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Autore: AnyaTheThief    28/04/2015    3 recensioni
Viktoria è una ragazza giovane e bella. Abita a Vienna ed ogni giorno deve avere a che fare con gli orrori della guerra. Cos'ha a che fare tutto questo con i Moschettieri? Beh, vi dico solo che capisco che è una storia particolare e che non possa piacere a tutti, ma vi consiglio di concederle qualche capitolo prima di cassarmela! Spero che poi la troverete avvincente.
Attenzione agli spoiler, la fiction si colloca dopo l'episodio 8 della seconda stagione.
Genere: Avventura, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Aramis, Queen Anne
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Viktoria trasalì, sudata e terrorizzata spalancò gli occhi, svegliando all'improvviso anche Ben che giaceva accanto a lei.

Cercò un suo contatto con le mani, graffiandogli involontariamente le spalle nell'agitazione e cercando di riprendere fiato a singhiozzi.

“Calmati. Calmati...” le sussurrò lui, prendendole il viso tra le mani.

“Ben, noi siamo... I nostri nei... E il crocefisso...” continuava a farfugliare, senza apparente senso logico. Ma il ragazzo sembrava capirla.

“Lo so.” le disse, tranquillamente. “Ma è tutto finito ora.”

Quando Viktoria comprese che anche lui doveva aver fatto lo stesso sogno, si tranquillizzò e lasciò che Ben la tirasse a sé, stringendola in un abbraccio confortevole.

“E' stato l'incubo più terribile che abbia mai fatto.” sussurrò, ancora un po' scossa.

“Siamo qui adesso. E' tutto finito.” ripeté, accarezzandole la testa.

“Viktoria?” una voce le fece gelare il sangue nelle vene. Non si era ancora del tutto calmata dopo il sogno che le aveva fatto rivivere la sua morte, che di nuovo si trovava in balia di qualcosa che quasi certamente l'avrebbe di nuovo messa in un mare di guai. L'uomo che aveva appena parlato li fece saltare nel letto. Si tirarono entrambi su a sedere e videro una figura possente stanziarsi in cima alle scale, appena sotto l'apertura della botola.

“Cosa...?” borbottò il signor Pohl, il socio di suo padre, mentre scendeva lentamente, incredulo.

“Signor Pohl!” esclamò la ragazza, cercando di alzarsi in piedi, ma il pudore prese il sopravvento: indossava soltanto l'intimo e dovette coprirsi con le lenzuola. Ben invece scattò in piedi, ancora a petto nudo, sollevando le mani in segno di resa.

“Cosa diavolo...?” l'uomo non sembrava capire cosa stesse succedendo e continuava ad alternare lo sguardo tra i due, fermandosi infine a squadrare da capo a piedi il giovane ebreo, che continuava ad arretrare con le mani alzate.

Viktoria non sapeva cosa dire. Si chiese dapprima come li avesse scoperti, ma si rispose da sola ricordandosi di quando la sera prima si era tolta gli stivali infangati per non lasciare impronte: evidentemente il soldato tedesco non aveva preso la stessa precauzione ed aveva involontariamente condotto quell'uomo da loro.

“Un... Ebreo?” domandò sprezzante, con aria quasi disgustata.

“Signor Pohl, posso spiegarle...” mormorò Viktoria con un fil di voce, alzandosi dal letto e trascinandosi dietro il lenzuolo che la copriva. Cercò di mettersi tra i due, per impedire a quell'uomo di fare del male a Ben.

Ma capì da subito che non sarebbe stato affatto facile convincerlo, come aveva fatto la sera precedente con il nazista.

Lo sguardo di quell'uomo era carico d'odio e disdegno, e sembrava persino che non la notasse: tutto ciò che riusciva a vedere era l'ebreo che il suo socio aveva nascosto nella loro fabbrica per chissà quanto tempo, mettendo a rischio la loro vita e la loro società senza nemmeno metterlo al corrente.

Ben scosse la testa, continuando a tenere le mani ben in vista.

“Non voglio fare del male a nessuno.” dichiarò, con aria innocente.

“Sono io che voglio fare del male a qualcuno!” sbraitò l'uomo, avanzando verso di lui minaccioso e quasi travolgendo Viktoria, che però riuscì a mettersi di nuovo in mezzo.

Le cadde il lenzuolo, ma a lei non importò più di tanto, non quando c'era di mezzo la vita del suo amato. Appoggiò una mano sulla spalla dell'uomo, cercando di spingerlo delicatamente indietro.

“La prego, la prego!” esclamò, ma il signor Pohl le scostò bruscamente il braccio.

“Non toccarmi! Sei una vergogna per la società e per la tua famiglia.” le disse, puntandole il dito contro e facendola improvvisamente vergognare di essere lì svestita di fronte ad una persona che conosceva appena. “Avrei dovuto capirlo che eri come tua madre. Peccatrice e sfacciata. E se tuo padre approva tutto questo... Allora anche lui merita il campo di prigionia!”

Viktoria restava lì in piedi, sentendosi inutile e ferita. Nessuno gliel'aveva mai messa giù in questa maniera, pensava che l'amore tra lei e Ben fosse la cosa più innocente del mondo e nemmeno per un istante aveva pensato di star commettendo un reato, né tanto meno peccato agli occhi di Dio.

“Per favore... Non lo mandi via.” disse a voce bassa, ma senza mai abbassare lo sguardo.

“Mandarlo via?” esclamò l'uomo furente. “Te lo dico io cosa succederà adesso. Chiamerò i tedeschi e porteranno via sia lui che te e tuo padre, e la fabbrica sarà salva!”

“No!” urlò la ragazza. “La prego, le daremo tutto quello che vuole!” scandì le parole per rendere chiaro il concetto, scuotendo il capo e pregandolo con ogni gesto del suo corpo e del suo volto.

“Vicky.” sentì la voce di Ben richiamarla alle sue spalle e quando si voltò con le lacrime agli occhi, lo vide puntare una pistola verso il signor Pohl.

Era così sotto shock che la cosa non la sorprese nemmeno più di tanto. Vide il cassetto aperto, e ricordò della mattina in cui stava per scoprirlo, ma poi Ben si era svegliato e le aveva impedito di guardarci dentro. Fece un passo indietro per liberargli l'area di tiro.

Il signor Pohl alzò le mani. Il faccione rosso dalla rabbia impallidì e nei suoi occhietti spalancati si leggeva il puro terrore.

Ben guardò Viktoria e lei annuì, impassibile. Ma il suo dito esitò sul grilletto, ed alla fine abbassò l'arma con un sospiro tremante.

Lui non era come lei, non sarebbe mai riuscito a compiere un omicidio per salvarsi la pelle. Ma dopotutto anche Viktoria fu sollevata, sebbene per altri motivi. Non sarebbero mai riusciti a sbarazzarsi del cadavere senza farsi vedere da nessuno.

“Se ne vada.” disse all'uomo che, ancora spaventato a morte, non aveva il coraggio di muoversi.

“No!” esclamò Viktoria. “Farà la spia!”

“Non lo farò. Non lo farò, lasciatemi andare e giuro che non lo dirò mai a nessuno.” pregò il signor Pohl. Mentre si agitava, il suo doppio mento tremava come un budino.

Ben si voltò verso Viktoria con aria malinconica e lei ricambiò con uno sguardo interrogativo. Le sorrise, ma i suoi occhi erano tristi. Le ricordava l'occhiata che Aramis aveva lanciato ad Anne poco prima di essere decapitato. Allora capì.

“Non farlo.” lo pregò, strabuzzando gli occhi.

“E' finita, Vicky.” sorrise lui, rassegnato. “Bisogna capire quando è finita.”

“Non dire così, Ben. Non farlo, ti scongiuro.” era incapace di muoversi, avrebbe voluto correre verso di lui, ma le sue gambe si erano cementificate e l'unico mezzo passo che riuscì a fare in sua direzione fu incredibilmente difficile. Si dimenticò completamente dell'altra persona nella stanza, e rivolse tutte le sue suppliche all'uomo che amava. “Possiamo nasconderci da un'altra parte. Possiamo... Perché devi essere tu? La tua vita vale molto di più di quella di quest'uomo!” sbottò d'un tratto, rabbiosa. Tutto ciò stava accadendo solo per colpa di un razzismo inutile, di una persona testarda ed egoista.

“Perché non siamo noi a scegliere chi deve andarsene.” rispose lui calmo, continuando a sorriderle dolcemente.”Non voglio più essere un problema per la tua famiglia. Questo era l'accordo con tuo padre. Altrimenti non gli avrei mai permesso di aiutarmi.”

Allora suo padre sapeva... E gli aveva permesso di tenere una pistola. Così non avrebbe potuto rilasciare nessuna dichiarazione, nemmeno sotto tortura, e fare il nome del signor Haas. In quel modo, forse, sarebbe riuscito a farla franca almeno lui.

“Ma pensa a me, Ben! Come puoi fare una cosa del genere e lasciarmi sola?”

Lui sorrise così tanto che Viktoria pensò che stesse quasi per scoppiare a ridere. Da una parte la infastidiva profondamente il fatto che fosse così sereno sapendo ciò che stava per accadere; dall'altra preferiva vederlo apparentemente rilassato piuttosto che in panico, com'era lei.

“Non l'hai capito, Vicky? Non è la fine di tutto.” sollevò la pistola lentamente, portandosela alla tempia. Viktoria sapeva che se si fosse mossa lui avrebbe sparato prima, quindi stette a guardare immobile, impotente, senza nemmeno potergli rubare l'ultimo bacio.

Le fece un sorriso commosso, ma senza lacrime.

“Ci vediamo nella prossima vita.”

E poi premette il grilletto.

Il suo corpo non era ancora caduto a terra, che Viktoria già aveva lanciato un urlo straziante e si era gettata su di lui. Vide la canottiera bianca diventare rossa, quando lo abbracciò. Il suo peso la costrinse a lasciarlo accasciare a terra per continuare a sorreggerlo e non lo lasciò andare nemmeno quando il signor Pohl corse via, spaventato e confuso.

Viktoria pianse tutte le sue lacrime. Infine si ritrovò a passare le dita tra i capelli del ragazzo, mormorando una ninna nanna che le cantava sempre sua madre.

Poi si alzò, completamente imbrattata di sangue e camminò lentamente verso il tavolo, accanto al letto dove, soltanto pochi minuti prima, avevano dormito assieme per l'ultima volta. Levò gli occhi alla finestrella dalla quale entravano i primi raggi di sole del mattino mentre stringeva il ciondolo tra le mani così forte da ferirsi. L'album nel cassetto aperto attirò la sua attenzione e lo sfogliò con un mezzo sorriso e gli occhi semi incantati. Passò in rassegna decine, forse centinaia, di bozze di disegni che la ritraevano. Partendo dal fondo, ne trovò molti che raffiguravano sua madre, ma la maggior parte erano comunque dedicati a lei. Più erano recenti, più erano precisi, finché si ritrovò catapultata nell'inaspettata fantasia infinita di Ben: vide il loro matrimonio, il loro bambino che pian piano cresceva, un amore che continuava pagina dopo pagina, disegno dopo disegno, fino alla loro vecchiaia assieme. Una coppia di anziani di spalle si teneva per mano di fronte alla torre Eiffel sull'ultima pagina dell'album.

Viktoria si soffermò su quello schizzo più che sugli altri. Lasciò il blocco da disegno sul tavolo, poi tornò verso Ben.

Sembrava così sereno, che improvvisamente sentì la paura scivolarle via. Baciò il crocefisso e glielo mise al collo. Nel farlo, le tornò in mente quando Anne aveva fatto lo stesso con Aramis. Quando tutto era iniziato. Sorrise.

Infine gli prese una mano e ne baciò il dorso, come lui aveva fatto tante volte. Al piano di sopra la voce del signor Pohl eccitata ed impaziente, dava indicazioni a quello che sembrava un bel gruppo di soldati che correvano verso l'ufficio di suo padre.

Viktoria sfilò la pistola dalle mani di Ben. Con calma la sollevò, puntandosela alla tempia mentre recitava una preghiera.

Le sue labbra fecero appena in tempo a dire “Amen”.  






FINE.





Grazie a tutti per avermi seguito, non dimenticatevi di recensire ;) Vorrei proprio sapere cosa ne pensate del finale XD So che alcuni (a caso, proprio) mi odieranno per ciò che ho fatto, ma doveva andare così. I'm sorry. 
Ne approfitto per pubblicizzare l'altra fanfiction che ho scritto sui Moschettieri, "Scars"! Fans di Athos, so che apprezzerete! :D 
Un bacione e alla prossima (è in lavorazione!)

  
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