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Autore: La Mutaforma    27/04/2015    0 recensioni
C'è un mondo oltre la barricata. Dove suonano musica, dove versano il vino, dove regna l'entusiasmo. Il sole irradia i suoi abitanti, il vento trasporta le loro canzoni.
C'è, ma lui non riesce a vederlo. Oltre la barricata vede solo la morte sulle baionette dei soldati.
La fine di ogni cosa.
[In sintesi, au su cosa sarebbe successo se Grantaire e Enjolras fossero sopravvissuti alla barricata. Ovviamente E/R]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Enjolras, Grantaire
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'autrice consiglia la lettura con questo sottofondo  Buona lettura e grazie del sostegno. 

 

II

 

C'è buio e silenzio. È notte? È giorno? Chissà. Qui sotto sembra tutto uguale. Sopra la sua testa non si muove una trave. Che la morte sia un po' così? Un limbo nero in cui il tempo passa senza portare con sé alcun mutamento?

No, il respiro disordinato di Grantaire lo riporta alla realtà.

È vivo. Sono vivi.

Allunga una mano per sfiorare la sua fronte: è tiepida. È un tipo pieno di sorprese, Grantaire, e mentre ci pensa si scopre a sorridere amaramente. Sopravviverà, il piombo può solo scalfire la dura pietra, che essa sia intagliata come un dio o come un gargouille.

Pazzo, pazzo Grantaire. Cosa doveva essergli saltato in mente? Rischiare la vita così!

Per salvare la sua.

La consapevolezza lo tormenta. Non sa quanto tempo è passato, ma non ha mai dormito. Migliore di qualunque sentinella, è rimasto a scrutare il buio, ad ascoltare il silenzio. A controllare che Grantaire non fosse morto.

Ogni principio di riflessione era smorzato da quell'unico scopo: restare concentrato.

Purtroppo, l'apparente pacifico silenzio (apparente, anche i cimiteri sono silenziosi) viene interrotto da un verso gutturale di Grantaire al suo fianco. È sveglio.

Ho fame”

Primo pensiero. A questo, Enjolras non aveva pensato. Ma adesso tutta la fame che aveva dimenticato comincia a ruggire ferocemente nello stomaco.

...Sì, anche io.” risponde lui, flebile.

C'è qualcosa da mangiare qui sotto?”

Non che io ricordi”

Rimangono in silenzio per qualche istante, chiusi nelle loro riflessioni. “Allora cosa suggerisce il nostro comandante? Restiamo qui a morire di fame?”

Non chiamarmi comandante.” risponde Enjolras, freddo nella sua aggressività. Poi, accorgendosi lui stesso del suo tono violento, decide di parlare con più delicatezza. “Non disperarti. Aspettavo che ti svegliassi, adesso andrò a cercare da mangiare.”

Grantaire nota immediatamente due cose: non è vero che aspettava che si svegliasse e la sua delicatezza fa un suono nevrotico. Non che si aspettasse qualcosa di diverso.

Tu? E se fossi riconosciuto da qualcuno? Se ci fosse qualche guardia in giro?”

Dubito. Non si sente un passo da quando siamo scesi qui sotto. E comunque, tu non puoi andare.”

Chi dice che non posso?”

La tua spalla.”

Grantaire si morde un labbro, nervoso. “E se invece ci fosse qualcuno?”

Allora morirò” e prima di qualunque altra contestazione, Enjolras si alza e raggiunge i gradini di pietra che portano al piano superiore. Grantaire osserva la sua figura, ombra nell'ombra, spingere contro la porta della botola.

Enjolras!” lo chiama, un'ultima volta. Un filo di luce bianca esce dalla botola e illumina quel viso livido. Fuori è notte. “...Torna presto.”

Lo vede annuire, poi sgusciare fuori. La botola si richiude.

 

Non torna così presto, a dire il vero. Grantaire ignora la fame che gli rode lo stomaco ma resta in ascolto. Segue il rumore dei passi leggeri di Enjolras e vorrebbe essere lì con lui, per guardargli le spalle. Ci ha anche provato, ad alzarsi. Il dolore alla spalla lo ha ributtato per terra. È riuscito con molta fatica a mettersi seduto, con la schiena contro la parete, e ha continuato ad aspettare, con la fronte sudata e contratta dallo sforzo.

Finalmente, sente il cigolio mostruoso della botola che si apre e richiude, come una bocca che si apre sull'inferno. Nel silenzio, quel rumore è così forte che chiude gli occhi per lo spavento e prega che nessun altro lo abbia sentito. La paura amplifica ogni piccolo rumore, lo trasforma in un urlo disumano.

I passi di Enjolras lungo le scale invece sono più delicati e rassicuranti, riportano la pace. La luce di una lanterna nella sua mano lo segue e illumina i gradini ammuffiti. Sul viso pallido del figlio della repubblica, le ombre si muovono disordinate, i lineamenti fieri sembrano sfigurati. Non indossa più nemmeno la giacca rossa che il giorno prima (si suppone, quanto tempo è passato?) mostrava con grande orgoglio.

Ci hai messo troppo”

Mi dispiace, devi essere molto affamato”

Che tu sia dannato Enjolras, non ero impaziente per la fame.

Hai trovato qualcosa?”

Del pane e dell'acqua, non è rimasto quasi niente”

Dimenticavo il grande banchetto sulla barricata.” Avevano diviso quel poco che avevano.

Ce lo faremo bastare per un po'. Ho trovato un'altra lanterna e una coperta. Puoi tenerla tu.”

Le tue premure mi lasciano senza parole, Enjolras, ma permettimi di contestarti. Sei pallido e stanco, in camicia per giunta. Io ho dormito tanto, mi sono ripreso dal colpo ormai. Dovresti riposare.”

Non ne ho bisogno.” replica testardamente.

Si siede accanto a lui e gli porge un pezzo di pane senza guardarlo. La lampada illumina lo spoglio ambiente d'intorno: ci sono solo loro, nient'altro. Grantaire si costringe a masticare lentamente, pur di illudere lo stomaco di essere sazio. Enjolras invece non mangia.

Rimangono in silenzio a scrutare il buio davanti a loro, in quella cantina di cui non si vede la fine. Potrebbe essere tranquillamente infinita oppure essere terminata appena dopo la riga di oscurità che la luce fioca non può raggiungere.

Nessuno ha la forza di alzarsi e controllare.

Enjolras si volta verso di lui. “Se hai finito di mangiare devo controllarti la ferita”

Non sapevo fossi un cerusico, o una suora. Di certo ne hai lo spirito.”

Stai zitto, Grantaire.”

Gli sbottona il gilet e gli apre la camicia. La macchia di sangue è secca ma Grantaire la guarda con paura e stupore. Persino un cinico può meravigliarsi di fronte alla morte, e lui, che c'era stato ben vicino, è ancora più meravigliato. Le dita di Enjolras sono frettolose ma, meravigliosamente, sanno anche essere delicate. Con gentilezza comincia a srotolare la fascia tricolore che durante la battaglia aveva portato alla cinta e che aveva usato per fasciare la spalla di Grantaire. Aveva preferito non chiedersi quanto fosse pulito, o idoneo ad un bendaggio provvisorio. Ma almeno la ferita è ancora chiusa, proprio come Enjolras l'aveva ricucita (con non troppa precisione, ma aveva fatto del suo meglio) e forse sarebbe stato più saggio non toccarla; ma Enjolras era troppo ansioso. Doveva vederla, doveva accertarsi che non fosse infetta, che Grantaire non si fosse tirato via tutti i punti con un movimento di troppo. Afferra la bottiglia accanto a lui e versa del vino sulla ferita. Grantaire bestemmia, si lamenta e si agita tutto, ma Enjolras non gli permette di muoversi, gli tiene il braccio bloccato.

Cerca di non muoverti, ti strapperai i punti.”

Hai idea di quanto faccia male?! Che il diavolo mi porti, brucia come l'inferno!”

Enjolras ha gli occhi bassi mentre lo fascia. “Mi dispiace”

Grantaire sospira. “Non è mica colpa tua se brucia”

Lo è

Riconoscendo a cosa si riferisce, con quel tono e quell'espressione, Grantaire decide di ignorarlo e spinge la testa all'indietro e chiude gli occhi. “Che fine ha fatto la tua giacca?”

La tenevi in bocca quando ti sei svegliato”

Mi hai ficcato la tua giacca in bocca?”

Ti saresti morso la lingua. Peccato non averci pensato prima.” Vorrebbe suonare ironico ma il tono non lo aiuta e lo capiscono entrambi. “Scusa” aggiunge dopo.

Grantaire scuote la testa. “Non devi fingere di non essere sconvolto”

Chissà se mentre cercava da mangiare ha visto i corpi dei loro compagni. Dopo una breve riflessione, Grantaire né è convinto. È è impossibile non vederli. Anzi, è quasi del tutto sicuro che ha fatto un giro per vederli tutti. Lo immagina mentre chiude loro gli occhi e gli accarezza le teste come ultimo saluto, apprensivo e delicato come una madre che controlla i figli che dormono.

Quale orribile immagine. Niente di sorprendente se Enjolras è così angosciato.

Grantaire scaccia quel pensiero dai suoi occhi stanchi e tenta di alzare una mano per confortarlo, per accarezzarlo, ma il dolore lo costringe ad abbassare il braccio con un grido soffocato.

La sinistra, Grantaire, usa la dannata sinistra.

Ti ho detto di non fare movimenti bruschi o ti strapperai i punti! La prossima volta ti ricucio da sveglio!”

Non era un movimento brusco, lo giuro!” strappa al dolore un lieve sorriso “Volevo accarezzarti.”

Enjolras lo fissa confuso. “Perché?”

Perché è quello che fanno le persone per confortare le altre.”

Il biondo condottiero vorrebbe rispondere che non ha bisogno di alcun conforto, ma sa che aprirebbe un'inutile discussione. Ha chiaramente bisogno di conforto, e persino lui non può negarlo.

Abbassa lo sguardo. “Grazie...”

Grantaire sorride dolcemente e chiude gli occhi, godendosi l'atmosfera alleggerita tra loro, lo stomaco pieno (vabbe') e la ferita adesso più fresca.

Grantaire?”

Ti ascolto”

....Perché lo hai fatto?”

Doveva aspettarsi una domanda del genere, ma non aveva avuto tempo di pensare a nulla. Era pronto a morire, non ad affrontare le conseguenze in caso si fosse salvato.

Perché...” si morde il labbro “Era giusto”

Giusto? Tu credi nel giusto, Grantaire? Quando mai hai fatto qualcosa di giusto?”

Pensavo non fosse troppo tardi per cominciare!” risponde ridacchiando; la sua risata fa il suono di un corvo che gracchia.

Lo hai fatto per te stesso?”

Grantaire china la testa in avanti, i riccioli scuri gli coprono gli occhi. “No. Volevo... salvarti. Solo questo, Enjolras. Volevo che tu fossi vivo, perché è più importante della mia vita.” perché sei più importante della mia vita “Mi dispiace non averlo fatto per la patria, forse lo avresti capito e ti avrebbe reso più felice.” La parola “patria” ha un sapore ironico nella sua bocca: lui non è figlio di nessuno, è un abitante di una terra senza nome.

Allora dimmi perché!”

Lui esita e sorride con amarezza. “Meglio di no. Disapproveresti.”

Come potrei...!” Enjolras si morde il labbro ma sa che replicare non lo porterà da nessuna parte. “Sei stato un folle. E molto coraggioso.”

Mai Grantaire avrebbe pensato di udire queste parole e lo stesso Enjolras non pensava le avrebbe mai pronunciate.

Anche tu mi hai salvato.” gli risponde l'ubriacone, una luce flebile negli occhi e il sorriso che sembra una maschera teatrale deforme, non bello e non brutto. Grottesco, a tratti ironico, a tratti drammatico, ma sempre Grantaire.

Non direi, sei ferito.”

Sono vivo, tanto mi basta. Mi serve solo l'aria che respiro. Dopotutto non sono mai stato troppo bene, mi sono capitate cose peggiori.” Sarà, ma lui non se le ricorda. O forse sì, peggiori, ma non lo avevano mai fatto sanguinare. “Com'è successo? Quella guardia non era un gran giocatore, se posso dirlo.”

La luce della lanterna illumina gli occhi azzurri di Enjolras di una luce sincera e disperata. “Non potevo permettere che quella guardia ti fucilasse davanti ai miei occhi!”

Quello che non dice è che era saltato addosso alla guardia con la violenza di un animale per dirottare il colpo, anche a costo di prendersi il calcio del fucile nello stomaco. Non dice che si era fiondato sul soldato e aveva lottato finché non era riuscito a strappargli il fucile dalle mani. Lo aveva colpito così violentemente che già al primo colpo le braccia gli dolevano. Ma il suo corpo era tutto un fremito, tutto eccitato dall'adrenalina della lotta, dal sangue della guardia ai suoi piedi. Un colpo per ogni compagno, un colpo per se stesso che aveva fallito.

Poi, l'euforia della violenza lo aveva lasciato stremato, senza forze. E poi aveva visto Grantaire a terra.

Aveva sentito un grande vuoto nel petto, un freddo glaciale lo aveva preso tutto. Si era inginocchiato in lacrime davanti al suo corpo e prendendogli la mano l'aveva sentita debolmente calda, il polso ancora pulsante.

In qualche strano, assurdo modo, Grantaire (Grantaire, maledizione!) aveva riacceso la speranza in lui, gli aveva dato uno scopo, qualcosa in cui credere. Forse, il fatto che si fosse salvato, poteva essere utile a qualcun altro.

...Grazie per avermi salvato, Grantaire.”

Grazie a te per aver restituito il favore.” risponde l'altro, sfiorandogli il braccio. Enjolras osserva la sua mano con un piccolo sorriso, poi afferra la coperta e la appoggia sulle spalle di entrambi.

Sei un maledetto testardo, Enjolras”

Lo so”

Restano seduti a contemplare il vuoto davanti a loro, spalla contro spalla; una bottiglia li separa, invalicabile come una barricata.

Enjolras spegne la lanterna.

 

Ognuno pensa che l'altro stia dormendo e entrambi sono svegli.  

 

   
 
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