Il Pianista e lo
Scrittore
Prologo
Sono uno scrittore.
Uno di quelli falliti.
Tipo quelli che pubblicano un solo libro che fa un sacco di vendite e poi non
si sente più nominare,
si uno di quelli.
Sono uno scrittore, e come tale abbastanza trasandato, ho un bel viso ma non lo curo, ho un bel corpo ma non lo tengo
allenato,
e la mia tapparella è sempre mezza abbassata, il mio salone è grande,
ma ho una scrivania piccola e un pc che si impalla ogni due minuti e un hard disk che mi sta
chiaramente dicendo “ addio”.
Vivo di notte e dormo di giorno, o meglio la mia giornata incomincia con il caffè,
la mia colazione è quindi alle
quattro del pomeriggio e la mia cena e il mio pranzo sono composti da cibi
precotti.
Essere single ed essere uno scrittore non c’è molta
differenza.
La mia “carriera” in discesa inizia a undici anni,
quando feci la prima dedica su un diario
di un mio amico a cui scrissi storpiando una poesia , quella originale faceva
così
“ smetterò di essere tuo amico quando un poeta cieco e
sordo riuscirà a dipingere il rumore di un petalo caduto sul pavimento di
cristallo di un castello che non esisterà mai”
e io scrissi il mio primo verso che narrava
“ smetterò di essere tuo amico quando un pittore cieco e sordo riuscirà
a sentire il tonfo del suo sterco e vedere se ha centrato il wc”
Leggendola il mio amico mi disse “ dovresti fare il poeta” e io seguii il suo
consiglio.
La verità è che volevo dormire fino a tardi, naturalmente nelle interviste dichiarai sempre il falso, dicendo qualche semplice pensiero
mutandolo in uno profondo.
Scrissi e scrissi, partecipai a molti concorsi, ma nessuno mai mi notò, o
meglio , tutti volevano pubblicarmi, ma tutti volevano
soldi, e io quest’ultimi potevo solo sognarli,
pensai quindi, che sarei andato a vendere un rene per pubblicare qualcosa di mio, ma poi mentre cercavo su internet qualche buono acquirente, il mio telefono squillò.
Pensavo avessero sbagliato.
Conobbi il mio editore, mi fece molte domande a cui risposi a monosillabi, e mi
fissò un appuntamento,
rimasi senza parole, e quando riattaccò
pensai tra me “ quest’uomo deve essere sicuramente
cieco.” perché
fu quella l’unica spiegazione logica.
A mia sorpresa non fu così, ci vedeva, ci vedeva
benissimo, e prese il rischio di pubblicare uno dei miei tanti lavori,
oltre al manoscritto che avevo
spedito, me ne chiese altri per valutare, e alla fine scelse il racconto che a
me piaceva di meno.
Da quel giorno la mia vita cambiò e potei finalmente dormire fino a tardi e
scrivere di notte,
e anche i soldi, arrivarono anche
quelli, ma si sa non sono mai abbastanza, la maggior parte gli ho dovuti ridare
a tutti quelli a cui avevo chiesto dei prestiti.
Ora ho una bella casa lo ammetto, ma le mie camere
sono impolverate, non pulisco la mia scrivania figuriamoci le stanze,
tra l’altro ho molte cose che le persone definirebbero completamente inutili, dai sopramobili più strani, agli oggetti senza senso,
ah si e naturalmente ho una libreria, una libreria gigantesca, ma purtroppo ho imparato bene a tenermi lontano dai libri,
perché ne verrei influenzato e non
voglio che mi denunciano per aver plagiato dei “diritti di autore “, quindi
leggo e rileggo solo quelli che mi sono piaciuti di più.
Quando fallirò completamente avrò sicuramente una pigna di libri da leggere,
per ora, tra circa sei mesi, il mio editore ha detto
che devo sfornare un altro libro degno del primo,
e che deve essere sicuramente un qualcosa che va di “voga” in questo periodo.
Potrei tentare quindi con storie di vampiri, racconti banali d’amore, e altre stronzate del genere,
e io che speravo di non scrivere storie commerciali, provo molta più soddisfazione pubblicare altri miei manoscritti e a farli leggere in rete o a chi conosco
( ma le amicizie sono scomparse
facendo questo lavoro ).
Per il mio secondo romanzo, anche se sono sicuro che il mio editore si
arrabbierà ho deciso di scrivere una storia omosessuale,
ma sono convinto al cento per
cento, che uno dei “lui” diventerà una lei.
Che altro raccontare di me ?
Ho i capelli scuri, raccolti in una cipolla, li tengo
lunghi perchè non ho voglia di
tagliarli, ma li lego così, perché mi danno fastidio,
i miei occhi sonno affilati, il tempo e le esperienze mi hanno donato un espressione sicura, sono di un colore scuro, vanno sul blu,
ma porto sempre degli occhiali, scrivere non giova di certo alla vista, ma ho una montatura davvero molto bella, pagata un occhio dalla testa,
è squadrata e molto piccola, ma non
troppo, altrimenti non servirebbe a nulla.
Sono molto alto, forse è per questo che riesco a stare
in forma, nei limiti naturalmente,
se fossi stato basso sarei
sicuramente in sovvrapeso, e ho ventisette anni, in
fondo sono ancora un ragazzo.
O almeno credo.
Ho un gatto che mi comanda, l’avevo preso per non sentirmi solo, ma non c’è praticamente mai, solo alla mattina mi salta addosso per
avere la sua razione di cibo,
naturalmente si struscia sulle mie gambe quando vuole che lo coccoli, e quando stampo le pagine dei mie libri, puntualmente ci si accovaccia sopra,
sentire un suo miagolio è più unico che raro, difatti quando lo fa incomincio a parlare da solo ( lo faccio spesso) e lo ringrazio di avermi degnato della sua “voce”,
si chiama “ neve” , ed è tutto nero
con degli occhi color del ghiaccio.
E poi…poi ho un enorme pianoforte in mezzo al salone.
Non lo suono io, non ne sarei mai capace, so
a malapena suonare con il flauto “ Jingle bells “
figuriamoci un pianoforte.
Lo suona lui,
lo suona un ragazzo bellissimo, all’apparenza parla pochissimo, e fa fatica ancora a pronunciare intere frasi,
quando si è presentato al mio annuncio strambo, con il seguente testo
“ Cercasi ispirazione, mi serve qualcuno che sa suonare il pianoforte”
si è presentato davanti alla mia
porta con una lettera che spiegava che non pronunciava più una parola da anni.
Ma quando lo feci accomodare al grande pianoforte,
fece un discorso pieno di melodie e sapeva raccontare come mai nessuno era
riuscito a fare,
non proferì nè
la parola dolore nè disperazione, ma ugualmente in
quella musica ne potei udire il significato.
Mi ricordo che gli sorrisi compiaciuto mentre
abbassava il capo, mi avvicinai a lui e gli tesi una mano.
”Hai pronunciato uno dei discorsi più belli che le mie orecchie abbiano mai
sentito.
Piacere mi chiamo Zefir.
“
La sua lettera si presentò per lui: firmato,
Laris.
Fine
prologo.
Capitolo 1:
*******
” Ci dica come fa ad avere idee tanto originali per i suoi romanzi signor Zefir ? “
È semplice scrivere.
Basta fare di una sciocchezza un dramma, raccontare qualcosa di normale e farne
diventare una tragedia e naturalmente bisogna soffrire enormemente
….in fondo avete mai conosciuto un
artista felice ?
Ma invece con un altezzoso sorriso e guardando tutti dall’alto verso il basso
dalla sala conferenze dicevo:
” Ho letto molto, senza alcuni scrittori non sarei quello che sono adesso, e la
mia famiglia mi è sempre stata vicino, e soprattutto….
ho studiato molto tutto quello che
c’era da studiare sulla forma , gli aggettivi, i tempi e la grammatica,
d’altronde…sono uno scrittore no ? “
E come degli allochi risero delle mie bugie.
Sorrisi anche io di loro in modo freddo e
spietato.
****
Come vi dicevo, assunsi quel pianista senza voce, ormai nella mia mente lo
chiamavo così e la sua musica
echeggiava per tutte le stanze, erano per lo più melodie
delicate,
nulla di troppo complicato, era bravo, ma sapevo anche che esistevano pianisti migliori di lui, alcune volte sbagliava qualche nota,
ma la cosa non mi importava, cosa
me ne facevo di un buon pianista che sapeva perfettamente uno spartito se poi
non mi trasmetteva nulla?
Guardandolo creai uno dei miei tanti versi
“ i migliori pianisti
sono quelli che non sanno leggere le note sugli spartiti,
i migliori scrittori sono quelli che sanno scrivere con il cuore non con la
penna,
il miglior “ ti amo” è di quello che non sa pronunciarlo “
La mia espressione seria cambiava quando
rileggevo le mie stesse frasi scritte in
modo indecifrabile e mi chiedevo che tipo di droga mettevano nel caffè per scrivere stronzate del genere.
Ridevo di me stesso, dei miei racconti, delle mie stupide frasi
….ma per un motivo a me ignoto, al pubblico piacevano e questo per me era importante più di ogni altra cosa…
dopo del mio telefilm preferito e
della sveglia fino a tardi naturalmente.
Riposai gli occhi su di lui, sul suo calmo profilo, le
labbra perfettamente serrate,
il capo leggermente abbassato e lo sguardo su quei tasti bianchi e neri come se fossero suoi soltanto,
non capivo se era lui ad essere attratto da quel pianoforte o viceversa.
Distorsi un sopracciglio mentre
pensavo, si certo, non mi bastavano gli amori omosessuali da descrivere, ora mi
sbizzarrivo pure con gli oggetti.
Si fermò ad un tratto e la sua espressione calma cambiò
lievemente con naturalezza,
si voltò appena verso di me guardandomi, aveva occhi color del ghiaccio e con i capelli scuri,
non erano neri, era più un castano molto scuro, risaltavano ancora di più, nonostante questo, nonostante avesse un colore gelido, la sua espressione non lo era affatto, era un espressione di chi è sempre molto calmo, tipo una di quelle persone che anche se scoppiasse il mondo non farebbe nulla rimerebbe li e ti direbbe
“ se dobbiamo morire,
perché scomporsi più di tanto ? “
Ho sempre pensato che queste tipo di persone sono
davvero molto tristi.
Alzai le sopracciglia e “dissi “ – mh ? – come per
chiederli che cosa voleva e fissai il suo viso,
quasi ovale rispetto al mio allungato, e i ciuffi che gli arrivavano al mento separati da una riga in mezzo gli ricadevano perfettamente ai lati degli occhi,
come per incorniciare quel viso come se fosse stato un quadro,
uno di quelli belli che però
nessuna notava solo perché non era “dipinto” da qualcuno famoso o perché
reputato “imperfetto”.
Che strano accostamento che ho fatto, domani prendo un
caffè diverso.
Solo allora mi accorsi che ero io che guardavo lui per tutta la durata di quel
tempo in cui suonava la sua melodia,
e allora gli sorrisi, ero troppo
abituato io ad essere guardato per primo , non viceversa.
-Ah scusami, ti sarai sentito fissato.- gli dissi in tono scherzoso, quello che
avevo sempre, ma forse più che scherzoso era beffardo,
senza volerlo era diventato troppo
sicuro di me, per questo molte volte sembravo arrogante.
Poi piegai il capo all’indietro e feci scricchiolare il collo e maledii il mio
medico che non vedevo da cinque anni che mi aveva detto
“ lei è sano come un pesce “
eppure da un po’ di tempo a questa parte quando rimanevo bloccato con la schiena ed ad ogni movimento le mie ossa scricchiolavano, e pensavo
“ sono sano come un pesce del naviglio”
( era un fiume che ero andato a visitare a Milano in Italia, l’acqua era sul verde scuro e galleggiavano cose ignote, la leggenda narrava,
che se entravi a farti un bagno,
uscivi geneticamente modificato, con quattro braccia, tre occhi e due piselli. )
- Ho la scoliosi me lo sento.-
dissi abbattuto e il primo che mi avrebbe detto “ ma su dai, hai ancora 27 anni , sei giovane “ lo avrei pestato a sangue, a parte questo, guardai Laris e gli dissi
– Mangiamo un boccone ti va ? Avrai fame immagino –
Guardò l’orologio con i numeri romani, segnava le cinque del pomeriggio e poi ritornò al mio sguardo interdetto.
– Emh…è il mio pranzo…o cena? Non saprei….vieni con me comunque,
mi annoio in questa casa da solo e poi non ho intenzione di sfruttarti, anche tu hai la tua ora di pausa.-
gli dissi mentre mi alzai, naturalmente non mi aspettai una sua risposta, ma non perché non parlava, anche se lo avesse fatto,
non mi aspettavo di certo un
rifiuto...quando si è soli, capita troppo spesso di fare affermazioni , non più
domande.
Qualche secondo dopo sentii il rumore di anche lui che
si alzò e silenzioso mi seguì, e tra me e me lo paragonai ad un passo felino.
Fummo nella cucina, era abbastanza semplice, nulla di particolare, avevo un frigor in acciaio inox e un paio di
fornelli,
tanto
alla fine, avevo il mio vassoio e mangiavo o davanti al grande plasma oppure
alla scrivania, nella cucina facevo di tutto, tranne che mangiarci.
Aprii il frigor e guardai cosa c’era…..poi mi voltai verso il pianista, e gli domandai cosa
desiderava, ma lui mi fece cenno di no con la testa.
- Ehi guarda che sono bravissimo a cucinare cibi precotti! -
Fu qualche istante forse di più, abbassò il capo sorrise e le sue spalle
tremavano lievemente e si mise una mano davanti a quelle labbra che parevano
cucite da un ricordo doloroso
…
-Ehi non ridere ! guarda che non è mica da tutti cucinare
bene cibi già pronti, la mia specialità sono latte e
cereali eh !-
Abbassò ancora di più il capo, come se si vergognasse di quella reazione e
coprì ancor di più il suo sorriso che probabilmente sarebbe diventata una
risata.
Sospirai, bhe non ero di certo felice che rideva di
quello, ma ero stranamente sereno, poi mi attraversò un pensiero.
” Vorrei che non coprissi quel sorriso.”
e poi subito un altro
” O
cazzo “
mi immediatamente perlustrando il frigor. Ma mi ero
rincoglionito del tutto ?
Era sicuramente l’influenza del libro che stavo scrivendo,
vengo spesso influenzato dai miei scritti, quindi rallentai il mio cuore prima di rischiare un infarto e decisi di non pensarci.
Scelsi degli spaghetti con il pesce ( se si poteva definire
così quest’ultimo) e lo riscaldai nella padella,
nell’unica padella che avevo per essere pignoli.
Assumevo un pianista e non assumevo una domestica.
C’era qualcosa che chiaramente in me non andava, ma di quello
non mi stupii più di tanto, mi ero già reputato pazzo all’eta
di sedici anni.
Prima che il tutto andasse a fuoco lo misi in un
piatto e lo poggiai per riflesso
incondizionato sul vassoio,
stetti in piedi e guardai Laris dall’altra parte della cucina, poggiato contro al muro con l’aria calma che caratterizzava quel bel viso.
Chissà quanto aveva gridato .
Mandai giù il primo boccone e la mia aria si fece ancor di più curiosa con la
persona che se ne stava di fronte a me.
I nostri sguardi si incrociavano, chissà perché non
c’era il bisogno di pronunciare il suo nome quando volevo la sua attenzione.
-Pensavo- “ strano” feci tra me e me.
Inghiotti un'altra cosa di quel cibo che molti avrebbero
reputato nocivo.
Lui con un cenno di capo mi acconsentì andare avanti,
non che volessi dire qualcosa di
particolarmente dettagliato, semplicemente con aria non curante, anche se il
sorriso beffardo troneggiava sulle mie labbra, lo resi partecipe dei miei
pensieri.
-Mi chiedevo a quanto avevi gridato per stare così in silenzio
come lo sei ora.-
Forse ero stato sgarbato, dato che lui distolse
lo sguardo.
Non ne voleva chiaramente parlare, e non era un infida
battuta, ritornai al mio pasto, mentre lui uscì dalla cucina e riandò
nella grande sala dove c’era il pianoforte e la sua risposta arrivò , composta
da delle note basse per poi tessere un intruglio di note veloci.
Lievemente increspai le mie labbra.
Era come per dirmi
“ Se stai pensando che sono una persona triste o ti faccio pena, ti sbagli di grosso.”
le note erano chiare e ben sicure come se fossero state parole a cui non si poteva replicare.
Era strano quel tipo di comunicazione che c’era tra noi due, eppure mi sembrava una delle più belle e più produttive che avevo mai avuto nella mia vita,
e di certo non mi sarei mai
aspettato che fosse stato con una persona
che faceva fatica a spiccicare una sola parola.
Ma in fondo ricordai, che mai nessuno da me si era
aspettato scritti che parlavano d’amore,
o frasi che credevano che non sapessi nemmeno pronunciare, dato che ero una persona realista e cinica,
leggere
di due disperati amanti per chi mi aveva conosciuto era una sorpresa, scrivevo
d’amore, ma spesso e volentieri parlavo di odio.
Ero stato superficiale, forse ero uno dei pochi scrittori ad essere tale.
Fini il mio pranzo o la mia cena, e mi rimisi seduto sulla mia sedia, fissai lo schermo, e con i miei occhi blu, al di sotto delle lenti,
lo guardai vagamente, e
improvvisamente, ricominciai a scrivere, guidato solo dalla sua melodia.
Continua