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Autore: Irina_89    29/12/2008    1 recensioni
Cosa provo?
Come mi sento?
Non sapevo rispondere a queste domande. Dovevo avere una minima idea di come stavo. Dopo tutto ciò che era successo…! Ripensarci mi provocò una serie di brividi lungo la schiena. Brividi di paura. Di dolore. Non ero così forte da rivivere il passato.
Erano trascorsi due anni, eppure tutto era ancora vivido nella mia mente, come se mai quei momenti fossero realmente passati.
Per un attimo mi fermai a pensare. Erano davvero passati due anni?
Poi tirai fuori dalla tasca dei miei pantaloni il cellulare e guardai il calendario. Sì, erano passati proprio due anni.
Sorrisi malinconica. Era strano come il tempo fosse passato senza però lasciare che i ricordi si affievolissero. Senza che i ricordi si disperdessero. Senza che i ricordi mi abbandonassero.
***
Ps: ho modificato lo stile con cui avevo portato avanti i capitoli precedentemente pubblicati, portandoli tutti dalla prima alla terza persona.
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Like The Smoke I Breath

Like The Smoke I Breath

 

 

“La timidezza, fonte inesauribile di disgrazie nella vita pratica, è la causa diretta, anzi unica, di ogni ricchezza interiore.“

Emile M. Cioran

 

 

“Senti, non per offenderti, ma perché non vai da lui?” chiese Mad vaga, stravaccandosi sulla panchina che ormai poteva aver preso la sua forma.

Andare da lui? Sgranò gli occhi l’altra. Certo, avrebbe voluto, ma non ci sarebbe mai andata!

“Cosa? Ma sei pazza?” urlò sommessa Sara. Mad, indubbiamente la guardò soddisfatta.

“Ok, domanda sbagliata, ma hai capito cosa intendo, no?” esclamò la bionda, smanacciando le mani per aria.

“Ma dai! Cioè, se vuoi ti do una spinta, ti faccio cadere addosso a lui, e poi chiedendogli scusa, iniziate a parlare!”

“La fai facile tu.” Mormorò timidamente, senza staccare gli occhi di dosso al ragazzo con i rasta che andava su e giù dalla rampa.

“Mi chiedo cosa ci trovi in lui.” commentò Mad.

“Io?” inarcò le sopracciglia Sara.

“No, io…” fece ironica.

“Cosa ci trovo in lui?”

Mad annuì. “Non vi siete nemmeno mai rivolti la parola!”

“Non è vero!” replicò lei, distogliendo – suo malgrado – lo sguardo dal ragazzo.

“Vi siete parlati?!” e sgranò gli occhi con eccessiva meraviglia.

“Non fare la cretina. E comunque sì, ci siamo parlati.”

Madison si alzò in piedi ed allargò le braccia. “Che suonino le campane!” urlò.

Sara, subito, la prese per la sciarpa, rischiando di strozzarla, e la rimise seduta.

“Mad! Ma sei cretina?”

“Pazza lo accetto, cretina no.”

Sara sospirò. “Quando fai così mi verrebbe voglia di prenderti a botte.”

“Tanto non lo fai…” la canzonò l’amica, sorridendo.

“Potrebbe comunque esserci una prima volta, no?” e si guardò le unghie della mano noncurante.

Mad rise, sistemandosi meglio sulla panchina.

“Comunque, voi vi siete parlati e non mi dici niente?”

“No, cioè sì, cioè…” e iniziò a strisciare le mani tra loro, palese segno di imbarazzo. “No, è che una volta l’ho incontrato sul pullman. Mi era cascato il biglietto e lui me l’ha raccolto.”

“Ma tu pensa.” Sorrise.

“E mi ha sorriso.” Arrossì.

“Wow! Allora questo spiega tutto!”

“E dai! Falla finita!” protestò, tirandole un debole pugno alla spalla.

“Scherzo, lo sai, no?”

“Sì, ma mi fai sentire una cretina!”

“E che male c’è? Voglio dire, se ti piace non dovresti fregartene più di tanto del mio giudizio. Altrimenti che faresti, scusa? Se io ti dicessi che non mi piace, tu cambieresti subito idea su di lui?”

“Non ti piace?”

“È ciò che ho detto?”

“No, ma -”

“E allora non mettermi in bocca parole che non ho detto.”

“Sì, però -”

“Ma piantala!” e Mad le diede una leggera spinta. “Finiscimi di raccontare, forza.”

“Cosa? Avevo finito.”

“Ah,” rimase sbalordita. “Tutto qui?”

Lei annuì.

“Cioè, lui ti ha raccolto il biglietto e basta, poi niente più? Nisba? Nada?”

Sara annuì di nuovo, abbassando la testa. “Se vuoi ti dico pure che gli ho detto grazie.”

“Come minimo l’hai sussurrato come al solito e lui nemmeno ti ha sentito…” scherzò, sapendo molto bene quanto le potesse diminuire il tono della voce quando si trovava in imbarazzo.

“No, invece mi ha pure sentito perché ha detto prego!”

“Bene, questa è una buona cosa.”

“Dici?”

“Bè, almeno gli hai fatto capire che anche tu hai il dono della parola.”

“Uffa! Sai che sei irritante quando fai queste battute?”

Mad rise.

“Delle volte vorrei potertele fare pure io, solo per farti sentire in imbarazzo quanto lo sono io.” Brontolò, incrociando le braccia al petto. Non sopportava il suo carattere. Eppure, lei non era sempre timida ed impacciata! Perché, allora, non riusciva a dimostrarsi diversa, con gli altri?

“Peccato che io non abbia nessuno per cui perdere la testa.”

“Ma prima o poi lo troverai, no?”

“Certo, con il carattere che mi ritrovo, poi…”

“Bè, puoi sempre dimostrarti più tranquilla e femminile.”

“E come? Mettendomi dei vestiti attillati, rischiando di morire per asfissia?” Rise Mad.

“Guarda che io non sto morendo per asfissia.” Le fece notare Sara, riducendo quei suoi occhi azzurri a due fessure.

“Ma perché tu te lo puoi permettere.”

“Come se tu fossi obesa.” Commentò sarcastica. “Sarai sì e no quanto me. E poi, con tutto ciò che fai al Fight!”

“Comunque, dai, sul serio, perché non vai a parlargli?”

“E che gli dico, scusa? ‘Ciao, ti ricordi di me? Sono quella a cui era caduto il biglietto sull’autobus un mese fa.’”

“‘Ah, sì, ricordo!’” rispose l’amica, imitando una voce maschile.

“Stupida, lo sai che non risponderà così.”

“Come fai a dirlo?”

“Bè, perché mi prenderebbe per pazza!” esclamò come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Perché era la cosa più ovvia del mondo. Ogni persona l’avrebbe pensato.

“Secondo me, tu pensi questo solo perché è quello che faresti tu.”

Sara la guardò come se provenisse da un altro pianeta.

Mad, quindi, si sedette più comporta e la guardò. “Seguimi: se un ragazzo che tu hai incontrato solo una volta in vita tua venisse da te e ti dicesse una cosa del genere, tu penseresti ciò che tu credi che lui – nel senso il rasta – possa pensare di te, no?”

Lei sembrò concentrarsi un po’ prima di risponderle.

“Non lo so…”

“Sara, non pensare che questo ragazzo generico sia quello là,” ed indicò lo skater provetto, che proprio in quel momento cadde per terra, mentre lo skate scivolava lungo la rampa da solo. Subito la bionda afferrò la mano della ragazza e la guardò storto. “Pensa che il ragazzo che intendo io sia il ragazzo più brutto che ti viene in mente.”

“Nel senso che io sono brutta?” piagnucolò.

“Ehi! Ma ti pare che io abbia detto una cosa del genere?”

“No, ma hai fatto il paragone con il ragazzo più brutto, quindi questo implica che io ai suoi occhi sono la più brutta!”

“Sara! Frena! Io ti ho detto ‘brutto’ per evitare che tu potessi identificare questo ragazzo generico con il tuo rasta!”

Lei sembrò tranquillizzarsi, anche se in realtà si diede della scema. Erano assurde le sue reazioni. Soprattutto in questioni emotive che la riguardavano in primo piano. Sembrava regredire all’infanzia.

E Madison, più che un’amica, in quelle situazioni sembrava la madre che deve spiegarsi per evitare che certi discorsi fossero fraintesi.

“Allora,” sospirò la mora. “Fai conto che un altro ragazzo, normale, venga e ti dica ciò che hai detto prima, tu che penseresti?”

“Non lo so…” si lamentò. “Mad, quando fai questo discorsi mi fai paura.”

“A parte questa cosa di cui non capsico il perché, come non lo sai?”

Lei alzò le spalle sconcertata, sorridendo timidamente, ma anche divertita.

“Ok, allora, a mio parere, se ti succedesse qualcosa del genere, tu penseresti ‘questo è pazzo.’ Per questo tu pensi che il rasta potrebbe pensare la stessa cosa.”

“Credo di aver capito, ma non ne sono più di tanto sicura. Sento che mi sono persa ad un certo punto, ma forse il succo l’ho afferrato.”

“Ecco, brava.”

“Ad ogni modo, ora che mi hai recitato parte della tua filosofia, secondo te che dovrei fare?”

“Andare a parlargli.” Rispose Mad schietta.

“Ok, ma così risiamo da capo.”

“Allora se vuoi ti posso ripetere la mia filosofia.”

“No, grazie.”

“Allora?”

“E che gli dico? E questa volta non mi dire cose che non andrò mai a chiedergli!” disse Sara, interrompendo la risposta dell’amica sul nascere, mettendole una mano sulla bocca.

La loro chiacchierata, però, venne interrotta dal lento arrivo di uno skate. Madison lo fermò mettendoci un piede sopra e ne cercò il proprietario.

“Scusate!” urlò qualcuno in lontananza, correndo verso le due ragazze.

Sara si irrigidì di colpo. E L’altra mise a fuoco il ragazzo.

“Niente. Fortuna che non hai ucciso nessuno con il tuo veicolo.” Commentò Mad.

“Eh, già. Anche se forse non sarei arrivato ad uccidere, magari una frattura. Sai, andava così forte…”

Sara scoppiò a ridere isterica, mentre Madison la guardava sbalordita. Faceva così ridere la battuta?

Anche il rasta abbozzò un sorriso, anche se titubante.

“Ah, comunque, noi siamo Mad e Sara.” Prese l’iniziativa la mora.

“E io sono Luca.” Sorrise. Un sorriso semplice ma particolare.

“Da quanto sai andare su questo coso?” chiese Madison, visto che Sara sembrava paralizzata, indicando la tavoletta di legno sotto il suo piede.

“Anni e anni di lividi e cadute alle spalle.”

“Accidenti…” sussurrò Sara, subito maledicendosi per aver parto bocca per una tale stronzata.

“E voi?” chiese lui. “Cosa ci fate qui? Ogni tanto vi vedo qui al parco, sempre da sole a chiacchierare…”

Sara arrossì violentemente e a Madison venne da ridere.

“Bè, ci piace stare all’aperto.” Risolse Mad.

“Capisco. Abitate cui vicino, allora.”

Come spiegargli che invece abitavano dall’altra parte della città?

“Sì, più o meno…” la mora cercò di resistere alla risata. Poi guardò Sara. Sembrava paralizzata. Non si muoveva più. Teneva le mani tese sulle gambe e stava seduta come se invece che di legno la panchina fosse fatta di aghi appuntiti. Le sarebbe venuto in mente un altro paragone, ma Sara più volte le aveva detto di moderare il suo linguaggio e lei stava appunto cercando di adeguarsi al suo ordine.

Alla fine se ne convinse: era proprio paralizzata.

“Ehm, vabbè, io torno là.”

Madison annuì, mentre Sara ancora non dava segni di vita.

“Che ne dici se riprendessi lo skate?” fece lui, lanciando un’occhiata ai piedi di Mad.

“Ah, già! Scusa.” E gli lanciò la tavoletta con una spinta del piede.

“Grazie. Ci si vede, alla prossima!” e si allontanò correndo, lo skate sotto il braccio.

Mad guardò Sara.

“Ehi, sei ancora viva?” e la scosse per un braccio. Lei parve rinvenire tutto d’un tratto.

“Madison…” piagnucolò.

“Ti ho detto non so più quante volte di non chiamarmi così. Odio il mio nome.” La interruppe mentre cercava di lamentarsi.

“Scusa, ma Madison…”

“Sara, secondo me tu non capisci l’italiano.”

“E me lo dice una straniera…” commentò.

“Ma allora ce l’hai ancora la tua aria ironica.” Commentò strafottente la ragazza.

“Sì, però, Mad…”

“Brava.”

“Non me lo sono sognato, vero?”

“Cosa?” la punzecchiò.

“Vuoi dire che mi sono davvero sognata tutto?” sgranò gli occhi. La sua domanda l’aveva sconvolta più del dovuto. Tutta colpa della sua stupidità! Possibile fare certe figure di merda, poi?

“Ehi, guarda che scherzavo. Certo non è stato un sogno. A meno che il sogno non stia continuando, visto che anch’io sono consapevole di quello a cui hai assistito tu.”

“Mad, piantala con i tuoi discorsi contorti!” il tono era alterato, ma subito si fece lagnoso e Sara si stravaccò su di lei, come ogni altra volta le prendeva male. Sembrava un gatto. Si aggrappò al suo braccio, appoggiando la testa alla spalla e iniziò a mormorare frasi incomprensibili. Le uniche parole che Mad distinse furono: ‘Luca’, ‘skate’, ‘figura di merda’ e ‘che idiota’, da cui poté capire il suo ragionamento privato quasi come se gliel’avesse detto a voce.

“Dai, alla fine hai visto che è andato tutto bene?”

Lei si alzò di scatto.

“Andato tutto bene?! Ma se ho fatto una figura di merda per niente indifferente!” urlò sommessa, smanacciando per aria. “Cioè, mi sono messa a ridere come una scema!” Odiò la sua risata: insensata e troppo acuta. Sembrava finta. E se anche Luca l’aveva scambiata per finta?

“Bè, forse avrà capito che hai apprezzato molto la sua battuta.”

“Non dire cazzate, Mad, l’hai visto pure tu. Stava pensando che sono fuori di testa.” Farfugliò, mentre prendeva la sciarpa della sua amica e se la rigirava tra le mani.

“Secondo me no.”

“Speriamo…”

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Ed ecco il nuovo capitolo. Il fatto che sia più lungo del precedente è solo un caso, visto che dipende tutto dal fatto di come l'ho scritta. Il testo non è suddiviso in capitoli, mentre per pubblicarlo è necessario che divida le varie parti, quindi alcuni aggiornamenti saranno più lunghi, mentre altri saranno relativamente corti.

Bè, ringrazio subito le due persone che hanno recensito il primo capitolo di questa storia, ammettendo che nemmeno me le aspettavo delle recensioni! Grazie davvero a FuoriTarget e a jellyfish (che tra l'altro ho visto hai commentato anche Sorriso Di Natale, grazie ancora!^^).

Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo!XD

Ora vi saluto, visto che è tardino...

Ps: lasciate comunque dei commentini, che li accetto sempre volentieri!^^

Baci!

Irina

  
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