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Autore: TheAuthor    29/04/2015    2 recensioni
Dentro ognuno di noi si nascondono dei Demoni.
Questi Demoni nascono, crescono e muoiono insieme a noi.
Il Buono e il Cattivo differiscono solo di un piccolo particolare. L’uno sa riconoscere e frenare i propri istinti, riuscendo a distinguere ciò che è giusto, anche se non sempre. L’altro potrebbe anche non aver idea dell’esistenza di questi mostri che risiedono nella sua anima. Come può qualcuno difendersi da qualcosa di cui non conosce l’esistenza?
L’anima è quella sostanza che separa i Demoni dal corpo materiale.
Quando veniamo feriti più volte, l’anima tende ad assottigliarsi, e i demoni provano ad uscire. A volte ci riescono, squarciandola. Ed è quando gridano “libertà” che bisognerebbe avere paura. Ricostruire un’anima non è facile, ed ancor meno rimettervi quelle creature dentro.
L’anima di Regina si era lacerata una volta, ed ora lei stava provando a rinchiudervi di nuovo quei mostri. Ma il passato sembra tormentarla, continuando a recidere quelle cuciture che con fatica era riuscita a fare.
Un passato oscuro di cui solo lei, Gold e Leila, una figura appena apparsa in città, sono a conoscenza.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Henry Mills, Nuovo personaggio, Regina Mills, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 2

La Scelta

Presente

 

Regina tremava, ma la familiare umidità della cripta non era la causa dei brividi che provava.

“Robin o Emma?” quelle parole risuonavano nella stanza come un disco rotto, inarrestabili e violente.

“Robin o Emma?”

Lo sguardo del Signore Oscuro sulla donna si fece intenso, pesante.

“Robin o Emma?”

Per ogni minuto di esitazione ed ogni volta che Regina rispondeva “Emma” Gold premeva un numero sul cellulare.

“Robin o Emma?”

Mancavano solo altri tre tasti per comporre il numero di Zelena. Tre minuti, Tre risposte di Regina e lei avrebbe potuto dire addio per sempre a Robin.

“Robin o Emma?”

Lei lo amava. Lo avrebbe protetto fino alla fine, ma non a quel prezzo. Non tradendo Emma. L’ unica persona che, a parte Henry, aveva creduto in lei quando nessun altro l’aveva fatto.

“Robin o Emma?”

“Emma” Nel pronunciare quelle parole la voce di Regina si spezzò. Non voleva che lei soffrisse a causa sua e non voleva neanche perdere Robin. Un numero. Un minuto. Una risposta.

 “Robin o Emma?” ripeté Gold.

Non poteva salvare entrambi. Non poteva tradire lei. Non poteva lasciare andare lui come aveva fatto con Daniel. Avrebbe rinunciato alla sua stessa vita per salvarli ma sapeva che questo non era ciò che Zelena voleva. Il tempo stava per scadere. Cinque secondi. Avrebbe potuto lasciare che lui morisse? Avrebbe potuto affrontare quel dolore di nuovo? Quattro secondi e lui sarebbe uscito dalla sua vita per sempre. Tre e non l’avrebbe più stretto tra le sue braccia. Due e Roland non avrebbe più avuto un padre. Uno.

“Robin” esordì alla fine, lasciando che una lacrima le rigasse la guancia sinistra.

Regina non avrebbe potuto farselo scivolare via dalle dita così. Non di nuovo. Ma ad Emma voleva bene e forse un’ultima possibilità di salvarla c’era, aveva solo bisogno di più tempo e fu ciò che ottenne grazie a quella risposta.

Gold guardava la donna e ancora non si capacitava di come Leila avesse potuto indovinare ogni singola reazione che Regina avrebbe avuto. Nonostante non avesse scritto nulla di ciò che aveva detto, questo avvenne lo stesso. Non aveva né la penna né l’inchiostro eppure riuscì ad indovinare tutte le mosse di Regina. Era l’Autrice, certo, quello era il suo lavoro. Conosceva i suoi personaggi, ma com’era possibile che li conoscesse fino a quel punto?

Forse si era preoccupata molto più di Regina che di qualunque altro protagonista del libro. Forse l’aveva studiata ed osservata per più tempo e la cosa non gli sembrava poi tanto illogica.

Quando le tolse le manette si accorse che i polsi della donna erano rossi, feriti. Piccoli rivoli di sangue scesero lungo le dita fino a raggiungere le unghie perfettamente curate e smaltate di nero. Aveva cercato di toglierle, oppure aveva provato a mantenere la calma ferendosi premendo la carne contro il ferro per concentrarsi più sul dolore che non  su quello che provava.

 Ricordava ancora la discussione che aveva avuto con l’Autrice qualche ora prima, quando lei gli aveva spiegato il piano e lui le aveva chiesto se quella tortura fosse strettamente necessaria.

“Necessario? Assolutamente sì. Sicuramente non sarà divertente, ma assolutamente necessario. Vedi, facendo il mio lavoro comprendi che una cosa essenziale in ogni storia che si rispetti è la verosimiglianza. Se tu l’avessi liberata di punto in bianco Regina si sarebbe insospettita, avrebbe cercato di capire il perché. Quindi ora dovremo giocare un po’ con le parti per poi farle credere che sarà stata lei a salvare entrambi. Comunque Regina pensa che tutto questo sia vero ed anche Zelena. Vedi, caro paparino, la tizia verde è fuori dalla mia giurisdizione. Anche se avessi l’inchiostro non potrei cambiare il suo destino finché si trova fuori dalla linea di confine. Regina è un’ottima calamita per attirarla qui. Finchè penserà che lei è disposta a fare di tutto pur di salvare Robin e penserà di avere la sua lealtà, miss clorofilla sarà tentata di tornare e quando lo farà capirà qual è il prezzo del tradimento. ”

Una smorfia di disgusto si era disegnata sul viso della ragazza solitamente dominato da un’espressione ironica.

Gold avrebbe voluto sapere cosa volesse dire con -tradimento- ma non aveva il coraggio di chiederglielo, temeva di sapere troppo. Ciò che realmente lo turbava era come lei riuscisse a non mostrare alcun cedimento mentre parlava di come far soffrire Regina. Dopotutto era sicuro che l’amasse più di qualunque altro personaggio. Oppure no?

Forse quel ruolo e la solitudine, negli anni, l’aveva resa incapace di provare qualsiasi tipo di affetto, anche per lei.

La voce profonda di Regina interruppe il filo dei suoi pensieri.

“Cosa vuoi che faccia.” L’odio nei suoi occhi era evidente. La mascella era serrata e le mani chiuse in pugni.

“Ho bisogno che tu faccia lo stesso che hai fatto per loro. Devi spiarli. Voglio che tu ci riveli ogni loro mossa ed ogni loro piano. Oppure la prossima volta non avrai più la possibilità di scegliere.” Nel pronunciare queste parole Tremotino svanì in una nuvola nera lasciando la donna sola con sé stessa.

Il sudore le imperlava la fronte e le lacrime che tratteneva da quando Gold le aveva posto la prima domanda, le facevano bruciare la gola. Non riusciva più a tenere tutto dentro e per questo, non appena l’uomo se ne andò si lasciò andare ad un pianto liberatorio.

Fuori  dalla porta della Cripta, Leila ascoltava quelle grida e quei singhiozzi. Sapeva che alla fine Regina ce l’avrebbe fatta a salvare Robin, lei lo avrebbe scritto in qualche modo, eppure il dolore della donna era così forte e reale che neanche lei riuscì a rimanere impassibile.

“Avrai il tuo finale felice.” Sussurrò piano alla porta a cui era appoggiata. “Te lo prometto.”

Allora staccò le mani dal legno e drizzò la schiena incamminandosi sui suoi tacchi neri verso il sentiero che univa il cimitero e la strada che portava al centro della città.

Tremotino aspettava impazientemente l’arrivo di Leila. Aveva giurato che non avrebbe più cercato di rendere oscuro il cuore di Emma e sarebbe stato difficile svincolare dal patto, l’autrice sembrava aver stipulato un contratto senza alcuna falla.

Seduto comodamente sulla sedia a dondolo, il falso autore osservava calmamente il volto contratto del Signore Oscuro. Sperava di riuscire a sottrargli la penna prima che lui venisse a scoprire che tutto ciò che aveva detto fino a quel momento era una menzogna. L’inchiostro sarebbe stato più difficile da recuperare ma sarebbe riuscito ad ingannare la strega dei mari facendosela dare. Dopotutto era riuscito ad ingannare un’intera città sulla sua identità, una mera sirena non sarebbe stato un problema per lui. L’unico modo in cui poteva sperare di recuperare i suoi poteri era con quella penna. Solo così sarebbe di nuovo riuscito a scrivere.

“Erin” disse Gold, stringendo la penna tra il pollice e l’indice. Aveva visto Leila avvicinarsi dalla finestra.

“Come conosci il mio nome?” Chiese l’uomo, temendo il peggio. Forse Gold aveva scoperto la verità su di lui?

“Saresti sorpreso di quante cose abbia appreso su di te in questi ultimi giorni. Per esempio so che sei nato a Londra nell’epoca vittoriana, eri un povero orfanello e sei stato rapito dall’ombra di Peter Pan a dodici anni. Hai vissuto lì per qualche anno ma il tuo vero obbiettivo era la foresta incantata. Sei riuscito a fuggire dall’isola ed hai raggiunto la foresta. A trent’anni sei venuto a conoscenza del fatto che eri predestinato ed hai ucciso il tuo predecessore affinché la carica passasse a te. Hai acquisito i poteri dell’autore. Gli stessi poteri che hai perso miseramente da quando sei rimasto intrappolato nel libro.” Erin ebbe in quel momento la conferma che Gold sapeva che stava mentendo. Allora cos’aspettava ad ucciderlo?

Si alzò di scatto dalla sedia di legno tentando di fuggire ma fu allora che Gold lo immobilizzò e qualcuno aprì la porta. La ragazza sorrideva mostrando la parte superiore della dentatura.

“Temo che sarebbe poco educato da parte mia non presentarmi all’uomo a cui sto per strappare il cuore” Si avvicinò a lui sempre con fare lento. Erin non riusciva a muovere alcun muscolo, anche respirare gli risultava difficile. “Ma è stato altrettanto ineducato da parte tua ammazzare mio padre prima che lo potessi conoscere e privarmi della possibilità di avere una madre.” Avvicinò una mano al suo petto, lo trapassò, raggiungendo il cuore e lo strappò via con violenza. Lo stupore della ragazza si fece evidente. “Nero. Il  tuo non sanguina anche se sei stato un autore. È semplicemente nero..”. Gold ammirava esterrefatto quello che sembrava essere il suo di cuore. Ma anche del suo, almeno una piccola parte era rimasta intatta. Che tipo di uomo doveva essere stato per averelo ridotto in quel modo?

 Come carbone friabile, il cuore si sbriciolò tra le dita di Leila. “Così miserabile anche nella morte.”  Disse lei quando il volto dell’uomo si spense e Gold lo lasciò andare, facendo cadere il corpo sul pavimento con un tonfo sordo.

 

Trentasei anni prima

 

La bambina giocava con il piccolo cavallo di legno che il padre le aveva regalato per il compleanno. Lo faceva trottare sul pavimento producendo un rumore ritmico. Indossava un vestitino rosso. Lei odiava i vestitini ma suo padre le diceva sempre che così somigliava ad una principessa.

Una principessa. Avrebbe sempre voluto esserlo.

Sicuramente le principesse potevano vedere il sole più frequentemente di quanto potesse lei. Putroppo però era quasi sempre malata e non le era permesso di uscire. L’unico modo per sapere cosa succedeva al di fuori delle mura del castello era appoggiare un orecchio alla parete ed ascoltare i rumori che venivano dall’esterno. Nonostante la roccia che la separava dal mondo fosse spessa, riusciva comunque a percepire alcuni rumori e tra tutti quelli che aveva sentito quello che preferiva in assoluto era il rumore della pioggia che cadeva.

Quando il padre entrò nella stanza la bambina giaceva sul pavimento con le guance rosse. Il cavallo di legno stava ancora sul pavimento vicino alla manina di Leila.

Gold prese di corsa in braccio sua figlia e l’appoggiò sul letto accarezzandole la fronte. Aveva di nuovo la febbre alta. Le posò entrambe le mani sulle tempie e le sussurrò piano “Ora starai meglio”. Una flebile luce dorata scaturì dai suoi palmi e la bambina aprì gli occhi.

 

Presente

Regina era appena arrivata fuori dalla porta della sua abitazione quando Emma la trovò. L’aveva cercata per ore, temeva le fosse successo qualcosa di grave e quando la vide l’abbracciò. Non aveva mai avuto così tanta paura di perderla e la strinse a sé più forte che poté.

“Dove sei stata?” Le chiese, con un tono evidentemente preoccupato. Lasciò la presa e fece scorrere le mani sulle braccia della donna fino ad arrivare ai polsi. Quando li sfiorò Regina fece una leggera smorfia, quasi impercettibile, ma Emma aveva imparato a conoscerla. “Cosa..?” chiese di nuovo. “Niente” rispose Regina distogliendo lo sguardo e provando a liberarsi dalla presa dell’amica, però Emma fu più veloce e le alzò la manica destra della giacca. “Gold” Disse vedendo i segni sul polso. “Cosa ti ha fatto?” Ma Regina non accennava a rispondere. Non le avrebbe mai potuto dire che aveva scelto Robin, anche se quella scelta l’aveva fatta per guadagnare tempo. L’unica cosa a cui riuscisse pensare era  a con quanta leggerezza avesse preso quella decisione.

“Cosa ti ha fatto?” Ripeté nuovamente Emma, questa volta però stava urlando. Allora Regina le poggiò le mani sulle spalle “Devi andare via Emma. Il più lontano possibile da qui. Il più lontano possibile da lui. Non puoi permettere che ti cambi,  che il tuo cuore diventi oscuro solo perché lui vuole salvare il suo”

“Cosa ti ha fatto Regina?” La determinazione negli occhi di Emma si fece più intensa.  “Emma tu devi andare via da Storybrooke.” Disse di nuovo Regina. “Ti ha fatto promettere di aiutarlo, vero?” la voce della donna si fece più dolce. “E tu hai detto sì.”  Fece un passo indietro “Cosa ha detto che ti avrebbe portato via?” chiese nuovamente.

“Sembra che Marian non sia veramente Marian.. Quella che hai portato indietro era Zelena. Ora Roland e Robin sono da soli con lei e Gold ha a che fare con questa storia. Emma non avrei detto mai di sì, avevo solo bisogno di tempo, ti prego...” Ma prima che riuscisse a finire la frase Regina fu interrotta dall’amica “Prepara i bagagli, andiamo a New York.”

   
 
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