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Autore: Chloe R Pendragon    30/04/2015    4 recensioni
Rimasto solo di fronte alla lapide del padre, Light ha modo di riflettere su quanto accaduto e sull’esitazione fatale di Soichiro Yagami...
Siate clementi, è la prima volta che scrivo qualcosa su questo fandom: spero di aver fatto un buon lavoro, aspetto vostre dritte a braccia aperte! *porge biscotti*
Quarta classificata allo "Shakespearian quotations contest - II Edizione" indetto da _juliet sul forum di EFP
Prima classificata al "13 Fandom Contest" indetto da Elisaherm sul forum di EFP
Partecipa al contest "Titoli su Titoli - 2nd Edition" indetto da Eireen23 sul forum di EFP
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: L, Light/Raito, Soichiro Yagami
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Lacrime di sangue

Lacrime di sangue

Qui giace Soichiro Yagami,

marito devoto,

padre irreprensibile,

detective scrupoloso.

 

Così recitava la scritta su quella fredda lapide, eleganti kanji incisi nella pietra. Gli occhi di Light erano fissi su di essa da un tempo che pareva infinito, mentre la mente rievocava ancora una volta l’istante in cui suo padre si era spento tra le sue braccia. Finita la funzione, colleghi e parenti lo avevano finalmente lasciato da solo, lanciandogli sguardi carichi di comprensione, ignari della vera natura della sua angoscia: quello sguardo distante celava una cocente ira, poiché aveva visto il suo piano sgretolarsi proprio a un passo dal compimento, dando a Mello la possibilità di crogiolarsi in una vittoria immeritata.

Suo padre era sempre stato un uomo integerrimo, un cittadino esemplare e disposto a tutto pur di far trionfare la giustizia. Possibile che le sue fossero state solo parole? In fondo Mello era un farabutto, un criminale che andava punito: perché diavolo non l’aveva ucciso? Di una cosa Light era assolutamente certo: quella semplice esitazione gli avrebbe causato svariati problemi, dal momento che, pur sapendo il vero nome del ragazzo, non poteva ucciderlo senza conoscere il suo volto.

Una parte di sé era lieta di potersi nuovamente misurare con qualcuno, dato che Near era indubbiamente capace, ma non era nulla in confronto a Ryuzaki. Al tempo stesso, però, il pensiero di quella mina vagante lo irritava: era come se ogni alito di vita di Mello lo sbeffeggiasse, ricordandogli la debolezza di suo padre e il suo clamoroso errore di calcolo.

«Maledizione...» mormorò a denti stretti il giovane Yagami, le nocche divenute bianche come cenci per la forza con cui stava serrando i pugni. Nel silenzio del cimitero, gli sembrava di udire ancora il suono di quella penna che era caduta ai suoi piedi quando Soichiro aveva esalato l’ultimo respiro; era stato un rumore così flebile da fondersi con le sue mute lacrime, creando una melodia struggente e melanconica. Matsuda e gli altri avevano creduto che in quelle gocce trasparenti fosse racchiuso il dolore di Light, senza sapere che quelle grida disperate avevano celato il ruggito spietato di Kira e che quel liquido trasparente aveva racchiuso in sé la vermiglia sfumatura del desiderio di vendetta.

La superba divinità aveva invocato il sangue di Mello, non l’anima di un detective eccessivamente virtuoso. No, quella non era virtù: era codardia, il perbenismo di cui si ammantavano gli stolti, lo zelo di chi venerava i moralismi. Se fosse stato virtuoso, avrebbe ucciso quel delinquente, contribuendo a ripulire l’umanità dalla feccia, proprio come aveva sempre fatto Kira; suo padre aveva pensato solo a se stesso e a mantenere coscienza e mani inviolate, come se queste facezie potessero garantire il trionfo della giustizia...

La verità era che nessuno poteva sperare di rendere il mondo un posto migliore, se non aveva la forza di fare tutto il necessario per la giusta causa, persino anteporre il bene comune alla propria purezza; ciò che davvero contava per Light era perpetrare la sua opera come Kira anche a costo di  macchiare la sua anima. Se aveva le mani sporche che importava? Bastava tenerle chiuse e nessuno lo avrebbe saputo, no? Tutti quei vaneggiamenti, tutte quelle chiacchiere sulla pietà e sul valore della vita erano solo scuse sciatte per lenire la propria inettitudine.

Questa era la realtà dei fatti, Soichiro Yagami era un inetto ed era morto come tale, con il cuore colmo di speranze e l’animo pieno di incoerenza: il nuovo Elle scosse la testa al pensiero che una volta quell’uomo fosse stato un modello da seguire, quando non era stato altro che uno schiavo dei moralismi da due soldi...

Una fastidiosa sensazione alla bocca dello stomaco lo costrinse a socchiudere gli occhi e a digrignare i denti; era come se qualcuno gli avesse tirato un pugno nello stomaco, obbligandolo a piegare il busto. Fu allora che un ricordo fuggiasco si affacciò nella sua mente: aveva da poco conosciuto Ryuzaki, quando questi aveva recitato, apparentemente sovrappensiero, un passo tratto dal “Riccardo III” di Shakespeare.

“Anche la bestia più feroce conosce un briciolo di pietà...”

Quella aveva voluto essere una provocazione, Light l’aveva capito subito, tuttavia sarebbe risultato sospetto se uno studente brillante come lui non avesse colto la citazione: per questo motivo aveva messo in scena una delle sue solite recite, sospirando trasognato e completando la battuta:

“Ma io non ne conosco, quindi non sono una bestia... Aaaah! William Shakespeare, uno dei miei poeti preferiti!”

Elle si era limitato a rivolgergli uno sguardo enigmatico, per poi concentrarsi sui suoi pensieri; quanto al giovane Yagami, aveva rivolto un rapido sorriso all’acerrimo nemico ed era tornato a meditare sulla sua prossima mossa.

Istintivamente, Light strinse i pugni con maggiore forza, colto da un’irritante intuizione: come aveva fatto a non considerare un simile dettaglio? Se solo lo avesse fatto, a quest’ora ci sarebbe stato Mello dentro quella fossa... Dunque era stato Light la causa del suo stesso fallimento, poiché non aveva considerato la debolezza di suo padre: lui era un essere umano come tanti, una bestia soggetta alla pietà, non aveva la risolutezza e la determinazione propria di una divinità come Kira.

Una lacrima sfuggì al suo controllo e gli rigò il viso, sfregiandolo con quella scia umida e carica di rabbia: per quante colpe avesse avuto suo papà, il fardello sarebbe spettato solo a lui come degna ricompensa per quella distrazione fatale. Il nuovo Elle levò nuovamente lo sguardo sulla lapide e fece una promessa silenziosa: Mello avrebbe ripagato con il sangue quella lacrima fugace, simbolo dell’onta subita e del suo errore di calcolo.

«Light... Perdonami, ma...ecco, credo che sia ora di...»

Quella voce esitante e carica di ingenua costernazione apparteneva solo a una persona, Matsuda! Il suo arrivo riscosse Light dai suoi pensieri e lo riportò alla realtà, tanto da indurlo ad asciugarsi di scatto il volto e ad avviarsi con un sorriso tirato verso l’uscita, non senza aver salutato un’ultima volta il padre; dalla sua bocca uscirono parole cariche di tristezza e gratitudine, mentre nella sua mente aleggiavano frasi ben diverse...

“Addio, padre. Da questo momento il mondo conoscerà la vera natura di Kira attraverso la rovina di Mello. Dimostrerò a te e a tutti quegli stolti che una divinità non conosce pietà e, proprio per questo, non si pone scrupoli a sporcarsi le mani in nome della giustizia. Quanto a quel moccioso, pagherà il suo affronto con la vita, ma prima dovrà versare almeno mille lacrime di sangue. Questo è ciò che desidero, questo è il castigo divino!”

  
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