bene ora vado,  grazie per aver aspettato, siete tutti fantastici, come la nutella **
Ringrazio particolarmente Lurilala che mi ha incoraggiata tanto tanto. Ti voglio bene sorellina :*
E ringrazio anche la mia cara ispirazione, che almeno questa volta non è andata in vacanza a New York.
Marina
  
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